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L’apripista
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E-book177 pagine2 ore

L’apripista

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Info su questo ebook

Questa è la storia di una donna di origini sempilici ma, che con il suo lavoro e la sua dedizione, ha raggiunto – per prima – le vette più alte del mondo della finanza. Una storia personale, ma che attraversa e si intreccia con la recente storia italiana. È un documento memoriale di straordinaria efficacia e di indubitabile preziosità che restituisce un’intima coerenza tra la vicenda biografica della protagonista con i momenti e le linee di tendenza di una storia più generale. La guerra, gli anni della ricostruzione, il boom economico, le accellerazioni del mondo finanziario internazionale sono parte integrante della biografia di un’intera nazione. Una vicenda appassionante, quasi un romanzo. Una vita non comune, non rintracciabile nelle vicende di chiunque. Un modo di essere, di affrontare la vita, in cui molti lettori – e sopratutto lettrici – potranno trovare motivo di stimolo, di riflessione e, perchè no, di emulazione. Identificarsi con la vita di qualcun’altra non è affare semplice né, in fin dei conti, realizzabile, ma è anche un servizio vitale tra le maglie della fantasia e della propria, personale esperienza.
 
Loretta Lazzerini nasce nel pieno periodo fascista in un’umile famiglia della campagna umbra, per poi diventare un’imprenditrice di successo e, in assoluto, la prima donna italiana a essere entrata nella Borsa Valori. Donna, madre, lavoratrice instancabile ha messo a disposizione la sua esperienza femminile in un mondo dominato da uomini, ma anche a servizio della cultura italiana nel mondo e della solidarietà attiva nei confronti delle persone meno fortunate.
LinguaItaliano
Data di uscita31 gen 2021
ISBN9788830635326
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    L’apripista - Loretta Lazzerini

    apripiste_cop_140x210.jpg

    Loretta Lazzerini

    L’apripista

    La prima donna procuratore

    alle grida della Borsa Valori

    © 2020 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-2431-3

    I edizione ottobre 2020

    Finito di stampare nel mese di ottobre 2020

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    L’apripista

    Ad Andrea e Paolo

    Premessa

    Memorie di una donna al lavoro nell’Italia

    del Novecento

    di R

    oberto

    C

    arocci

    Leggendo le pagine del libro di Loretta Lazzerini saltano all’occhio diversi elementi che hanno attraversato e si intrecciano con la storia italiana recente. È un documento memoriale di rara efficacia e di indubitabile valore che restituisce un’intima coerenza tra quella che è stata la vicenda biografica dell’autrice con i momenti e le linee di tendenza della storia più generale.

    Come ogni fonte di questo tipo, non riassume la storia per come è stata oggettivamente, ma ne tratteggia una percezione tutta personale, un sentire necessariamente parziale ma al tempo stesso potenzialmente generalizzabile. Ed è tra le sfumature di questo sentire che possiamo rintracciare le possibilità offerte dalle domande che suscita, dalle risposte che accenna e dai diversi punti di vista di cui si compone.

    Il lettore e la lettrice di queste pagine avranno modo di accorgersene. È un testo ricco, proprio perché è possibile porlo sotto una molteplicità di sguardi tra loro anche molto diversi. È un’appassionante vicenda biografica, quasi un romanzo, un’esistenza non comune, non rinvenibile nelle vicende di chiunque. Al tempo stesso, propone un modo di essere, di affrontare la vita, in cui molti lettori – e soprattutto lettrici – potranno trovare motivo di stimolo, di riflessione e, perché no, di emulazione. Identificarsi con la vita di qualcun’altra non è affare semplice né, in fin dei conti, realizzabile, ma è anche un esercizio vitale tra le maglie della fantasia della propria personale esperienza.

    Ma questo libro è anche uno strumento in cui gli storici potranno trovare più di un motivo di interesse. Costituisce infatti un documento memoriale da cui poter attingere una gamma piuttosto vasta non solo di suggestioni ma anche, e soprattutto, di elementi concreti che ci informano dell’Italia del secondo Novecento. Quell’Italia che usciva dalla guerra (e nel modo in cui ne usciva) e che attraversava una sua età dell’oro, il boom economico che fu un’esplosione di possibilità, di modi di essere, di processi di autoriconoscimento collettivo, così come di autodefinizione individuale.

    Il tutto è posto sotto una luce del tutto particolare, dovuta al fatto che la protagonista di queste pagine è una donna, questione non scontata e tale da offrire un punto di osservazione speciale sugli avvenimenti narrati.

    È uno di quei fortunati casi in cui una vicenda personale diventa immediatamente storia di una nazione. Qual è stata la percezione della guerra vista con gli occhi di una bambina? Quali ricordi primeggiano? I giochi in giardino, tanto quanto le bombe che cadono; gli occupanti nazisti dei quali è colto l’irreprimibile profilo umano di ragazzi in divisa oltre che di militi di un esercito feroce. Il rapporto tra città e campagna cresce pagina dopo pagina con l’approssimarsi e poi l’esplodere degli anni del boom che coinvolge un’intera società («anche i fannulloni non è che se la passassero così male», ci informa l’autrice), quando il lavoro lo si poteva inventare e ciascuno poteva facilmente soddisfare le ambizioni che lo animavano.

    Ed è proprio la questione del lavoro che, forse più di ogni altra, tratteggia il profilo della nostra protagonista. Il contesto in cui ci muoviamo è infatti quello di un’Italia in cui il protagonismo femminile è ancora di là da venire e che, se passi in avanti si sarebbero fatti, sarebbe stato grazie all’impegno femminista che, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, avrebbe mutato radicalmente il volto nonché il costume di un intero Paese. L’Italia infatti aveva accolto le donne nello spazio politico solo alla fine della Seconda guerra mondiale; era il Paese in cui, almeno fino agli anni Cinquanta, alle donne non era possibile testimoniare nei processi, per non parlare degli ambiti professionali dai quali erano sistematicamente estromesse, a meno che non fossero coadiuvanti o comunque subalterne all’opera maschile con asimmetrie salariali inaudite e tutt’ora esistenti. Era, insomma, il Paese in cui prevaleva – e sarebbe prevalsa ancora per lungo tempo – una mentalità e sistemi di relazione duri a morire, che trovavano la loro origine nella famiglia patriarcale e contadina.

    Ed è proprio da quel contesto rurale che la nostra narratrice proviene, quello di una famiglia di campagna che non comprendeva quale fosse l’utilità per una figlia di continuare gli studi, per la quale l’unica prospettiva accettabile era quella del matrimonio, cioè di assolvere il solo ruolo di moglie e di madre. E Loretta dové compiere una dura contesa con i suoi pur amati genitori per poter proseguire i suoi studi, nei quali peraltro eccelleva. Erano due mondi che si incontravano e, talvolta, non potevano far altro che scontrarsi, magari gentilmente, manifestando insopprimibili attriti.

    Da questo punto di vista, quella di Loretta Lazzerini è una vicenda che esce dall’ordinarietà proprio per le scelte che ella ha sostenuto e la caparbietà che ha mostrato nel portarle a termine, in un mondo del lavoro tutto declinato al maschile. Non solo perché ha rotto il cosiddetto soffitto di cristallo, diventando un’affermata capitana della finanza. Loretta è stata infatti l’apripista – prima tra tutte – per altre donne in ambiti lavorativi di stretta pertinenza maschile. Ambiti in cui la presenza di una donna molto semplicemente non era prevista. Luoghi di uomini, fatti da uomini e per gli uomini, dove tutto ricordava quale fosse l’appartenenza di genere predominante.

    Così è stato quando ha mosso i suoi primi passi alla Borsa Valori di Roma, in mezzo a «un branco di uomini esagitati» da tenere costantemente a bada. Lo descrive in maniera inequivocabile. Le sputacchiere erano lì per gli uomini; una donna non solo non le avrebbe mai utilizzate, ma non le avrebbe neanche concepite. Il fumo di sigaretta che riempiva l’aria era anche quello un segno del maschile prevalente, quando fumare in pubblico per una donna era considerato quantomeno disdicevole. Un luogo dove neanche esisteva un gabinetto per signore, per il semplice motivo che una signora lì non avrebbe dovuto mettere piede. Così come i momenti e i luoghi di svago tra colleghi erano appunto tra colleghi (plurale maschile), come per esempio il night club. Non certo un luogo per signore. E, invece, Loretta era lì, anticipando i tempi che stavano arrivando.

    Una presenza che costituiva in sé un’effrazione. Il suo essere donna in un mondo pensato solo al maschile si evince nel modo stesso in cui i suoi colleghi – rispondendo a una sua pronta domanda – sentenziavano: «Tu sei un uomo e mezzo!». Certo, un grande rispetto conquistato sul campo, ma anche il segnale dell’inaccettabilità della presenza femminile. Rispetto che non mancava di tradursi in forme di galateo e gentile concessione con risvolti apprezzabili come la licenza, solo a lei, di poter suonare la campanella che dà il via alle grida a Wall Street, tempio della finanza internazionale.

    In questo testo si troverà tutto questo ma anche molto altro; si apprezzerà il delinearsi di una vita e una personalità che si avrà piacere di conoscere, un’esperienza individuale ma rappresentativa di una storia più generale che riguarda e caratterizza tutta la nostra contemporaneità.

    Introduzione

    Di Riccardo Varaldo

    Il libro di Loretta Lazzerini non è una semplice agenda dei momenti più significativi della sua vita.

    È un tentativo ben riuscito di rappresentare cosa ci sta dietro, in termini di visioni, scelte, impegni e determinazione nell’indirizzare e nel tener sotto controllo, con successo, le leve di comando della propria vita familiare, affettiva e professionale. Ne viene fuori il profilo di una donna fuori tempo, ma non perché in ritardo con l’evolversi della società e del ruolo della donna nel vivere comune, ma viceversa perché in palese anticipo. E il fatto che questo sia stato merito di una donna nata e vissuta nei primi anni della sua vita in periferia anziché in una grande città, indica come in Italia una sessantina di anni fa i giovani potevano avere chance di successo, purché bravi e volenterosi, indipendentemente dalle loro origini.

    Il lavoro è stato una costante della vita di Loretta perché ha vissuto in una fase storica in cui per i giovani era possibile e piacevole affermarsi. Ha vissuto nell’ambiente dinamico e creativo degli anni Sessanta, quelli del miracolo economico. Si può dire che sotto il profilo dei suoi impegni e successi professionali sia stato un esempio emblematico dell’ambiente proprio di quegli anni, oltre che delle sue capacità di intraprendenza. Loretta ha vissuto con grande intensità il miracolo economico facendo tesoro e approfittando del fatto che «l’Italia stava cambiando a un ritmo tale che tutto – ma proprio tutto – sembrava realizzabile e a portata di mano. Qualsiasi iniziativa imprenditoriale o culturale andava subito a buon fine con un successo immediato, a tutti i livelli».

    Loretta si è adattata a fare la manager, ma la sua indole era quella dell’imprenditore, non tanto per essere più libera, ma essenzialmente perché sentiva molto forte l’esigenza di esprimere la sua forte carica emotiva e professionale, con una precisa attitudine al rischio. Son quelle qualità di cui l’Italia oggi avrebbe un gran bisogno per poter mettere in atto una politica di ricostruzione, in linea con il modello di sviluppo della fase del miracolo economico.

    Di per sé la Borsa è una istituzione fuori dal campo di interesse proprio delle donne, che la vedono come un ambiente troppo arido e tecnicamente complesso che porta a volte a dover fare compromessi con una stringente etica degli affari. E il fatto invece che Loretta ne abbia fatto un proprio specifico campo di interesse e di lavoro, con pieno successo, valorizzando il senso etico e sociale del suo impegno professionale, ne costituisce un suo indubbio merito.

    Né sfugge al lettore un impegno profuso costantemente nello scoprire e valorizzare il merito dei suoi collaboratori e in specie dei giovani. Se oggi l’Italia è in crisi e stenta a recuperare, in Europa e nel mondo, un ruolo in linea con le sue tradizioni storiche è anche e forse soprattutto perché non riesce più a dare un futuro ai suoi giovani e in specie ai più bravi, che soltanto all’estero riescono a soddisfare in modo adeguato le loro aspirazioni di lavoro e di ascesa sociale.

    Loretta si è impegnata in vari campi professionali, ma dove ha saputo esprimere con accortezza particolari attitudini e ottenere grandi soddisfazioni è il lavoro di procuratrice di borsa, a partire dal 1972, a cui ha fatto seguito un impegno di tipo imprenditoriale con l’acquisizione nel 1987 di una commissionaria, poi trasformata in SIM, dove assunse il ruolo di amministratore delegato.

    Si tratta del salto in avanti nel suo impegno professionale, che è giunto dopo un lungo percorso di formazione sul campo e quindi di apprendimento delle basi e delle difficoltà del particolare lavoro. Coincide con il momento di massima affermazione professionale di Loretta, con lo sviluppo di una società che agli inizi contava su quattro, cinque dipendenti e che è giunta ad averne cento in sede e cento sul territorio come promotori, operanti in una dozzina di succursali in Italia da Nord a Sud.

    In coerenza con il suo pensiero e la sua etica professionale Loretta ha saputo intelligentemente uscire di scena nel 2005, allorché il mondo della finanza aveva iniziato ad andare per vie diverse da quelle in cui credeva e aveva operato.

    Stava determinandosi quel processo di finanziarizzazione spinta dell’economia, molto lontano dai paradigmi e dai valori del mondo reale che le era proprio.

    prima di me

    Ciascuno di noi è il frutto del proprio retroterra umano, delle persone che ci hanno preceduti e con le quali siamo cresciuti. Non mi è dunque possibile iniziare a parlare di me e di quella che è stata la mia vita senza andare indietro nel tempo e ricercare quelle che sono le mie radici.

    È d’altronde un buon esercizio. Ricostruire la propria storia personale significa ritrovare se stessi nelle maglie dei ricordi. Chissà chi sarei stata se avessi avuto genitori diversi, se fossi nata in una grande città anziché in campagna o in un’altra regione o un’altra nazione.

    E invece no. Sono nata qui, tra le colline umbre. Se ho vissuto la vita che ho vissuto, se sono diventata la persona che sono diventata, lo devo anche ai miei genitori e alle mie origini e da quelle voglio iniziare.

    Mio padre Vincenzo proveniva da una famiglia artigiana. Suo padre era esperto falegname specializzato nella costruzione delle botti per la conservazione del vino. Era uno di quei tipi che si svegliano presto al mattino e che rimangono in bottega fin dopo il calar del sole. Per lui il lavoro non era solo un modo per sostenere la famiglia, ma una passione, un’arte cui si dedicava anima e corpo. Come ogni bravo artigiano, era suo orgoglio che le botti uscissero dalle sue mani esattamente come le aveva immaginate, per essere collocate nelle grandi cantine e produrre ottimo vino.

    Gli artigiani sono d’altronde i custodi della cultura del saper fare. Ed è cultura vera. È un lavoro di cura e sapienza. Saper scegliere il legno adatto significa incidere sul sapore del vino che la botte conterrà. Il legno va osservato, toccato, annusato, levigato, curvato al punto giusto e assemblato a regola d’arte.

    Oltre ciò, le origini della famiglia di mio padre mi sono in buona parte oscure. Avevano tutti dei nomi strani e poco comuni. Mio nonno si chiamava Achille, un suo fratello Samuele e l’altro Osvaldo.

    So che sono stati tempi duri. Avere vent’anni e affrontare la guerra, la Grande Guerra come sarebbe passata alla storia, non è stata cosa facile. Come si sa, ogni guerra porta con sé innumerevoli tragedie che non sono sempre legate al campo di battaglia. Ancora giovanissima, mia nonna Ausilia andò al fronte a trovare il suo altrettanto giovane marito. E fu proprio lì che contrasse la febbre spagnola che andava mietendo le sue vittime in tutta Europa e a cui anch’ella

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