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Io&Stella. Una storia vera
Io&Stella. Una storia vera
Io&Stella. Una storia vera
E-book481 pagine6 ore

Io&Stella. Una storia vera

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Info su questo ebook

Provincia di Udine, Friuli-Venezia Giulia. Fine anni Sessanta.
Quando sui banchi di scuola fra Stella e Paolo scocca la scintilla e s’innamorano, loro ancora non sanno quanto sono immense le gioie ma anche le difficoltà che il destino ha riservato loro.
Passano gli anni. Paolo è un manager affermato, Stella è dirigente postale. Lui è alla continua ricerca di un senso da dare alla sua esistenza dopo un evento traumatico che sembra trascinarlo nell’abisso. Stella lo consola, ma a mano a mano viene alla luce come una barriera insuperabile del fato. Forse la cosa migliore è dimenticare. O è meglio ricercare una simbiosi con gli anni ormai volati via? Nel dramma, ecco venire alla luce una fame di vita, di sorrisi, di passioni, che è sempre più travolgente. Loro possono tentare di recuperare la dolce ebbrezza dell’essere.
Un romanzo già best-seller che è un inno all’amore e alla riscoperta ideale di modi sempre più intensi e duraturi di amarsi, di emozionarsi e di viversi, al di là di qualunque ostacolo.

“Mi sono rifugiato nella tua mente, nel tuo cuore, e immerso nel nostro grande amore.
[…]
Sì, tu sei una cosa meravigliosa.”

TOP100 Romanzi Rosa
TOP100 Letteratura e narrativa
#1 in Narrativa spirituale
e TOP100 in tante altre classifiche di settore

A 0,99€ ancora per pochi giorni
LinguaItaliano
Data di uscita8 lug 2017
ISBN9788826479736
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    Anteprima del libro

    Io&Stella. Una storia vera - Paolo Zuliani

    Guerra

    Prima parte

    Fin dal primo istante

    Giugno-luglio 2013

    Mi sono innamorato di te dal primo istante che ti ho vista, per la prima volta nel lontano 1967 sui banchi della terza A dello Zanon. Eravamo alle superiori, parliamo di oltre quarantacinque anni fa.

    Tu mi hai fatto volare. Così è stato fin da quando ti ho conosciuta. Ogni tuo pensiero, desiderio o che so io, lo immagazzinavo, lo mettevo via e facevo progetti, mi organizzavo, lavoravo e preordinavo tutto.

    Metabolizzavo, già facevo progetti da solo per poi piano piano condividerli con te.

    Quante volte abbiamo avuto tra le mani i nostri visi inerti, bagnati dalle nostre lacrime. La vita non regala niente, almeno così è capitato a noi due, è sempre e solo una conquista, a suon di sacrifici, vero?

    Amore, oggi voglio che ci beviamo un caffè in taverna, nel nostro rifugio, voglio stare solo con te. Qui sotto nessuno ci disturberà. Metto il caffè sul fornello.

    «Eh, Paolo, vado a fumarmi una sigaretta nella sala del garage, tu sorveglia il caffè, ne ho assoluto bisogno! Vedi, oggi è uscito il sole.»

    «Finalmente.»

    «Potremmo fare una scappata al mare in quel di Lignano.»

    «Camminata sul lungomare di Pineta?»

    Tu sorridi. «Aperitivo al bar del Pontile, là in mezzo al mare, cosa dici?»

    «Ah, bere il caffè in queste grandi tazze, la mia ha la scritta London e le sue immagini, la tua Paris

    «Torniamo alla realtà, vedo che continui ad acquistare le mie amate miscele di caffè, è bello tosto.»

    «Se riesco ancora a gestirmi e a tirare avanti lavorando, facendo mille cose, è solo grazie ai tuoi insegnamenti. Ho vissuto accanto a te per quarant’anni e solo questo modo di vivere conosco e apprezzo.»

    «Più che insegnamenti, caro, questo è il nostro mondo, l’abbiamo costruito insieme.»

    «Infatti, Stella. Prima di fare qualunque attività o approcciare relazioni con chicchessia, mi organizzo, dentro di me scatta un meccanismo automatico che sviluppa l’impostazione, tanto da produrre il gusto e il piacere del fare, il sorriso, la passione, queste sono le componenti organizzative, senza retropensieri, con la massima spontaneità, ed è un unicum interpersonale che mi è entrato nel DNA. Sei grande, donna mia!»

    E i tuoi occhi dalle lunghe ciglia sono una sorgente di sorrisi.

    Siamo arrivati a Lignano e non ce ne siamo nemmeno accorti, non siamo riusciti a esprimere nuove emozioni nel rivedere tutti questi luoghi, case, portoni particolari, cortili fioriti, della bassa friulana. E il profumo del mare.

    «Paolo, Paolo, vai piano… vai piano… che devo vedere quel cortile fiorito, guarda che bellezza! Guarda, Paolo, come hanno ristrutturato quel casolare lì» e via di seguito per tutto il tragitto.

    Tu sei sempre tu.

    Con la mano come sempre mi indichi queste meraviglie, è tutto un parlare festoso il tuo, mai un istante di silenzio. Queste ristrutturazioni le avevano realizzate da diversi anni, però per te ogni volta che passavamo per quei paesi era come se vi fossimo passati per la prima volta.

    Ed eccoci seduti qui in fondo al lungo pontile di Lignano Pineta, dove si innalza lo snack bar, poggiato su una specie di palafitta con travi di legno, circa quattrocento metri dentro il mare, lì si spingono i nostri ricordi, onda su onda. Quante volte ci siamo seduti qui, da fidanzati o da sposati, innamorati cotti, a inventarci ogni volta il nostro futuro.

    Sebbene sia il 1° di giugno fa ancora freddo, il cielo è plumbeo e il mare è dello stesso colore. Tengo stretto il giubbotto, tira vento.

    «Cara.»

    «Sì?»

    «Li vedi quei signori?» Con lo sguardo accenno a due coppie di ottantenni, o giù di lì, al tavolo accanto a noi.

    «Non sarebbe splendido invecchiare come loro?»

    «Sì.»

    «A ciascuno il suo destino. Vedi, tesoro, per contro il nostro amore è più forte del destino. Ora abbracciami, tesoro mio.»

    Ti abbraccio.

    «Facciamo come i giovani innamorati, tanto l’amore non ha età. Stringimi, ti prego!»

    «Non hai timore o riguardo della gente?»

    «Perché dovrei?»

    «Era così, prima.»

    «No, no, non mi interessa nulla, stringimi, baciami.»

    «Non me lo faccio ripetere. Ci pensi, Stella? Tu e io qui sul pontile di Lignano Pineta, in mezzo al mare, come due giovani innamorati.»

    «Be’, lo siamo veramente.»

    «Hai ragione.»

    «Ed è una gran cosa. Avviamoci, amore, dammi la mano.»

    «Camminiamo un po’ sul bagnasciuga.»

    Il pomeriggio vola via fra camminate e qualche lettura. Lo sguardo ogni tanto cade sulla gente, le coppie, le famiglie di ogni età. E mi riconosco, anzi ci riconosciamo, in ognuno di loro.

    Giovani in amore che si baciano e si guardano negli occhi, coppie e famiglie con i bimbi piccoli, poi adolescenti, anziani come noi, vecchi molto più di noi che passeggiano sereni.

    A casa

    24 luglio 2013

    Mezzanotte. La giornata è finita, la prima volta al mare quest’anno, ti sono grato per come abbiamo trascorso queste due ore di pausa pranzo. Noi due e il mare. Pura energia.

    L’amore è grande e me lo tengo stretto.

    Un bacio!

    È martedì 24 luglio, sono seduto fuori sulle sedie bianche del porticato di casa nostra, il vento rumoreggia tra le foglie degli alberi, non so cosa voglia dirmi in questo mare di solitudine. Questi amici alberi hanno visto tutto della nostra vita, li sto fissando, mi stanno parlando, sono immensi i noci là in fondo, si stanno agitando e sbracciando, forse vogliono farci sentire il loro amore per noi.

    Quando abbiamo costruito la casa non li abbiamo toccati, li abbiamo rispettati, abbiamo realizzato la strada che gira intorno a loro, ci sono vicini, sono riconoscenti e sentono pure loro la malinconia per la tua mancanza, sono lì da più di sessant’anni.

    Li sto fissando nel silenzio del mattino, siamo in sintonia, parlano, ma soprattutto ascoltano.

    «Paolo, tesoro?»

    «Sì cara.»

    «Vedo che sei arrabbiato.»

    «Sì, con il mondo»

    «Non lo essere, tienimi stretta, ascoltiamoci, che dolce sensazione questi baci.»

    «Sono seduta accanto a te, ti ascolto, non è stato un problema individuarti al mare su quella panchina con jeans, camicia bianca a maniche lunghe, scarpe e calzetti: quando ti metti in testa una cosa, chi ti ferma?! Ho visto che hai mollato tutti là nella riunione di lavoro, hai detto che hai un impegno e sei fuggito con me a Lignano, sei unico, tesoro!»

    Ora che mi sei vicina su questa panchina di fronte al mare, è stupendo.

    Sento l’energia tutta intorno a me, ti stringo, ti bacio, sai di sale, è da un’ora che siamo di fronte al mare, la salsedine e la brezza ci stanno avvolgendo, che meraviglia. Ah, le nostre estati, che magia.

    Oggi il termometro segna ben 38 gradi, ieri sera sono passato dal maestro mosaicista, sta lavorando su quell’opera di cui ti avevo parlato. Durante la giornata lavora, sceglie, taglia e dispone le tesserine di mosaico; la sera espone l’opera in vetrina, così la gente si ferma ad ammirare i progressi del suo lavoro. Si è sparsa la voce e già diversi nostri amici sono venuti ad ammirarla. Addirittura alcuni nostri compagni dello Zanon e alcune tue colleghe di lavoro hanno visto la vetrina e sono entrate a parlare con il maestro. È disposta in bella vista: c’è sempre tanta gente che passa per quella bottega d’arte, che viene ad ammirare le sue opere.

    Il ritratto non è usuale, anche per le grandi dimensioni e per il volto, così bello, sorridente e luminoso, si è sparsa la voce e ci sono molte aspettative per vedere l’opera finita. Ci vorranno un bel po’ di mesi.

    «Paolo, tesoro, hai avuto un’ottima idea, mi piace; poi un’opera d’arte di questa portata, hai ragione tu, sarà eterna!»

    Chissà che non riesca a fare qualcos’altro di importante da affiancare a questa opera, ci sto lavorando, ci vorrà del tempo, ma sai che non mollerò mai.

    «Paolo, ieri sono tornati a casa i bambini dalle vacanze, vero?»

    «Sì, Greta ieri sera alle 11 è scesa da te col libro delle favole di Esopo, voleva che le leggessi quella della Donnola e del gallo, si ricordava tutto, la piccola. Chi ti ha insegnato, Greta?. Ma nonno, non sai? La nonna Stella mi ha insegnato!

    «Quanto bene ti vogliono quei bimbi. Ora ho il nodo alla gola, passerà.»

    «Sistema il giardino, l’erba è troppo alta, forse è meglio che la tagli domani, i bambini vorranno giocare.»

    «Non cambierai mai, sì, sì, non preoccuparti, lo farò!»

    «Ho visto che ti hanno consegnato il pianoforte, quello che era alla mostra dell’usato.»

    «Ti piace?»

    «Sta benissimo nella nostra taverna… ed è pure funzionante. È venuto un angolo splendido, chissà che i bambini non impareranno a suonarlo, poi la musica fa compagnia.»

    ***

    Oggi è un altro giorno. Concluse le riunioni di lavoro, organizzate le attività della settimana, ora i ragazzi stanno predisponendo le situazioni economiche di tutte le commesse e dei cantieri con lavori in corso. È necessario controllare se la marginalità attesa si è verificata o no, per adottare i rimedi opportuni. Hanno capito quello che voglio, oramai applicano le procedure con metodo e in autonomia.

    Non c’è necessità di fare pressione, stanno mettendo in pratica il controllo di gestione con i metodi di una multinazionale, sono orgoglioso della loro crescente applicazione.

    Però le problematiche del lavoro riguardanti la stabilità e la continuità aziendale sono pari ai miei malumori. A parte la soddisfazione per il rapporto con i ragazzi e le loro qualità, trovare soluzioni e correttivi è complicato. Quasi impossibile, vista la crisi generalizzata: è una tortura su tutti i fronti, servirebbe un miracolo.

    Se ci fossi tu qui, adesso… Mi hai sempre obbligato a lasciare i problemi fuori dalla nostra casa, fuori dalla nostra camera, per poi, a letto, corpi abbracciati, pelle contro pelle, sussurrarmi: Sì, sfogati, sfogati, non pensare a nulla, stringimi!. Così prendevo sonno, che idillio! Non sono reminiscenze giovanili, ma di età matura.

    Esco.

    Di nuovo direzione Lignano.

    Rieccoci sul lungomare di Pineta, sulla nostra panchina di cemento davanti al mare.

    Tu sei tutta un fermento, sprizzante gioia. Ah, la tua passione, le tue iniziative, la tua intraprendenza.

    «E dai, Paolo, molla quella faccia dura. Guarda che incanto il mare oggi.»

    «Sì Stella, c’è un po’ di sole.»

    «Ed è piatto fin laggiù, sulla linea dell’orizzonte.»

    Ti sorrido, mi sorridi.

    «Dai, catturiamo un po’ di sogni insieme» mi dici.

    «Siamo qui per questo.»

    «Abbracciami, stringimi, baciami, amore mio.»

    «Cara, quando ti avvicini a me in questo modo sai che non resisto, sono tutto brividi. Inizio a creare scorte di energia e torna il sereno. Quanto è benefica la tua carezza, il mondo col suo presente è rimasto fuori, non c’è, esisti solo tu ora.»

    Squilla il telefonino. No. Ancora il mio collega.

    Prendo e me ne torno in ufficio, per le 17 sono al lavoro.

    È tutto un correre.

    Eccomi qua in azienda, i ragazzi hanno predisposto la bozza del piano industriale, ora procediamo con i dettagli e i chiarimenti. È come avevo previsto, ben poco di buono, però vediamo quel poco e cerchiamo di implementarlo. Il mercato è fermo, bisogna trovare un qualche rimedio: riqualificazione energetica, perché di nuovi stabili se ne fanno ben pochi e allora, con il risparmio energetico, bisogna proporre investimenti. A me spetta la parte economica.

    ***

    «È tutto inverosimilmente complicato, Stella.»

    «Aggiungici il lavoro che ti scombussola sempre più.»

    «Certo è che non posso fermarmi un attimo, districarmi da solo in questo malessere totalitario, non so, ho bisogno di tanta energia, non ho fatto la guerra, non so come sia, ma alle volte mi pare di essere in trincea. E poi c’è la nostra casa, mia madre…» Lei ha compiuto novantadue anni ed è inferma a letto. «È un casino, vero Stella?»

    Tu annuisci. «Ma ce la farai.»

    Sono nel vestibolo della nostra camera, è sera, mi sto cambiando.

    Cerco di prender sonno.

    ***

    «Ritrovati, questa notte non hai proprio dormito.»

    «Almeno mi sono addormentato alle 4 di mattina.»

    «Almeno? Questo significa non dormire. E ora sei pressato, oltre che dal tuo male di vivere, anche dal lavoro.»

    «Ho una matassa da sbrogliare.»

    «E ancora non sei riuscito a trovarne il bandolo.»

    «È vero, sto cercando di lavorare insieme al mio giovane collega.»

    «È un tipo sveglio?»

    «Sì, comprende al volo.»

    «Allora ti spianerà la strada.»

    «Non basterà, la strada sarà lunga e tortuosa. Non so se sarò all’altezza, ma confido anche nel tuo supporto.»

    «Certo, io sono sempre al tuo fianco, lo sai.»

    «Mentre ero in viaggio di lavoro, ho ricevuto la telefonata di entrambi i nostri figli, sono fuori città per lavoro a Venezia e a Roma, stavo facendo una riflessione. Sono come noi…»

    E tu mi sorridi. «Sì, non si limitano a fare il compitino della vita.»

    «Anche loro non avranno vita facile, per come sono fatti. Hanno dentro la cultura del fare, si assumono le responsabilità, sono apprezzati nel mondo lavorativo e sociale. Danno, danno tanto anche loro.»

    «Ed è ben per questo che dovranno correre, non si accontentano di sopravvivere.»

    «Poi sono orgogliosi.»

    Sorridi con gli occhi e li socchiudi. «E sono il nostro orgoglio.»

    Ci sorridiamo, ci accarezziamo, ci rigeneriamo.

    ***

    Un altro giorno sta nascendo.

    La malinconia e il male di vivere sono amici tanto fidati quanto molesti. Ho parecchie cose da fare, gli impegni di lavoro sono sempre più pressanti, ma quelli non mi scompensano, sono ben altre le cose che mi stanno scombinando.

    La giornata della non-vita è lì, mi attende con le sue montagne da scalare, devo tirare fuori tutte le energie possibili e qualcuna in più.

    E poi cosa mi resterà?

    Solo strazio.

    Ah be’, dimenticavo. Mi doni il tuo sorriso.

    Poi devo navigare in compagnia di me stesso, però ci sei tu. Vedi, riesci sempre a trovare in me l’interruttore giusto, anche nelle situazioni più tremende.

    Non è nemmeno partita la giornata ed è già intensità, ma il lavoro è lavoro, io senza emozioni ho il nulla. Non voglio abituarmi al nulla. Emozione sei tu. Alle 16.30 ci ritroviamo qui al mare, ho fatto una tirata unica sul lavoro e non ho nemmeno toccato un pezzo di pane, ma qui con te non ne ho bisogno, non ho bisogno di nient’altro.

    La musica dell’iPod nelle orecchie, la più romantica del momento, e via a combattere il male di vivere insieme a te, ho portato pure il nostro libro, compagno della notte. Vedo che sei ammutolita, avevi commentato non più tardi di ieri che non posso sostenere questi ritmi; sì, sì, sarà anche vero, ma non posso fare a meno di noi.

    È energia pura, non so che dire, fatto sta che siamo qui insieme di fronte al mare, abbracciati, alla tenera età di sessantacinque anni.

    «Fa caldo.»

    «C’è una brezza che fa respirare la salsedine della marina, come piace a te.»

    «Quanto ancora potrò continuare così?»

    «Caro, è un periodo di passaggio, tutto passerà.»

    «L’importante, però, è che per ora mi basta questa nostra situazione. Con il tuo aiuto ne ho l’assoluta certezza.»

    «Vedrai che ce la farai, ce la faremo.»

    «Senti senti, queste sono le parole della canzone che sto ascoltando: Niente è come te e me insieme, siamo due respiri…

    È mattina presto, lunedì, ho esaurito le scorte di energia generata dalla nostra scampagnata al mare.

    ***

    È pomeriggio, rieccoci qui sulla nostra panchina.

    Tu ti avvicini, mi sorridi, mi poni la mano sulla fronte.

    «Sai una cosa, Stella? Ieri notte mi sono venuti fra le mani i nostri libretti personali del periodo delle superiori. Ricordi?»

    «Come no… A fine anno scolastico ci scambiavamo le dediche di commiato per le vacanze estive.»

    «Forse non lo sapevi, ma quella fu la prima volta in cui ebbi il coraggio di scrivere.»

    «Ah, davvero?»

    «Sì, ero già pazzo di te. Questo era quanto ti scrissi sul libretto di 3a A, era il mese di giugno del 1967:

    Sei la ragazza più simpatica e non trovo le parole che ti si addicono e ora non so più cosa scrivere, però spero che tu ti ricordi di me.

    Avevo diciannove anni e tu diciassette.»

    «Vedi? Per me non è cambiato nulla, siamo solo maturati, ci siamo approfonditi.»

    «Sì, adesso anch’io provo la stessa emozione di allora.»

    «Comunque lo sai, Paolo, me n’ero accorta, ma non volevo impegnarmi, poi con l’educazione che avevo ricevuto dai miei, severi com’erano… però sì che l’avevo capito.»

    «Ero talmente timido che al tempo della 3a A non sono riuscito nemmeno a chiederti di farmi una dedica sul mio libretto.»

    «Però su quello della 4a A ci ho pensato io a salutarti.»

    «Sì, mi avevi scritto: A Paolo, con amicizia e simpatia, Stella. Poi all’ultimo anno di ragioneria sei dovuto andare lontano, mi era dispiaciuto molto.»

    «L’avevo frequentato in quel di Verbania Intra.»

    «Però la lontananza ha acceso il fuoco.»

    «Sì, da lì è nato il nostro immenso.»

    «Paolo, adesso sei diventato silenzioso, sembri distratto.»

    «In questi giorni sono così, soprattutto sul lavoro ho difficoltà di concentrazione. Riesco solo a leggere, ho poca volontà di fare qualunque cosa. Non so cosa mi stia capitando.»

    «Vedo che ti succede anche a casa.»

    «Sì, sono continuamente sollecitato e disturbato dalle persone che sono per casa.»

    «Le senti invadenti?»

    «No, per quello sono discrete e fanno il loro lavoro, sono io che non sopporto più nessuno.»

    «Forse è anche il fatto che passi più tempo in casa.»

    «Forse, non riesco ad avere la mia privacy, a muovermi come vorrei, sono quindici anni circa che accade questo, vero Stella?»

    «Sì. Senti, cambiamo un po’ argomento. Il libro com’è?»

    «Il romanzo di Clara Sánchez si chiama Entra nella mia vita

    «Sembra in sintonia con il tuo stato d’animo.»

    «Tu l’avresti letto in tre giorni. In questo silenzio che sto vivendo la tua voce viene da ogni dove. Appena stacco gli occhi dal libro, cado nel dormiveglia.»

    «Dedichiamoci insieme a questo fine settimana, stiamo insieme, facciamo le nostre cose insieme.»

    «Cosa?»

    «Hai la spesa da fare, lo shopping, non hai magliette, pantaloni e camicie di stagione. Muoviamoci che vediamo gente, così almeno ti distrai un po’.»

    «Andiamo subito, allora.»

    Così facciamo.

    «Entriamo qui alla Conbipel. Paolo, prova questi pantaloni, guardali, sono troppo larghi, ci stai dentro due volte, ah tesoro. Sei troppo magro, non mangi nulla, in più sei troppo stressato, non dormi, hai la stessa taglia di quando avevi vent’anni, solo che ne hai sessantacinque e non va bene. Devi mangiare di più, questi ti stanno bene, sembri un figurino. Abbiniamo questa camicia e quella maglietta.»

    «Ma Stella, un paio di pantaloni e una camicia non basterebbero?»

    «No, non facciamo discussioni come al solito, ti servono e basta, con cosa vai a lavorare?»

    «Sei sempre la solita, non cambierai mai, vero?»

    «Sono sempre io.»

    «Non discuto, dai.»

    Andiamo alla cassa.

    Continuiamo a parlottare insieme in auto.

    Entriamo e usciamo da un negozio all’altro.

    «Caro, rammento la settimana appena trascorsa. La riunione fiume dell’altro giorno sull’organizzazione del lavoro in team… hai ricevuto il plauso da parte del capo alle 10 di sera, quando eri lì sul divano di casa nostra.»

    «Il plauso va esteso a tutta la squadra. Un maestro e manager del mondo imprenditoriale milanese, quarant’anni fa, mi disse che un bravo manager è tale se intorno a sé è capace di crescere gli uomini. Il risultato dovrà essere un insieme di capacità e iniziativa controllate e condivise a ogni livello.»

    «Oggi quel tipo di imprenditore e di manager non esiste più.»

    «Sì, o sono delle mosche bianche.»

    «Tesoro, squilla il tuo telefono.»

    «Vedi chi è, Stella, sono preso dal traffico e sto cercando di parcheggiare.»

    «È Oreste!»

    «Tienilo un attimo che… ecco, dammi!»

    «Bene, sai che l’avevo chiamato affinché venisse a vedere il lavoro da fare a casa nostra.»

    «Cosa doveva fare, tesoro?»

    «Sistemarci quell’area nel giardino sotto i tre alberi, hai visto che ho alzato i rami di almeno tre metri, pulito dall’edera infestante. Ora vorrei che livellasse il terreno con riporto anche di altra terra.»

    «Ho capito, stai sistemando il posticino che piace tanto a me.»

    «Sì, la tua famosa area lettura e relax.»

    Mi sorridi. «Ti sei deciso.»

    «Sì, poi una bella panchina posata su una decina di travi.»

    «Quelle che abbiamo comprato insieme per i recinti dei cavalli?»

    «Esatto, una favola, queste travi venivano usate per sostenere le rotaie dei treni, squadrate, interrate, avranno almeno cinquant’anni e dureranno in eterno.»

    «E il praticello?»

    «Ci semineremo pure quello, manca ancora qualcosa, non so cosa. Ci penseremo, ci verrà qualche idea, vedrai!»

    «Paolo, verrà meraviglioso, sarà il nostro luogo della serenità, passeremo qualche ora a sognare e ricordare, stretti stretti in un abbraccio continuo.»

    «Ora andiamo un po’ in giro.»

    «Dove?»

    «Sai, tesoro, hai presente quel negozio vicino al parcheggio di Udine?»

    «Sì.»

    «È per tutte le tasche. Ho visto che hai usato la tessera che avevo fatto io ancora diversi anni fa, venivo sempre da sola a comprarti tutto, pure i pantaloni.»

    «Sì, io non avevo nemmeno il tempo per questo. Vero, amore?»

    «Già, mi hai sempre comprato tutto tu, a parte le scarpe.» Quelle dovevo provarle.

    Stella, vedo il tuo sorriso, il portamento sensuale mentre ti muovi tra i reparti, tocchi, osservi, guardi, poi d’un tratto ti fermi e mi chiedi: «Tesoro, cosa stai pensando?».

    E io tiro fuori, al solito, il mio «Niente».

    C’è sempre stato quel momento in cui mi hai visto assorto. Ma non ci sono mai stati segreti fra noi.

    Invece ora quel niente è tutto.

    Rieccoci a noi.

    «Caro, ti dicevo di essere un po’ scettica in merito al libro che stai scrivendo per il fatto di mettere in mostra i nostri sentimenti.»

    «Sì, vorrei conoscere il tuo parere.»

    «Ho osservato come ti muovi in mezzo alle persone, raccontando di noi, inviando scritti ad amici e conoscenti, facendo leggere alcuni brani presi a caso.»

    «Le persone ne vengono toccate» ti dico.

    Tu mi sorridi e fai cenno di sì con il capo. «Sì, la lettura prende, ti chiedono di far loro leggere altri pezzi e allora, tesoro mio… Be’, allora continua, fai quello che ti senti di fare.»

    «Tesoro, per me è una cosa bella perché oggi questi valori si sono un po’ sopiti. Le coppie, giovani o meno giovani, si stancano presto di stare insieme, si separano alla prima difficoltà.»

    «Grazie cara, mi incoraggi sempre.»

    «È così, il valore dell’amore e la voglia del bene e del fare non sono più aspetti di cui si vive durante la quotidianità, come invece un tempo, ma sono l’eccezione… e una storia come la nostra potrà essere una cosa bella per molte persone. Paolo, ma adesso che fai?»

    «Sto disegnando.»

    «Mi stupisci. Non sei portato per questo, ma mi stai incuriosendo, che cos’è? Sembra una specie di portale, perché? E poi, più sotto, cos’hai fatto, cos’è quello schizzo? Tattoo?!»

    Io mi limito a sorriderti.

    «Cosa significa? Ma sei matto?!»

    «Ora ti dico cosa mi passa per la testa, ho visto qui nel parco, dove vengo tre volte la settimana, un’opera d’arte semplice, ma di alto valore simbolico, sì: un portale, ma il simbolo la identifica come la Soglia. È da un po’ di tempo che la guardo e che ci penso e la collego alla tua grandezza di donna, dedita anima e cuore alla famiglia. Sto fantasticando.

    «E come mi immagini?»

    «Sulla soglia di casa, con gli occhi sorridenti, che mi stai chiamando.»

    «La meraviglia di quel progetto è che è in pietra come le soglie di casa nostra, ne abbiamo ben quattro nelle porte-finestra del portico e tutte fatte di pietra piasentina. Sono importanti, in un unico blocco, alte tre metri circa, e sostengono le porte-finestra di legno e la casa.»

    Tu sembri arrossire.

    «Ora, amore, vieni qui,» ti dico «siediti accanto a me, beviamo il caffè, si è raffreddato; scusa, sono talmente preso che non vedo altro.»

    «Sì Paolo, ne bevo un goccio.»

    Ma perché sei così triste anche tu oggi? Non parli, non mi guardi, sei seduta lì sulla poltrona e non mi dici nulla, cosa c’è? Sei triste come me?

    «Paolo, be’, lo devo ammettere: anche per me è un inferno.»

    «Dai, tira fuori la tua proverbiale energia, sono svuotato, ma se anche tu fai così è finita! Con tutte le cose che devo ancora ultimare a compimento del nostro progetto di vita per la famiglia, i figli e i nipoti.»

    «Ok. Beviamo questo benedetto caffè.» Ecco, ora ti riconosco, non è mai successo che fossi io a rincuorarti. «Ti amo, Paolo, un bacio!»

    «Buono il caffè, Stella!»

    Beviamo un caffè, ho pure finito la penna. «Dai, vieni qui con me, non stare lì pensierosa sulla poltrona, sto male anch’io, sto piangendo, dividiamo questo caffè, si è raffreddato.»

    Buongiorno mia cara, oggi è festa, non vado al lavoro; sediamoci qui sotto il portico. Ah, queste nostre sedie bianche ne hanno sentite di cose, vero? Fantastichiamo un po’, non è come al mare a Lignano però.

    «Non è possibile, entrambi con l’amarezza nel cuore, ricordi la tua massima: Una cosa bella è una gioia eterna!; lo so che ora non ti viene nulla, ma tu sei nata con la gioia dentro, niente e nessuno è mai riuscito a scalfire questa tua natura. Da quando mi stai mandando queste massime, e specialmente questa, mi sale la gioia, il mio cuore si apre, ecco un lampo di luce.»

    «Sì Paolo, ma ora beviamo il caffè, sento il profumo dalla cucina, vado a prenderlo, tu stai lì, finisci la sigaretta, arrivo.»

    Vieni qui accanto a me, ti voglio abbracciare, no, non ti stringo forte da farti male, ma lo vorrei tanto, voglio sbaciucchiarti, odorare la tua gioia di vivere.

    È tarda notte, è stata una giornata intensa, oggi c’è stata la cresima di Fabrizio, il nostro figlioccio, figlio della tata dei nostri figli.

    Sono una bellissima famiglia, mi ha fatto piacere essere stato alla loro festa, ci vogliono bene; ho scritto un biglietto di auguri: Fabrizio, in questa giornata apri il tuo cuore alla felicità. I ‘santoli’ Stella e Paolo.

    «Sì, mi è piaciuto, ma ti preciso che la santola ero solo io.»

    Dopo la cerimonia in chiesa non abbiamo fatto il pranzo insieme. Sono incapace di stare dentro i normali equilibri, cerco di condurre la mia vita immaginando di fare tutto come niente fosse.

    Sto osservando questa fotografia, è l’unica in cui tu sei seria e accigliata, era la mattina del matrimonio di nostra figlia, ti passavano per la mente le cose più brutte, vero? Era la mattina in cui vestivi tua figlia dell’abito da sposa, vero? Ti conosco troppo bene, quel momento non sei riuscita a mascherarlo, anche se volevi, non potevi nascondere la realtà a te stessa, e il fotografo, pur non sapendo, ha immortalato quell’attimo.

    Ma io non ti voglio vedere così, è contro la tua natura, sto male a vederti così, non dimentico comunque la tua sofferenza, cara mia, ma torna da me come sei sempre stata… con la gioia dentro.

    «Non piangere, Paolo, tesoro mio, dai, è solo una fotografia, io sono quell’altra, come nella foto che sta lì a fianco, quello era solo un attimo di sbandamento, posso averlo anch’io, sai? Ma che non sono quella lo sai, no? Hai avuto tutta la vita per vederlo, tesoro mio, reagisci, che abbiamo mille cose da fare.»

    «Paolo, tesoro, dai, tiriamoci un po’ su, vieni, siediti qui accanto a me; guarda, è tutto fiorito da sotto il portico, gli spazi della nostra campagna qui intorno alla casa. Abbracciami, baciami, tienimi stretta al tuo corpo.»

    «Ma stai fumando!»

    «Non farci caso.» Appoggio la sigaretta sul muretto, stiamo qui in piedi. «Stringimi, guarda la natura con i suoi silenzi e i suoi rumori, il canto degli uccellini, vanno in amore in questo periodo, li senti, Paolo?»

    Vorrei stare così e addormentarmi per sempre.

    Tu te ne stai seduta lì al tuo posto in cucina, pensierosa, lo sguardo assente puntato fuori dalla finestra, e ancora non mi parli, non è da te: dov’è la mia Stella che mi incoraggia, mi infonde energia, dov’è, dove sei, amore caro?

    Non ho la forza stamattina.

    La settimana scorsa e i primi due giorni di questa sono caduto così in basso che mi sembra di percorrere una strada di non ritorno. La ferita sta ancora sanguinando, non mi permette di gioire.

    Oggi mi sono accaduti due fatti strani che non possono essere solo una coincidenza. Questa mattina ero in città, nella nostra amata Udine, sai che sto mettendo in pergamena alcuni fatti e pensieri, le tue massime, che sono i miei valori. C’è un posticino in un angolo della città vecchia in centro, non ristrutturato, rimasto ancora come un tempo, dove operano ancora due signori che dirigono un’attività di legatoria manuale: sono degli artisti, rilegano e scrivono a mano in pergamena.

    Ti dicevo, Stella…

    «Sì, sì, Paolo? Hai incontrato delle persone?»

    «Sì, mi sono imbattuto in due delle tue migliori amiche di sempre.»

    «E avete parlato di me.»

    «Proprio così, caro amore mio, coincidenza?! Non credo proprio. È un intercalare che ho rubato a te, vero?»

    «Sì.»

    «Ora mi è venuto spontaneo.»

    «Non prendermi in giro, Paolo.»

    «Non lo farei mai, m’è solo venuto spontaneo.»

    «Sono tutti i giorni in centro a Udine, strano che le abbia incontrate proprio oggi, Stella. E chi ti incontro lì in quella strada, in quel vicolo? Prima una poi l’altra, le due tue migliori amiche. Lo so, nulla è mai un caso con te.»

    Alessandro, il marito di nostra figlia, mi ha fornito il contatto con un signore, suo amico o conoscente, che possiede dei boschi vicino al confine con la Slovenia. Visto che abbiamo venduto i terreni, non abbiamo più la legna necessaria ad alimentare i nostri fuochi, c’è l’esigenza, di fare provvista per quest’inverno. Quindi ieri pomeriggio ho mollato il lavoro alle 16 e sono andato alla volta di Lusevera e Vedronza, un paesino sopra Tarcento, nell’alta valle del Torre; avevo l’appuntamento con quel signore che fa di mestiere il boscaiolo per vedere e commissionare la legna da ardere per l’inverno prossimo.

    Merita di essere raccontato, fatti d’altri tempi in questa era di computer.

    Sono le 21: mi sento stanco, in questi giorni faccio fatica, sarà il gran caldo, il tanto correre, ma la stanchezza non è solo mentale, è anche fisica. Il lavoro mi sta impegnando più del dovuto. La stanchezza passerà, almeno se potessi dormire la notte!

    Insomma, ieri pomeriggio sono partito alla volta di Lusevera a cercare il boscaiolo, mi sono perso un paio di volte ma, dopo tanto girovagare per quelle valli, mi ha risposto al telefono, era nel bosco.

    Mi sono fermato nella piazza del municipio di questo paesino e l’ho atteso perché lì ci si perde nuovamente, e poi ci sono solo boschi e legna. L’ho seguito con l’auto, abbiamo preso una sterrata e siamo entrati nel bosco, lassù nelle valli, dove scorre il fiume Torre, che scende poi verso la pianura.

    Ah, ora mi sto orientando, un po’ più in alto di qui ci sono le sorgenti di questo fiume e un’infinità di pozzi da dove viene captata l’acqua potabile da parte dell’azienda regionale distributrice di quella potabile.

    Una casualità, cinque anni della mia vita li ho dati a questa azienda pubblica, della quale sono stato direttore generale e il cui capitale è di proprietà di 72 Comuni della regione Friuli-Venezia Giulia, che distribuisce l’acqua potabile a 250.000 utenti. Si sviluppa su un vasto territorio, da qui, Lusevera, alta valle del Torre, verso i centri di Palmanova e Codroipo, alimentando i paesi limitrofi e giù, fino al mare, a Lignano. Pozzi, impianti di captazione, adduzione e distribuzione, telecontrollo, sanitizzazione, filtrazione, gestione, manutenzione, investimenti e quant’altro per indicare l’attività complessa di un’azienda di questo tipo.

    Sì, ho dato cinque anni della mia vita e tu ne sai qualcosa, e non solo tu; sono orgoglioso di aver messo tanta intensità nel miglioramento di questa azienda, di essere riuscito a trasformarla in S.p.A.

    Ma torniamo al boscaiolo di Vedronza. Dopo due chilometri di sterrata sono arrivato nel cortile dove svolge l’attività, appena all’entrata del bosco.

    Quattro o cinque maiali, non ricordo, che pascolavano nelle pozze d’acqua e nel pantano, una tettoia dove stava la legna già spaccata, un vecchio trattore con l’attrezzo attaccato, un’infinita catasta di tronchi da tagliare, un capanno con cucina e una stanza. Lui e la moglie, accanto al trattore, che mi attendavano per consigliarmi sul tipo di legna da usare per i caminetti e per le stufe delle cucine. Persone vicine ai sessant’anni, credo, fisico integro, umili, semplici, disponibili e affabili, mi si è presentata una situazione che pensavo non esistesse più nell’era dell’automazione. Queste scene bucoliche le avevo vissute più di cinquant’anni fa quando, ancora adolescente, vivevo nella mia famiglia di origine, insieme ai miei genitori, alla famiglia di mio zio e ai miei nonni, nel cortile pieno di legna e di animali che giravano liberi.

    Sono rimasto stupito nel vedere quel cortile di tanto lavoro e solo due persone ad attenderlo, in quel luogo sperduto, a vivere della sola forza delle loro braccia. Li ho pure invidiati, marito e moglie lì, insieme, a quell’età, soprattutto a viversi l’uno dell’altra, nonostante il loro tanto lavoro.

    Ho ancora la scena sotto gli occhi, oggi: tempi in cui per svolgere qualunque tipo di attività, anche la più semplice, vengono impiegate grandi strutture e una quasi totale automazione. Vedere quelle due persone semplici animate da passione e volontà infinite… mi ha dato forza e valori in cui credere per resistere.

    Subito mi hanno spiegato che non mi devo preoccupare per la qualità; mi hanno assicurato che si tratta di carpino, acacie e altri tipi di legna di montagna, non c’è l’abete e quindi possiamo stare tranquilli per l’integrità delle canne fumarie.

    «Ricordi che avevamo parlato di vendere i campi agricoli per iniziare la manutenzione straordinaria della casa e installare alcuni servizi energetici fondamentali per il risparmio?»

    «Certo.»

    «Be’, stasera stipulo il preliminare di vendita con Mauro di Coloret, che li lavora in affitto da una vita. Queste entrate ci permetteranno di realizzare l’impianto di distribuzione del gas, installeremo una caldaia multifunzione di

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