Generate l'impegno al lavoro 10 domande da farsi per riuscirci
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Info su questo ebook
Se vuoi rendere una persona felice, dagli un lavoro.
Se vuoi rendere i suoi figli felici, dagli un lavoro che ama
Perché sprecarsi per un capo che non sa nemmeno lui chi è, e cosa vuole fare per la sua impresa?
Manager, scoprite le 10 domande fondamentali che si pongono i vostri lavoratori e alle quali voi dovete rispondere se volete suscitare il desiderio di superare se stessi ed eccellere.
Con stile pragmatico e molto humor, l'autore propone 10 tecniche, capaci di generare un concreto impegno sul lavoro e adatte sia alle piccole che alle medie imprese.
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Anteprima del libro
Generate l'impegno al lavoro 10 domande da farsi per riuscirci - Stéphane Simard
Grazie alla mia famiglia per il vostro amore, ai miei amici per la vostra presenza, ai miei partner per il vostro supporto e ai miei clienti per la vostra fiducia.
Generate l'impegno al lavoro
10 domande da farsi per riuscirci
Stéphane Simard, B.A., B.A.A., CRHA, CSP è conferenziere internazionale e autore di quattro libri tra cui il best seller Génération Y - finalista del Premio Livre d’affaires 2008
e del Premio iGénie 2008
. Nel corso degli ultimi 10 anni, ha concretamente aiutato più di 20000 manager nel far fronte alle nuove linee della gestione del capitale umano, attraverso le sue conferenze e i suoi seminari di coaching.
Se vuoi rendere una persona felice, dagli un lavoro.
Se vuoi rendere i suoi figli felici, dagli un lavoro che ama.
Perché sprecarsi per un capo che non sa nemmeno lui chi è, e cosa vuole fare per la sua impresa?
Manager, scoprite le 10 domande fondamentali che si pongono i vostri lavoratori e alle quali voi dovete rispondere se volete suscitare il desiderio di superare se stessi ed eccellere.
Con stile pragmatico e molto humor, l'autore propone 10 tecniche, capaci di generare un concreto impegno sul lavoro e adatte sia alle piccole che alle medie imprese.
Indice
Prologo
Introduzione
Domanda 1
« I valori del mio capo sono in accordo con i miei? »
Val più un fatto che cento parole
La grande seduzione
È l'intenzione che conta
Domanda 2
« Al capo interessa davvero chi sono io? »
L'organizzazione al servizio della persona
Obiettivi o coerenza?
Il lavoro liberatore
Domanda 3
« Le opinioni divergenti, vengono considerate? »
Giù la maschera
Il capo imperfetto
Gli incapaci sono gli altri!
Relazionarci con gli altri
1 + 1 = 3
Domanda 4
« C'è fiducia o qui si trattano le persone come bimbetti? »
Un vero asilo nido!
Domanda 5
« Se domani non mi presento al lavoro, per qualcuno farà la differenza? »
Un'impresa che abbia un senso
Servire: fonte di felicità
Una goccia nell'oceano
Domanda 6
« Questo lavoro mi farà principalmente crescere (allargare i miei orizzonti, sviluppare nuove abilità, affrontare nuove e stimolanti sfide...) ? »
Sempre più su!
Come per magia
Unire il futuro al presente
Domanda 7
« Qui è possibile crescere professionalmente senza rovinarsi salute e vita privata? »
Quattro cervelli una sola testa
Assenteismo pianificato
Domanda 8
« In che misura questa organizzazione si preoccupa concretamente del benessere delle persone? »
Simbiosi e parassiti
La giusta remunerazione
52 forme di riconoscenza
Dare e ricevere
Domanda 9
« Posso ottenere migliori condizioni o sfide più interessanti? »
Mettere a fuoco
Non si cava sangue da una rapa
Nulla è scolpito nella pietra
Fare delle scelte
Assumersi la responsabilità delle proprie scelte
Domanda 10
« Che fare se il capo è mendace? »
Il dubbio è un segnale
Ragione+ cuore = felicità!
Mettersi in moto
Smettere di aver paura
Conclusione
Prologo
Giugno 2001
––––––––
Finalmente ottengo il lavoro dei miei sogni: direttore operativo in una importante tipografia commerciale con un volume di affari di circa 70 milioni. Gestisco una cinquantina di impiegati, sindacalizzati e non, di tre diversi reparti.
Il percorso non è stato facile, anzi è stato costellato di molti sacrifici. Sono stato reclutato alla fine degli studi nell'École des Hautes études commerciales de Montréal, nel quadro del programma di lavoro per neolaureati, l'idea era di affrontare differenti sfide per crearmi delle competenze a medio termine. Eravamo una trentina ma solo quattro o cinque ce l'hanno fatta.
Entrato come stagista con il « magnifico » stipendio di 23 000 $, senza alcuna agevolazione sociale, in seguito ho cambiato sei diversi impieghi, in cinque aziende sparse ai quattro angoli della provincia, il tutto con altrettanti traslochi come conseguenza. Questo ha comportato la massima flessibilità da parte della mia compagna e lunghi periodi di solitudine.
Di ritorno nella regione di Montreal, dopo un esilio di circa tre anni, mi ritrovo ad un passo dal mio obiettivo di divenire direttore operativo, e mi si lascia intendere che il posto che tanto bramavo, si sarebbe liberato presto e che io ero il candidato numero uno.
Finalmente, il cambio di poltrone provocato dalla prossima chiusura di una sede, porta un gestore più esperto a occupare il posto di quel direttore operativo in attesa del trasferimento a breve termine. Io ho probabilmente più esperienza di lui nella gestione delle operazioni, ma comprendo questa situazione temporanea. Nel frattempo, inizio a prendere parte attiva nelle decisioni al fine di essere pronto alla sostituzione.
In quanto candidato numero uno, ricevo l'invito del vice presidente per una colazione a due; io subito credo che sia per annunciarmi l'ottenimento dell'agognato ruolo. Scopro invece, che ci sono delle riserve circa le mie capacità rispetto al ruolo da ricoprire, (Aargh...). Non ricordo cosa ho mangiato, ma ricordo benissimo i dieci minuti di silenzio a bordo della sua auto durante il ritorno in azienda.
Il posto, alla fine, si libera e preferiscono reclutare un contabile di mezz'età, esterno all'azienda, senza esperienza a livello operativo. Un incompetente insomma (va bene, forse ho un po' il dente avvelenato...). Dopo aver tappato le falle, dovute all'inesperienza del mio precedente capo, e questo per molti mesi, mi ritrovo con le pive nel sacco. Mi dico che, se la direzione ritiene che quel tizio ha più potenziale di me per quel ruolo, allora non mi conoscono affatto. Se invece fossi io stesso a non conoscermi affatto? Dopo trasferimenti, settimane di cinquanta ore, incontri di lavoro di sera e pure di notte, cerca-persone e cellulare accesi H24 e 24/7, mi merito un posto nel quale vengano apprezzati, sia la mia abnegazione che il mio talento. Ma, esattamente, qual è il mio vero talento?
Abbandono quindi quel vortice adrenalinico della tipografia con amarezza, ma anche con la tristezza di lasciare i miei colleghi, gli impiegati e gli amici. Passo qualche mese alla direzione di un progetto di una divisione di una banca, mi annoio da morire. Il problema è che si tratta di una nuova sezione e con pochi progetti da gestire... Io, che sono abituato a stare costantemente in prima linea, sulla linea di fuoco, mi ritrovo inchiodato alla scrivania a navigare per interminabili ore su internet per fare il cane da guardia della competitività.
Per un fortunato caso, incrocio uno dei miei ex capi, che ora è direttore generale di un'altra tipografia, e che mi offre finalmente il tanto agognato ruolo: direttore operativo.
Gli inizi sono difficili: perdo quasi i due terzi dei miei impiegati al servizio clienti nel primo anno. Ero diventato il « re » del tasso del turnover del personale. Faccio di tutto per supportare i miei impiegati ma, come in una qualsivoglia catena, dipendiamo tutti dall'anello più debole. Nel qual caso era la produzione: macchinari desueti, lavoratori scarsamente qualificati, capi senza esperienza. La sfida da affrontare era, assicurarsi di fornire tutto ciò di cui la produzione aveva bisogno per lavorare bene, e assicurarsi di consegnare al cliente quello che aveva ordinato. Nel nostro caso, molte erano le cattive nuove: ritardi, problemi di qualità, errori...
Dopo un anno pieno di licenziamenti, dimissioni volontarie, di lavoratori ormai allo stremo o con problemi di tossicomania e persino un tentativo di suicidio di uno dei supervisori, le acque sembrarono calmarsi. Il turnover del personale era in calo: avevamo fatto esperienza e costituito una squadra migliore in campo. Nulla lascia presagire l'annuncio del mio capo.
Avendo già trascorso diversi anni in questa società, sapevo che non c'era da fidarsi degli incontri a porte chiuse nell'ufficio del capo, poi un venerdì pomeriggio... Senza troppi preamboli né spiegazioni, mi annuncia che non sarei stato più direttore operativo e che sarei stato rimpiazzato dal direttore alle vendite, famoso in un'altra sede del gruppo, per essere incapace di consegnare la merce. Uno shock, e che shock. L'azienda aveva appena iniziato ad uscire dai suoi problemi, dopo tutti gli sforzi, i giustificati rimproveri di mia moglie, incinta del nostro terzo figlio, sul tempo consacrato al mio lavoro... Mi si offre una retrocessione e mi si domanda pure di rifletterci nel week-end. Ritorno nel mio ufficio, sono a pezzi. Un'ora dopo, il mio successore partecipa ad un incontro d’équipe, su un nuovo progetto, insieme ad uno dei miei impiegati e io stesso. Passai il week-end con un groppo in gola, il cuore infranto e con l'impressione di essere stato tradito.
La settimana successiva la passai a fare ordine nel mio ufficio, cosa che suscitò svariate perplessità tra i miei impiegati (in effetti sono decisamente disordinato), ma l'annuncio ufficiale