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Ma l'amore no
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Ma l'amore no
E-book226 pagine2 ore

Ma l'amore no

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Info su questo ebook

In una Milano contemporanea, una giovane donna vive pienamente l'amore e il proprio corpo. 

Impegnata in chiacchiere e aperitivi, Chiara è una post-adolescente che si costruisce un passo alla volta, attraverso un percorso che la vede passare dall'età di mezzo all'età adulta, con uomini che transitano in questa costruzione e contribuiscono a questo processo. Finché una storia d'amore non esplode nella passione e nella tragedia.

 Una storia che vive nei locali, nelle chat, negli incontri clandestini e nelle agenzie di una Milano viva, ricca e intensa, raccontata con la musica e con la lingua dei social network. Una storia in cui a un certo punto compare persino Guido Catalano, il sommo poeta. 

Il lavoro precario e la Milano della movida fanno da sfondo a questo romanzo generazionale, che bene racconta la metropoli lombarda senza sconti né idealismi, con il sesso a fare da elemento di comunicazione e di pienezza. 

Un romanzo colorato, intenso, violento, feroce. Un manifesto e un manuale di istruzioni per decifrare il canto di una generazione precaria, che nonostante le mille scommesse sceglie di vivere, di continuare a crederci, a sorridere, a fare l'amore.
LinguaItaliano
EditoreBlonk
Data di uscita30 giu 2016
ISBN9788897604433
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    Anteprima del libro

    Ma l'amore no - Claudia Scano

    Claudia Scano

    Ma l'amore no

    www.blonk.it

    Copertina di Gianguido Saveri

    (c) BLONK EDITORE

    ISBN: 9788897604433

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    A Paola

    «… e l’amore

    è così triste

    se non ti riesce»

    Cento volte cento, Guido Catalano

    2015, Primavera

    Liberi tutti (Subsonica feat. Daniele Silvestri)

    Piazza del Duomo era affollata di manifestanti che sventolavano bandiere colorate e striscioni tra il commemorativo e il polemico. La coda del corteo si fermò davanti al McDonald’s urlando cori pro-Palestina prima di disperdersi, dopo le tensioni iniziali e gli scontri con la Brigata Ebraica. Mentre dal palco Susanna Camusso parlava con la sua voce roca e decisa, mi imbattei in Alessandro, rischiando di bruciargli la felpa con la sigaretta appena accesa.

    Non pensavo di trovarti qui. confessai salutandolo con due baci sulle guance.

    Sei sola?

    No, sono venuta con Fausto e Aurora, sono andati a comprare le sigarette. Tu?

    Io sono con Simone.

    E dov’è?

    Si voltò verso il palco, sotto il quale degli spettatori ascoltavano distratti il discorso della sindacalista. Intravidi Simone che si avvicinava a noi tenendo in mano la sua costosa macchina fotografica.

    Nel frattempo fummo raggiunti anche da Fausto e Aurora e, dopo un breve giro nella piazza, decidemmo di andare a bere qualcosa in un bar vicino.

    La sera si attardava ad arrivare e la temperatura era mite, il cielo terso annunciava che era ufficialmente primavera, a poco più di un mese dall’equinozio.

    Alessandro e gli altri erano tra le prime persone con cui entrai in contatto appena arrivata a Milano, ormai undici anni prima.

    Il primo che conobbi fu Fausto: eravamo iscritti a due facoltà diverse in Bicocca, ma seguivamo entrambi le lezioni di Linguistica, così iniziammo scambiandoci gli appunti per poi prendere l’abitudine a pranzare assieme. Cominciammo a vederci anche al di fuori delle lezioni e mi presentò due sue compagni delle scuole superiori che studiavano in Statale: Aurora e Simone, che a sua volta mi presentò Alessandro, suo amico d’infanzia. All’epoca non avevo ancora idea di quanto potesse essere macchinoso avere a che fare con un aspirante ingegnere, ma ebbi tutto il tempo per farmi un’idea negli anni successivi.

    Alla fine dell’aperitivo ognuno tornò a casa propria, tranne me, che andai da Alessandro. Gli altri intuivano qualcosa della nostra tresca e nessuno fece commenti o battute quando restammo un po’ indietro per baciarci o quando scendemmo alla stessa fermata di metro. Aurora e Fausto furono eccezionalmente discreti, l’età adulta aveva sostituito la goliardia dei vent’anni con la riservatezza dei trenta. L’intenzione con cui salutammo gli altri fu quella di incontrarci dopo cena per andare alla festa Partigiani in ogni quartiere, ma le cose andarono diversamente e la serata prese una piega sensibilmente diversa, almeno per me.

    Proprio mentre i partigiani festeggiavano i settant'anni della Liberazione dal nazifascismo, Alessandro si liberò della sottoscritta.

    *****

    Avevamo appena finito di farlo. Era stato coinvolgente e fisicamente impegnativo, così ci mettemmo a chiacchierare come sempre con ancora il fiatone. Quando mi ripresi un po’, misi una canzone chill out per creare un po’ di atmosfera e mi sedetti a cavalcioni sulle sue gambe baciandogli il collo e succhiandogli i lobi delle orecchie. Poco dopo avere iniziato, mi prese per i fianchi e, scostando il viso, mi disse che non gli andava.

    Ci poteva stare, del resto lo avevamo fatto solo qualche momento prima e poteva essere ancora affaticato.

    Non so, Chiara…

    Imbracciare i fucili.

    Tranquillo, non c'è problema.

    Prendere la mira.

    È che non mi sento più libero… Non provo più desiderio…

    Fuoco!

    Una scarica di colpi arrivò dritta allo stomaco. Mi sentii congelare e mi irrigidii. Un sentimento di umiliazione e avvilimento s'impossessò di me, lasciandomi senza parole.

    Mi scostai silenziosamente e altrettanto silenziosamente mi sedetti accanto a lui sul divano sopra il quale mi aveva avuta poco prima. Guardavo davanti a me mentre parlava dicendo cose che non mi interessava stare a sentire. Per me era un bla bla senza dire niente, come cantavano i Marta Sui Tubi, che oltretutto era l'anagramma di masturbati, me lo aveva detto Federico.

    Stetti in silenzio. Appena tacque, mi mossi bruscamente per recuperare la biancheria e i vestiti, indossando tutto compostamente, senza fiatare e con lentezza. Presi la borsa: Io vado.

    Alessandro si mise in piedi davanti a me, mi prese la mano: lui con la sua aria da cane bastonato, che gli veniva tanto bene quando sapeva di avermi ferita, io con le spalle curve in avanti per l'onta dello sconforto.

    Magari ne parliamo un'altra volta…

    Di cosa?! Non mi desideri e mi sento ferita. Non abbiamo litigato, quindi non abbiamo nulla da dirci.

    Abbassò gli occhi a terra dicendomi che gli dispiaceva che stessi andando via così. Fu allora che pensai di trovarmi davanti a un mezzo imbecille. Mollai la sua mano e me ne andai all’arci Cicco Simonetta a vedere il concerto dei Pecori Greg.

    Message in a bottle (The Police)

    Ciao bellezza, tutt'a posto?

    Mi svegliai col suono del messaggio di Federico, che aveva odorato aria di tempesta. Non era un veggente o un sensitivo, molto probabilmente aveva letto il mio status di Facebook della notte prima.

    Lasciamo perdere…

    Che è successo?

    Indovina…

    Hai scazzato di nuovo con la boss?

    Nope.

    Sei in sindrome premestruale?

    Nope.

    Alessandro.

    Ancora?!

    Vuoi che ti chiami?

    No. Faccio un po’ la drama queen e mi passa.

    3-2-1- squillo di telefono.

    T'avevo detto di no!, esordii finto-scontrosa ma contenta di quella premura.

    Dai, dillo a Federico tuo: che è successo 'sta volta?

    Prima m'ha scopata e poi m'ha detto che non mi desidera più.

    Oh, madonna! - evidentemente questo era troppo anche per lui – e tu lo hai mandato a fanculo, vero?

    Me ne sono andata senza salutare.

    Mi sembra dignitoso.

    Poi cominciò a fare una serie di battute per sdrammatizzare e distrarmi.

    Per fortuna c'era Federico.

    Un paio di anni dopo aver conseguito la laurea specialistica, feci un tirocinio presso una grande azienda per cui lavorava anche lui. Non so se per snobismo suo o soggezione mia, non ci prendemmo granché in considerazione fino a un paio di mesi prima che mi scadesse il contratto, quando ci trovammo da soli nel cortile a fumare e chiacchierammo piacevolmente di musica e del fatto che di lì a poco sarei stata disoccupata. Sembrò sinceramente dispiaciuto e prese a inoltrarmi annunci di lavoro via mail e talvolta ad avvisarmi su quando avrebbe fatto una pausa, per bere un caffè e/o fumare insieme. Era gradevole conversarci, avevamo un senso dell’umorismo simile e gusti musicali affini.

    Quando andai via, continuò a inviarmi annunci, ma mi aggiunse su Facebook e prendemmo a chattare sempre più di frequente, entrando ben presto in confidenza.

    Fu così che cominciammo a passarci canzoni da YouTube, a suggerirci libri che avevamo letto, poesie, scambiare pareri e racconti personali più o meno intimi.

    "Mi hai fatto venire in mente una poesia di Catalano:

    Il Disinnamoratore

    è il professionista

    della disinnamorazione.

    Ti stacca via un pezzo

    non fa poi così male

    e pentirsi dopo

    non vale."

    Dici che mi ci vorrebbe un Disinnamoratore?

    Magari sì.

    Come hai detto che si chiama?

    Chi?

    Quello che ha scritto 'sta cosa.

    "Madonna, Chia', ti cito uno dei massimi poeti viventi e tu lo chiami quello che ha scritto 'sta cosa!"

    Se fosse uno dei massimi poeti viventi probabilmente lo conoscerei.

    Era un'iperbole!

    Lo so.

    Forse ho esagerato.

    Sì, ma non siamo qui a parlare di te. Sono io quella che sta soffrendo!

    Gesù mio, dammi la forza!

    Ci mettemmo a ridere del mio modo di semplificare tutto, anche la poesia e i poeti, e delle sue reazioni.

    Comunque si chiama Catalano, Guido Catalano.

    Ah, ho capito! È il tizio di cui condividi le poesie sulla tua bacheca.

    Bè, condivido molta roba sul mio profilo.

    Sì, vabbè, mo’ non fare il precisino. Era per capirci. Comunque questa poesia che mi hai detto sembra carina.

    Era solo la fine, appena mettiamo giù la cerco e te la mando.

    Chiacchierammo ancora un po’ e riattaccammo. Come promesso, poco dopo arrivò un messaggio con il link alla poesia.

    Da un po’ di tempo mi sembrava che Federico fosse l'unico a capirmi davvero. Lo consideravo un uomo maturo con i suoi 38 anni di esperienza e diplomazia e lo percepivo come una sorta di mentore, ma non mi sentivo succube o subalterna: eravamo complementari. Spesso pensavo che in un mondo ideale sarebbe potuto essere il compagno fatto apposta per me e talvolta ho supposto che questa impressione l'avesse avuta anche lui, ma erano valutazioni fuggevoli alle quali non prestavo particolare attenzione.

    Mi misi a leggere Il Disinnamoratore, che mi piacque molto, così ne lessi altre, avidamente. Fu come una folgorazione: le parole di Catalano erano sostanziose, non poetiche di per sé, ma nel contesto. Versi romanticamente pratici e demenziali che mi fecero venire in mente Pablo Neruda e Jack Kerouac: il primo passionale, intenso e idilliaco, il secondo scarno, crudo e quotidiano, senza fronzoli. Con le dovute proporzioni pensai che Catalano fosse il mix perfetto e decisi che avrei dovuto conoscerlo.

    Ci sei?

    Dai, Fede, connettiti!. Presi la bustina del tabacco, la scatola dei filtri e le cartine e mi rollai una sigaretta. Poco dopo sentii il suono di Messenger.

    Eccola!

    Mi sono innamorata!

    Di chi?

    Ma tu lo conosci?

    Chi?!

    Catalano.

    Ti sei innamorata di Guido?!

    Lo conosci sì o no?

    Stai calma! :)

    In chat facevamo abuso di emoji, inoltre lui sapeva come farmi stare sulle spine.

    Vuoi che te lo presenti?

    Quindi lo conosci?

    Sì.

    Oddio, sono innamoratissima!

    Ma se non lo hai mai visto?!

    Sono innamorata delle sue poesie: lo sai che ho un debole per i poeti!

    Veramente non lo sapevo.

    Adesso lo sai! :)

    Mi ha scritto qualche giorno fa che dovrebbe venire a Milano per un reading a giugno, se vuoi andiamo e te lo presento.

    Pioggia di emoji melensi da parte mia. Dimostravo la mia riconoscenza con gli strumenti a disposizione.

    Salutai velocemente Federico, appoggiai la sigaretta nel posacenere e mi rituffai a leggere le poesie di Catalano, che scriveva principalmente poesie d'amore, secondo una mia prima impressione le più riuscite. Evocava scenari molto nitidi e sensuali: non era amore platonico quello di cui scriveva, ma amore fatto di carne e sangue, di persone vive. Amore sessuale e sensuale anche dove il sesso non era esplicitato.

    Quel giorno mi masturbai tre volte pensando ad alcuni dei suoi versi. Mentre mi toccavo, immaginavo una bocca sulla mia pelle, una voce sconosciuta che mi sussurrava versi tra un bacio e un altro, il fiato che scendeva piano sotto l’ombelico, le labbra che alternavano sospiri, baci e parole. La lingua era potente tanto nel decantare la mia bellezza quanto nel leccarmi lentamente. Con le mie dita sognavo che mi facesse venire proprio con la bocca e, per la prima volta dopo mesi, il volto di quella persona non corrispondeva a quello di Alessandro.

    Fu un 26 aprile di poetici orgasmi.

    La Ginestra

    Dopo aver lasciato la società dove avevo conosciuto Federico, trovai un posto in un’agenzia di eventi chiamata La Ginestra. Contratto a progetto ma stipendio accettabile: mi sembrava già ambizioso considerato quello da tirocinante che avevo avuto sino a poco prima. Inoltre non avevo mai smesso di fare saltuariamente la baby sitter per arrotondare e potermi permettere un monolocale microscopico in Viale Monza a due passi dalla fermata della metro. L’età adulta era più complicata di quanto avessi immaginato, ma il valore dell’indipendenza aveva un buon sapore.

    La struttura era composta solo dalla boss, la mia collega Alice e me. La boss era una signora sui cinquant'anni, che ne dimostrava sessanta, capelli tinti di un biondo bruciato e la pelle raggrinzita dalle numerose lampade solari. Suppongo che si sentisse come Miranda Priestly de Il diavolo veste Prada, ma in realtà era solo una rompipalle che delegava e tentava di prendersi i meriti. Alice aveva un paio di anni più di me, un carattere determinato e volitivo ma mai supponente o arrogante; di lei ammiravo specialmente il modo paziente e gentile che aveva di spiegare e condividere, nonché il suo senso dell'umorismo. Adoravo i suoi capelli ramati e il suo fisico burroso. Era molto affascinante e non di rado, quando uscivamo assieme, era avvicinata da persone che ci provavano e che lei liquidava con cortesia, sorrisi e sagacia. Le dicevo sempre che era una fica totale facendola ridere e mi sfotteva: Finché non vieni da questa parte, le tue chiacchiere stanno a zero!.

    Sono troppo devota al pisello! replicavo scoppiando a ridere.

    Lo so, lo so! Ma guarda che anche noi ci difendiamo bene..

    Alice ed io mandavamo avanti la baracca senza risparmiarci, mentre la boss impartiva ordini e passava la maggior parte del tempo fuori dall’ufficio a intessere relazioni coi suoi modi bruschi ma evidentemente funzionali. Lavoravo là da sette mesi, ma era come se ci fossi da sempre. Alice riusciva a prevenire i miei accessi d’ira verso la boss o calmarmi quando ero particolarmente indisposta, mi indicava cosa fare e mi responsabilizzava. Godetti da subito di una certa autonomia e questo mi fece crescere molto sia professionalmente sia umanamente. Nonostante i ritmi serrati e il lavoro intenso, ero soddisfatta di quello che facevo e speravo un giorno di aprire un’agenzia tutta mia, magari proprio con Alice.

    Avevo appena messo la sigaretta in bocca e mi apprestavo ad accenderla osservando una finestra del palazzo di fronte, quando fui raggiunta sul balconcino dell’ufficio da Alice.

    Com’è andato il 25 Aprile?

    Espirai la prima boccata di fumo.

    Sono stata scaricata da Alessandro.

    Mi spiace! Non avevo capito che steste assieme.

    Non stavamo assieme, infatti.

    Seconda boccata, sguardo alla finestra del palazzo davanti al nostro.

    … E come stai?

    Mi sento ferita. Non è stato come se mi avessero detto «Non ti amo» o «Non ti amo più». In quel caso ne avrei preso tristemente atto.

    In questo no?

    Rigiravo nervosamente la sigaretta tra le dita dando dei colpetti col pollice sul filtro, ma non c’era alcun eccesso di cenere da scrollare.

    Mi ha detto che non mi desidera. Mi ha fatto sentire una robetta inutile.

    Parti da questo allora.

    È quello che faccio.

    Se posso dirti la mia, con Alessandro secondo me non è mai stata cosa. Hai scambiato l’attrazione atavica per qualcos’altro. Questa è l’idea che mi sono fatta dai tuoi racconti.

    Sono disperata!

    Uh signur! E perché?!

    Dietro la finestra dell’altro palazzo c’era sempre una donna anziana, che guardava fuori. Era lì ogni giorno, la mattina e il pomeriggio. Quando uscivo a fumare la vedevo sempre là, con le finestre chiuse, anche quando c’era il sole e la temperatura

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