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Organizza al meglio la tua vita
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E-book352 pagine5 ore

Organizza al meglio la tua vita

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Info su questo ebook

Come ottenere migliori risultati nella gestione degli impegni quotidiani

Dagli USA il metodo rivoluzionario che cambierà la tua vita

È raro chiedere a qualcuno “Come stai?” senza ricevere in risposta un “Impegnato!”. Ogni giorno ci sentiamo sopraffatti dalla frenesia di rincorrere le troppe esigenze quotidiane: la casella di posta elettronica e la lista di cose da fare sono stracolme, una quantità enorme di persone si aspetta che svolgiamo innumerevoli compiti e le aziende tendono a fare di più con sempre meno personale. In realtà essere sempre impegnati non è necessario e non deve per forza essere così: credere di avere costantemente qualcosa da fare è sia falso che inutile. La frenesia infatti è una delle tante risposte alla gestione degli impegni, ma non l’unica. In questo libro Tony Crabbe, basandosi su una solida ricerca psicologica, stabilisce delle linee guida per affrontare uno dei grandi problemi della vita moderna: l’essere troppo occupati. Ma quello che avete tra le mani non è un libro sulla gestione del tempo: piuttosto che fornire una consulenza per aumentare la produttività e l’efficienza, l’autore studia quattro strategie chiave (Padronanza, Messa a fuoco, Impegno e Momento) per ottenere il miglior risultato possibile nonostante i numerosi impegni quotidiani. E il risultato è garantito.

Tra gli argomenti trattati nel libro:

• smettete di organizzare l’agenda! (…e andate a fare surf)
• fate delle scelte
• smettete di essere così produttivi!
• smettetela di darvi da fare per ottenere di più! (mettete i vostri valori al primo posto)
• superate l’iperattività (come far fruttare le buone intenzioni)
Tony Crabbe
è uno psicologo che si divide tra la scrittura e la consulenza per grandi multinazionali a livello mondiale. Studia il modo in cui le persone pensano, sentono e si comportano sul posto di lavoro. Ha lavorato con Microsoft, News Corporation, Disney, World Bank e le Nazioni Unite. Vive in Spagna con la moglie e i tre figli.
LinguaItaliano
Data di uscita29 lug 2016
ISBN9788854198432
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    Anteprima del libro

    Organizza al meglio la tua vita - Tony Crabbe

    Prefazione

    Smettete di riempirvi di impegni

    Stiamo sbagliando

    Nel 1996, otto scalatori si misero alla prova scalando l’Everest. Avevano la giusta attrezzatura, erano ben allenati e in salute. Fecero buoni progressi, ma poi le cose cambiarono. Fu presto chiaro che c’era confusione verso la cima e forse ci furono delle variazioni nel meteo, così i progressi rallentarono. C’è una regola sull’Everest: se non raggiungi la cima entro un certo tempo stabilito, devi abbandonare la scalata. Quel giorno, quegli otto scalatori esperti ma frustrati avrebbero dovuto tornare indietro, ma invece continuarono a salire. Raggiunsero la cima troppo tardi, in serata, così dovettero effettuare la discesa al buio e morirono. Christopher Cave, ex agente di borsa, venne a conoscenza di questo episodio e ne fu contrariato² perché gli ricordò ciò che aveva visto capitare in molte aziende. Aziende che si erano sempre affidate a una certa strategia e poi, quando la situazione aziendale era cambiata, era stato evidente che quella strategia era stata una cattiva idea. Invece di considerare con calma nuovi dati e smettere di riflettere su una miglior linea d’azione, queste imprese reagirono ai loro sforzi vani con maggiore attività. In effetti, per evitare di dover affrontare la possibilità che stessero dirigendosi nella direzione sbagliata, aumentarono gli sforzi proprio nella direzione sbagliata.

    Noto la stessa cosa nelle persone. Il mondo è cambiato; non c’è bisogno che ve lo dica. Il problema è che noi non lo siamo. Nonostante la tecnologia e la formazione disponibili, le nostre strategie di reazione e successo derivano ancora dall’era industriale. Non sono cambiate, a dispetto delle prove accumulate sul fatto che non stanno funzionando. Abbiamo provato di tutto ma rimaniamo oberati di lavoro e super impegnati a casa, e sembra che le cose stiano peggiorando. Invece di affrontare la realtà sul fatto che il nostro attuale approccio non sembra aiutare a ridurre il nostro senso di sopraffazione, raddoppiamo gli sforzi – non stacchiamo mai gli smartphone dai nostri palmi sudati – nella direzione sbagliata, uccidendoci di impegni infiniti. Questo libro è un tentativo di persuadervi a smettere, a ripensare il modo in cui reagite a tutte le informazioni, le richieste e le aspettative facendovi del male tutti i giorni. Questo libro suggerisce un approccio alternativo.

    Iperattività

    Inizio spiegando cosa intendo per essere iperattivi (perché questo libro non è un manifesto della pigrizia). Essere iperattivi è dover affrontare diversi compiti in contemporanea, in maniera frenetica, in stato d’allerta, vivere nell’oppressione. Vuol dire essere sempre collegati, dare regolarmente un occhio al telefono e saltare di compito in compito. È il continuo destreggiarsi, accumulare, correre che dà forma alla nostra esistenza quotidiana. È l’urgenza, la distrazione, l’esaurimento.

    Perché pensiamo di essere presi

    Pensiamo di essere presi perché abbiamo così tanto da fare, al lavoro e a casa. Le nostre organizzazioni sono più esigenti che mai, le caselle di posta e le liste delle cose da fare sono sul punto di esplodere e le agende sono piene zeppe di incontri. La pressione non si ferma quando torniamo a casa; ci sentiamo seppelliti da una valanga di faccende e attese, infastiditi dalle commissioni ininterrotte e dal dover traghettare i nostri figli da un’attività a quella successiva. Stiamo cercando di fare del nostro meglio, ma sembra una sfida senza speranza. Siamo davvero presi; è la vita di oggi.

    Perché siamo davvero presi

    Affaccendarsi non è essenziale. Sì, c’è un sacco da fare, ma credere di essere sempre presi perché si ha molto da fare è ingannevole e inutile. Ecco perché siete presi:

    L’iperattività è la soluzione più semplice

    Essere presi è l’opzione più semplice. Siamo così impegnati perché non facciamo le scelte difficili. Permettiamo al mondo e alla nostra casella e-mail di stabilire la nostra agenda, invece di pensarci da soli. È più facile reagire semplicemente; scegliere di provare a fare tutto, piuttosto che prendere le decisioni difficili e scartare delle cose – serve più coraggio per fare di meno. Di fatto, come spiega Ben Hunnicutt, oggi l’iperattività è uno dei sette peccati capitali; si tratta di indolenza. Nel Medioevo, l’indolenza aveva due forme: una era la pigrizia, l’altra – chiamata acedia – significava correre di qua e di là in maniera frenetica. Non sto andando da nessuna parte ma, per Dio, sono a buon punto.

    L’iperattività è una fuga

    Tutto ciò che vorreste – ciò che farà una grande differenza nella vostra vita e nella vostra carriera – è difficile da fare. Nell’impeto del momento, quando dobbiamo scegliere tra lavori semplici e difficili, tra lo scremare le e-mail e invischiarsi in un progetto complesso, più spesso scegliamo l’attività più semplice, che ci tiene impegnati. Ci buttiamo in attività frenetiche e ci creiamo la scusa perfetta per non affrontare le cose che ci richiedono di pensare di più. Quando siamo iperattivi ci sentiamo prolifici invece stiamo solo rimandando!

    L’iperattività è un marchio

    Quando dimostriamo al mondo di essere presi, e lo sbandieriamo ai quattro venti, dichiariamo il nostro valore. Da qualche parte nel profondo pensiamo che se gli altri realizzassero davvero quanto siamo impegnati al lavoro, questo ci aiuterebbe a ricevere una promozione; fuori dal lavoro prova la nostra importanza. L’iperattività è un’aspirazione. Perciò anche se stiamo cercando di farla sembrare una lamentela, stiamo costruendo il nostro marchio.

    L’iperattività è una dipendenza

    Una piccola dose di dopamina, simile alla cocaina, viene rilasciata ogni volta che guardate l’e-mail; e le ricerche su Google rilasciano sostanze con effetti simili a quelli degli oppiacei³. Chi di noi non ha mai combattuto con la tentazione di smanettare con il telefono per una veloce occhiata ai social media o ai messaggi, anche quando sappiamo che non dovremmo (in media ogni 6,5 minuti)⁴?

    Essere iperattivi è ciò che tutti stanno facendo

    Il nostro comportamento è profondamente modellato dalla norma sociale, da ciò che tutti gli altri fanno. Quante persone non impegnate conoscete? Anche se vi siete persuasi di avere una spiegazione razionale per la vostra iperattività, molto dipende da propensioni inconsce. Gran parte del vostro comportamento affaccendato non è vostro; è il comportamento della massa.

    Essere iperattivi è poi così male?

    Ho accennato al fatto che essere sempre presi è un’aspirazione; di fatto, come ha scoperto la ricercatrice Ann Burnett, siamo in concorrenza perfino con la nostra iperattività⁵. Quanto è fastidioso quando qualcuno ci esclude da un compito? Conoscete la situazione: avete appena spiegato, con una certa profondità, quanto siete esausti e sovraccarichi, raccontando per filo e per segno la portata delle richieste che avete dovuto affrontare questa settimana. Solo che l’altra persona vi ha del tutto surclassato! Vi sentite in qualche modo sminuiti. Sembra che vogliamo essere presi (o almeno apparire tali).

    Visto che aspiriamo a essere impegnati, e a vantarci di ciò, non può essere così male, giusto? Invece, lo è.

    Il carico allostatico

    Lo stress non è un male in sé. Comunque, il senso di sovraccarico ci spinge a imprese sovraumane di persistenza e produttività. Per sopravvivere a tutto quello che abbiamo da fare, ci ricarichiamo di stress (e caffeina).

    Ci obblighiamo, ci sforziamo di rimanere impegnati. Terrificati dal far cadere la pallina, raramente ci diamo una pausa; di rado ricarichiamo. Semplicemente continuiamo ad avanzare. Da quando, nel 1972, la National Science Foundation ha scoperto un aumento continuo nella percentuale di persone, uomini e donne, che si sentono sempre di corsa⁶.

    Non esiste una specifica intensità di stress o di sforzo che faccia male di per sé; è la persistenza a essere dannosa. Il corpo e il cervello non sono progettati per essere sempre collegati. Il corpo è progettato per passare da stati attivi a stati passivi: per accendersi in stati di allerta, adrenalina, e poi raffreddarsi in condizioni più rilassate.

    La corsa all’impegno non è occasionale; è costante. Stiamo andando incontro alla morte a tutta velocità. Quando non permettiamo che avvenga questo scambio tra attività e rilassamento, non ci permettiamo di guarire e ciò causa un carico allostatico⁷ – meglio descritto come usura accelerata e distruzione del corpo e del cervello. In Giappone c’è una parola per descrivere le conseguenze di tutto ciò: karoshi, che significa morte da superlavoro.

    La patologia del karoshi si manifesta quando la fatica cronica, derivante da molte ore di stress persistente, porta individui altrimenti giovani e in salute alla morte per collasso o attacco di cuore. Aumentando il vostro carico allostatico con impegni costanti riducete il vostro potere di pensare, le prestazioni e la memoria, e aumentate tutti i rischi di salute: malesseri cardiovascolari, performance del sistema immunitario ridotte e morte prematura. E anche se non consideriamo la morte e la tragedia, essere sempre impegnati non è poi così divertente.

    È troppo

    È davvero troppo. Abbiamo troppo da fare, troppe informazioni e troppa pressione. Oggi consumiamo l’equivalente del contenuto di 174 giornali (cinque volte di più che nel 1986)⁸. Nel tempo che vi ci vorrà per leggere questa pagina, verranno spedite 300 milioni di e-mail⁹. Nell’ultimo minuto, il corrispettivo di tre giorni di contenuti è stato caricato su YouTube¹⁰. Negli ultimi dieci secondi, cento persone hanno scoperto Internet e le e-mail per la prima volta, aggiungendosi agli altri 3 miliardi circa di persone¹¹ e al brusio della rete.

    Nel 2010, è stato stimato che il sovraccarico di informazioni sta costando agli Stati Uniti mille miliardi di dollari all’anno¹². Viviamo in un’epoca in cui il potere dell’informatica e la velocità di connessione a Internet stanno crescendo esponenzialmente insieme alla pura quantità di informazioni e di intrattenimento. Siamo costantemente bombardati da un ribollire immutabile¹³ di informazione illimitata, comunicazioni e scelte. In questo mondo dell’eccesso, siamo allo stesso tempo sovra-stimolati e annoiati, arricchiti e vuoti, connessi e tuttavia isolati e soli.

    Per i lavoratori dell’informazione, gli ultimi vent’anni sono stati un po’ come bere dal getto d’acqua di una pompa antincendio.

    I nostri mezzi produttivi migliorano e noi rendiamo di più. Diventa più semplice comunicare e noi comunichiamo di più. Per esempio, nel 1986 il lavoratore medio produceva ogni giorno l’equivalente di due pagine e mezzo di giornale di contenuto. Nel 2011 è stato stimato che questa cifra è cresciuta fino a sei interi giornali al giorno per ognuno¹⁴. Cento volte tanto! Ogni azione che compiamo, ogni e-mail che mandiamo, ha conseguenze per qualcun altro. Così, visto che siamo tutti in grado di fare di più, creiamo più lavoro per gli altri, che a loro volta stanno facendo di più, il che significa che noi tutti abbiamo un carico di lavoro sempre crescente.

    Il fatto è che l’eccesso è destinato a durare, peggiorerà ogni anno. È inevitabile. Anno dopo anno riceverete sempre più messaggi elettronici, sarete esposti a maggiori informazioni e ci si aspetterà che riusciate a portare a termine ancora più cose. Riceverete ancora più e-mail l’anno prossimo. Nessuno di noi riporterà l’orologio tecnologico indietro di trent’anni ed è improbabile che le aziende inizino a dire: Rilassatevi! Non lavorate troppo!.

    I tre aspetti dell’iperattività

    L’iperattività ha tre aspetti. Ognuno di questi aspetti si riferisce a un modo differente di relazionarsi alle cose da fare. Il primo aspetto vede l’iperattività come esperienza: saltare qua e là, in multitasking, correre e accumulare impegni per poi sentirci sovraccarichi e sopraffatti.

    Il secondo aspetto è l’iperattività come strategia per il successo: pensiamo che darci sempre più da fare migliorerà in qualche modo la nostra carriera lavorativa. Il terzo aspetto è l’iperattività come approccio alla felicità: ci riempiamo di cose da fare nel tentativo di essere più felici. Ognuno di questi aspetti ha degli schemi che lo sostengono. Proverò ad affrontare questi schemi nel corso della trattazione.

    L’iperattività come esperienza

    L’iperattività è un’esperienza. Ci sentiamo tormentati e sopraffatti per la maggior parte delle nostre giornate. Quindi quale schema impieghiamo per affrontare questo aspetto? La maggior parte di noi si organizza il tempo. Crediamo che, se riusciremo a gestire il nostro tempo in maniera più efficace, avremo sotto controllo la nostra vita e saremo più operativi. Comunque, in un mondo di pretese infinite, più ci organizziamo il tempo, più riempiamo le nostre giornate. Concentrandoci sull’organizzazione del tempo otteniamo tre conseguenze: diventiamo più efficienti, facciamo più cose, quindi siamo più impegnati. La nostra attenzione è limitata e così perdiamo la prospettiva necessaria a fare le scelte utili, e più diventiamo bravi a destreggiarci, più la nostra attenzione diventa sporadica e diffusa, il che significa che non riusciamo più ad apprezzare niente. Se vogliamo avere vite più calme, più energiche e più felici, la gestione del tempo non è la soluzione. In effetti, sta solo peggiorando le cose.

    L’iperattività come strategia per il successo

    Per l’intera storia dell’umanità abbiamo vissuto in un mondo di scarse risorse. Quando abbiamo troppo poco, lottiamo incessantemente per avere di più.

    Che si tratti di cibo, di oggetti materiali o di informazioni, tentiamo di ottenere più che possiamo. Questo vale anche sul luogo di lavoro. Il principio base dell’agricoltura, del settore manifatturiero e persino della vita d’ufficio è sempre stato più ce n’è, meglio è. Così continuiamo a giocare per avere di più. Crediamo che la produzione personale sia ciò che porta al successo. Comunque, nel mondo dell’eccesso, l’ultima cosa che ci serve è avere di più di qualunque cosa. Quando tutti sono così sopraffatti, la più grande rarità è l’attenzione. Per avere successo, nella vostra carriera o in un affare, dovete uscire dal coro e farvi notare. Concentrandovi sul fare di più e sull’essere più produttivi, le cose importanti – che richiedono ragionamento e creatività – vengono eliminate. Siamo diventati operai troppo impegnati per alzare lo sguardo e fare ciò che sappiamo avrebbe un impatto e ci permetterebbe di distinguerci. Non abbiamo bisogno di essere più produttivi; abbiamo bisogno di fare di meno e meglio.

    L’iperattività come approccio alla felicità

    Portiamo avanti le nostre vite basandoci su assunti che diamo per scontati: che più soldi, migliori condizioni e maggiore popolarità siano buone cose. Di conseguenza ci diamo delle priorità, mettendo i nostri valori, le nostre relazioni e la nostra salute in attesa mentre lottiamo per rendere le nostre vite migliori ottenendo di più. Ma questa è un’idea davvero stupida. Per prima cosa, la ricerca ha dimostrato che raggiungere questi obiettivi avrebbe un minimo impatto sul nostro benessere¹⁵. Secondo, le cose che sacrifichiamo – relazioni, significato e salute – sono le sole cose che possono renderci davvero felici. Terzo, chi si concentra su valori esterni – soldi, oggetti materiali, status sociale – è meno felice e meno in salute rispetto a chi si concentra su ciò che l’iperattività ammazza: le relazioni, la crescita personale o il contributo alla comunità¹⁶.

    Siamo sulla strada sbagliata

    Quando le strategie di gestione del tempo, di produttività e conseguimento iniziano a deludere, la risposta più comune che noto è che le persone raddoppiano i loro sforzi. Iniziano ad affidarsi in maniera sempre più massiccia alla gestione del tempo e a tutte le possibilità delle tecnologie oggi disponibili. Si indirizzano sempre di più verso il lavoro, facendo di più, più velocemente e per più tempo. Si dirigono, sempre più disperatamente, verso il conforto sterile del possesso materiale. Per quanto frustrati possiamo essere, al contrario degli scalatori dell’Everest, non possiamo permettere che il nostro giudizio si annebbi. Il mondo è cambiato; abbiamo bisogno di risposte differenti.

    Superare l’iperattività

    Credo sia chiaro finora quanto stia tentando di modificare il modo in cui parliamo di iperattività. Vorrei marginalizzare questo aspetto; vorrei che le persone si vergognassero almeno un po’ a dire che sono impegnatissime (invece di esserne fiere).

    In ogni caso, è molto più interessante capire ciò che possiamo fare per ridestarci. Cosa significa superare l’iperattività?

    L’opposto dell’essere impegnati non è il riposo, dal momento che perfino durante il tempo libero saltiamo di qua e di là e ci destreggiamo tra impegni familiari, social media e consumo digitale. Il contrario dell’essere impegnati nel mondo di oggi è un’attenzione prolungata e concentrata. È un profondo coinvolgimento nelle attività che realmente contano per noi o nelle conversazioni con chi abbiamo a cuore. Vuol dire prendersi del tempo per pensare, procedere a passo lento e immergersi nel momento presente. Concentrarci sul modo in cui utilizziamo la nostra attenzione, non il tempo; su come pensiamo, non su quanto produciamo; su come ci impegniamo in ogni singola cosa, non su come ottenere sempre di più.

    Per andare oltre, ci sono tre elementi essenziali, che si sviluppano dai tre aspetti dell’iperattività e spiegano come poter ripensare alle nostre strategie, fornendo idee pratiche e sperimentate per poterci ridestare.

    Padronanza di sé

    Per superare l’esperienza frenetica dell’iperattività, dobbiamo smettere di gestire il tempo e provare a risalire la cima attraverso l’organizzazione personale. Dovremmo mirare a reintrodurre la percezione di essere padroni di noi stessi. La padronanza si ottiene attraverso la volontà di liberare il nostro bisogno di controllo e diventando più bravi a fare le scelte difficili. Si tratta anche di spostare il focus dalla gestione del tempo alla gestione dell’attenzione. Dopotutto la nostra capacità di concentrarci, di pensare e creare è, a livello professionale, la nostra risorsa più preziosa – e l’attenzione concentrata è il fondamento essenziale della vera gioia anche al di fuori dell’ambiente di lavoro. Infine, si tratta di affrontare le conversazioni difficili e necessarie per rinegoziare i termini della nostra vita.

    Differenziazione

    Questo non è uno dei quei libri per ritrovare l’equilibrio tra vita e lavoro. Un sano equilibrio è importante, ma non è abbastanza. Qui cerchiamo di riconsiderare come avere successo in un’economia dell’attenzione. Utilizzando le lezioni della strategia aziendale, possiamo spiegare perché la differenziazione è una strategia migliore rispetto alla produttività nei mercati competitivi. Vediamo come un focus strategico potrebbe massimizzare l’impatto che possiamo avere con risorse limitate. Spieghiamo come catturare l’attenzione grazie all’innovazione e mantenere quell’attenzione diffondendo un personal brand convincente. Infine, descriviamo come guadagnare sicurezza e scegliere la propria strada, prendendosi dei rischi per superare l’iperattività, facendo fronte alla norma sociale.

    Coinvolgimento

    Questa sezione del libro ridefinirà il modo in cui cerchiamo di raggiungere la felicità, indirizzandosi verso tre fattori chiave per riallinearsi al lavoro e alla vita privata. Prima parleremo della necessità di ridefinire il successo in un modo che sia più strettamente connesso ai nostri valori fondamentali – cosa conta davvero per noi. Applicherò questa nuova definizione alle relazioni in questo mondo in cui siamo connessi a centinaia di persone; parlerò di quali relazioni contano veramente e di come approfondirle. Poi spiegherò come rimpiazzare il fugace brusio dell’iperattività con la gioia più corroborante e nutriente del coinvolgimento profondo.

    Infine, fornirò un orientamento su come essere più felici facendo quello che vogliamo fare, rendendo possibile il cambiamento e superando l’iperattività.

    Non è semplice

    Ho scritto questo libro perché io stesso lotto contro gli impegni. Sì, ho pensato di poter avere qualche idea sulla questione; mi sono anche reso conto che esistono diversi studi, non ancora considerati nel loro insieme, che si rivolgono a quello che è, per me, uno dei più grandi flagelli della vita moderna. In realtà, però, ho scritto questo libro per aiutare me stesso. È un vero manuale di auto-aiuto. L’iperattività, per me, è una lusinga costante, una sfida costante.

    Devo lottare per riconquistare la padronanza di me stesso, per concentrarmi e coinvolgermi in ciò che faccio. Ho bisogno di ricordare sempre a me stesso di allontanarmi dalla massa e seguire l’impercettibile richiamo della mia individualità. Non pretendo di vincere sempre la lotta. Un po’ come un alcolista che smette di bere e ancora presenta forme di dipendenza durante la sua vita, sospetto che fin quando lavorerò, dovrò combattere con l’iperattività.

    Potrebbe sembrare estenuante, ma la lotta contro l’iperattività è importante – e questa è una delle intuizioni più grandi che ho avuto mentre facevo ricerche e scrivevo questo libro: per sconfiggere questo stato non basta seguire una lista di rapide dritte. La maggior parte dei suggerimenti che inizialmente avevo schierato sul foglio perché finissero nel libro li ho scartati dopo aver capito che non mi aiutavano. Sconfiggere l’iperattività è incredibilmente semplice, ma non sempre facile. Bisogna concentrarsi sulle cose che contano, essere presenti a se stessi e con le persone che contano. Bisogna essere se stessi.

    Per aiutarvi a fare questo passaggio, ho fatto ricorso alle grandi ricerche e agli studi della psicologia. Alcune di queste ricerche sono direttamente applicabili al tema. La maggior parte no, però. In alcuni casi, è meglio leggerle come metafore più che come evidenze: le ho utilizzate per sottolineare i processi psicologici sottostanti che sentivo essere rilevanti in questa lotta, per raccontare storie che illustrano perché facciamo certe cose e come poter reagire in maniera diversa. Perlopiù, ho utilizzato le ricerche dove penso che aiutino a generare una comprensione reale di come reagire meglio l’eccesso.

    Combattere questo stato di continuo affaccendamento non è semplice ma è una lotta che vale la pena di affrontare. Più combattete contro l’inezia gorgogliante delle sollecitazioni, più potrete resistere alla lusinga dell’immediato, o al richiamo delle notifiche del cellulare e delle e-mail, più avrete chiaro cosa davvero conta per voi.

    La resistenza attiva contro la norma della mediocrità crea il coinvolgimento nei confronti della vostra causa.

    Per iniziare

    Siete troppo impegnati per leggere questo libro?

    Il fatto che avete comprato questo libro implica che siete pieni di impegni. Forse vi sentite anche sopraffatti, come una pentola a pressione pronta a esplodere. Se è questo il caso, come farete allora a leggere questo libro, per non parlare dell’applicare i principi di cui parleremo?

    Perciò ecco dieci semplici suggerimenti per eliminare un po’ di pressione.

    Vi aiuteranno a fare di meno, a fare le cose più velocemente, o a sentirvi maggiormente in controllo. Questi suggerimenti non risolveranno il problema di fondo, ma dovrebbero aiutarvi a creare abbastanza spazio e tempo per leggere, digerire e applicare le strategie più profonde che faranno la vera differenza nella vostra vita.

    1. Utilizzate la parola perché

    C’è un che di magico nella parola perché. Lo studio di Ellen Langer, professoressa di Psicologia all’Università di Harvard, ha rivelato che semplicemente utilizzando la parola perché in una richiesta raddoppiamo la possibilità di ottenere quello che vogliamo¹⁷. In questo studio, la parola perché non ha bisogno di essere seguita da nulla di significativo; solo includere la parola perché fa sì che chi ascolta reagisca come se ci fosse una buona ragione.

    Per lavorare meno spesso bisogna agire sulle persone attorno a noi. Se includete la parola perché, le vostre ragioni saranno considerate più razionali e accettabili, sia che stiate dicendo no a una richiesta, sia che stiate spiegando perché uscirete dal lavoro in orario (invece che alle 8 di sera), o chiedendo il permesso di spostare una consegna di lavoro.

    2. Ogni tanto spegnetevi

    Il cervello non è fatto per lavorare in maniera costante. Uno studio molto ridotto ma interessante dell’Università di Londra sull’impatto dell’essere sempre online (tramite telefono ed e-mail) ha suggerito che questa abitudine può ridurre il qi quanto fumare cannabis o perdere una notte di sonno¹⁸. Anche se non possiamo tirare troppe conclusioni dallo studio in questione, sappiamo che il cervello ha bisogno dei suoi tempi di inattività. Gary Small, professore di Psichiatria all’

    UCLA

    , commenta che se dall’essere iper-connessi ricaviamo una sbronza momentanea, sul lungo periodo ciò può portare alla depressione e all’indebolimento della sfera cognitiva.

    Fate fare una pausa al cervello; fate che il riscontro dell’e-mail e dei messaggi sia sempre intenzionale e volontario. Stabilite momenti specifici per farlo in maniera concentrata, invece di continuare a sbirciare… e di certo non controllate l’e-mail prima di andare a letto. (Il mondo può sopravvivere senza di voi per qualche ora!)

    3. Eliminate le notifiche

    Uno studio nel mondo degli uffici ha rilevato che gli impiegati passano da un compito all’altro, cambiando attività in media ogni tre minuti¹⁹. Ogni volta che cambiamo mansione, il cervello ha bisogno di ri-abituarsi alle regole del gioco. David Meyer, professore di Psicologia all’Università del Michigan, suggerisce che saltare avanti e indietro anche solo tra due attività aumenta il tempo complessivo dell’adempimento degli incarichi del 40 percento²⁰.

    Uno dei più grandi colpevoli del passare in maniera ingiustificata da un compito all’altro è la notifica. Quanti di noi possono resistere all’attrattiva del tintinnio che annuncia l’arrivo di un nuovo messaggio da chissà chi? Tuttavia prendendoci una pausa, ci distraiamo e riduciamo la nostra efficienza. Riconoscendo questo fenomeno, Microsoft ha creato un’applicazione interna all’azienda chiamata Thinking Time, che permette allo staff di eliminare le notifiche dell’e-mail, delle chiamate online e le altre comunicazioni, per un preciso periodo di tempo, in modo da riuscire a pensare.

    4. Cancellate una riunione

    Le riunioni sono una delle cause più importanti dell’iperattività. Diventano sempre di più e dagli anni Sessanta in poi hanno conquistato sempre

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