Alfa e Omega
Di Massi Dicle
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Anteprima del libro
Alfa e Omega - Massi Dicle
Massi Dicle
Alfa e Omega
Alfa e Omega ©Massi Dicle 2016
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un prodotto di Simplicissimus Book Farm
Il racconto che segue parla di Teilhard de Chardin, o almeno, mentre lo scrivevo, era ciò che rispondevo a chi mi chiedeva a cosa stessi lavorando, giusto per dare un'indicazione. La prima persona a cui lo feci leggere una volta terminato, però, non mi nascose la sua delusione: «Il racconto non parla affatto di Teilhard de Chardin, o comunque non abbastanza». Caso volle, in effetti, che il primo lettore fosse probabilmente l'unico dei miei amici a conoscere Teilhard de Chardin, avendolo studiato e molto amato in gioventù. «Al massimo», aggiunse, «usi Teilhard come pretesto per parlare di altro».
Da questo punto di vista non posso dargli torto. Teilhard de Chardin è solo un pretesto, così come pretesti sono anche gli altri personaggi della storia. Uno dei protagonisti, in particolare, non è certo meno importante di Teilhard, ma non mi sarei mai azzardato a dire che il racconto parla di lui, perché a quel punto la delusione sarebbe stata universale.
Se proprio vogliamo cimentarci in una classificazione letteraria, Alfa e Omega rientra nel novero dei racconti che vengono pretenziosamente denominati eruditi, in quanto infarciti di minuzie e divagazioni colte, di allusioni pedantesche e di altre quisquilie del genere. Nel caso di specie, la farragine erudita costituisce comunque solo un sottotesto, riservato agli iniziati o a chi desideri approfondire per conto proprio taluno degli spunti proposti, mentre il fine della storia è portare all'attenzione dei lettori una questione che mi ha sempre appassionato e che credo emerga chiaramente anche prescindendo dal sottotesto. Ma al di là di tutto, il racconto ha soprattutto lo scopo di essere divertente e spero che riuscirà a realizzarlo.
Martedì 25 agosto
Questa mattina, poco dopo terza, mi sono recato alla casa del Maestro per informarmi sul decorso della sua malattia, che a detta dei medici sembrava giunta ormai allo stadio terminale.
Ieri non mi era stato possibile fargli visita, in quanto impegnato tutto il giorno con degli atti già fissati da tempo e non procrastinabili, tra i quali in particolare una divisione molto impegnativa che non sono riuscito neanche a portare a termine, dacché gli eredi hanno cominciato quasi subito ad accapigliarsi, dapprima solo verbalmente, con urla via via più accese, ed alla fine venendo direttamente alle mani, tant'è che sono stato costretto a chiamare le guardie perché li separassero ed abbiamo dovuto rimandare tutto a quando i più facinorosi saranno usciti di cella.
Appena ho varcato la soglia della dimora del Poeta, mi sono trovato davanti Pietro, il figlio maggiore, che proprio in quel momento era in procinto di uscire per andare ad informare il signore Guido che già da ieri il padre appariva decisamente migliorato. Stamattina era anche stato in grado di alzarsi in piedi, al punto che veniva persino da dubitare che nei giorni scorsi fosse stato tanto vicino alla morte. «Come potrai vedere da te stesso, Piero, si mostra quasi del tutto ristabilito, se si esclude soltanto che il suo carattere caparbio si manifesta senza freni, anche più del solito. È da quando ha ripreso conoscenza che si ostina a fare richieste assurde, rinfacciandoci la nostra inettitudine in un modo del tutto intollerabile».
Pietro non aveva ancora finito di parlare, quando abbiamo udito il Maestro che mi chiamava dal piano superiore, invitandomi a salire nella sua stanza. La sua voce era potente e autoritaria come ai bei tempi ed anche l'udito, evidentemente, funzionava appieno, visto che mi aveva riconosciuto nonostante io non avessi pronunciato che poche sillabe.
Mentre mi precedeva su per le scale, Pietro mi ha lanciato uno sguardo ansioso e poi mi ha pregato di calmare il padre. «Tu, Menghino e il Perini siete i soli che riusciate, di tanto in tanto, a contenere la sua indole dispotica».
Entrato nella stanza, l'ho trovato seduto sul bordo del letto, in veste da camera ed a capo scoperto. In piedi c'erano gli altri due figli, Iacopo e la prediletta Antonia, che entrerà presto nel monastero di Santo Stefano degli Ulivi con il nome di Suor Beatrice. Il Maestro mi ha accolto con animo lieto, ma dall'aspetto affranto di Iacopo e dallo sguardo intimidito di Antonia ho compreso che si era appena cimentato in una delle sue celebri sfuriate.
«Vieni qui Piero, siediti accanto a me» mi ha detto, indicandomi il lato del letto opposto al suo. Il tono era quello gentile che di solito utilizza quando ha intenzione di mettermi alla prova su qualche questione scabrosa.
Quanto a me, sono rimasto per un po' immobile: ero infatti esterrefatto nel vederlo così rubizzo. Appena dieci giorni fa, turbato da oscuri presentimenti, era partito alla volta di Venezia a capo di un'ambasceria tanto importante e