Come il mare sugli scogli
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Anteprima del libro
Come il mare sugli scogli - Caterina Di Gaetano
Albatros
Nuove Voci
Ebook
© 2017 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma
www.gruppoalbatrosilfilo.it
ISBN 978-88-567-8176-2
I edizione elettronica febbraio 2017
«Sii sempre come il mare, che infrangendosi contro gli scogli
trova sempre la forza di riprovarci.»
Jim Morrison
Capitolo 1
Il sole già alto, penetra attraverso i fori della persiana al centro della stanza. I miei occhi si spalancano, girano con una velocità vertiginosa e sotto quella luce granulosa resto immobile nel mio letto. Avverto una sensazione di solitudine, sono sola nel grande lettone di mamma e papà, ho la febbre alta e provo sgomento e paura. Per il contrasto dell’ombra vedo una sagoma passare che spalanca di colpo le persiane. Fuori l’aria è limpida, il cielo azzurro e la luce che entra mi costringe a socchiudere gli occhi. In quella sagoma riconosco la nonna con il suo corpo magro, grandi occhi neri, lunghi capelli bianchi raccolti sulla nuca. In questa stanza e in questo letto la bocca della nonna si china su di me a mormorarmi che sono le undici, l’ora della medicina. La guardo mentre esce dalla camera, poi mi siedo sul letto. Sono nervosa, sono stanca di essere ammalata, stanca di prendere medicine, stanca di stare in questa stanza. Mi lascio scivolare dal letto, esito, mi fermo, poi vado alla finestra e mi siedo sulla sedia. È su questa sedia che passo quasi tutto il giorno e quasi tutte le ore delle mie giornate, a spiare all’esterno e tutto ciò che riesco a vedere diventa il mio Universo. Dalla finestra, ogni giorno, vedo sempre le stesse case che stanno dirimpetto, ad un piano, con balconi e finestre e con grandi portoni. I portoni sono chiusi anche se nelle giornate più afose, questi si aprono e le persone più anziane si siedono con le loro sedie sul marciapiede e parlano con i vicini di casa. All’angolo c’è il bar e tanti uomini al tavolo che giocano a carte. Ogni giorno, a quest’ora, passa un carretto con un uomo e l’uomo canta storie in dialetto siciliano ma canta fatti realmente accaduti. Sono una bambina di quattro anni con capelli corti e scuri e con occhi grandi e neri. Vivo in un piccolo paese della Sicilia Occidentale. Il paese situato in una valle è attraversato da due fiumi, il Delia e il Mazzaro con il suo porto canale. A collegare le due sponde del fiume Mazzaro, in mancanza di un ponte, una struttura in legno chiamata la chiatta
che a remi trasporta, da una sponda all’altra, gli abitanti del Trasmazaro.
La mia casa è come ogni altra. Una grande stanza all’entrata con una porta finestra che porta in un balconcino. Addossate ad essa tre stanze con le loro porte e le loro finestre. Mio padre è un militare della marina nel pieno della sua bellezza e mia madre, anche lei bella, con capelli neri e occhi grandi e profondi, insegna in una scuola elementare. Una sera mentre mia madre davanti ai fornelli cuoce la cena, mi vado a sedere con le mie bambole accanto a mio padre. Fuori si è alzato un forte vento e una insistente pioggerellina sbatte sui vetri della finestra. Apro le braccia come per stringere la mia bambola preferita e guardando negli occhi mia madre assumo un tono deciso:
«Mamma devi comprarmi una sorellina. Non voglio più bambole, voglio una sorellina. Perché non vuoi comprarmela?»
«Per comprare una sorellina ci vogliono tanti soldi e il negozio che le vende ne è sprovvisto. »
Un pomeriggio, aggrappata alla mano di mia madre entro in un negozio. Una signora grassoccia seduta in mezzo a tante biciclette parlotta con due ragazze. È vestita di nero ed è ricoperta di collane e bracciali. Nella stanza fa un caldo torrido. Alle pareti appesi a dei grossi chiodi ancora biciclette. Guardo mia madre e la tiro verso l’uscita. Mia madre non accenna a muoversi e allora timidamente e con gli occhi abbassati chiedo alla signora grassoccia:
«È arrivata la sorellina?»
La signora sorride, mi sfiora la mano e mi invita ad aspettare, ad avere pazienza e a ripassare fra qualche settimana. Passano settimane, mesi e la signora grassoccia del negozio ripete sempre la stessa frase.
Un giorno, al ritorno dall’asilo, trovo un gruppo di persone davanti alla porta. Sono i vicini di casa. Entro e in un angolo della camera da letto vedo mia madre e accanto a lei una culla con dentro un corpicino ben coperto. Comincio a saltare per la gioia:
«Finalmente è arrivata la mia sorellina, la signora grassoccia me l’ha portata!» E saltando dalla gioia corro da una stanza all’altra pronunciando queste parole. Salto sul letto di mia madre e, fuori di me per la felicità, comincio a baciarla. Poi vado alla culla e mi fermo a guardare quel minuscolo essere di cui sono ben visibili il viso e due manine. Dopo un momento di silenzio apro le braccia e mi avvicino a quel corpicino come per stringerlo, ma mia madre mi ferma:
«La tua sorellina è molto piccola ed è meglio che tu non la tocchi. Puoi guardarla, però, tutto il tempo che vuoi. » Resto incollata alla sponda della culla.
Devo decidere in fretta il suo nome. «Mamma, la chiamerò Maria come la Madonnina. »
Vorrei prenderla in braccio e dirle quanto ho atteso quel giorno, invece, rimango in estasi a guardarla. Da quel giorno la mia vita cambia. Quando torno dall’asilo corro alla culla e passo ore ad accarezzare Maria, a parlarle e a raccontarle tutto di me. Vorrei vederla già grande ma so che dovrò aspettare. E così tutti i giorni, mesi ed anni aspetto che cresca per potere giocare con lei.
Durante i mesi estivi mi trasferisco al mare con i miei genitori in una casa presa in affitto. È una casa con accanto altre case, non molto più vecchia, né molto più grande delle altre case, con uno spazio comune ed un pozzo in comune. Nella casa accanto abita una famiglia con una figlia della mia età e con lei mi diverto ad impastare la terra per costruire i vulcani, a correre per la campagna piena di vigneti, ricchi di uva e foglie di vite, a caccia di farfalle. Nelle giornate afose, io e lei ci rechiamo con le rispettive madri al mare distante dalle case pochi metri. Il litorale è segnato da rocce e, di tanto in tanto, da sabbia argentata. Dalle rocce si erge una piccola chiesetta: la chiesa di S. Vito.
Con la mia amica faccio il bagno, gioco a cercare sott’acqua i ricci e ad acchiappare granchi nelle pozze d’acqua con i piedi a mollo. Con lei mi siedo sui gradini della scalinata della chiesa che mi incuriosisce molto.
«Perché è stata costruita sull’acqua?»
«Durante il periodo delle persecuzioni del Cristianesimo Vito, non avendo voluto rinunciare alla fede cristiana, si imbarcò in questo punto ove ora sorge questa chiesetta e fuggì insieme all’educatore Modesto e alla nutrice Crescenza. Ancora fanciullo fu martirizzato e per i prodigi compiuti, in seguito, venne eletto S. Vito e divenne patrono del paese. In suo onore, in Agosto, viene fatta una grande festa. Si organizzano giochi di cui quello più caratteristico è il gioco delle pignate
. Il santo viene, successivamente, imbarcato su un motopeschereccio e portato in giro, al largo dalla costa. Al rientro i marinai lanciano sulle acque del mare una grande corona di alloro simbolo di protezione. Il santo proteggerà il paese da terremoti e maremoti.»
Mia madre continua a raccontare e, con gli occhi pieni di curiosità, l’ascolto in silenzio.
Esiste una leggenda su S. Vito. «Tutti i Martedì, gli abitanti lasciavano una lampada accesa sui davanzali delle finestre in onore del santo che si diceva percorresse su un cavallo bianco tutte le vie della città, benedicendola. »
La festa termina con una processione. Molte persone indossano antichi costumi e interpretano vari personaggi realmente esistiti, facendo rivivere e conoscere a tutti la vita del santo. La processione percorre tutte le vie del paese e accompagna la statua di S. Vito in questa chiesetta che viene aperta solo per l’occasione e per vedere la processione in questa serata resto sveglia sino all’alba e aspetto sulla strada l’arrivo del