Nell'Azzurro
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In "Vita silvana", novella che apre la raccolta, la Deledda racconta la storia di Cicytella, trovatella di nobili origini che viene allevata da un generoso pastore, zio Bastiano, in una Sardegna incontaminata, tra boschi, monti granitici e nuraghi. Abile sarta e formidabile suonatrice di launeddas, avrà modo di scoprire il suo segreto e le sue vere origini, ma non abbandonerà mai la sua identità di donna sarda e rimarrà per sempre legata alla sua patria. Racconto intrigante e caratterizzato da un ricco intreccio, mantiene viva l’attenzione del lettore con descrizioni di ampio respiro e scene di grande impatto emotivo.
La forza del paesaggio e dell’ambiente fa da sfondo anche alla seconda novella, intitolata "Sulla montagna", un vero e proprio viaggio volto alla scoperta della religiosità arcaica della Sardegna più autentica. Attenta conoscitrice non solo dei luoghi, ma anche delle usanze e dei riti dei Sardi, l’autrice barbaricina introduce il lettore in un’atmosfera arcaica quanto magica: il bosco, la chiesa, le cumbessias, i balli e poi il ritorno. Un piccolo capolavoro di sintesi artistica di grande valore.
"Memorie infantili" è il titolo della terza novella che ripercorre la vita di Maria. Si tratta di un racconto volto alla ricostruzione del passato, della fanciullezza e del mondo antico, dove la protagonista si confronta con le proprie memorie e i propri ricordi: l’asilo, le bambole, i profili delle montagne. Una novella dedicata all'infanzia, “parola magica e misteriosa, geroglifico orientale, inteso indistintamente dall'anima, dalla mente, dal cuore, nei quali desta ricordi soavi, dolcissimi, benché sfumati tra le nebbie del passato, e sorrisi vagolanti e dolci come quei ricordi, e sussulti di rimpianto e dimenticanze del presente”.
La quarta novella si intitola "Una terribile notte" e si svolge nella misteriosa Gallura, terra di fantasmi e gioielli sepolti, ladri e banditi. Protagonista è Ardo, bambino di nove anni originario del centro della Sardegna, che il padre manda a comprare del formaggio in un villaggio vicino con la raccomandazione di rientrare a casa prima del tramonto. Suggestiva e coinvolgente, la storia di Ardo si svolge in un ambiente ricco di significati simbolici, abitato da personaggi a cavallo tra il naturale e il sovrannaturale, che spingono il giovane eroe a confrontarsi col lato oscuro del mondo, ma anche con il proprio coraggio, la propria forza morale e il proprio destino.
Chiude la raccolta "La casa paterna", novella incentrata sul tema del ricordo e della nostalgia, ricca di sentimenti e riflessioni che animano la protagonista, Jole, rientrata nella sua terra natale dopo tanti anni trascorsi all'estero. Si tratta di una presa di coscienza della propria identità e delle proprie radici culturali, sociali e storiche, costruita attraverso un interessante e appassionante confronto col mondo infantile, fatto di immagini e parole, suoni ed emozioni. Un viaggio nel passato dalla forte connotazione biografica, come ad esempio la ricostruzione della propria camera da letto, dove l’autrice bambina si rifugiava per vivere le proprie emozioni e scrivere novelle e poesie, strumento di lotta nei confronti di una comunità che non accettava il suo voler essere e diventare una donna scrittrice.
Grazia Deledda
Grazia Deledda (Nuoro, Cerdeña, 1871 - Roma, 1936). Novelista italiana perteneciente al movimiento naturalista. Después de haber realizado sus estudios de educación primaria, recibió clases particulares de un profesor huésped de un familiar suyo, ya que las costumbres de la época no permitían que las jóvenes recibieran una instrucción que fuera más allá de la escuela primaria. Posteriormente, profundizó como autodidacta sus estudios literarios. Desde su matrimonio, vivió en Roma. Escritora prolífica, produjo muchas novelas y narraciones cortas que evocan la dureza de la vida y los conflictos emocionales de los habitantes de su isla natal. La narrativa de Grazia Deledda se basa en vivencias poderosas de amor, de dolor y de muerte sobre las que planea el sentido del pecado, de la culpa, y la conciencia de una inevitable fatalidad. Sus principales obras son Elías Portolu, La madre y Cósima. En 1926 recibió el Premio Nobel de Literatura.
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Nell'Azzurro - Grazia Deledda
Grazia Deledda
Nell’Azzurro
Grazia Deledda
Nell’Azzurro
ISBN 978-88-98737-11-6
© Carlo Mulas – Indibooks eReading Life
In copertina:
Costumes sardes
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Introduzione
Grazia Deledda fece il suo primo esordio nel mondo della letteratura nel luglio del 1888 con il racconto intitolato Sangue sardo, pubblicato in due puntate tra le pagine de L’Ultima Moda
di Roma. Sempre nella rivista romana pubblicò, tra il 1888 e il 1889, il racconto Remigia Helder e la prima parte del romanzo Memorie di Fernanda. Iniziò in questo modo la carriera letteraria della più grande scrittrice sarda, unica donna nata nello Stato italiano ad aver vinto il Premio Nobel per la Letteratura.
Nell’Azzurro fu pubblicata per la prima volta nel 1890 dalla casa editrice Trevisani e contiene cinque novelle: Vita silvana, Sulla montagna, Memorie infantili (frammenti), Una terribile notte, La casa paterna.
In Vita silvana, novella che apre la raccolta, la Deledda racconta la storia di Cicytella, trovatella di nobili origini che viene allevata da un generoso pastore, zio Bastiano, in una Sardegna incontaminata, tra boschi, monti granitici e nuraghi. Abile sarta e formidabile suonatrice di launeddas, avrà modo di scoprire il suo segreto e le sue vere origini, ma non abbandonerà mai la sua identità di donna sarda e rimarrà per sempre legata alla sua patria. Racconto intrigante e caratterizzato da un ricco intreccio, mantiene viva l’attenzione del lettore con descrizioni di ampio respiro e scene di grande impatto emotivo.
La forza del paesaggio e dell’ambiente fa da sfondo anche alla seconda novella, intitolata Sulla montagna, un vero e proprio viaggio volto alla scoperta della religiosità arcaica della Sardegna più autentica. Attenta conoscitrice non solo dei luoghi, ma anche delle usanze e dei riti dei Sardi, l’autrice barbaricina introduce il lettore in un’atmosfera arcaica quanto magica: il bosco, la chiesa, le cumbessias, i balli e poi il ritorno. Un piccolo capolavoro di sintesi artistica di grande valore.
Memorie infantili (frammenti) è il titolo della terza novella che ripercorre la vita di Maria. Si tratta di un racconto volto alla ricostruzione del passato, della fanciullezza e del mondo antico, dove la protagonista si confronta con le proprie memorie e i propri ricordi: l’asilo, le bambole, i profili delle montagne. Una novella dedicata all’infanzia, parola magica e misteriosa, geroglifico orientale, inteso indistintamente dall’anima, dalla mente, dal cuore, nei quali desta ricordi soavi, dolcissimi, benché sfumati tra le nebbie del passato, e sorrisi vagolanti e dolci come quei ricordi, e sussulti di rimpianto e dimenticanze del presente
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La quarta novella si intitola Una terribile notte e si svolge nella misteriosa Gallura, terra di fantasmi e gioielli sepolti, ladri e banditi. Protagonista è Ardo, bambino di nove anni originario del centro della Sardegna, che il padre manda a comprare del formaggio in un villaggio vicino con la raccomandazione di rientrare a casa prima del tramonto. Suggestiva e coinvolgente, la storia di Ardo si svolge in un ambiente ricco di significati simbolici, abitato da personaggi a cavallo tra il naturale e il sovrannaturale, che spingono il giovane eroe a confrontarsi col lato oscuro del mondo, ma anche con il proprio coraggio, la propria forza morale e il proprio destino.
Chiude la raccolta La casa paterna, novella incentrata sul tema del ricordo e della nostalgia, ricca di sentimenti e riflessioni che animano la protagonista, Jole, rientrata nella sua terra natale dopo tanti anni trascorsi all’estero. Si tratta di una presa di coscienza della propria identità e delle proprie radici culturali, sociali e storiche, costruita attraverso un interessante e appassionante confronto col mondo infantile, fatto di immagini e parole, suoni ed emozioni. Un viaggio nel passato dalla forte connotazione biografica, come ad esempio la ricostruzione della propria camera da letto, dove l’autrice bambina si rifugiava per vivere le proprie emozioni e scrivere novelle e poesie, strumento di lotta nei confronti di una comunità che non accettava il suo voler essere e diventare una donna scrittrice.
Vita silvana
Vi parrà un romanzo, o mia bionda e piccola lettrice, ma è una storia vera: tanto vera che io, per narrarvela, cambio i nomi delle persone e dei luoghi alle quali e nei quali accadde.
Figuriamoci in Sardegna, nella mia verde e sconosciuta Sardegna, e cominciamo.
Si chiamava Cicytella, nome che nei nostri dialetti sardi significa Franceschina: niente altro che Cicytella, perché non aveva famiglia, non aveva nome: probabilmente era una trovatella, ma nessuno era anche certo di ciò. Dieci o dodici anni prima un vecchio pastore che cambiava il gregge dalla pianura alla montagna, all’entrata dei boschi, sul musco verde di un masso, aveva trovato una piccola bambina, riccamente vestita, ma quasi morta dalla fame. Figuratevi la sua meraviglia e un po’ anche il suo dispetto: perché quel vecchio pastore, che si chiamava zio Bastiano, era un uomo a cui i bambini davano orribilmente ai nervi, se vi potevano essere nervi sotto l’epidermide nera del suo corpo.
In gioventù Bastiano aveva molto sofferto per causa degli uomini: la sua vita di sventure era stata un vero romanzo, uno di quei romanzi sardi tutti pieni di odio e d’amore, d’inimicizie e di sangue, un romanzo che qui tornerebbe inutile e troppo lungo il raccontare: alla fine Bastiano, lasciato il suo villaggio per non più ritornarvi, venduti i suoi averi, si era comperato cento pecore e due grossi cani – chiamati Nigheddu e Biancu (Nero e Bianco), dal loro colore – e aveva cominciato la vita del pastore, calma, tranquilla, senza sventure e senza passioni, nei nostri boschi, sulle montagne di granito, nelle valli fertili, striate di torrenti d’argento, nelle pianure verdi dai pascoli lussureggianti, fra i placidi silenzi del cielo e delle campagne solitarie.
Aveva finito col dimenticare tutto e tutti, e si trovava tanto bene in quella vita quasi selvaggia, lontano dagli uomini e dalle donne, che s’era deciso di vivere sempre così: non andava nei villaggi e nelle piccole città se non per vendere i suoi prodotti, comprare le cose più necessarie alla sua vita errante, ed affittare le pasture per il suo gregge.
Il suo gregge, i suoi cani! Era tutta la sua famiglia ed egli l’amava svisceratamente; e forse ne era ugualmente amato, almeno dai cani: conosceva, chiamava con cento nomi, una per una, le sue pecore, ed allorquando ne moriva qualcuna, per malattia o per vecchiezza, egli provava un immenso dolore.
Ed ecco ad un tratto quella piccola signorina veniva a turbargli l’anima e la vita.
Appena la vide, Bastiano si domandò se doveva o no scendere da cavallo – aveva anche un cavallo, un cavallino grigio dai grandi occhi languidi, chiamato Murrittu – e si decise per il sì quando la sentì piangere.
La prese fra le mani e l’esaminò come un oggetto curioso: la piccina poteva avere un anno, ma era mingherlina mingherlina, pallida, con gli occhi grandi castani come i capelli, il profilo sottile e delicato.
Era vestita signorilmente, con biancheria fra i cui ricami si notavano due lettere: V L. Ma Bastiano non conosceva neppure l’alfabeto.
– Si chiamerà Francesca – pensò macchinalmente – Franceschina, Cicita... sì, Cicytella...
Era quello il secondo battesimo della bambina.
Intanto essa piangeva, piangeva sempre, spalancando gli occhi, e Bastiano, accorgendosi che quel pianto era desto da una gran fame, cominciò a sentire pietà della povera smarrita, e più che pietà interessamento, come scosso dal fascino innocente e supplicante di quei grandi occhi velati dalle lacrime.
– Perdeu! – sacramentò – cosa devo fare?
Per tutta risposta una grande pecora dalle mammelle piene di latte si avvicinò alquanto: il pastore depose la bimba per terra e lì, su due piedi, munse la pecora; e caldo caldo fece bere il latte a Cicytella: due minuti dopo essa dormiva saporitamente, davanti a zio Bastiano, su una morbida pelle nera – sul cavallino che saliva, saliva, fra le ombre verdognole del bosco, su per il sentiero assiepato di felci color d’oro e di liane color di smeraldo – mentre le pecore, guidate dai cani, procedevano, sempre avanti.
Zio Bastiano aveva pensato subito di scendere al villaggio per restituire la bimba, che egli credeva fosse stata dimenticata in campagna da qualche comitiva di signori e signore venuti per divago, ma in quel momento gli era impossibile lasciare il suo gregge solo, sulla strada: quindi pensò di condurre prima questo ai pascoli destinati, poi ridiscendere al villaggio.
Zio Bastiano aveva settant’anni, ma era ancora vigoroso e svelto come un uomo di cinquanta.
I suoi capelli lunghi e inanellati erano bianchi come la neve, il suo viso, d’un bruno oscurissimo, fatto più scuro ancora da quella bianca e fluente cornice, era tutto increspato, specialmente agli angoli degli occhi