Il mistero di Rosalia
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Anteprima del libro
Il mistero di Rosalia - Vincenzo Turba
ALEF
I
Il mistero di Rosalia
La sua morte
In una dolcissima notte di fine estate, che aveva conquistato anche la collina, in cui faceva mostra di sé la bianca casetta abitata da tre esseri dal cuore puro, era scesa l’ombra della morte.
Era entrata sicura e brandendo la falce, la vecchia Parca, in quella linda dimora che per il suo candore spiccava tra l’opaca massa delle altre case.
Un attimo: sufficiente per conoscere la propria vittima: una dolce, pallida fanciulla, dagli occhi grandi di cui non si potevano conoscere il colore e l’espressione, perché socchiusi dalla sofferenza.
Il respiro, ormai alla fine, smuove appena il lenzuolo. Il capo è rivolto verso l’alto, come se la giovane volesse cercare il cielo. Le braccia sono ordinatamente distese.
La Parca non poteva trovare una vittima più prossima alla rinuncia della vita.
L’agitar della falce, smosse solo d’un poco la solenne atmosfera del trapasso in corso e, non appena quel funesto alito svanì, il dolente silenzio della camera fu scosso dalle laceranti urla dei genitori.
La Parca non volle sentir ragioni ed abbandonò quel radicato rito per compiere altre sollecitate missioni.
In altra dimora, alquanto diversa e non certo congeniale al rumoroso sfogo dei sentimenti e del dolore, un giovane dall’espressione appena abbozzata, ma dallo spirito invaso dall’ansia, avvertì nel suo essere un misterioso segnale della stessa durata del trapasso della giovane lontana.
Il giovane, Roberto Sogno, sobbalzò dal giaciglio in cui aveva passato la notte insonne ed in preda alla tragica intuizione di un presagio, inconcepibilmente triste, chiamò il centralino del lontano paese e con la voce roca dall’emozione urlò:
Ditemi, sono Roberto. Rosalia, Rosalia, come sta? Come ha passato la notte? Su ditemi!
.
Il centralino era sito nel caffè del paese a pochi passi dalla casa di Rosalia.
Il barista, che conosceva da tempo i due giovani, a stento rispose:
Attenda, signor Roberto! Un momento!
.
Roberto comprese che si stava interpellando il padrone o qualche vicino di casa della giovane. La sua attesa non poteva però essere sopportata a lungo:
Pronto, pronto, ma ditemi qualcosa!
.
Ma la risposta non arrivò dalla voce dal barista, che non si sentiva di dare certe notizie, ma dal suono delle campane a morto che proprio in quel momento iniziavano a dare il triste messaggio.
Roberto fece cadere sul tavolo il ricevitore e non chiuse nemmeno la conversazione.
Stette alcuni minuti con la testa fra le mani e le lacrime agli occhi. Se Rosalia non si fosse gravemente ammalata, avrebbe dovuto portare a termine, assieme alla amata, i preparativi delle nozze da celebrarsi al più presto. Rosalia si trovava lontana, da alcune settimane in un lontano paese del Sud, in cui la giovane aveva fatto una scappata per salutare i genitori e per metterli al corrente del felice passo che stava per compiere. Purtroppo per un improvviso malessere aveva dovuto mettersi a letto. Il medico aveva diagnosticato una banale intossicazione alimentare, ma in un secondo tempo, un preoccupante elevato aumento della temperatura aveva reso necessario un consulto medico, che attribuì la violenta aggressione della giovane esistenza ad una probabile forma malarica, piuttosto rara e difficile da debellarsi.
I genitori della ragazza avevano deciso di far ricoverare la figlia nell’Ospedale della città più vicina e proprio all’alba del giorno in cui Roberto aveva chiesto notizie di Rosalia a mezzo telefono, la guardia medica avrebbe dovuto provvedere al trasporto dell’ammalata.
Durante la notte precedente al programmato ricovero, però, l’attacco del male era aumentato di violenza, provocando un elevato aumento della temperatura corporea con gravi ripercussioni sulle condizioni cardio circolatorie: Rosalia era entrata in coma poco dopo la mezza notte. E la Parca, accorta osservatrice delle sciagure umane, aveva ricevuto il fatidico segnale e si era precipitata sul posto per compiere la propria missione.
Roberto si vestì in pochi secondi. Avvisò l’Ufficio che per gravi motivi avrebbe dovuto assentarsi un giorno od anche più ed uscì di casa. Raggiunse le strade del centro, che si mise a percorrere senza meta, attirando persino l’attenzione dei passanti colpiti dallo strano aspetto di quel giovane, dal suo modo di camminare, quasi di correre e da un evidente stato di grave agitazione. Roberto, infatti, aveva il volto rigato di lacrime e non riusciva a trattenere i singhiozzi
Non c’era tempo da perdere: voleva abbracciare per l’ultima volta la sua Rosalia, farla adagiare in una degna dimora, in una bianca bara e portarsela via, con sé, nella città in cui era nata anche lei: avrebbe fatto il possibile per convincere i due vecchi genitori che, era prevedibile, avrebbero voluto tenersi vicino la cara figlia.
Entrò nella prima agenzia di viaggi che vide sul corso e prese un biglietto per l’aereo che partiva poco dopo mezzogiorno.
Tornò a casa, avvisò per telefono, del triste evento, gli amici di Rosalia, che erano anche i suoi, preparò alla svelta la valigia, mangiò un boccone e prese un taxi per l’Aeroporto.
Trovò la sala d’aspetto quasi deserta e poté quindi struggersi liberamente per l’immenso dolore che l’aveva colpito. Gli era stato portato via improvvisamente l’essere più caro.
Un grande amore destinato ad espandersi ed ad invadere ogni vicenda, ogni aspetto della vita sua e di Rosalia, era stato stroncato.
Ma perché? Un crudele destino, certo. Una crudeltà che aveva spento una vita e che aveva mortalmente ferito quella di chi rimaneva solo, affranto, in grado solo di piangere e di vivere di ricordi, dolci e strazianti nello stesso tempo.
Finalmente Roberto si imbarca sull’aereo. Non distolse nemmeno un attimo dall’osservare la pianura, i paesi, la costa, il mare, che assieme a Rosalia, nei viaggi compiuti assieme, aveva ammirato ascoltando interessato e compiaciuto i commenti del suo amore. La giovane amava l’Italia, la pianura del Nord e quella del Sud disseminata di vecchi e popolosi borghi in cui, diceva Rosalia, forti sentimenti, amore, passione ed anche odio, probità ed agire malvagio, si intrecciavano, ma non in sottofondo, come al Nord, ma sempre con grande clamore. Ed in quei tempi, purtroppo, anche il sano reagire alla prepotenza mafiosa, stentava ad impedire che la malavita divenisse soverchiante.
Roberto si rese conto che d’ora innanzi gli sarebbe mancato un grande insegnamento: Rosalia infatti, per la sua naturale inclinazione al bene, sapeva intravedere, in ogni manifestazione della vita, e nel suo profondo, il vero significato.
Riusciva a mettere in risalto la vera finalità insita nel comportamento od anche solo nel modo di sentire di chi le stava attorno, anche se occultati da una consistente ipocrisia di superficie.
Il giovane intuì cosa fare per potersi saggiamente orientare come l’amata gli aveva insegnato caso per caso: rivedere lucidamente con il pensiero tutte le esperienze vissute assieme, immedesimarsi nel modo di valutare i fatti e le persone usato da Rosalia e cercare di individuarne il filo conduttore e cioè, in definitiva, l’idealità del suo grande amore. Quale migliore soluzione avrebbe potuto trovare per risolvere i tanti suoi dubbi?
Non ne sapeva ipotizzare un’altra. Il giovane si sentì sollevato nell’essere giunto a quella conclusione. Non solo sarebbe riuscito a giudicare la realtà che gli stava davanti, il più delle volte complessa, sgradita, difficile a dipanarsi, ma avrebbe avuto sempre vicino, nel suo spirito, colei di cui era stato, era tutt’ora e lo sarebbe stato per sempre, tanto innamorato.
Le lacrime, ora, non rigano più il volto di Roberto.
Un poco rasserenato e con la speranza in cuore, scese dall’aereo e arrivato a destinazione prese un taxi che lo portò davanti alla casa in cui Rosalia aveva cessato di vivere.
II
Un saluto all’amata e un abbraccio ai suoi cari
Trovò la porta è chiusa. Roberto bussa e bussò batte ancora. Finalmente la porta si schiuse e comparve il padre di Rosalia. Pallido come un fantasma, talmente pallido da sembrare trasparente, i capelli bianchi all’inverosimile. Gli occhi cerchiati di rosso ed incavati. Prima era un uomo pieno di vitalità: ora un vecchio fatto e finito.
L’uomo l’abbraccia, ma debolmente, perché non ha più forze. Roberto lo scansa quasi per entrare, per correre da quel corpo che incarnava il suo amore, ma viene fermato dalla madre di Rosalia. La donna alza gli occhi al cielo e inizia a singhiozzare. Con il braccio, che riesce a malapena ad alzare, indica la camera grande dove giace la figlia.
Roberto la spinge