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Le partecipanze agrarie emiliane: antiche tradizioni, nuovi orizzonti.
Le partecipanze agrarie emiliane: antiche tradizioni, nuovi orizzonti.
Le partecipanze agrarie emiliane: antiche tradizioni, nuovi orizzonti.
E-book604 pagine7 ore

Le partecipanze agrarie emiliane: antiche tradizioni, nuovi orizzonti.

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L’e-book di Cirulli e Borgatti esamina la tradizione ed evidenzia la vivace attualità delle sei Partecipanze Agrarie Emiliane, attraverso il filtro dei loro vigenti statuti, verificando nella realtà delle aziende i principi analitici, elaborati da Elinor Ostrom nella sua preziosa opera. La Ostrom é Premio Nobel per l’economia, unitamente a O. Williamson, nel 2009, cioé nel tempo in cui comincia a farsi strada la forte e chiara consapevolezza della crisi economica, che, attraverso la politica di austerity, porterà all’attuale drammatica recessione.
Basandosi sull’insegnamento della economista americana, gli autori propongono un terzo modo di produrre, da assumere come principio strategico, accanto ai tradizionali Stato e Mercato. I vantaggi sono molteplici e non trascurabili. In primo luogo le Partecipanze favoriscono l’energia della comunità, che in certi casi é fondamentale per attivare grandi forze. In secondo luogo le Partecipanze favoriscono la democratizzazione dell’economia: non é cosa da trascurare nel nostro villaggio globale, dove abbiamo consumatori e non produttori consapevoli, consumatori ma non cittadini.
Questo terzo modo di produrre, considerata le longevità millenaaria delle Partecipanze Agrarie Emiliane, potrebbe essere utilizzato, all’inizio, con il recupero delle terre incolte e abbandonate ad un assetto ecologico idoneo. Infatti soltanto le Partecipanze possono fare di queste e di altre terre un territorio ecologicamente sano, da trasferire alle prossime generazioni. L’uomo appartiene alla terra, non la terra all’uomo. Il fine ecologico é nel DNA delle Partecipanze.
Nonostante l’emarginazione nel corso della storia degli assetti fondiari collettivi, essi non sono resti in via di estinzione del lontano Medioevo, ma fior di aziende agricole, la cui organizzazione é simile a quella di un Comune: l’organizzazione,infatti, é un punto qualificante di questi enti, dotati di personalità giuridica. Attraverso l’elettorato attivo e passivo dei partecipanti per accedere agli organi amministrativi, si realizza la partecipazione democratica alla gestione e alla vita dell’azienda.
Tutto il territorio appenninico collinare e montano, anziché diventare sede di pale eoliche o di immondizzai, i quali distruggono il paesaggio e il panorama, potrebbe essere recuperato a fini ecologici e produttivi, creando i tipi di aziende da noi proposte. Queste non devono essere inventate, esistono, oltre che in Italia, in tutto il mondo. La Ostrom ce lo ha detto e scritto: dobbiamo saper leggere e fare per uscire democraticamente e non con le solite privatizzazioni da questa lunga crisi.
LinguaItaliano
Data di uscita27 feb 2014
ISBN9788868857868
Le partecipanze agrarie emiliane: antiche tradizioni, nuovi orizzonti.

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    Anteprima del libro

    Le partecipanze agrarie emiliane - Giuseppe Cirulli

    Presidente.

    Preludio.

    Oggi gli argini si sono rotti: dilagano albagia ed egocentrismo, volgarità e corruzione, dispotismo e arroganza, rampantismo e narcisismo. Vaga senza meta la massa degli sradicati e dei senza domani, senza patria nè terra, senza casa nè cibo: depressa, assetata, disperata, gli occhi smarriti nel vortice globale dell’esistenza. Liquidi putridi salgono dalle fogne del Bel Paese. Si uccide la donna che un minuto prima si asseriva di amare, si ammazza il padre per trenta denari: devo pagare la droga. Il potere finanziario è più forte dello Stato e del popolo; la politica é docile ancella dell’economia. Ci assale forte la tentazione di ritirarci, di lasciarci andare, di perderci. Siamo portati così a credere facilmente che l’andamento disgustoso sia una fase finale, che una vera mutazione antropologica abbia creato un nuovo tipo di uomo, un non-cittadino, e che questa specie di cavallette divoratrici, nella selezione darwiniana, sia in questi anni fatalmente dominante, arrogandosi l’esercizio anche dei tuoi  diritti. Tu sei l’idiòtes, il consumatore, l’homo emptor.Una ottusa indifferenza ha messo nell’angolo la Costituzione repubblicana, la spina dorsale dell’Italia civile. E’ un sintomo fra i tanti di questa involuzione politica, morale e culturale.

    Ma proprio questa Costituzione insegna a non scoraggiarci. Credeteci. E’ una sensazione stupida quella che ci assale,  credere cioè che tutto sia perduto e che non si possa più reagire. Si può, si deve diventare homo civicus.

    C’è un’altra Italia possibile, rispetto a quella che oggi subiamo. Non inchiniamoci al mondo così com’è e come esso pretende di imporci di essere. Perchè, se proprio dobbiamo inchinarci, possiamo comportarci come Bertoldo, che si piegava davanti ai potenti, ma voltandosi dall’altra parte.

    Abbiamo sempre cercato instancabilmente nuove strade e spostato in continuazione i traguardi del nostro viaggio verso nuove conoscenze e nuovi saperi, animati dalla profonda passione di creare un mondo migliore per i nostri figli e i nostri nipoti.

    Abbiamo desiderato sempre apprendere , fare ogni giorno il folle volo:

    "Considerate la vostra semenza:

    fatti non foste a viver come bruti,

    ma per seguir virtute e canoscenza."

    (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno Canto XXVI, 124-126)

    In questo modo, anche se uno dei viandanti giunge alla fine della strada, abbiamo tuttavia voluto conoscere una realtà che prima d’ora ci è restata ignota, come tante altre cose che avremmo voluto conoscere in questa breve vita. Tra le pagine dei libri della memoria, oggi abbiamo messo anche le Partecipanze Agrarie Emiliane con grande soddisfazione e per quell’Italia possibile.

    Abbiamo desiderato conoscere le Partecipanze Agrarie Emiliane non per portare con noi il ricordo di mille anni di storia e di duro lavoro. Non si è trattato semplicente di un arricchimento di dati e notizie, ma di un grande ampliamento e radicarsi di valori perenni e imperituri, che la nostra Costituzione repubblicana contempla e che abbiamo l’obbligo di custodire e inverare.

    Per questi motivi è nato questo libro, che non ha pretese scientifiche.

    L’abbiamo scritto perché vogliamo che la cutura delle Partecipanze Agrarie Emiliane entri nelle Scuole e si diffonda tra la gente. Desideriamo che attraverso questa conoscenza si apra il dibattito e il confronto tra i vari modelli di produzione e che i politici, che pure sanno, stappino le orecchie per queste aziende democratiche e liberamente autogestite.

    L’abbiamo fatto per Catturare l’anima dell’altro modo di possedere e farne viaggiare le idee. Promuovere la conoscenza e la comprensione degli assetti fondiari collettivi come responsabilità civica. ( 18^ Riunione Scientifica del Centro studi e documentazione dei demani civici e le proprietà collettive. Università di Trento, Facoltà di Giurisprudenza. [online] [reperibile su www.usicivici.unitn.t/"]. [consultato il 13.01.2013]. Ci  saranno senza dubbio limiti e inesattezze: vogliamo sperare che di essi avrete venia, considerato che avremmo avuto bisogno di compulsare gli archivi, di muoverci nei luoghi oggetto di studio, di verificare, di elaborare, di fare in sintesi tutto quanto serve per stilare un bel libro.

                                                      GLI AUTORI.

    Notizie sulla vita e la teoria di Elinor Ostrom.

    Elinor Ostrom (Los Angeles,7 agosto 1933- Bloomington, Indiana, 12 giugno 2012 ) fu insignita del premio Nobel per l’economia unitamente a Oliver Williamson: per aver dimostrato  la prima come le proprietà collettive possano essere gestite con successo da comunità di utenti; il secondo per aver analizzato la governance economica. Il Nobel ai due studiosi americani dimostra, in realtà, che molti uomini di scienza si  stanno rendendo conto che è necessario rivedere i modelli economici come via per uscire dalla più lunga crisi economico-finanziaria, oggi scivolata in una prevista e drammatica recessione, che causa la sofferenza di milioni di persone. L’evidenza è davanti a tutti: aggiustamenti semplici e temporanei non possono rappresentare la soluzione di una economia imbalsamata dagli egoismi finalizzati alla salvaguardia di una minoranza di arroganti super ricchi, che si attribuiscono sua sponte la pretesa di essere la fonte anche del benessere della società e di essere i padroni dell’intero pianeta.

    L’economista e politologa americana, Elinor Ostrom, autrice del capolavoro Governing the Commons del 1990 ( Governare i beni collettivi, Marsilio, 2006)  prima di tutto, dimostra che non esistoni modelli validi per tutti i tempi e per tutti i luoghi, non esistono modelli universali. La bellezza, la popolarità e l’autorità degli studi della Ostrom, secondo gli studiosi, stanno nell’aver suggerito una via di liberazione all’umanità , la constatazione, cioè, che la gestione delle risorse comuni sia non una "sequela di rigide scelte dicotomiche tra pubblico e privato o tra organizzazione e anarchia, ma la ricerca di soluzioni ottimali su un continuum di infinite combinazioni possibili (CORONA E., 2012)".

    Elinor Claire Awan, conosciuta con il cognome del marito Vincent Ostrom,  riceve il premio Nobel il 12 ottobre del 2009. E’ il tempo, cioè, in cui  comincia a farsi strada la consapevolezza che la crisi economica e finanziaria globale non  andrà via presto. Andrà via prima lei: morirà il 12 giugno 2012. Ma lascia un grande e prezioso bagaglio scientifico di conoscenza. Dirige ancora insieme al marito, nonostante la malattia, Il Centro di ricerca di studi e analisi politica Vencent and Elinor Ostrom dell’Università Dell’Indiana.

    Il suo contributo alla teoria economica consiste nell’aver messo in evidenza la possibilità della gestione collettiva ed efficiente delle risorse comuni, che, cioè, esiste una terza via tra stato e mercato, tra pubblico e privato: confuta, in altri termini, la dicotomia tra Stato e Mercato. La Ostrom giunge a questa scoperta con una nuova metodologia di approccio alle questioni economiche, mutuata dalle scienze biologiche, muovendosi fra teoria e osservazione empirica, che devono alimentarsi reciprocamente nella scienza dell’economia.

    Nata a Los Angeles nel 1933, diplomata nel 1951 alle scuole superiori di Beverly Hills, consegue la laurea in scienze politiche all’Università della California. Qui ottiene il master e il dottorato nel 1965. Lo studio riguarda la gestione comune delle acque sotterranee in California. Le città litoranee di questo Stato utilizzano bacini sotterranei di acqua dolce, il cui uso deve essere regolamentato per dare a tutte le località di questa società industrialmente molto avanzata il giusto rifornimento idrico. La Ostrom trova la soluzione del problema. E’ il suo primo incontro con i beni comuni, che chiama commons.  Ciò smentisce quanti asseriscono che la Ostrom studia soltanto realtà primitive. Si occuperà anche di beni comuni della conoscenza e dell’utilizzo di internet.

    In che cosa consiste la sua scoperta? In parole semplici, diciamo che uno dei pricipi basilari dell’economia è la tragedia dei beni comuni, teoria enunciata da Garret Hardin, secondo la quale tutti godono i benefici dei beni comuni (atmosfera, mari, fiumi, clima, acqua, terra, ecc.), ma nessuno ha cura di loro, anche se le risorse vengono  distrutte. L’umanità è dominata dall’irrazionalità. La Ostrom invece dimostra che in molte parti del mondo le comunità locali si sono organizzate e date delle regole. Queste consentono uno sfruttamento sostenibile delle risorse collettive con costi amministrativi bassi. Vengono praticate, quindi, soluzioni alternative alla privatizzazione e alla nazionalizzazione. Si tratta di istituzioni di autogoverno permanenti, che esistono già, non occorre inventarle, ma soltanto imitarle, adattandole alle condizioni di ciascun Paese e luogo. La economista e politologa statunitense si preoccupa di scoprire i principi caratteristici comuni di queste istituzioni, che riescono a garantire nei secoli l’interesse di tutti: la conservazione della risorsa, fonte di sopravvivenza per il gruppo sociale attuale e per le generazioni future. Scopre così l’importanza economica di valori come la speranza nel futuro, la reputazione, il senso della comunità, ecc. Questi valori sono più forti di qualsiasi forza pubblica! (Moro L., 2010, Elinor Ostrom.[online]. [Disponibile da: http://www.universitadelledonne.it/elinor-ostrom.htm ].[consultato il 07.12.2012]

    Con la Ostrom la fredda scienza riacquista l’anima perduta.

    Vediamo la Ostrom scendere dalla cattedra e recarsi personalmente ad analizzare, con i suoi occhi, empiricamente i casi di studio, come dovrebbero fare molti cattedratici che se ne stanno seduti per elaborare complicati sistemi matematici, che comprendono soltanto loro. Dall’Europa all’Africa, da Nord a Sud, da Ovest ad Est Elinor Ostrom attraversa tutti i continenti e ci lascia montagne di dati elaborati e ordinati, consultabili via Internet da parte di tutti. Ma, come abbiamo premesso, la Ostrom, non studia soltanto i casi predetti, analizza anche le realtà attuali, come Internet: la conoscenza. Il libro (La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica, Mondadori, 2009), scritto insieme a Charlotte Hess, parla del bene comune della produzione intellettuale.

    La stupenda vita privata di Elinor Ostrom non è separabile dai suoi amati studi. Andata per uno stage di ricerca in Alaska, alla fine degli anni Cinquanta, conosce il professor Ostrom, che insegna scienze politiche all’Università dell’Indiana e lo sposa. Sono rimasti uniti per tutta la vita nel comune lavoro e negli affetti. Abbiamo voluto dare queste notizie flash sulla vita e sulla teoria economica della studiosa Elinor Ostrom, perchè abbiamo inteso applicare allo studio degli Statuti delle Partecipanze Agrarie Emiliane i principi analitici e progettuali da lei elaborati, per evidenziarne l’attualità e la riproponibiltà in contesti nei quali non sono presenti.

    Gli studi della Ostrom, che sono di grande complessità scientifica, hanno assunto, in questo momento di crisi economico-finanziaria, politica e morale un grande significato politico per le scelte da attuare oggi e nel prossimo futuro, orientando la governance dell’economia verso il controllo democratico delle comunità locali. L’approccio economico, fortemente orientato al mercato (neoliberismo o fondamentalismo di mercato), attualmente ha visto schierarsi criticamente premi Nobel come Joseph Stiglitz e accademici come Dani Rodrik dell’Università di Harvard, (2011, Occupare l’aula. [online]. Disponibile su: www.resetricerca.org/en/component/attachhments/downlioad/55. [Consultato il 10.12.2012] ), che ne ha così riassunto i dogmi:

    Stabilizzare, privatizzare e liberalizzare è divenuto il mantra di una generazione di tecnocrati che si è fatta le ossa nei paesi in via di sviluppo, e dei leader politici che ne seguono i consigli.  (http://www.wcfia.harvard.edu/node/3509 ).

    Molto opportunamente il Time ha di recente incluso Elinor Ostrom fra le 100 persone più influenti del mondo. Speriamo vivamente che il mondo accademico e quello politico-culturale non mettano in soffitta i preziosi insegnamenti della studiosa statunitense.

    GLI AUTORI.

    INDICE-SOMMARIO.

    LE PARTECIPANZE AGRARIE EMILIANE,

    ANTICHE TRADIZIONI, NUOVI ORIZZONTI.

    Preludio p   7   

    Notizie sulla vita e la teoria di Elinor Ostrom. p   9   

    INTRODUZIONE p  26

    PARTE  PRIMA

    CRISI ECONOMICA,

    BENI COMUNI,

    PROPRIETA’ COLLETTIVE,

     PARTECIPANZE AGRARIE EMILIANE.


    Capitolo primo.

    1. LA CRISI

    ECONOMICO-FINANZIARIA.

    1. 1  Dal crollo di Wall Street alla Presidenza di Roosevelt. p  45

    1.1.1  Premessa.1.1.2  Il crollo di Wall Street

    (24-29 ottobre 1929).1.1.3 La rivoluzione keynesiana.

    1.1.4 Il New Deal di F. D. Roosevelt.

    1. 2  Da Bretton Woods (1944) a Camp David (1971). p  50

    1.2.1 Il modello di Bretton Woods.1.2.2 La fine di Bretton Woods.  

    1. 3 Il modello neoliberista. p  52

    1.3.1 L’ideologia neoliberista e la globalizzazione.1.3.2 Come

    si sviluppa il nuovo paradigma economico.  

    1. 4  Confronto tra la Grande Depressione e l’attuale crisi. p  55              

    1.4.1 The Big Depression two.  

    1. 5 Crollo dell’ideologia e della prassi neoliberiste. p  58

    1.5.1 Non hanno imparato la lezione.1.5.2 A chi

    la leadership dell’economia mondiale?  

    1. 6. Non si piange sulla propria storia, si cambia rotta. p  59

    1.6.1 Quando finirà la crisi e come finirà?

    1. 7. La crisi dei debiti sovrani. p  61

    1.7.1 La crisi del debito pubblico italiano.1.7.2 La bussola

    orientata verso il passato.  

    1. 8. Una lezione da non dimenticare. p  65

    1.8.1 Quale strada per uscire dalla crisi?  

    1. 9. Un modello per uscire dalla crisi: il New Deal. p  68  

    1.9.1 Austerity o New Deal? That’s the question.1.9.2 USA:

    Barack Obama e Mitt Romney.1.9.3 L’agricoltura come

    risposta immediata alla crisi.  

    Capitolo secondo.

                                                2. I BENI COMUNI.

    2.1.1 Il campo di battaglia della proprietà e p  73

    i beni comuni.2.1.2 I beni comuni e i diritti

    dei cittadini.2.1.3 Ma i beni comuni hanno

    un futuro?  

    2. 2 L’interesse per i beni comuni. p  78

    2.2.1 Che cosa sono i beni comuni.2.2.2 L’opera della

    Commissione Rodotà e il problema degli Usi civici.  

    2.2.3 Riflessioni sulla Classificazione dei beni

    secondo la Commissione  Rodotà.

    2. 3 Distinzione dei beni comuni. p  80

    2.3.1Un’altra classificazione dei beni comuni.

    2.3.2 Altre distinzioni.  

    2. 4 Origine e sviluppo del concetto di bene comune. p  82

    2.4. 1 Il contributo di P. A. Samuelson. 2.4.2 Il contributo

     di Mancur Olson.  

    2. 5 La Teoria dei commons:

    classificazione dei beni comuni. p  83

    2.5.1 Le quattro categorie dei beni comuni. 2.5.2 L’attuale

    ricerca sui commons.  

    2. 6 La tragedia dei beni comuni. p  86

    2.6.1 The Tragedy of the Commons di G. Hardin.

    2.6.2 La terza via di Elinor Ostrom. 2.6.3 Governare

    i beni comuni.2.6.4 L’IAD framework.

    2. 7 I principi progettuali della Ostrom. p  92

    2.7.1 Elenco dei principi progettuali della Ostrom.

    2.7.2 Riflessioni conclusive.2.7.3.Giurisprudenza e beni comuni.  

    Capitolo terzo.

    3. ASSETTI

    FONDIARI COLLETTIVI.

    3.1 Gli assetti fondiari collettivi e le proprietà collettive. p  100

    3.1.1 Assetti fondiari collettivi e proprietà collettive.

    3. 2 Origine ed evoluzione della proprietà collettiva. p  101

    3.2.1 L’errore di G. J. Hardin.3.2.2 La proprietà collettiva

    è una categoria di bene comune.3.2.3 Origine ed evoluzione

    degli assetti fondiari collettivi.3.2.4 Il Codice Napoleonico

    del 1804.  

    3. 3 La legislazione dell’Italia Unita. p  104

    3.3.1 Le prime leggi dopo l’Unità.

    3.3.2 La legge del 1927 n. 1766.  

    3. 4 Proprietà collettiva e Costituzione Repubblicana. p  106

    3.4.1 Rilevanza di alcuni articoli della

    Costituzione repubblicana  

    3.4.2 La legislazione statale in età repubblicana.  

    3. 5 Il problema della relazione tra proprietà privata p  110

    e collettiva.

    3.5.1 Il contributo di M.S. Maine.3.5.2 Alternatività dello

    schema giuridico della proprietà collettiva.  

    3. 6 Proprietà collettiva: tipologie e fondamento. p  112

    3.6.1 Tipologie.3.6.2 Fondamento.3.6.3 Principali funzioni.  

    3. 7  IL progetto locale. p  115

    3.7.1 Il progetto locale.3.7.2 I sistemi di risorse collettive

    in Italia.3.7.3 Proprietà collettive e parchi.  

    3. 8 Gli enti gestori delle terre collettive. p  118

    3.8.1 Capacità dei diversi soggetti collettivi.3.8.2 La Consulta

    Nazionale Della Proprietò Collettiva.  

    Capitolo quarto.

    4. BREVE STORIADELLE

    PARTECIPANZE AGRARIE EMILIANE.

    4. 1 Evoluzione storica delle Partecipanze Agrarie Emiliane. p  120                

    4.1.1. Il significato del termine Partecipanza.                                                                          4.1.2 Origine delle Partecipanze Agrarie Emiliane.

    4.1.3 I Valori delle Partecipanze Agrarie Emiliane.               

    4. 2 La Partecipanza Agraria di Cento. p  124                                                     

    4.2.1 Origine della Partecipanza e del Comune.4.2.2 La

     divisione fra Cento e Pieve del 1376.4.2.3 Il lodo giulianeo

    del 1484.4.2.4 La nascita di Renazzo.

    4.3 La Partecipanza Agraria di Pieve di Cento. p  128

    4.3.1Le origini storiche.4.3.2 Tentativi di sciogliere

    la Partecipanza di Pieve di Cento.4.3.3 I Partecipanti,

    uomini tenaci e frugali. 4.3.4 La Divisione dei terreni.

    4. 4 Il Consorzio dei Partecipanti di

    San Giovanni in Persiceto. p  131  

    4.4.1 Le concessioni ad meliorandum e ad incolandum.  

    4.4.2 Divisione ed assegnazione dei terreni.4.4.3 Vertenza

    tra Comune e Abbazia di Nonantola.4.4.4 Bene morale

    e solidarietà.4.4.5 La festa del Partecipante.

    4. 5 La Partecipanza Agraria di Sant’Agata Bolognese. p  134

    4.5.1 La più piccola Partecipanza Emiliana.4.5.2  Ancora

    sulla Partecipanza santagatese.4.5.3 La Settima

    Partecipanza.  

    4. 6 La Partecipanza Agraria di Nonantola. p  137

    4.6.1 L’unica Partecipanza in provincia di Modena.  

    4.6.2 La Divisione e l’assegnazione delle terre.  

    4. 7 La Partecipanza Agraria di Villa Fontana. p  140

    4.7.1 Le origini.4.7.2 I primi Statuti.  

    PARTE  SECONDA.

    LA SELF- GOVERNANCE

    DELLE PARTECIPANZE AGRARIE EMILIANE.


    Capitolo quinto.

    5. IL RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO

    DI AUTO-ORGANIZZAZIONE.

    5. 1 Il riconoscimento della personalità giuridica. p  147

    5.1.1 L’art. 1 della Legge 4 agosto 1894, n.397.  

    5.1.2 Gli artt. 65 e 66 del Reg, per l’esecuzuzione

     della L. 16.06.1927, n.1766. 5.1.3 Non tutte le Partecipanze

    conseguono la personalità giuridica.  

    5. 2 Lo Statuto. p  149

    5.2.1 Contenuto dell’art. 2 L.397/1894.5.2.2 Materie

    obbligatorie dello Statuto. 5.2.3 Termine di adozione e

    sostituzione.5.2.4 L’art.4 L.397/1894  

    5. 3 Il modello raccomandato dal legislatore. p  152

    5.3.1 Le prescrizioni dell’art. 5 L. 397.5.3.2 Inventari,

     mandati di pagamento, rendiconti.5.3.3 La responsabilità

    contabile.  

    5. 4 Il controllo sugli atti. p  154

    5.4.1 Invio degli atti deliberativi al prefetto

     e controllo prefettizio.5.4.2 Il controllo delle Giunta

    Provinciale Amministrativa.5.4.3 Il potere sostitutivo

     della GPA.  

    5. 5  Accertamento delle contravvenzioni e conciliazione. p  156

    5.5.1 Norme sulla conciliazione.5.5.2 Procedimento e

    modalità di votazione.5.5.3 Responsabilità degli

    Amministratori.5.5.4 Presentazione e discussione dei

    Conti.5.5.5 Altra sostituzione del prefetto.

    5.5.6 Responsabilità per affidamento di carte.  

    5. 6 Il controllo sugli organi. p  159

    5.6.1 Scioglimento del Consiglio. 5.6.2 Il commissario

     straordinario.  

    5. 7 Ricorso contro norme statutarie. p  159

    5.7.1 Giunte d’arbitri e Corti d’appello.5.7.2 Variazioni

     delle norme statutarie su istanza di 1/3 degli utenti.  

    5. 8 Riscossione contributi sociali. p  160

    5.8.1 Equiparazione riscossine imposte dirette.5.8.2

    Applicazione delle norme sui privilegi fiscali.5.8.3

    Ricorso contro i ruoli di contribuenza.  


    Capitolo sesto.

    6. DELIMITAZIONE

    DEGLI UTILIZZATORI DELLA RISORSA.

    6. 1 Determinazione di individui e famiglie (i Partecipanti). p 162

    6.1.1  Acquisto della qualità di Partecipante a Cento.

    6.1.2  Acquisto della qualità di Partecipante

    a Pieve di Cento. 6.1.3  Acquisto della qualità di Partecipante

    a S.Giovanni in Persiceto. 6.1.4  Acquisto della qualità di

    Partecipante a Nonantola. 6.1.5  Acquisto della qualità di

    Partecipante a Sant’Agata Bolognese.6.1.6  Acquisto

    della qualità di Partecipante a Villa Fontana.  

    6. 2. L’incolato. p 170

    6.2.1  Adempimento dell’obbligo dell’incolato a Cento.  

    6.2.2  Adempimento dell’obbligo dell’incolato a Pieve di Cento.

    6.2 3  Adempimento dell’obbligo dell’incolato

    a S.Giovanni in Persiceto.6.2.4  Adempimento dell’obbligo

    dell’incolato a Nonantola.6.2.5  .Adempimento dell’obbligo

    dell’incolato a Sant’Agata Bolognese. 6.2.6  Adempimento

    dell’obbligo dell’incolato a Villa Fontana.6.2.7  Deroghe

    all’obbligo dell’incolato.

    6. 3. Iscrizioni, ammissioni ed eccezioni. p 184

    6.3.1  Iscrizioni, ammissioni ed eccezioni a Cento.

    6.3.2  Iscrizioni, variazioni, cancellazioni a Pieve di Cento.

    6.3.3  Iscrizione ed eccezione a San Giovanni in Persiceto.

    6.3.4  L’iscrizione a Nonantola. 6.3.5  Iscrizione ed eccezione

    a Sant’Agata Bolognese. 6.3.6  Iscrizione a Villa Fontana.

    6. 4. I confini fisici della risorsa. p 192

    6.4.1  Il patrimonio della Partecipanza Agraria di Cento.

    6.4.2  Il patrimonio della Partecipanza Agraria

    di Pieve di Cento.

    6.4.3  Il patrimonio del Consorzio dei Partecipanti

    di S.G. in Persiceto.

    6.4.4  Il patrimonio della Partecipanza Agraria

    di Nonantola.

    6.4.5  Il patrimonio della Partecipanza Agraria

    di Sant’Agata Bolognese.

    6.4.6  Il patrimonio della Partecipanza Agraria

    di Villa Fontana.  

    6. 5. I confini ecologici della risorsa. p 196

    6.5.1  Ritorno al passato.6.5.2 Il luogo della memoria:

    il parco dei Gorghi a Renazzo.6.5.3  Il Piano

    Agroambientale di S. Giovanni in Persiceto.6.5.4  Confini

    ecologici a Nonantola.6.5.5  Aree Agroambientali a

     Sant’Agata Bolognese.6.5.6 Il "Piano Verde della

    Tenuta Vallona".


    Capitolo settimo.

    7. CONGRUENZA FRA REGOLE

    E SITUAZIONE SPECIFICA.

    7. 1. La Divisione a Cento. p 202

    7.1.1 Sorteggio. Procedimento per l’assegnazione dei Capi.  

    7.1.2  Diritti ed obblighi dei proprietari di case.

    7.1.3  Disposizioni sul trattamento di alberi e piante.

    7.1.4  Perché il  riparto dei terreni non é uguale per

     tutti i Partecipanti.

    7. 2. Le Divisioni a Pieve di Cento. p 207

    7.2.1  Il diritto di utenza. 7.2.2  La divisione dei terreni.

    7.2.3  L’assegnazione dei Capi.7.2.4  La conduzione dei

    fondi. 7.2.5  I contributi ordinari e straordinari.

    7. 3. L’assegnazione delle quote a San Giovanni in Persiceto. p 215

    7.3.1  Il diritto di assegnazione.7.3.2  L’assegnazione

    delle quote.7.3.3  Il godimento e il possesso della quota.

    7.3.4  I contributi sociali.7.3.5  Vendita, permuta e

    locazione delle parti.7.3.6  Costruzioni edilizie sui beni

    consorziali.

    7. 4. La Divisione a Nonantola. p 226

    7.4.1  Obblighi dei Partecipanti nel corso della Divisione.

    7.4.2  La Divisione dei beni.7.4.3  I contributi sociali e

     l’estinzione delle passività patrimoniali.7.4.4  Cessioni.

    7.4.5  La devoluzione delle quote.

    7. 5. La Divisione a Sant’Agata Bolognese. p 229

    7.5.1 Vocazione dei Partecipanti.7.5.2  Il Piano di Divisione

    o di Utilizzazione.7.5.3  La materiale Divisione dei beni.

    7.5.4  L’Estrazione.7.5.5 La cedola di possesso.7.5.6 Come

    usare la risorsa ricevuta in sorte.7.5.7 Disposizioni sugli

    edifici e migliorie.

    7. 6. La Divisione a Villa Fontana. p 237

    7.6.1 La divisione della terra.7.6.2 L’assegnazione delle

     quote in godimento. 7.6.3 Inizio del godimento delle quote.  

    7.6.4 Lo scambio. 7.6.5 Denegazione.7.6.6 L’Accordo di

     Coltivazione.


    Capitolo ottavo.

    8. LA PROMOZIONE DELLA PARTECIPAZIONE:                        

    ELEZIONI E  COMPETENZE DEGLI AMMINISTRATORI.                     

    8. 1. Elezioni amministrative

    nelle Partecipanze Agrarie Emiliane. p 243

    8.1.1 Considerazioni preliminari. 8.1.2 La titolarità del diritto

    di elettorato attivo e passivo.8.1.3 Fissazione della data delle

    elezioni.8.1.4 Presentazione ed ammissione delle Liste elettorali.

    8.1.5 Operazioni dei Seggi o Uffici elettorali.8.1.6 L’esercizio

    del diritto di voto.8.1.7 Tenuta e revisione delle Liste elettorali.

    8.1.8 Attribuzione dei seggi e proclamazione degli Eletti.

    6. 2 Il Referendum. p 253

    8.2.1 Due nuovi istituti nello Statuto della Partecipanza

    di Nonantola.8.2.2 Il giudizio di ammissibilità.8.2.3 Il quorum.

    8.2.4 Conclusioni.

    8. 3. Competenze degli Organi amministrativi. p 255

    8.3.1 Considerazioni preliminari:  stessi organi, nomi diversi.

    8. 4 L’Assemblea Generale. p 257

    8.4.1 Le Assemblee Generali della Partecipanza Agraria

    di Cento.8.4.2 L’Assemblea Generale della Partecipanza

    Agraria di Pieve di Cento.8.4.3 I Comizi Generali

    del Consorzio dei Partecipanti di S.G.in Persiceto.

    8.4.4 L’Assemblea Generale della Partecipanza Agraria

    di Nonantola.8.4.5 L’Assemblea Generale della Partecipanza

    Agraria Santagatese.8.4.6 L’Assemblea dei Partecipanti

    della Partecipanza Agraria di Villa Fontana.

    8. 5 Il Presidente e il Vicepresidente. p 272

    8.5.1 Il Presidente della Partecipanza Agraria di Sant’Agata

    Bolognese.8.5.2 Il Presidente della Partecipanza Agraria di

    Nonantola.8.5.3 Il Presidente della Partecipanza Agraria

    di Cento.8.5.4 Il Presidente della Partecipanza Agraria di

    Pieve di Cento.8.5.5 Il presidente del Consorzio dei

    Partecipanti di S.G.in Persiceto.8.5.6 Il Presidente della

    Partecipanza Agraria di Villa Fontana.

    8. 6 Il Consiglio di Amministrazione. p 278

    8.6.1 Il Consiglio di Amministrazione della Partecipanza

    Agraria di Cento.8.6.2 Il Consiglio di Amministrazione

    della Partecipanza Agraria  di Pieve di Cento.

    8.6.3 Il Consiglio del Cosorzio dei Partecipanti di San

    Giovanni in Persiceto.8.6.4 Il Consiglio di Amministrazione

    della Partecipanza Agraria di  Sant’Agata Bolognese.

    8.6.5 Il Consiglio di Amministrazione della Partecipanza

    Agraria di Nonantola.8.6.6 Il Consiglio Amministrativo

    della Partecipanza Agraria di Villa Fontana.

    8. 7 La Giunta Esecutiva. p 289

    8.7.1 La Giunta Esecutiva

    della Partecipanza Agraria  di Sant’Agata Bolognese.

    8.7.2 La Giunta Esecutiva

    della Partecipanza Agraria di Nonantola.

    8.7.3 La Giunta Esecutiva

    della Partecipanza Agraria di Pieve di Cento.

    8.7.4 La Commissione del Consorzio

     dei Partecipanti di San Giovanni in Persiceto.

    8.7.5 La Magistratura e l’Assunteria

     della Partecipanza Agraria  di Cento.

    8.7.6 La Giunta Esecutiva

    della Partecipanza Agraria  di Villa Fontana.


    Capitolo nono.

    9. MECCANISMI DI CONTROLLO,

    DI SANZIONAMENTO

    E DI RISOLUZIONE DEI CONFLITTI.

    9. 1 Considerazioni preliminari. p  301

    9.1.1 La sanzione, momento essenziale della giuridicità

     della norma statutaria.

    9. 2 Controlli, sanzioni, conciliazione

    nello Statuto della Partecipanza A. di Cento. p  302

    9.2.1 Violazione delle norme statutarie e sanzione risarcitoria.  

    9.2.2 Perdita del "diritto per sè e succ. di appartenere

     alla famiglia partecipante".9.2.3 Esclusione dal diritto

    fdi partecipare alle Divisioni.9.2.4Magistratura ed Assunteria

    soprintendono  alle operazioni di Divisione.9.2.5 Sanzioni per

    violazioni degli obblighi relativi all’uso dei Capi.9.2.6 .La

    responsabilità degli Amministratori.  

    9. 3 Controllo e sanzionamento, risoluzione delle controversie

    nello Statuto della Partecipanza Agrearia di Pieve di Cento.       p 306

    9.3.1 Esclusione e perdita del diritto di utenza.9.3.2 I controlli.

    9.3.3 .L’accertamento delle contravvenzioni.9.3.4 Responsabilità

    degli Amministratori.  

    9. 4 Consorzio dei Partecipanti di S. Giovanni in Pers.:

    meccanismi di controllo, sanzionamento, p 308

    composizione delle controversie.

    9.4.1 Perdita e sospensione della qualità di Partecipante.  

    9.4.2 Condotta del Partecipante durante il periodo di

    godimento del bene.9.4.3 Disposizioni in materia di

    pascolo.9.4.4 La gestione

    delle quote alberate.9.4.5 Disposizioni in materia di

     premi di piantagione.9.4.6 Accertamento e composizione

    delle contravvenzioni.  

    9.4.7 Controllo e sanzioni in materia di costruzioni edilizie.  

    9.4.8 La responsabilità degli Amministratori.  

    9. 5 Statuto della Partecipanza Agraria di

    Sant’Agata Bolognese:controlli, sanzioni,

    composizione delle liti. p 314

    9.5.1 Perdida e sospensione del diritto di utenza.  

    9.5.2 Sanzioni a tutela del territorio.  

    9.5.3 Vigilanza sull’osservanza dello Statuto

     e composizione delle liti.  

    9.5.4 Responsabilità degli Amministratori.  

    9. 6 Meccanismi di controllo, di sanzionamento e

    di composizione delle liti nello Statuto della

    Partecipanza Agraria di Nonantola. p 317

    9.6.1La responsabilità dei Partecipanti.  

    9.6.2Perdita e sospensione del diritto di godimento.

    9.6.3Controlli.9.6.4La responsabilità degli amministratori.

    9. 7 Statuto della Partecipanza di Villa Fontana: controllo, p 320

    sanzioni, composizione delle vertenze.

    9.7.1 Il Collegio arbitrale nello Statuto

    della Partecipanza Agraria di Villa Fontana.  

    9.7.2 Modalità di coltivazione dei terreni.

    9.7.3 Sospensione dell’esercizio del diritto di utenza.  

    9.7.4 Perdita dell’esercizzio del diritto di utenza.  

    9.7.5 L’accesso di Amministratori e dipendenti auorizzati

    sulla quota.  

    8. 8 I Revisori dei Conti. p 323

    8.8.1 Nomina del Collegio e composizione.  

    8.8.2 Funzioni del Collegio.8.8.3 Riunioni e deliberazioni.  

    8.8.4 Finanza e contabilità

    nella Partecipanza Agraria di Villa Fontana.


    Capitolo decimo.

    10. VALUTAZIONE E ATTUALITA’DELLE

    PARTECIPANZE AGRARIE EMILIANE.

    10.1 Valutazione del livello di successo delle singole

    Partececipanze Agrarie Emiliane. p 325

    10.1.1 Confronto tra i princ. proget. della Ostrom

    e la realtà delle Partecipanze Agrarie Emiliane.

    10.1.2 Livello di successo delle singole Partecipanze.  

    10.2 L’attualità delle Partecipanze Agrarie Emiliane. p 326

    10.2.1 "Il mercato finanziario ha distrutto,

    la comunità può ricostruire".10.2.2 Le Regioni promuovano

    la diffusione delle Partecipanze.10.2.3 Imprese nonprofit

    e Partecipanze.10.2.4 Dall’egonomics alla weconomy.

    10.2.5 We are a dream.

    10.3 Esodo. p 334

    10.3.1 Il messaggio.

    PARTE TERZA.

    LA TRADIZIONE TESTUALE

    DELLA PARTECIPANZA AGRARIA DI CENTO.

    1. GLI STATUTI [CENTESI] DEL 1611 p 337

    2. GLI STATUTI [CENTESI] DEL 1674 p 348

    Abbreviazioni e sigle. p 361

    Glossario. p 362

    Fonti legislative. p 366

    Documenti. p 367

    Web-Bibliografia. p 368

    PARTE   PRIMA .

    CRISI ECONOMICA,

    BENI COMUNI,

    PROPRIETA’ COLLETTIVE,

    PARTECIPANZE AGRARIE EMILIANE.

    INTRODUZIONE.

    Lo scopo di questo studio sulle Partecipanze Agrarie Emiliane è, prima di tutto, quello di comprendere quali ragioni portano alla conservazione di queste antiche forme di proprietà collettiva. Vogliamo, inoltre , capire e dimostrare i motivi della loro attualità e, infine, cercare di vedere quali orizzonti apre ad esse l’attuale crisi recessiva, in cui ci ha gettato la politica di austerity. In proposito abbiamo già sentito altre volte che una luce si era accesa in fondo al tunnel. Con la stessa sfiducia ora ascoltiamo l’attuale Ministro dell’Economia e delle Finanze affermare che crede che l’economia é entrata in ripresa e che siamo a un punto di svolta del ciclo. Ma, intanto, il debito pubblico aumenta al 133,3% del Prodotto interno lordo, il tasso di disoccupazione giovanile sale al 40,4%, l’Istat certifica che siamo a novembre del 2013 e stiamo ancora in piena crisi. Il nostro scetticismo è, pertanto, giustificato e motiva ampiamente il nostro studio, la cui finalità è, in altri termini, di comprendere in quale modo le Partecipanze Agrarie Emiliane hanno influito sulla realtà economica, sociale e territoriale in cui hanno operato per molti secoli e se è possibile, ed entro quali limiti, la loro riproponibilità in contesti diversi da quelli in cui sono nate, per utilizzare risorse, come le terre incolte e abbandonate, soprattutto delle aree interne degli Appennini. L’inquadramento della ricerca nel contesto della crisi economico-finanziaria e sociale, che affligge l’umanità da oltre sei anni, è premessa necessaria per capire il ruolo nuovo che le Partecipanze Emiliane possono assumere nella soluzione della crisi stessa. Perciò, cominciamo con il ricostruire il passato per costruire il futuro. Il nostro lavoro non ha alcuna pretesa di scientificità, ma con questo testo vogliamo far conoscere la realtà di questi assetti fondiari collettivi, diffondere la conoscenza che esistono altre vie non solo per uscire dalla crisi economico-finanziaria, ma per gestire democraticamente l’economia. Non è una fatale necessità finire sempre tra le braccia del capitale finanziario. Anche con le multinazionali si può essere padroni del proprio destino economico, inverando un nuovo Rinascimento: Non facciamoci rubare la speranza.

    Il punto di partenza è la Grande Depressione del 1929-33. Il processo di accumulazione capitalistico concentra nelle mani di pochi capitalisti il controllo delle risorse produttive, creando un proletariato sempre più povero e numeroso. Così le crisi di sovraproduzione si amplificano a causa della diminuizione del potere di acquisto delle masse popolari. Di conseguenza diminuisce il profitto degli imprenditori, che non possono onorare la restituzione dei finanziamenti ricevuti dalle banche, che a loro volta vengono a trovarsi in crisi di liquidità. Dilaga, così, una fortissima crisi di sfiducia, che porta molti risparmiatori a ritirare i risparmi depositati presso le banche, che falliscono, ma lo Stato non le salva, perchè per i liberisti lo Stato non deve intervenire. Anche nel mondo finanziario il crollo è imminente: le azioni che rappresentano le aziende in crisi perdono progressivamente valore, la loro vendita in borsa  finisce col determinarne un valore inferiore al costo della carta su cui vengono stampate. E’ così che il 29 ottobre 1929 ( il venerdì nero di Wall Street ) crolla la Borsa di New York, trascinandosi dietro le maggiori Borse mondiali. In altre parole, la crisi parte dal mondo dell’economia reale coinvolgendo anche quello finanziario.

    Keynes crea un modello che prevede la libertà di iniziativa economica e nello stesso tempo forme di intervento dello Stato nell’economia. Il grande economista britannico ritiene che l’equilibrio tra domanda ed offerta possa essere raggiunto soltanto attraverso l’intervento dello Stato: nessun meccanismo automatico è in grado di portare allo stesso risultato. In questo modo, Keynes sconvolge la teoria economica liberista, che postula l’automatica tendenza dei sistemi economici verso la condizione di piena occupazione. Mentre in Europa si applica la teoria keynesiana, negli USA parte il New Deal del presidente F. D. Roosevelt. Per fronteggiare la Grande Depressione Roosevelt riduce l’orario di lavoro; legifera  contro la concorrenza sleale; abbandona il gold standard ( sistema aureo ), svalutando il dollaro del 40,9%; istituisce i contratti collettivi per mantenere il potere di acquisto di salari e stipendi; mette in atto una politica di grandi lavori pubblici, ecc.

    Nel 1944 i 730 delegati delle 44 nazioni alleate, quando la seconda Guerra mondiale non è ancora finita, firmano gli Accordi di Bretton Woods: il dollaro diventa l’unica moneta convertibile in oro, viene istituito il FMI, ecc. L’accordo vuole essere anche una risposta al trionfante comunismo: comincia la Guerra fredda. Ma, con il passare del tempo, le pressanti richieste di convertibilità, le enormi spese militari per la guerra americana nel Vietnam portano alla fine degli accordi. Nel 1971, a Camp David, il presidente americano Nixon annuncia la sospensione della convertibilità del dollaro e nel dicembre dello stesso anno i membri del G10 firmano lo Smithsonian Agreement. Finisce l’epoca del Gold Standard, un periodo della storia che conosce un forte progresso per un gran numero di persone: l’umanità passa da un sistema semifeudale ad una società industriale con l’impegno preminente dello Stato. Si entra nell’era, tuttora in corso, del flat money (denaro e basta).

    Esplodono il neoliberismo e la globalizzazione. Assistiamo ad un grande capovolgimento culturale: trionfano il Reaganismo e il Thatcherismo. Gli ideologi del neoliberismo mettono in soffitta Keynes e si affannano a dare realtà ai loro dogmi, trovando una spinta ulteriore nell’implosione del regime comunista. Le contraddizioni aumentano, vengono indeboliti gli strumenti democratici, entra in una profonda crisi la politica. Gli Usa devono far fronte alle spese della guerra del Vietnam, ma devono affrontare anche gli investimenti per una ondata impressionante di innovazioni tecnologiche. Il mondo diventa un piccolo paese, si è globalizzato: nascono le multinazionali, le imprese cominciano a decentrare e a delocalizzare la produzione, imperversa una concorrenza micidiale. Intanto, si sviluppa la nuova finanza, i profitti raggiungono livelli da capogiro. Infine, arriva la tempesta che stiamo vivendo e pagando.

    Gli anni del trionfante liberismo assomigliano agli anni Venti del Novecento. Anche allora si ballava su un vulcano, che da un momento all’altro sarebbe esploso. E ancora una volta l’ideologia liberista è finita in tragedia. Non abbiamo imparato la lezione. Una visione del mondo è nuovamente crollata; è crollato l’imperativo di accrescere i profitti costi quel che costi, anche la distruzione del pianeta; si sono fatte fusioni, scissioni, cartolarizzazioni, società di rating; si sono ridotte le tasse senza tener conto delle realtà sociali; ecc.

    Sullo sfondo si intravede la lotta tra USA e Cina per la leaderschip del pianeta. Un cambio era avvenuto con gli Accordi di Bretton Woods, che avevano segnato il passaggio del testimone tra Regno Unito e Usa. Il Nobel per l’economia 2001 J. Stiglitz ha dichiarato che l’attuale crisi finanziaria è stata per il fondamendalismo di mercato l’equivalente di quel che la caduta del muro di Berlino è stato per il comunismo. E’ difficile prevedere come finirà la crisi: sarà certamente un mondo diverso. Sono entrati in coma più di trent’anni di egemonia del c.d. pensiero unico. Tutti i pilastri del pensiero totalitario  sono crollati, ma i sacerdoti del neoliberismo non demordono, come ha dimostrato il dibattito tra Obama e Mitt Romney durante la campagna eletorale per le Presidenziali americane.

    Intanto, con il passare del tempo, è scoppiata anche la crisi dei debiti sovrani, tra polemiche di fuoco e incomprensioni tra i governanti d’Europa, che non è uno Stato Federale, ma soltanto una unità monetaria. Nel costruire gli Stati Uniti d’Europa si sarebbe dovuto partire dalle fondamenta, cioè dalla base produttiva, invece si è partiti dal tetto, cioè dalla moneta. La bussola per uscire dalla crisi c’è, ma è orientata a poppa. L’orientamento dipende da chi paga l’uscita dalla crisi: il fatto è pubblico e notorio che pagheranno i soliti noti.

    E qui la mente corre al New Deal di Roosevelt: è la soria che ci mostra il modello per uscire dall’attuale crisi. Non abbiamo bisogno dei dogmi liberisti e dei suoi sacerdoti. Roosevelt aveva dalla sua parte l’opinione pubblica: chi non ha sentito parlare dei suoi dialoghi al caminetto? I tecnocrati europei, che fanno e disfanno, quale consenso hanno e di chi? Qualcuno in alto, molto in alto comincia a dire che è stato sbagliato tutto: parla perchè resterà impunito. Ti gettano nella  morta gora e continui a pagare! L’urgenza del New Deal è sostenuta da tre premi Nobel dell’economia. Lo hanno detto già molto prima che ci gettassero nella recessione.

    Quando affronteremo, in Italia,  il problema della disoccupazione giovanile? Se continuano ad aumentare le disuguaglianze l’economia imploderà, come sostengono autorevoli economisti. Anche l’enciclica Caritas in Veritate è intervenuta in materia economica, affermando che un capitalismo senza freni disgrega la società, soprattutto se i processi di globalizzazione sono accentuati. Per contrastare la deriva occorre un atto di responsabilità da parte dei poteri pubblici. Paul Samuelson, premio Nobel per l’economia 1970, ha detto che il Papa con la sua enciclica sta cercando di riportarci  ad una realtà che potrebbe diventare più vivibile con un ritorno all’etica della finanza.

    Ora, senza la pretesa di insegnare ad altri quello che non conosciamo, vogliamo esprimere il nostro parere su alcune cose che bisognerebbe fare per avviare a soluzione la crisi economico-finanziaria. Concordiamo con gli studi relativi alle politiche agricole alimentari e forestali, i quali sostengono di rimettere al centro della nostra economia il comparto primario : far sì che l’agricoltura sia al centro del modello di sviluppo dell’Italia. Ma ci si consenta un appunto: l’agricoltura è stata abbandonata dai contadini, le aree cementificate sono aumentate, le zone agricole interne della dorsale degli Appennini sono in agonia. Quindi il criterio guida per un ritorno alle origini deve necessariamente essere quello del riequilibrio territoriale tra zone costiere e zone interne: è  conditio sine qua non, essendo la terra un bene finito. Ma c’è anche sfiducia nella classe politica. Siamo passati senza respiro dall’austerity alla recessione economica e le previsioni sull’avvenire dell’Eurozona non incoraggiano.  Che fare, dunque? In che modo? Esattamente, come dice il Sapelli: Il mercato finanziario ha distrutto, la comunità può ricostruire. Ma questa mano deve essere pagata da chi ci ha portato a questa situazione. Ecco il significato attuale delle Partecipanze Emiliane: non relitti del passato, ma strumenti per far ripartire l’economia anche in quelle zone poco ospitali, ricchissime di patrimoni storici, ambientali e archeologici. Le Partecipanze Agrarie Emiliane hanno resistito nei secoli affrontando e superando difficoltà di ogni tipo, sono, per così dire, collaudate nell’organizzazione e nella gestione democratica delle risorse, nell’utilizzarle nell’interesse comune anche delle generazioni future, nel conservarle e nel promuoverle. Percorrere anche la c.d. terza via arricchirebbe il pluralismo delle imprese, giovando all’intera economia, creando ex novo nuove Partecipanze Agrarie. Passare dall’egonomics alla weconomy: è questo un obbligo fondamentale e non più procrastinabile dello Stato. In Italia c’è voglia di fare, di essere utili, di vivere. Occorrono lavoro e sviluppo, non austerity! Vogliamo uscire dalla crisi, ma chi deve pagare se non coloro che facendo alti  profitti ed incuranti degli effetti devastanti che si sono venuti a creare, ci hanno portato ad un passo dal baratro? E altri e maggiori interventi dovranno fare se vogliamo uscirne. Vorremmo un governo che dicesse chiaro e tondo ai titolari del capitalismo finanziario che questo è il momento che tolgano le castagne da quel fuoco in cui le hanno messe, altrimenti bruceranno anche loro.


    In questi anni di crisi economico-finanziaria (introduciamo il secondo capitolo del lavoro) stiamo entrando decisamente nell’era dei beni comuni. I

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