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Lo spaventapasseri
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Lo spaventapasseri
E-book196 pagine2 ore

Lo spaventapasseri

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Info su questo ebook

Francesca lavora per varie testate, blog e giornali web, scrivendo sceneggiature fantasy, distopiche o storiche. Paolo, uomo affascinante e sfrontato che incontra causalmente in biblioteca, ha il potere di attrarla e farla innamorare. All'inizio Paolo pare ricambiare, ma ben presto i suoi atteggiamenti mutano radicalmente e senza motivo. L'uomo nasconde forse un mistero? Per Francesca è l'inizio di un lungo viaggio dentro se stessa, alla ricerca di una verità che emergerà soltanto alla fine del libro, quando tutti i tasselli di un bizzarro puzzle si saranno incastrati.
LinguaItaliano
Data di uscita11 ott 2016
ISBN9788867932658
Lo spaventapasseri

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    Anteprima del libro

    Lo spaventapasseri - Paola Tassinari

    http://creoebook.blogspot.com

    Paola Tassinari

    LO SPAVENTAPASSERI

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi o usati in modo fittizio. Tutti gli episodi, le vicende, i dialoghi di questo libro, sono partoriti dall’immaginazione dell’autore e non vanno riferiti a situazioni reali se non per pura coincidenza.

    Prologo

    Non sapeva dov’era, aveva aperto gli occhi e si era trovata in un letto tutto bianco, coperta, lenzuola e cuscino, tutto era come un sudario di nebbia bianca e gelata. La testa le pesava come un masso mentre dentro le pareva vuota, ovattata come l’aria. Si stropicciò gli occhi, si svegliò del tutto e capì di essere in un ospedale. Non poteva sbagliare, accanto a lei un comodino di plastica e latta verdino e poi altri due letti e altri due comodini identici ai suoi, infine un armadio sempre di plastica e latta e pareti tinteggiate di bianco e sempre quel verdino da ospedale. In un angolo, in alto sulle pareti, c’era una telecamera. In che razza di ospedale era finita? Nel mentre arrivò una tipa con cuffia e camice bianco che le porse una manciata di pillole e pastiglie:

    Si è svegliata? Il medico la vedrà più tardi, intanto, da brava, prenda queste, su, con un bel sorso d’acqua.

    E non se ne va, pretende che ingoi le pillole, bevo e ne ingoio una ma le altre le infilo sotto la lingua e, appena l’infermiera gira le spalle, vado sotto le lenzuola per non farmi vedere dalla telecamera, le sputo e penso:

    – Come mai mi trovo qui? Cosa è successo? –.

    Non ricordo, non ricordo nulla, i miei ricordi si fermano alle vacanze al mare, le tanto agognate vacanze, dopo un periodo di lavoro stressante. Rammento di essere stesa sul lettino ad asciugarmi, dopo aver fatto una nuotata in mare e mi ritrovo direttamente in un letto d’ospedale, un nosocomio con le telecamere, ma dove sono finita?

    All’improvviso la voglia di fare una doccia, non ho nulla con me, né una borsa, né un pigiama, né pantofole, ho solo una maglietta e un paio di jeans che indosso, le scarpe da ginnastica sotto il letto. Sfilo un lenzuolo dal letto e mi infilo nel bagno, trovo del sapone, mi spoglio completamente nuda e vado sotto la doccia. L’acqua mi rigenera, sembra far scivolare via tutta la nebbia dalla mente, mi avvolgo nel lenzuolo pulito e torno a letto. Nell’uscire dal bagno noto in alto un’altra telecamera, anche nel luogo più privato si è osservati, arrossisco più dalla rabbia che dalla vergogna, ma non è tempo né di vergogna né di rabbia, occorre che capisca perché sono finita qui. Stesa nel letto mi rilasso, mi sento pulita dentro e fuori e, prima di cadere nel sonno, rammento che tutto è iniziato con uno spaventapasseri.

    Capitolo 1

    Francesca

    France, diminutivo di Francesca, stava leggendo sul giornale una missiva di un lettore che inveiva contro un contadino che metteva conigli impiccati usandoli come spaventapasseri; in realtà, scorrendo la lettera, erano solo pelli di conigli scuoiati, ma il lettore era infuriato per la strage dei conigli e per l’uso immorale delle loro pelli. France amava gli animali, ma se il coniglio veniva fatto nascere e poi cresciuto per essere mangiato, una volta ucciso la sua pelle poteva essere usata per fare delle pelliccette e quindi il contadino non faceva nulla di male nell’appendere le pelli per tenere lontano quei dannevoli uccelli che si mangiavano tutto il seminato. Altro che palloni coi mostri disegnati, CD luccicanti o spaventapasseri a pagliaccio, per tenere lontani gli uccelli occorre mettere un loro simile appeso e stecchito. Ben lo sapeva France, che aveva vinto la sua lotta contro i merli che le lordavano tutto il suo grande balcone; facendosi dare un merlo morto da un cacciatore e appendendolo a un ramo, i merli erano scomparsi. Pensare agli uccelli così piccoli, piumati e volanti pareva proprio impossibile che discendessero dai dinosauri, eppure pare proprio che sia così. I dinosauri non si sono sviluppati in uccelli rapidamente, certo, ma facendo un passo alla volta. Questi cambiamenti sono iniziati circa 150 milioni di anni fa, quando questi due gruppi di animali erano molto simili tra loro; per lungo tempo gli uccelli sono stati a malapena distinguibili dai loro fratelli dinosauri. I primi uccelli, dicono le ultime scoperte, erano probabilmente una qualche forma di un dinosauro specifico, è stato riscontrato che i due condividevano molte caratteristiche. Ad esempio le piume erano già presenti in moltissime specie di dinosauri. Nel corso degli ultimi vent’anni i paleontologi hanno scoperto diversi esempi di dinosauri piumati, molti dei quali ritrovati in Cina. France pensò allo spaventapasseri, che ha le sembianze di un uomo e serve per tenere lontano gli uccelli; e l’uomo primitivo cosa usava per tenere lontano i dinosauri? Ma l’uomo non c’era quando c’erano i dinosauri. Secondo la paleontologia i dinosauri si estinsero 65 milioni di anni fa, mentre la comparsa dell’uomo risale a circa un milione di anni fa, quindi gli uomini e i grandi rettili non avrebbero mai convissuto. Ultimamente, però, sembra proprio che questa teoria cominci a non essere più valida, dal momento che in varie parti del mondo stanno venendo alla luce dei ritrovamenti preistorici davvero particolari che dimostrerebbero la coesistenza degli uomini con i dinosauri. Raffigurazioni di uomini che combattono con animali molto simili ai dinosauri si trovano ad esempio nell’ellenistico Mosaico del Nilo di Palestrina, vicino Roma: vi sono scene di uomini che cacciano grossi animali simili a dinosauri. Tra gli animali rappresentati se ne trova uno che presenta delle caratteristiche sconcertanti, e che nel mosaico viene indicato col nome di crocodilopardalis, ovvero qualcosa che potremmo tradurre come un coccodrillo/leopardo, e qual è l’animale corrispondente? Se fosse un dinosauro? Le storie dei Santi, le leggende sono piene di draghi e questi potrebbero essere i ricordi di paurose battaglie dell’uomo coi dinosauri e stando alle leggende qualche volta l’uomo li ha pure vinti questi mostri. France gongolava, forse aveva tra le mani un qualcosa per tirarne fuori qualcos’altro; se lo spaventapasseri serve per allontanare i volatili e i passeri erano un tempo dei dinosauri, quale spaventadinosauri usava l’uomo primitivo?

    France si stiracchiò le membra, allungò le braccia e sbadigliò, le era venuta fame, non sapeva se poteva andare avanti con queste menate sullo spaventapasseri, le serviva un’idea per un nuovo racconto, che doveva realizzare per un sito/giornale/web a fumetti, ma non ne era tanto convinta, poi non aveva voglia di stare al computer a fare ricerche su Google, aveva voglia di andare in biblioteca, un luogo silenzioso ma fra la gente, era stanca di stare sola in casa appiccicata al computer. France scriveva i testi per fumetti fantasy e storici per vari giornali/web. Scriveva anche per blog che trattavano narrativa distopica, cioè storie ambientate in società fittizie in cui alcune tendenze sociali, politiche e tecnologiche avvertite nel presente erano portate a estremi negativi nel futuro. Scriveva anche articoli di genere per un quotidiano, insomma scriveva sempre. Effettuava ricerche storiche sul web, comunicava coi suoi datori di lavoro tramite internet, quindi se ne stava sola nel suo appartamento, in compagnia del computer per molte ore. Inoltre aveva un blog personale, molto seguito, su cui pubblicava articoli che spaziavano dalla cosa più leggera a quella più pesante; il blog le dava molte soddisfazioni, ma erano altre ore che passava seduta davanti a uno schermo. Si alzò dalla sedia, spense il monitor, aprì il frigo e prese una pesca, la mangiò a morsi gocciolando così di succo il pavimento e le mani, imprecò fra sé per la sua infantile voglia di mangiare la frutta a morsi, lo faceva anche col cocomero, poi doveva pulire il pavimento e lei stessa. Dopo aver passato lo straccio al pavimento si fece una doccia e cercò di farsi carina, si mise jeans attillati, maglietta nera, scarpe nere coi brillantini e col tacco a spillo, si truccò gli occhi con la matita blu, da poco aveva eliminato la matita nera che le appesantiva lo sguardo, un po’ di rimmel e un po’ di rossetto rosso, si legò il giubbino di pelle nera ai fianchi; erano i primi di giugno ma le giornate erano ancora fresche, e uscì per andare in biblioteca.

    Capitolo 2

    Paolo

    La storica Biblioteca Classense di Ravenna è ospitata all’interno dell’Abbazia camaldolese, che sorse attorno al 1500; naturalmente è stata restaurata ma il nuovo coesiste con l’antico, i lunghi corridoi, i pavimenti in pietra, i quadri antichi che sovente rappresentano monaci e il silenzio che ancora oggi la pervade, unito alle tante persone sedute silenziose col libro in mano o che studiano al computer come odierni religiosi, che ogni tanto si alzano per uscire nei bei chiostri per chiacchierare o magari fumare una sigaretta, ne fanno un ambiente molto rilassante, ci sono anche dei gatti belli e grossi. Questa cosa dei gatti mi piace molto, un tempo i gatti servivano alle biblioteche perché catturavano i topi, che solitamente rosicchiano la carta e quindi i libri. A tal proposito c’è un detto popolare romanesco Nun c'è trippa pe’ gatti, che nacque ai primi del Novecento, ad opera dell’allora sindaco di Roma, Ernesto Nathan. L’aneddoto narra che quando al sindaco venne sottoposto il bilancio del Comune per la firma, questi chiese spiegazioni riguardo alla voce frattaglie per gatti. Il funzionario che gli aveva portato il documento rispose che si trattava di soldi utilizzati per il mantenimento di una colonia felina, che serviva a difendere dai topi i documenti custoditi negli uffici e negli archivi del Campidoglio. Nathan depennò la voce dal bilancio, adducendo la logica e rigorosa spiegazione che i gatti avrebbero dovuto sfamarsi con i roditori a cui dovevano dare la caccia, e se non c’erano topi per sfamarli, non c’era neanche motivo di tenere i gatti e scrisse sul documento la celebre frase Non c’è trippa per gatti.

    Come France entrò nella biblioteca si rese conto che era stata un’infelice idea mettersi i tacchi a spillo, nelle sale silenziose con le persone sedute a leggere, il tic tic delle sue scarpe pareva anacronistico e assordante, si vergognava da matti, cercò di camminare in punta di piedi per evitare di fare rumore, così in punta di piedi arrivò dalla gentile ragazza addetta alle richieste per chiedere il saggio che cercava. Si scusò per il rimbombo che aveva causato.

    Ma no, non cammini in punta di piedi, ma si figuri.

    Mi scusi, ho la tessera della biblioteca, vorrei un saggio sugli spaventapasseri.

    Dopo aver guardato attentamente sul computer la ragazza mi dice:

    Non c’è nulla sugli spaventapasseri.

    Su Odino e i sacrifici umani dei Celti e dei Vichinghi o anche dell’uomo primitivo, qualcosa di antropologia?.

    Neppure, c’è qualcosa per i ragazzi dai 12 ai 18 anni.

    No, il divulgativo non mi interessa, può vedere se c’è qualcosa sulla Romagna celtica?.

    "Sì, c’è proprio un volume intitolato Romagna celtica di Anselmo Calvetti, però deve salire all’ultimo piano dove c’è l’Aula Magna".

    Molto bene, grazie, è stata molto gentile.

    – Salire le scale con questi tacchi, ma perché li ho messi –, dico fra me, poi mi viene in mente che c’è anche l’ascensore.

    Nell’ultimo piano della biblioteca si respira un soffio antico, pare di essere tornati indietro nel tempo; l’Aula Magna o Libreria, realizzata a cavallo fra Seicento e Settecento dall’abate Pietro Canneti, è ornata di statue, stucchi e di scansie lignee finemente intagliate e decorata con affreschi e dipinti, è piena zeppa di grandi e meravigliosi libri, non manca il classico mappamondo. Mentre guardo il grande portone per accedervi noto che è chiuso, quindi non sempre vi si può entrare.

    Ti interessi di alta letteratura tu, di spaventapasseri.

    Mi volto e incrocio lo sguardo blu, ridente e irriverente di uno snello uomo sui quarant’anni, dai fianchi stretti e la capigliatura scura e leonina, offesa non gli rispondo e giro lo sguardo.

    Quando avrai finito le tue ricerche, ci tengo ad avere un saggio sugli spaventapasseri, ora non ho tempo, ma spero che mi regalerai una copia del tuo lavoro, quando ci incontreremo la prossima volta, e che mi offrirai pure un caffè.

    Ora sono veramente arrabbiata, entro alla porta su cui sta scritto prestiti cerco di raddrizzare la schiena e di camminare bene sui tacchi, anche se mi fanno un male boia. Quando esco col mio libro in mano, il tipo dagli occhi blu non c’è più, meno male, davvero supponente e antipatico.

    Non ho più voglia di sedermi in biblioteca, torno a casa, mi viene in mente quell’antipatico supponente, per rilassarmi mi siedo a un tavolino della caffetteria in Piazza San Francesco, ordino un cappuccino decaffeinato e una brioche con uvette e pezzetti di mela, fumo una sigaretta e guardo il mercatino con le merci varie che è sotto i portici della piazza.

    La mia botta di vita è finita, sono già davanti allo schermo del computer, ma non ho voglia di lavorare, vado a fare un giro su Facebook, ho una richiesta d’amicizia, è quell’antipatico che mi ha apostrofato in biblioteca, si chiama Paolo Volkov, ha un cognome russo, Volkov in russo vuol dire lupo, lo so perché nei miei fumetti tratto temi strani, anche mitologia russa, germanica e scandinava. Volkov sembra il cognome di un agente segreto russo e ne ha proprio l’aria in questa foto su Facebook, in cui ha una maglietta nera, un giubbotto di pelle nera e occhi di ghiaccio. Mi ha inviato anche un messaggio, in cui dice che ci tiene veramente ad avere uno dei miei lavori, ha condiviso sulla sua pagina di Facebook l’immagine del mio ultimo lavoro, un fumetto con la storia del Tempio di Uppsala, evidentemente l’ha prelevata dal mio profilo nel network, che è aperto a tutti, in quanto uso Facebook per farmi pubblicità.– Che carino – dico fra me. Uppsala era il luogo dove ogni nove anni, durante il mese di febbraio, avveniva un sacrificio rituale, in cui nove esseri viventi di sesso maschile venivano appesi ai rami del bosco sacro presso il tempio. Si trattava di un rito, della durata di nove giorni, che coinvolgeva l’intera popolazione svedese e i cristiani presenti all’epoca sul territorio dovevano pagare un tributo per non dover prendere parte alle cerimonie. L’importanza deputata a questi sacrifici rituali dalla popolazione vichinga è testimoniata dal fatto che ogni singolo albero nel bosco circostante era considerato sacro e depositario di enormi poteri. Nel tempio venivano anche incoronati i re svedesi, il cui ruolo di prestigio non li metteva al sicuro dalla possibilità di diventare a loro volta vittime sacrificali. Si ha infatti notizia di re deposti e

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