È l'uomo a rischio non la terra
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Biodiversità, effetti del riscaldamento globale, diffusione delle specie aliene, sviluppo sostenibile sono i principali temi affrontati in questo saggio, con un linguaggio adatto a lettori di ogni tipo, ai quali si vuole far capire con semplicità, ma anche con il rigore che questi argomenti richiedono, quali siano i reali problemi del nostro fragile pianeta e di come siamo proprio noi i responsabili del degrado ambientale.
Sandra Casellato è nata a Venezia, vive tra Padova e Venezia. Laureata in Biologia e diplomata in Filosofia della Scienza e Metodologia delle Ricerca Filosofica all’Università di Padova, ha insegnato ecologia per molti anni in questa università.
Ha svolto un’intensa e pluridecennale attività di ricerca negli ambienti marini e delle acque dolci. Ha pubblicato un centinaio di articoli e monografie di zoologia, idrobiologia, biologia marina ed ecotossicologia su riviste scientifiche internazionali e nazionali. Si occupa anche di Storia della scienza e delle istituzioni scientifiche, con una ricca produzione letteraria al riguardo.
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Anteprima del libro
È l'uomo a rischio non la terra - Sandra Casellato
futuro.
Introduzione
Ho insegnato ecologia per tanti anni all’Università di Padova, una materia che era gradita agli studenti del corso di laurea in Scienze naturali. Ho vissuto gli anni Settanta del Novecento quando i primi movimenti ecologisti si barcamenavano tra la difesa dell’ambiente dall’inquinamento industriale e i movimenti sindacalisti, che difendevano i posti di lavoro nelle fabbriche.
Ho condotto numerose ricerche su laghi, fiumi, lagune, mare, monitorandone i cambiamenti nel tempo, dovuti all’eutrofizzazione delle acque, alla scomparsa delle loro faune e flore naturali, per l’inquinamento, per la distruzione dei siti, per l’invasione di specie aliene, trasportate passivamente dalle attività commerciali dell’uomo, e attivamente per le conseguenze dei cambiamenti climatici.
Spero di avere seminato qualcosa nelle coscienze dei miei studenti, almeno di quelli più attenti e sensibili, consapevole di dover fare i conti con le attrattive dei consumi tecnologici per i giovani, non sempre in linea con la conservazione dell’ambiente e la salute dell’uomo.
In questi ultimi tempi i media lussureggiano di notizie sul riscaldamento della Terra, sulla distruzione degli ecosistemi, sullo sviluppo sostenibile, sulla perdita di biodiversità; si enunciano allarmi di catastrofi vicine e si sprecano i proclami di governanti che, nell’emergenza di disastri ambientali, fanno promesse di misure protezionistiche, promesse che poi sfumano nel tempo, passata la tempesta
.
Il bombardamento mediatico sulla gente comune ha spesso risultati opposti a quelli che ci si prefigge. Ciò che veramente manca è una conoscenza dei reali problemi ambientali; l’uomo della strada ha una scarsa conoscenza dei meccanismi di funzionamento dell’ecosistema terrestre e vive nella presunzione di non essere individualmente responsabile del degrado del pianeta e di poter continuare a sfruttarlo indefinitamente.
Una… centomila Grete Thunberg
Quando negli Stati Uniti Rachel Carson pubblicò nel 1962 il suo libro Silent Spring (Primavera silenziosa), non si parlava ancora di emergenze climatiche
e la plastica non rappresentava quella devastante presenza nei mari e negli oceani di tutto il mondo, ma i prodotti tecnologici della chimica degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento e i loro dirompenti effetti sugli ecosistemi naturali erano già sotto gli occhi di tutti: il DDT, i fitofarmaci, tutti i materiali non biodegradabili prodotti dalle industrie chimiche che, sversati nell’ambiente, si accumulavano lungo le catene alimentari naturali con danni irreparabili, indicavano chiaramente i limiti di quelle tecnologie e di quel progresso. Il libro della Carson aprì gli occhi a un pubblico attento e consapevole circa il pericolo che comportava l’inquinamento chimico per gli uomini e per tutte le altre specie viventi. L’immagine che l’autrice forniva alla collettività era quella di una primavera che diventava silenziosa per la mancanza del canto degli uccelli, uccisi dal DDT sversato nel terreno, tra le piante, assorbito dai lombrichi e dagli altri invertebrati di cui gli uccelli si nutrivano. I veleni che erano trasportati attraverso la catena alimentare si concentravano livello dopo livello, fino a raggiungere quelli apicali della catena trofica, uomo compreso.
In quegli anni si andava forgiando anche in Italia una coscienza ambientalista, in particolare dopo la pubblicazione nel 1972 del Rapporto sui limiti dello sviluppo, commissionato al MIT (Massachusetts Institute of Technology) dal Club di Roma, un’associazione di scienziati, economisti e professionisti riuniti intorno alla figura di Aurelio Peccei, imprenditore italiano, manager della FIAT prima e della Olivetti successivamente.
Il rapporto prediceva un futuro drammatico per l’ecosistema terrestre e per la stessa sopravvivenza della specie umana, a causa della continua crescita della popolazione mondiale e dello sfruttamento di risorse limitate.
In tutto il mondo cominciavano a organizzarsi politicamente i movimenti ambientalisti: il primo partito verde nacque in Australia nel 1972 e in Gran Bretagna prese vita nel 1973 il primo partito ambientalista (oggi il Green Party). In Italia nel 1980 nasceva la Lega per l’Ambiente, vicina ai movimenti politici della sinistra, ma già dal 1966 la sezione italiana del World Wildlife Fund (WWF), che aveva migliaia di soci, aveva realizzato una forte pressione per la realizzazione di aree protette e parchi nazionali, per la regolamentazione della caccia e la tutela delle specie minacciate. Grazie all’impegno del WWF furono emanate le prime normative europee per la difesa dell’ambiente. Il partito dei Verdi esordiva nelle maglie intricate della politica italiana nel 1985, spendendosi in quegli anni soprattutto nella battaglia antinucleare con il referendum dopo l’incidente di Černobyl’.
Scienziati e attivisti ambientali operavano affinché il concetto di inter-relatività delle cose
divenisse una consapevolezza di tutti: Everything is related to everything else
(ogni cosa è correlata