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Il Settecento - Musica (61): Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 56
Il Settecento - Musica (61): Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 56
Il Settecento - Musica (61): Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 56
E-book312 pagine4 ore

Il Settecento - Musica (61): Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 56

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Info su questo ebook

Il Settecento si presenta, senza bruschi mutamenti rispetto al secolo precedente, una perfetta continuazione di tendenze già vitalmente in atto entro quel “movimento” chiamato barocco, termine recentemente messo in discussione: vede lo sviluppo dell’opera in musica, con il crescente predominio italiano secondo le linee già tracciate alla fine del Seicento e la sua progressiva involuzione virtuosistica; la musica vocale, sia da camera sia sacra, trova nuovi sviluppi attraverso il progressivo abbandono del madrigale e lo sviluppo della cantata; la musica strumentale avvia la sua evoluzione verso il concerto solistico e la sinfonia concertante, grazie al contributo determinante di Antonio Vivaldi e Giambattista Sammartini, mentre violino e clavicembalo si esprimono nelle loro massime possibilità. In questo ebook si ripercorre pertanto l’evolversi lento e il consolidarsi delle sensibilità musicali del Settecento, in cui le novità non si rivelano nel segno di una rottura con il passato ma nel fecondo confluire dell’esperienza dell’età barocca nell’opera dei due massimi maestri della musica tedesca, Bach e Händel, rappresentazione l’uno di una Germania ancorata all’eredità luterana e a una moralità con poche aperture, e l’altro figurazione esemplare delle nuove caratteristiche economiche e mercantili della vita musicale in un’Europa nella quale si va affermando un’egemonia borghese. Mentre la seconda metà del secolo vedrà sfolgorare la Vienna di Mozart, di Haydn e di Gluck, le cui riflessioni di riforma dell’opera in musica influenzeranno il destino del melodramma.
LinguaItaliano
Data di uscita1 nov 2014
ISBN9788897514886
Il Settecento - Musica (61): Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 56

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    Il Settecento - Musica (61) - Umberto Eco

    copertina

    Il Settecento - Musica

    Storia della civiltà europea

    a cura di Umberto Eco

    Comitato scientifico

    Coordinatore: Umberto Eco

    Per l’Antichità

    Umberto Eco, Riccardo Fedriga (Filosofia); Lucio Milano (Storia politica, economica e sociale – Vicino Oriente) Marco Bettalli (Storia politica, economica e sociale – Grecia e Roma); Maurizio Bettini (Letteratura, Mito e religione); Giuseppe Pucci (Arti visive); Pietro Corsi (Scienze e tecniche); Eva Cantarella (Diritto) Giovanni Manetti (Semiotica); Luca Marconi, Eleonora Rocconi (Musica)

    Coordinatori di sezione:

    Simone Beta (Letteratura greca); Donatella Puliga (Letteratura latina); Giovanni Di Pasquale (Scienze e tecniche); Gilberto Corbellini, Valentina Gazzaniga (Medicina)

    Consulenze: Gabriella Pironti (Mito e religione – Grecia) Francesca Prescendi (Mito e religione – Roma)

    Medioevo

    Umberto Eco, Riccardo Fedriga (Filosofia); Laura Barletta (Storia politica, economica e sociale); Anna Ottani Cavina, Valentino Pace (Arti visive); Pietro Corsi (Scienze e tecniche); Luca Marconi, Cecilia Panti (Musica); Ezio Raimondi, Marco Bazzocchi, Giuseppe Ledda (Letteratura)

    Coordinatori di sezione: Dario Ippolito (Storia politica, economica e sociale); Marcella Culatti (Arte Basso Medioevo e Quattrocento); Andrea Bernardoni, Giovanni Di Pasquale (Scienze e tecniche)

    Età moderna e contemporanea

    Umberto Eco, Riccardo Fedriga (Filosofia); Umberto Eco (Comunicazione); Laura Barletta, Vittorio Beonio Brocchieri (Storia politica, economica e sociale); Anna Ottani Cavina, Marcella Culatti (Arti visive); Roberto Leydi † , Luca Marconi, Lucio Spaziante (Musica); Pietro Corsi, Gilberto Corbellini, Antonio Clericuzio (Scienze e tecniche); Ezio Raimondi, Marco Antonio Bazzocchi, Gino Cervi (Letteratura e teatro); Marco de Marinis (Teatro – Novecento); Giovanna Grignaffini (Cinema - Novecento).

    © 2014 EM Publishers s.r.l, Milano

    STORIA DELLA CIVILTÀ EUROPEA

    a cura di Umberto Eco

    Il Settecento

    Musica

    logo editore

    La collana

    Un grande mosaico della Storia della civiltà europea, in 74 ebook firmati da 400 tra i più prestigiosi studiosi diretti da Umberto Eco. Un viaggio attraverso l’arte, la letteratura, i miti e le scienze che hanno forgiato la nostra identità: scegli tu il percorso, cominci dove vuoi tu, ti soffermi dove vuoi tu, cambi percorso quando vuoi tu, seguendo i tuoi interessi.

    ◼ Storia

    ◼ Scienze e tecniche

    ◼ Filosofia

    ◼ Mito e religione

    ◼ Arti visive

    ◼ Letteratura

    ◼ Musica

    Ogni ebook della collana tratta una specifica disciplina in un determinato periodo ed è quindi completo in se stesso.

    Ogni capitolo è in collegamento con la totalità dell’opera grazie a un gran numero di link che rimandano sia ad altri capitoli dello stesso ebook, sia a capitoli degli altri ebook della collana. Un insieme organico totalmente interdisciplinare, perché ogni storia è tutte le storie.

    Introduzione

    Introduzione alla musica del Settecento

    Roberto Leydi

    Premessa

    Se raramente il passaggio da un secolo all’altro viene a coincidere con effettive modificazioni nella vita e nella cultura degli uomini, rimanendo un’astratta partizione a uso delle sintesi storiche, ciò è ancora più vero nel caso del Settecento che, per quanto riguarda la musica, non ci rivela bruschi mutamenti rispetto agli ultimi anni del Seicento, piuttosto si presenta quale continuazione di tendenze già vitalmente in atto entro quel movimento – definito con il termine forse troppo suggestivo di barocco – che recentemente è stato posto giustamente in discussione (o quanto meno in revisione).

    Virtuosismo e continuità

    Il nuovo secolo vede lo sviluppo dell’opera in musica, con il crescente predominio italiano secondo linee già tracciate alla fine del Seicento, e la sua progressiva involuzione virtuosistica. La musica vocale, sia da camera sia sacra, trova nuovi sviluppi attraverso il progressivo abbandono del madrigale e lo sviluppo della cantata, ma non riesce a nascondere le sue ascendenze ancora tardorinascimentali; la musica strumentale, che ha le sue radici nella sonata da camera secentesca e nel concerto grosso, avvia – con il contributo determinante della pratica italiana, basti pensare ad Antonio Vivaldi e a Giambattista Sammartini – la sua evoluzione verso il concerto solistico e la sinfonia concertante.

    Nei primi anni del Settecento il violino e il clavicembalo trovano la via per manifestarsi nelle loro massime possibilità e mentre il primo godrà di immutata fortuna per tutto il secolo (e anche oltre), il secondo dovrà soccombere (dopo aver espresso tutte le sue potenzialità con autori quali François Couperin e Domenico Scarlatti) innanzi all’invenzione da parte di Bartolomeo Cristofori del gravicembalo col piano e forte.

    Persistenze e novità

    Le novità del nuovo secolo non si rivelano così nel segno di una rottura con il passato, quanto piuttosto nel fecondo confluire dell’esperienza dell’età barocca nell’opera dei due massimi maestri della musica tedesca della prima metà del Settecento: Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Händel, i quali aprono la strada alle effettive innovazioni che segneranno la seconda metà del secolo.

    Se Bach e Händel si pongono certamente – non soltanto per la loro grandezza musicale – al di là dell’orizzonte secentesco, tuttavia un filo ben evidente continua a legare i due musicisti tedeschi a un insegnamento musicale e a una visione della musica che risale alla seconda metà del secolo precedente, o che comunque ha le sue radici e le sue premesse in quegli anni.

    Come tutte le manifestazioni della cultura, anche il percorso della musica è intimamente connesso nella continuità come nelle innovazioni rispetto al secolo precedente; alle vicende sociali della vita europea di quegli anni, che per un verso assiste alla nascita di situazioni politiche, economiche e di pensiero che emergono in modo anche violento nella seconda metà del secolo, ma che d’altronde registra anche una forte persistenza di modelli del passato.

    Questa dicotomia trova chiara esemplificazione nelle vite di Bach e di Händel. La prima è rappresentazione d’una Germania in gran parte ancorata all’eredità luterana, al paesaggio volutamente ristretto della Chiesa e della città, alla prerogativa d’una moralità con poche aperture, mentre la seconda è figurazione esemplare delle nuove caratteristiche anche economiche e mercantili della vita musicale in un’Europa nella quale si va costruendo un’egemonia borghese.

    Trasformazioni stilistiche

    Il nuovo appare dunque nella seconda metà del secolo, agitato e trascinato dal vento innovativo e presto rivoluzionario che percorre l’Europa e penetra anche negli ambiti più conservatori. Ed è Vienna lo spazio culturale entro il quale si opera la sintesi dell’esperienza musicale della prima metà del secolo e nel quale nascerà una straordinaria produzione musicale che, senza ragioni di logica storica, ma forse per segnare un modello di perfezione sulla misura degli antichi, verrà poi definita classica.

    Nel volgere di pochissimi decenni nella capitale di quell’impero che aveva un grande nome ma era più grande del suo nome, non soltanto vedono la luce alcuni capolavori che ancor oggi dominano la nostra sensibilità musicale, ma vengono definiti quei modelli che i compositori del secolo seguente continueranno anche involontariamente a utilizzare, pur sforzandosi di superarli, ristrutturarli e distruggerli.

    La codificazione della cosiddetta forma-sonata nella sua forma bitematica tripartita, l’abbandono del basso continuo per l’affermazione di precise relazioni tra melodia e armonia, la scelta di un sistema gerarchico dei temi entro una logica al tempo stesso razionale e comunicativa sono procedimenti – riconducibili all’opera di Haydn – che giungono fino a noi.

    Subito dopo la morte di Bach si manifestano nella musica tedesca chiari segni di trasformazione stilistica e, in gran parte, proprio i figli del Kantor contribuiscono a questo processo.

    Pare difficile, a prima vista, considerare quali premesse all’opera di Haydn e di Mozart le leggere e miniaturistiche esercitazioni nello stile galante di Johann Christian Bach e anche le più dense, ma non certo più emozionanti, pagine di Philip Emmanuel, nonostante queste siano talora percorse da una certa aria romantica.

    Eppure è proprio nei fermenti della musica tedesca dopo Bach, e a lui in un certo qual modo legata, che si giunge alla cosiddetta scuola di Mannheim la quale, per merito del violinista boemo Jan Stamitz, sperimenta quell’orchestra moderna su cui si fonderà il sinfonismo viennese di Haydn e di Mozart.

    La Vienna di Mozart e di Haydn, dunque, ma anche la Vienna di Gluck, che proprio qui all’inizio degli anni Sessanta rappresenta Orfeo ed Euridice, risultato delle sue riflessioni di riforma dell’opera in musica, destinate a non trovare fortuna duratura nella capitale asburgica, ma che, al contrario, susciteranno un acceso dibattito in Francia, influenzando il destino del melodramma.

    Gli ultimi esiti della musica barocca

    Il concerto e la scuola violinistica italiana

    Marco Mangani

    Affacciatosi alla fine del Seicento come possibile alternativa al concerto grosso, il genere del concerto solistico, all’interno del quale dominano le composizioni per violino, caratterizza l’intero Settecento strumentale italiano, culminando nella produzione di Viotti. Nel corso del secolo il concerto per violino diviene musica strumentale professionistica destinata a un pubblico pagante.

    Il concetto di concerto

    Nell’accezione diffusasi all’inizio del Seicento il termine concerto indica la caratteristica di conciliare gruppi differenziati di esecutori; in particolare, è un termine diffuso per indicare la presenza di strumenti accanto agli esecutori vocali. In Germania, con Michael Praetorius, si pone l’accento sulle implicazioni dell’etimologia, ribadendo l’idea di una contrapposizione. Nella seconda metà del XVII secolo il termine diventa dunque quanto mai appropriato per indicare la differenziazione dei ruoli fra i due settori dell’orchestra: il concertino (in genere due violini e basso continuo), al quale sono affidati i passi più difficili, e il ripieno, ossia l’insieme degli archi che realizzano le sezioni di tutti. È questo l’organico su cui si sviluppa la forma del concerto grosso, attestata compiutamente nei dodici Concerti grossi op. 6 di Arcangelo Corelli, editi per la prima volta nel 1714, ma composti diversi decenni prima.

    Il concerto solistico, il violino, Vivaldi

    A cavallo del XVII e del XVIII secolo si fa strada anche la possibilità che il ruolo del concertino sia svolto da un unico esecutore; significativo, in tal senso, è il gruppo dei sei concerti per violino contenuti nella raccolta postuma op. 8 (1709) del bolognese d’adozione Giuseppe Torelli. Da allora il genere del concerto solistico si diffonde sempre di più e, nella grande maggioranza dei casi, il ruolo del solista spetta al violino.

    Il compito di dare una forma compiuta al concerto per violino spetta a un virtuoso di questo strumento, Antonio Vivaldi.

    Con lui si definisce il ruolo del solista nei confronti dell’orchestra e si fissano alcuni moduli melodici e virtuosistici di riferimento. Inoltre, Vivaldi stabilisce in modo deciso la forma da dare alla successione del materiale musicale nell’ambito della dialettica fra il solo e il tutti. In particolare, il contributo vivaldiano è determinante per quanto concerne l’articolazione del primo allegro, nei casi (che non sono la totalità) in cui il concerto adotti la struttura complessiva in tre movimenti mosso-lento-mosso.

    Nel corso del Settecento si registra una progressiva contaminazione della forma vivaldiana a episodi e ritornelli con due dei principi fondamentali che caratterizzano la cosiddetta forma-sonata: il confronto diretto fra due diverse aree tonali e la contrapposizione fra materiali tematici differenziati. Intorno agli anni Settanta si stabilizza un’articolazione formale del primo tempo di concerto, che può essere così riassunta (in corsivo, tra parentesi, si indicano le eventuali corrispondenze con le sezioni della forma-sonata): 1) primo tutti, contenente temi differenziati (almeno due), ma impostato interamente nella medesima tonalità; 2) primo solo, dove alla contrapposizione tematica, non necessariamente impostata sui temi del tutti precedente, corrisponde un contrasto tra due diverse tonalità (esposizione); 3) secondo tutti, nella nuova tonalità (coda dell’esposizione); 4) secondo solo, che esplora ulteriori tonalità (sviluppo); 5) terzo tutti, che riporta alla tonalità dell’inizio (transizione alla ripresa); 6) terzo solo che riespone liberamente il materiale principale nella tonalità dell’inizio (ripresa); 7) tutti conclusivo (coda).

    Il finale adotta una versione più snella della forma del primo movimento; più tardi prevale in esso il rondò. La struttura complessiva in tre tempi, due allegri che racchiudono un movimento lento di carattere cantabile, finisce per prevalere di gran lunga.

    Il concerto violinistico settecentesco è caratterizzato da un crescente virtuosismo: al solista si chiede di mettere in luce le proprie capacità mediante l’esplorazione di registri difficili e inconsueti per lo strumento, come le posizioni acute, e mediante l’esibizione di una grande disinvoltura nell’impiego di tecniche particolari, tanto dell’archetto quanto della mano sinistra. Non tutto ciò che il solista deve fare è scritto dal compositore (che spesso è il solista medesimo): i modi di abbellire una melodia o di realizzare un passaggio di bravura sono concepiti all’impronta nel momento dell’esecuzione. Lo straordinario impegno richiesto al virtuoso ha, d’altro canto, una motivazione precisa nel tipo di fruizione di cui è oggetto in modo prevalente il concerto dell’età classica. In questo caso, infatti, non si tratta più, come per altri generi strumentali, di musica di corte, o destinata a nobili esecutori dilettanti: il concerto solistico è un genere inteso per professionisti che intrattengono il pubblico e, nel caso delle istituzioni concertistiche che fioriscono in grandi capitali come Parigi o Londra, si tratta di un pubblico pagante.

    La scuola italiana tra Vivaldi e Viotti

    Un contributo decisivo all’evoluzione del virtuosismo violinistico arriva dal bergamasco Pietro Locatelli (1695-1764). Nella raccolta di concerti L’arte del violino, op. 3, pubblicata ad Amsterdam nel 1733, sono contenuti 24 capricci, da inserire ad libitum nei solo, che presentano le maggiori difficoltà richieste a un violinista dalla letteratura barocca.

    Il massimo esponente della generazione di violinisti che segue immediatamente Vivaldi è l’istriano Giuseppe Tartini, attivo a Padova e noto anche per la scoperta del fenomeno acustico del terzo suono. La sua produzione di concerti per violino, che comunemente si suddivide in tre periodi (1721-1735, 1735-1750, 1750-1770), mostra un progressivo allontanamento dallo stile barocco, allontanamento che, se in una prima fase si manifesta soprattutto nell’invenzione melodica, finisce negli ultimi concerti, tecnicamente più semplici, per riguardare anche la struttura. Di Tartini è ancor oggi celebre la sonata per violino in Sol minore detta Il trillo del diavolo.

    Tartini è un caposcuola e fra i suoi allievi merita una particolare segnalazione il livornese Pietro Nardini, che entra a far parte di quella che sembra esser stata la prima formazione quartettistica della storia, ossia il cosiddetto Quartetto toscano, di cui è violoncellista Luigi Boccherini. Alcuni allievi di Tartini sono attivi all’estero: Maddalena Laura Lombardini Sirmen, una delle più lodevoli, divide per esempio la sua carriera di concertista tra Parigi e Londra. Nei suoi concerti si manifesta un gusto notevolmente aggiornato, specie per quanto riguarda la natura dei temi e l’orchestrazione.

    Parallelamente all’affermazione di Tartini e dei suoi allievi si sviluppa una scuola violinistica indipendente che ha sede a Torino. Ne è capostipite un allievo di Corelli, Giovanni Battista Somis. Il più importante tra gli allievi di Somis è Gaetano Pugnani, a sua volta insegnante di Viotti; proprio quest’ultimo lo accompagna in una tournée attraverso Svizzera, Germania e Russia. Di Pugnani ci restano cinque concerti per violino, caratterizzati da un virtuosismo spiccato ma non estremo. Fra gli esponenti della scuola piemontese va inoltre ricordato Felice Giardini.

    Oltre agli esponenti delle due scuole di cui si è detto, sono attivi in quest’epoca altri violinisti-compositori: il più importante è considerato il bergamasco Antonio Lolli, attivo a Stoccarda e Pietroburgo. Per le grandi difficoltà tecniche i suoi concerti si inseriscono in una linea che collega i capricci di Locatelli col virtuosismo inarrivabile di Paganini. Sono da citare, inoltre, Giovanni Mane Giornovichi, che alcuni pensano esser stato d’origine croata, e il bolognese Luigi Borghi.

    Il percorso del concerto violinistico italiano del Settecento culmina nell’esperienza compositiva del piemontese Giovanni Battista Viotti, che è, come si è detto, allievo di Pugnani. Viotti è attivo dapprima a Parigi e in seguito a Londra; oltre che come violinista e compositore, si impone come impresario. La sua produzione concertistica è assai consistente e si tende a dividerla in quattro periodi: a un primo gruppo di dieci concerti, nati probabilmente per l’istituzione pubblica parigina del Concert Spirituel, fanno seguito i concerti dal n. 11 al n. 15 (1783-1789), nati per Versailles, dove Viotti è al servizio di Maria Antonietta; seguono ancora i concerti dal n. 16 al n. 19, composti per il Théâtre de Monsieur, di cui Viotti è il fondatore, e i concerti dal n. 20 al n. 29, nati per Londra. Tra i lavori londinesi si colloca il celebre concerto in La minore n. 22, assai apprezzato da Brahms e rimasto fino a oggi in repertorio. A dispetto di un’orchestrazione mai troppo ricca, i concerti parigini di Viotti, che muovono dallo stile galante in voga nella capitale francese negli anni Settanta, approdano a uno stile drammatico che preannuncia per alcuni aspetti il gusto

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