L'immortale figura della Castiglione. Il mito, la memoria, i luoghi
Di Bruno Penna
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Anteprima del libro
L'immortale figura della Castiglione. Il mito, la memoria, i luoghi - Bruno Penna
Zucchini.
Premessa
Non si intende qui riportare l’intera nota storia della contessa di Castiglione. In questo senso la produzione che la riguarda è già piuttosto vasta e ciò evidenzia come l’attenzione riservata al personaggio, ricercata ed esaltata da lei stessa in quel magnifico e vivace periodo storico, abbia superato il suo percorso di vita e si sia distesa lungo i secoli, senza mai interrompersi. Queste pagine vogliono invece porre in particolare evidenza i suoi luoghi e soprattutto registrare quanto e come siano vivi il ricordo e la memoria. Indirettamente viene così tracciato un itinerario da seguire: un curioso motivo di viaggio per scoprire il fascino clamoroso che può distinguere una bellezza femminile. Un percorso che su queste pagine parte dalla città natale di Firenze, arriva alla amata La Spezia, raggiunge la Corte sabauda di Torino, visita le proprietà piemontesi di Costigliole d’Asti e Castiglione Tinella, giunge a Parigi. Si svela così fin nell’attualità - e dove possibile nei dettagli - l’interesse che si è sviluppato intorno alla bella Virginia, fiutando anche le tracce dell’umore popolare che si è trasmesso nei luoghi che l’hanno vista protagonista. Vengono poi considerate le produzioni letterarie e artistiche che la riguardano, tracciando un quadro esplicativo delle figure, dei soggetti e delle sceneggiature che si sono allestite finora, oltre alla generale diffusione della sua immagine. È la constatazione di una storia infinita, un ricordo puntualmente rimpolpato in occasione di anniversari storici che riaprono finestre sulle Corti del Risorgimento, o ripreso se si celebra il costume, la pittura, la fotografia, la femminilità o la seduzione. Si è certi comunque, di essere di fronte a qualcosa di immortale.
Bruno Penna
Un gran bel personaggio
Gran bel personaggio la Castiglione. Così come ha illuminato la scena in quella seconda metà del diciannovesimo secolo, anche oggi avrebbe addosso l’attenzione di tutti, e utilizzando gli strumenti che la modernità pone a disposizione saprebbe certamente dosare per un estremo successo la popolarità e l’arte imprenditoriale della sua vita, attraverso le opportune sfaccettature rivolte ad ogni interesse che si manifesta sulla piazza pubblica, utilizzando la sua marcata intelligenza. Già, perché se la si vuole accostare - come qualcuno insiste nel ricordo - alla realtà political-gossip che ha particolarmente caratterizzato in certi periodi le periferie governative della nostra Nazione, è giusto far notare che il personaggio non stonerebbe, ma l’intelligenza che ha dimostrato in vita è un carattere che farebbe la differenza. Dobbiamo immaginare una donna magnifica, di una bellezza sconcertante per i canoni della sua epoca, un’avvenenza che raramente sembra apparire attraverso le foto e i ritratti che conosciamo: sono le descrizioni riportate da chi l’ha incontrata e conosciuta personalmente a lasciarci commenti dai toni entusiastici che non lasciano dubbi. Proprio la bellezza, il fascino e il mistero sono gli elementi che hanno costruito l’ammirazione e la curiosità verso questa figura femminile, manifestati fin dai primi anni della sua vita e mai svaniti. Una ammirazione che non è quella che faceva salire su sedie e poltrone dei nobili saloni parigini quando lei decideva di apparire, ma quella che ha intaccato corde profonde di animi umani come accadde a qualcuno dei suoi amanti e alle persone che, in un modo o nell’altro, le sono state accanto fino alla fine della sua vita. Inutile cercare di escluderla dalla scena risorgimentale o di ridurla a una vulva d’oro
, per dirla come Rattazzi. Il personaggio non è solamente appariscente e libertino ma troppo complesso per passare inosservato sia nel suo periodo esistenziale sia nei canali della memoria che hanno iniziato a tracciarsi dopo la sua scomparsa. E su questo sono quasi tutti d’accordo i biografi che ce l’hanno raccontata, in particolare coloro che hanno lavorato su testimonianze e documenti di prima mano.
Sarebbe riduttivo quindi pensare che la contessa di Castiglione sia stata solamente una donna dai costumi facili - provenienti probabilmente da valori ereditati e da una educazione superficiale - impegnata nella erotica missione di donare a numerosi amanti il suo meraviglioso corpo definito dalla principessa di Metternich una statua di carne
; sarebbe anche ingiusto pensare che la sua vita ebbe valore solamente per l’incarico che svolse indossando le vesti di affascinante pedina sullo scacchiere politico-militare mosso da Cavour negli anni che stavano disegnando l’Unità d’Italia. È inoltre inopportuno pensare che Virginia Verasis abbia avuto solamente una parte nell’evoluzione europea della moda e del costume, favorita dal luminoso fermento del Secondo Impero francese, o che divenne una protagonista con l’avvento delle nuove tecniche fotografiche che si affacciarono al mondo nel corso di quel secolo in cui lei ha vissuto. È certamente riduttivo pensare che la Castiglione sia stata unicamente ognuna di queste figure, semplicemente perché le ha interpretate proprio tutte. E da queste diverse figure che le appartenevano provengono i motivi per cui il personaggio risulta intramontabile, nascono le ragioni per cui periodicamente si legge il suo nome o compare una sua immagine nelle diverse espressioni della comunicazione odierna.
C’era in lei uno spirito conquistatore, mirato al potere e allo sviluppo, rivolto all’utilizzo del tempo come strumento per costruire; una passione che pare avere un importante timbro politico - al di là degli impulsi che in questo senso può aver ricevuto - e un accentuato piglio imprenditoriale già citato. Un tipo decisamente sveglio insomma, che procedeva in modo naturale più veloce degli altri, consapevole di non essere compresa fino in fondo e di agire sapendo di non ottenere adeguata soddisfazione. Il mondo parlava di lei e pareva essere ai suoi piedi ma di ciò non ne era stordita, soltanto l’inevitabile decadenza fisica le ha lasciato il segno, ma su un terreno già attraversato da una vena malinconica che aveva forse sorgenti genetiche o contestuali alla sua adolescenza, rigagnoli che divennero ruscelli agitati lungo la discesa della sua vita. L’interesse che l’istituzione italiana ha avuto per lei si è praticamente perduto con la scomparsa del nostro primo Re, manifestandosi con quegli atti assolti in territorio francese, mantenendo delle distanze che probabilmente ne hanno influenzato il giudizio storico
. Ma Virginia Verasis aveva tutti i caratteri del personaggio italiano quale era e l’Italia se l’è in qualche modo ripresa, magari incorniciandola nel primo tempo in un quadro romanzato ma continuando poi a rivolgerle una attenzione che si è rinnovata, facendosi interessata e ricercata: prova ne sono le tante pubblicazioni, gli interventi e i richiami verso la sua figura costituenti una produzione che ha avuto inizio fin dal primo decennio del ventesimo secolo. La Francia le ha donato le prime essenziali biografie, e tanto hanno pesato che le sue gesta non sono state così ripetute sui libri d’Oltralpe, ma l’interesse verso la Castiglione è stato costante e importante attraverso le diverse forme artistiche, dal teatro alla moda, dalle esposizioni agli avvenimenti che continuano svelando la conosciuta attenzione francese verso la storia e in generale la vivace mentalità rivolta alla valorizzazione. Quella reale sensazione di voler nascondere il volto di questo personaggio che si è manifestata quando è giunta la sua morte, ha comunque lasciato le sue tracce e, se possibile, è una valutazione che affiora ad esempio scrutando oggi il nostro mondo dettato dal web, scoprendo tra le pagine elettroniche i contenuti che offre il panorama francese rispetto a quello italiano.
In ogni caso, se si scorrono le parole che la riguardano, riportate sulle pagine dai diversi autori fin dagli anni in cui era ancora vivente, si comprende quante cose rimangono insolute, quante contraddizioni e quindi quanti interrogativi restano senza risposta e quanto la realtà sia stata spesso contaminata dalla fantasia: fatto inevitabile, che proviene dal passo della sua vita, innalzato spesso a cogliere visioni fuori da quel suo tempo: quelle che costruirono la sua identità speciale. La sua altezzosità, le sue relazioni, i suoi slanci d’affetto o la sua caparbietà erano con tutta probabilità abiti indossati sulla scena per interpretare la sua vita, così come gli inimitabili costumi che il suo fisico vestiva. L’anima vera della Castiglione, che contemplava la religiosità ed era intaccata dalla superstizione, era qualcosa di piuttosto profondo che andava oltre il carattere esposto: imprigionata dalle sontuosità delle occasioni mondane e dalla leggerezza di quella realtà sociale che la coinvolgeva, dai compiti che si assumeva e dagli affetti sentimentali mancati che costantemente ricercava. In pochi testi questa sua complessità viene valutata e analizzata, a scapito di una più diffusa figurazione superficiale, basata e poi amplificata dagli elementi già citati. Rimane quindi la sensazione di un potenziale inespresso, di caratteri che avrebbero potuto offrire alla storia un personaggio dal profilo indiscutibile, sopra ogni dibattimento, alimentati da una libertà
invece trattenuta dalle gabbie mentali in cui la società scorrazzava senza prendere il volo, frenati dai fatti politici che dovevano affrontare una importante fase di costruzione della storia, colpiti da un malessere che non ha potuto ridimensionarsi attraverso le cure non appropriate dell’epoca. Ci contentiamo così della storia che ci arriva sapendo di pagine inespresse, cercando il più giusto ricordo di questa donna che questo mondo, ne siamo certi, comunque non potrà mai dimenticare.
Cronologia di una vita
1837
Virginia Oldoini nasce il 22 marzo a Firenze. Suo padre è il marchese Filippo Oldoini, rappresentante di una nobile famiglia di La Spezia, primo deputato di La Spezia al Parlamento del Regno di Sardegna e poi ambasciatore italiano a Lisbona; sua madre è la marchesa Isabella Lamporecchi della nobiltà fiorentina, figlia del famoso giureconsulto Ranieri Lamporecchi e della ballerina Luisa Chiari.
1837-1853
La piccola Virginia, che Massimo D’Azeglio iniziò a chiamare Nicchia, da Virginicchia, con la famiglia e servitù al seguito si sposta continuamente tra Firenze e La Spezia dove alloggia nelle proprietà del padre che risultano consistenti: il luogo marino è meta d’obbligo soprattutto per i bagni estivi ed è sempre stato particolarmente caro alla contessa. Il carattere piuttosto sveglio di Virginia, unito alla continua attenzione dei giovani maschi, costringono i genitori a farla soggiornare presso un convento di suore orsoline: ci rimarrà circa una settimana.
1854
Il 9 gennaio, nel duomo di Firenze, Virginia Oldoini sposa senza desiderarlo Francesco Verasis Asinari, conte di Costigliole d’Asti e Castiglione Tinella, Gentiluomo di Corte della Regina Maria Adelaide, poi Aiutante di Campo e Capo di Gabinetto del Re Vittorio Emanuele II, vedovo dal 1851 dopo la morte della sua prima moglie, la contessa Francesca Trotti. La differenza d’età tra i due sposi è di undici anni. Dopo il matrimonio avviene il trasferimento a Torino, allora capitale del Regno di Sardegna. Gli sposi abitano a Palazzo Verasis, adiacente alla casa di Cavour, cugino di secondo grado di Francesco. Il giorno 25 di questo mese avviene l’ingresso alla Corte torinese e l’incontro con il Re Vittorio Emanuele II e la Regina Maria Adelaide; in questo anno, come in quello successivo, la Castiglione soggiorna anche nel castello di Costigliole d’Asti, visitando