Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

I racconti di Montegrano: La narrativa del cambiamento
I racconti di Montegrano: La narrativa del cambiamento
I racconti di Montegrano: La narrativa del cambiamento
E-book232 pagine3 ore

I racconti di Montegrano: La narrativa del cambiamento

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Quattro racconti ambientati in un'ipotetica città italiana, ai giorni nostri.
Un Sindaco uscente che vuol costruire una pista d'atterraggio per dischi volanti.
Una comunità di genitori indignati dalla scuola pubblica e desiderosi di trasmettere ai figli i Valori di Dio, Patria e Famiglia.
Un padre che si finge profugo assieme al figlio per regalare a quest'ultimo una vacanza da sogno in alberghi a 5 stelle.
Un giovane fattorino che consegna merci vestito da scimmia, e che indice uno sciopero contro la multinazionale.
Quattro storie per sorridere sulla realtà contemporanea. La quale, di solito, supera di gran lunga la fantasia.
LinguaItaliano
Data di uscita17 mar 2020
ISBN9788835387152
I racconti di Montegrano: La narrativa del cambiamento

Correlato a I racconti di Montegrano

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su I racconti di Montegrano

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    I racconti di Montegrano - Leonardo Zampi

    pag.103

    Giggino o' sindac

    Tutto ebbe inizio in una calda mattinata di luglio.

    Il sole era sorto presto e, appena superato il monte Telamonio, aveva baciato Montegrano in tutto il suo splendore; le affollate periferie, ove spensierati fanciulli trascorrevano in allegria le mattinate e, talvolta, andavano financo a scuola; i giardini pubblici, pieni zeppi di  ragazzoni palestrati del quartiere Belzeboo che sniffavano colla dalle nove del mattino; e poi ancora il centro storico, il grande Centro commerciale Da Gino e, infine, la Provinciale 34, quella lunga e tortuosa stradaccia che tanti montegranesi imboccavano ogni giorno, chi per recarsi al lavoro alla Marina, chi per cercar funghi nei boschi, chi infine per prevalersi dei servigi dei viados brasiliani che lì esercitavano la professione.

    Erano le 9.30 quando il buon Mario Rossi, come ogni giorno, stava sorseggiando il suo cappuccino al Bar Mitzvà, sotto casa, sfogliando La Gazzetta dello Sport; e benché di solito non andasse oltre pagina 4, quel giorno il destino volle che s'avventurasse fin quasi alla fine, compresa la pagina dedicata alle notizie non sportive. Quando vide che si parlava di Montegrano ebbe un sussulto, che rischiò di fargli andare di traverso la colazione e soffocarlo: ciò che c'era scritto non poteva essere vero. Pagò il conto e si precipitò in macchina, e per la prima volta nella vita premette sull'acceleratore per arrivare al lavoro.

    Quando arrivò al parcheggio del Parco naturale di Montegrano ebbe un primo sentore del fatto che ciò che diceva La Gazzetta potesse esser vero; davanti all'ingresso c'erano decine di manifestanti a far chiasso con fischietti, tamburi e striscioni recanti scritte come Giù le mani dal Parco, "Sì al parco, sindaco porco e simili. Un manifestante, a torso ignudo, s'era fatto disegnare sulla schiena una freccia verso il basso, accompagnata dalla scritta Hangar per gli Ufo".

    Appena videro Mario, i manifestanti gli tributarono un applauso e gli si fecero intorno, incoraggiandolo con pacche sulle spalle ed esortazioni a non mollare; ed egli, senza capire granché della situazione, si limitò a ringraziare e stringere le mani, rassicurando sulla sua volontà di resistere.

    Varcato il cancello si diresse verso la direzione del parco, e quando vi giunse notò un cartello che lo fece trasalire: c'era scritto assemblea sindacale straordinaria. Col volto stravolto dalla rassegnazione si fece coraggio ed entrò.

    Nella sala riunioni era effettivamente in corso un'assemblea: la stanza era piena, c'era l'intero corpo dei dipendenti del parco. In quel momento, tuttavia, nessuno osava fiatare: l'attenzione di tutti era rivolta al televisore attaccato al muro, sintonizzato su TeleMontegrano, che stava trasmettendo un'edizione straordinaria del Tg locale. Un giornalista stava intervistando il sindaco, Ciro De Vitali.

    «Questa è un'occasione d'oro per il rilancio della città» diceva il sindaco. «Quest'opera porterà posti di lavoro, turismo e visibilità a tutta Montegrano».

    «Però, signor sindaco» intervenne il giornalista. «C'è chi sostiene che un aeroporto per dischi volanti sia un'opera inutile».

    «Ah sì? E chi è che lo dice? Quelli dell'opposizione?».

    «Beh, sì, ma a dire il vero anche diverse associazioni e... ».

    «Sempre la stessa storia. In questo Paese c'è una cultura del no a tutto. Fosse per quelli, oggi non avremmo manco i treni».

    «Lei crede all'esistenza degli extraterrestri?».

    «Io credo che l'universo sia troppo grande per pensare che siamo soli».

    «Ma di extraterrestri finora non se ne sono mai visti».

    «Non a Montegrano, di sicuro. Ma negli Stati Uniti ad esempio sì. E allora io mi chiedo: perché vanno in America e non qui? Perché non riusciamo ad essere attrattivi per chi viene da fuori?».

    «Ce lo dica Lei».

    «Perché mancano le infrastrutture, i servizi. Poniamo che un alieno atterri qui: cosa trova intorno? Nulla! È ovvio che vanno all'estero».

    «C'è chi dice che gli extraterrestri non esistano».

    «Tzè. E magari sono gli stessi che dicono che non esiste neanche Dio, giusto? Però non gli pare il vero di starsene a casa, il 25 dicembre, o di non mandare i figli a scuola. E comunque, supponiamo per ipotesi che Dio non esista davvero: dà comunque lavoro a un sacco di persone, nel mondo. Contribuisce a far circolare il denaro. In una parola: fa PIL».

    «Ma quando l'Ufo-porto sarà completato che succederà se non atterrerà neanche un disco volante? Non teme l'accusa di aver sprecato danaro pubblico per un'opera inutile?».

    «L'Ufo-porto non sarà solo un posto in cui far atterrare i turisti dallo spazio. Ci saranno negozi duty-free, ristoranti, gioiellerie, sale bingo, casinò, bar, tabacchi, fruttivendoli... Sarà il più maestoso Ufo-porto del pianeta».

    «Ma come la mettiamo col parco naturale? Voglio dire: proprio lì lo dobbiamo fare? Che ne sarà del polmone verde di Montegrano?».

    «I cittadini non hanno nulla da temere. Questa amministrazione ha a cuore l'ambiente come tutti. All'interno dell'Ufo-porto saranno messi moltissimi vasi di gerani».

    «E dei lavoratori del parco che ne sarà? E degli animali? E del... ».

    «I lavoratori del parco?! Ma dico, li ha mai visti? Sono un branco di fannulloni mantenuti dai soldi dei contribuenti, con in più il privilegio di potersene stare tutto il giorno in un posto magnifico. Che si fottano. Si trovino lavoro vero, se ne sono capaci».

    L'intervista proseguì, ma nessuno poté seguirla perché il segretario del sindacato autonomo, Pinucci Roberto, spense con gesto solenne la TV (riuscendo anche a intercettare un sasso lanciato contro lo schermo dalla guardia forestale Butoni). Dopo cinque minuti abbondanti di urla selvagge, minacce di morte e qualche rutto fortissimo, il Segretario riuscì a ristabilire la calma. Quando tutti si furono di nuovo seduti prese la parola:

    «Signori» disse con tono austero «la situazione è grave. Questa notizia ci ha colti tutti alla sprovvista. Ma dobbiamo rimanere calmi e resistere».

    «Io ho due figli, un cane, un iPad, una moglie e un rumba. Ho bisogno di questo lavoro!» gridò dall'ultima fila il preoccupato birdwatcher Bottoni, scatenando un boato d'approvazione dei colleghi.

     «È un'ingiustizia! I miei genitori hanno sudato sette camicie per farmi avere questo posto! È così che ricompensa gli amici, quella merda di De Vitali?» gli fece eco il giovanissimo Rumbotti, (quello che era stato fatto oggetto di nonnismo sin dal primo giorno, quando i colleghi gli gettarono l'inalatore per l'asma nella grotta degli orsi).

    I minuti successivi furono un susseguirsi d'invettive, lamenti e proposte di imbracciare i fucili. Solo Mario Rossi se ne stava in disparte, in un angolo in fondo alla sala, cogli occhi bassi e l'aria sconsolata. Era stato assunto solo una settimana prima, grazie all'intercessione di suo fratello Luigi (che invece era tra i più esagitati in prima fila), dopo vent'anni di onorato servizio alla Rocchettoni, azienda leader nel mondo per la produzione di dispositivi hardware e software contro il malocchio. Il prodotto vendeva, tutto sembrava andasse a gonfie vele; poi, all'improvviso, la decisione di chiudere lo stabilimento di Montegrano e delocalizzare in Polonia.

    Aveva sempre creduto al destino, e ora temeva che l'avesse preso di mira.

    Furono le parole del Segretario a riscuoterlo dai suoi pensieri.

    «Non temete, colleghi. Abbiamo già ottenuto un incontro col sindaco per domani mattina, in Comune. Gliene diremo quattro, e gli faremo capire che finché ci saremo noi il parco naturale non si asfalta!».

    Ci fu un ultimo boato, seguito da pacche sulle spalle d'incoraggiamento e qualche bestemmia; dopodiché, lentamente, la sala si svuotò e ognuno se ne tornò alle proprie mansioni.

    Il giorno seguente, alle ore 11 in punto, il valente segretario Pinucci si trovava nell'ufficio del sindaco, assieme al proprio vice e a Luigi Rossi. Con i palmi delle mani ben piantate sulla scrivania in mogano del primo cittadino, andava ripetendo molti dei concetti che aveva già espresso il giorno prima.

    «Voi avete delle responsabilità. La maggioranza dei montegranesi ha riposto in Voi la propria fiducia, e tra questi ci sono anche molti miei colleghi. Siamo padri di famiglia, abbiamo mogli e figli da mantenere. Non pensate ai bambini? Volete privarli dell'infanzia, oltre che del parco naturale?».

    «A me nun me ne fott proprj ro parc vuostr» rispose secco Gennaro Schiavarone, il ventiduenne figlio del locale boss della Camorra, senza togliere i piedi dalla scrivania del sindaco, e soprattutto senza distogliere lo sguardo dalla sua Play Station Portable, con cui stava finendo anche l'ultimo livello di Call of duty.

    «Ma Genny» protestò ancora il segretario «il vostro onorabilissimo padre,  cui vanno i miei più distinti ossequi, non può privarsi del parco naturale: dove li metterà i ... insomma, ci siamo capiti no?».

    Il rampollo del clan Schiavarone non dette segni d'aver sentito quest'ultima frase, distratto com'era dal fatto che due nazisti gli stavano sparando contro.

    «Sindaco, dite qualcosa anche Voi» aggiunse ancora Pinucci, vedendo il primo cittadino entrare in quel preciso istante nel suo ufficio, con in mano un vassoio d'argento e sopra una bottiglietta d'acqua.

    Genny la prese, bevve un sorso, sputò per terra e commentò irritato «Uagliù, chest è merd».

    «Sono d'accordo» annuì De Vitali. «Purtroppo quelle frizzanti erano finite. Ho dovuto prendere quella naturale».

    «E nun m piac. Sadda cagnà».

    «Mi pare giusto. Do subito incarico a qualcuno di andare al bar di Vostro padre».

    Si fiondò a passo di marcia in corridoio, fermò il primo tizio che gli capitò a tiro e dette istruzioni dettagliate. Dopodiché tornò in ufficio e si rivolse alla delegazione.

    «Signori, non mi pare il caso di far tragedie. Faremo in modo di ricollocare molti di voi in luoghi altrettanto piacevoli».

    «Molti di noi? Sono commosso per la generosità».

    «Va bene, diciamo pure tutti».

    «Già, diciamolo. Tanto dire non costa niente, vero?».

    «Sentite, capisco che siate preoccupati, ma non ci siete solo voi a Montegrano. Questo Ufo-porto darà lavoro a tanti, rilancerà il turismo... ».

    «Dicevate la stessa cosa anche cinque anni fa, con il famoso Centro Internazionale per gli Studi Interdisciplinari sui criceti. E cinque anni prima ancora, era stata la volta della "più grande Palestra per nani albini d'Europa».

    «Si vergogni a ironizzare su queste cose! Anche i nani albini sono persone come noi, hanno gli stessi diritti! Sono sceso in campo anni fa per garantire pari diritti a tutti e difendere i deboli dai soprusi dei potenti. Non mi farò mettere i piedi in testa da voi» tuonò il sindaco, fattosi paonazzo in volto.

    «Questa città ha bisogno dell'Ufo-porto, e state pur certi che se i montegranesi mi rieleggeranno, verrà realizzato. Fatevene una ragione».

    «Fatelo da qualche altra parte» s'intromise di prepotenza Luigi «il parco naturale non si tocca».

    «Non ci sono altri spazi abbastanza grandi, caro signore».

    «E allora non si farà» sentenziò stizzito.

    «E chi lo dice? Voi? Lasciate che vi ricordi come funziona la democrazia: la gente vota, e chi vince governa. Quindi, a meno che qualcuno non diventi sindaco al posto mio, vi conviene aggiornare il curriculum».

    Com'ebbe pronunciato quelle parole, i tre delegati si guardarono l'un l'altro. Per un minuto abbondante l'unico suono udibile nella stanza fu quello delle urla strazianti dei soldati uccisi in Call of duty, mentre il sindaco fissava immobile i tre uomini guardarsi come in un film western.

    Alla fine, si girarono tutti e tre di scatto verso De Vitali, e Pinucci disse: «Grazie, signor sindaco. Parlare con Voi è stato illuminante». E il sindaco, in quel preciso istante, capì.

    «Non starete pensando di... ».

    «Può dirlo forte. Lei non sarà rieletto sindaco, ci può giurare».

    «Questa è bella. E chi pensate di candidare?».

    «Oh, beh, qualcuno lo troviamo di sicuro... ».

    «Lo faccio io» si propose Luigi con ieratica solennità.

    Per qualche istante sembrò che il mondo si fosse fermato. Gennaro mise in pausa Call of duty, per guardare in faccia colui che aveva pronunciato quella frase; poi si voltò verso De Vitali, e un secondo dopo i due scoppiarono a ridere, contemporaneamente.

    «Ridete pure, sindaco, ma ride bene chi ride ultimo».

    «Ha ragione, amico mio. Beh, che dire: in bocca al lupo».

    La delegazione uscì dall'ufficio, lasciando De Vitali e Gennaro a scambiarsi fior d'opinioni.

    «Dottò, second vuj tnimm problem?» chiese un preoccupatissimo Gennaro, che dopo la dipartita degli ospiti s'era portato pensieroso alla finestra, e ora rimirava l'antistante Piazza  Gelli con le mani dietro la schiena.

    «Ma quando mai, giovanotto. Quella è una banda di zotici semi-analfabeti, non li voteranno manco i parenti».

    «Over?».

    «Ma sì, i montegranesi sono persone ragionevoli e assennate, non daranno mai credito a un ciarlatano come quel Rossi».

    «Ah si? Vi piacess. Chella a verità è che hann accuminciat a lo seguì».

    Si girò verso il sindaco e gli fece cenno di avvicinarsi alla finestra e guardare di sotto. De Vitali eseguì, e ciò che vide bastò a fargli perdere gran parte dell'ottimismo Luigi era salito in piedi su una panchina di Piazza Gelli, e stava arringando una folla (piccola ma in continuo aumento) con un megafono giocattolo acquistato all'edicola della vicina Via Renatino. Dalla finestra del suo ufficio, De Vitali lo vedeva sgolarsi, agitare il pugno, gesticolare e diventar paonazzo in volto per la collera. Aprì la finestra per sentire meglio il comizio.

    «I politici sono tutti ladri e fannulloni!» stava dicendo in quel momento, interrotto da un boato e da applausi convinti. «Non fanno una sega dalla mattina alla sera e hanno un sacco di privilegi! Mentre il popolo non arriva a fine mese. È ora di dire basta!».

    Un'altra raffica d'applausi lo costrinse a interrompersi di nuovo.

    De Vitali osservò per qualche istante alcuni membri di quella folla. Vi riconobbe il geometra Pizzicotti, quel povero disgraziato che aveva perso la moglie in una partita a poker nell'85; e c'era anche l'infermiera Paoli, quella che era stata licenziata tre anni prima dall'ospedale perché le era preso il vizio di svuotare pappagalli colmi di piscio rovente fuor di finestra. C'erano invero anche alcuni giovani; il 29enne Marco Vrenzuli, studente fuori corso di filosofia che si pagava gli studi consegnando a domicilio pacchi di cialis per 3 euro netti l'ora; e lì a fianco il suo migliore amico, Arturo De' Pispolis, rampollo della ricca famiglia d'imprenditori Montegranesi, esponente di spicco di quella gioventù benestante locale, dedita al non fare un cazzo a giornate intere. E a questi facevano da cornice altri volti di cittadini d'ogni specie e classe sociale; alcuni il sindaco li conosceva appena, di altri avrebbe potuto elencare ogni multa per divieto di sosta e ogni schiamazzo notturno.

    Ora erano tutti lì, in piazza, sotto il suo palazzo, a pendere dalle labbra di quell'arruffatore di popolo che pareva sortito dal Grande Fratello.

    «Quel maiale di De Vitali vuole radere al suolo il parco e farci una pista d'atterraggio per gli alieni, solo per riempire di soldi gli amici suoi che gli pagano la campagna elettorale! Ma noi non glielo permetteremo!

    Faremo una lista civica, correremo alle elezioni e vinceremo!».

    All'ennesimo boato, stavolta ben più prolungato dei precedenti, De Vitali decise di non guardare oltre. Chiuse la finestra e andò a sedersi al proprio posto, lasciatogli gentilmente libero da Gennaro.

    «Sì, forse sarà un po' più dura del previsto. Ma non c'è da preoccuparsi» commentò infine.

    Pur essendo sempre stato un acuto e attento osservatore, l'anziano sindaco De Vitali s'era lasciato sfuggire un particolare importante, in quella scena di piazza: molte di quelle persone -soprattutto i più giovani- non si erano limitate ad ascoltare, prorompere in boati e urlare, ma avevano anche ripreso e messo subito online il comizio improvvisato di Luigi Rossi. In meno di tre ore i video avevano raggiunto quasi trentamila visualizzazioni, e gli hashtag #montegrano, #ufoporto e #buzzurrialpotere erano ormai entrati nelle tendenze di Twitter.

    Il più attivo sui social, in quel noioso pomeriggio di luglio, era stato Filippo Rossi, il nipote di Luigi. Fino a quel giorno, il ventiquattrenne laureando in psicologia aveva considerato suo zio come un bifolco e troglodita, principalmente per quella sua abitudine di lanciare secchiate di guano di piccione sulla folla durante il gay-pride, d'aver fondato l'associazione Amici del Ku Klux Klan e di tenere un santino di Priebke nel portafoglio. Eppure, vederlo ora protagonista di quei video, nei quali difendeva il verde pubblico e la democrazia dalla speculazione dei poteri forti, lo riempiva d'orgoglio, e faceva rinascere in lui la speranza in un futuro migliore.

    E così, il giovane e speranzoso Filippo era riuscito a organizzare un flash mob alla velocità della luce. Al suo accorato appello alla mobilitazione avevano risposto gli amici d'infanzia, poi quelli del Centro Sociale Autogestito L. Banfi, e poi ancora i vegani, i fruttariani, i crudisti, i respiriani, i digiunisti e molti altri.

    Alle ore 14 in punto questa piccola ma agguerrita folla s'era data appuntamento all'ingresso del parco, e lo aveva pacificamente invaso.

    In Direzione, il buon Mario Rossi sentì un rumore, dapprima in lontananza, poi sempre più vicino. S'affacciò alla finestra e vide il colorato corteo che avanzava verso l'edificio, al grido di "Viva il Parco, abbasso il porco".

    «Lui'! Vie' qua!» gridò allarmato Mario al fratello, costringendolo a lasciare inconclusa la partita a solitario.

    «Che succede?» chiese irritato a Mario.

    «Abbiamo visite».

    Luigi lanciò un'occhiata fuor di finestra e, appena ebbe appurato la composizione della folla, divenne bianco in volto. Scattò come un gatto a cui hanno pestato la coda verso il deposito delle munizioni, sortendone dopo meno d'un minuto con un M16 in mano, un fucile di precisione in spalla e un sacchetto pieno di lacrimogeni.

    «Chiama i rinforzi» disse a Mario, sforzandosi di farsi uscire una voce alla Schwarzenegger. «Voglio tre cingolati e un elicottero entro 15 minuti al massimo».

    Mario stava per replicare qualcosa, ma non ne ebbe il tempo perché la porta si aprì; entrarono Filippo e due sue amiche bionde, e il ragazzo si precipitò ad abbracciare Luigi.

    «Grandissimo zio! Sono fiero di te».

    «Sei fatto?» fu la risposta. Ma il nipote parve non sentirla neanche.

    «Sappi che io e i

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1