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Serie Azadi Libri 1 e 2: Il Baule della Dottoressa Margaret, La Dottoressa Margaret a Delhi
Serie Azadi Libri 1 e 2: Il Baule della Dottoressa Margaret, La Dottoressa Margaret a Delhi
Serie Azadi Libri 1 e 2: Il Baule della Dottoressa Margaret, La Dottoressa Margaret a Delhi
E-book1.233 pagine18 ore

Serie Azadi Libri 1 e 2: Il Baule della Dottoressa Margaret, La Dottoressa Margaret a Delhi

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Info su questo ebook

Libro I: Il Baule della Dottoressa Margaret:

Il Baule del Doctor Margaret, è il primo Book di una serie di romanzi storici ambientato durante la lotta per la libertà—Azadi— Indiana dall’Impero Britannico. Il Libro narra una vicenda di intrighi internazionali, conflitti e intenso amore tra interessamti personaggi di quell’epoca. Nel 1965 un baule risalente a più di 100-anni prima, che si crede appartenere a una dottoressa Americana, Margaret, viene ritrovato nel magazzino di un ospedale di Delhi. Un altro dottore Americano, Sharif, originario di Delhi che si trovata temporaneamente a lavorare presso quell’ospedale viene incarico di rintracciare i parenti superstiti della misteriosa dottoressa e di restituire loro il baule. Sharif rintraccia i descendenti di Margaret a Grimsby nella provincia canadese di Ontario. I suoi diari e altri reperti—come la corona dell’Impero di Jhansi—vengono ritrovati all’interno del baule. Margaret, nata in New Jersey da un ecclesiastico Presbiteriano Scozzese, superando enormi ostacoli realizza il proprio più ardente desiderio. Nel 1850 diventa infatti una delle prime donne medico del Nord America. Sposa il suo cugino Canadese Robert e viaggia al seguito del marito per servire durante la guerra di Crimea del 1854. In Crimea, dovranno fronteggiare non solo le avversità connesse alle battaglie ma anche affrontare altri conflitti. Nel corso degli eventi fino a e dopo la famigerata Carica della Brigata Leggere Margaret incontra un ufficiale Russo, il Conte Nicholai. Il finale a sorpresa del primo Libro, instilla un dubbio in Margaret, se sia meglio cercare vendetta oppure continuare il suo viaggio avente come destinazione finale l’India. Alla fine, la Dottoressa Margaret è convinta di aver preso la decisione giusta.

Libro II: La Dottoressa Margaret a Delhi:

La Dottoressa Margaret Wallace dopo la drammatica esperienza durante la Guerra di Crimea giunge infine a Delhi dove trova lavoro come medico nell'ospedale della città e come traduttrice di testi medici presso il Delhi College.

I pericoli per lei sono sempre in agguato e dovrà sempre stare all'erta perché anche in questo episodio non mancherà chi vorrà nuocerle, sia professionalmente che personalmente. Fortunatamente per lei a fronte di queste persone ve ne saranno altre che la aiuteranno ad affrontare i pericoli.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita24 lug 2017
ISBN9781507183632
Serie Azadi Libri 1 e 2: Il Baule della Dottoressa Margaret, La Dottoressa Margaret a Delhi

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    Anteprima del libro

    Serie Azadi Libri 1 e 2 - Waheed Rabbani

    Libro 1: Il Baule della Dottoressa Margaret 

    Questa è una storia di finzione. Nomi, personaggi, luoghi, e avvenimenti sono frutto della  fantasia dell'autore o, nel caso facciano riferimento a fatti o personaggi reali, sono utilizzati al solo scopo di dare maggior credibilità alla storia. Qualunque altra attinenza con persone reali, vive o morte, fatti, o luoghi è puramente casuale. 

    ––––––––

    Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro potrà essre riprodotta, archiviata su qualsivoglia supporto, o transmessa, in alcuna forma or attraverso qualunque media senza una preventiva autorizzazione scritta dell'autore, nemmeno essere messe altrimenti in circolazione sia pure con rilegatura o copertina differenti rispetto alla presente edizione. In mancanza della predetta autorizzzazione sarà impossibile proporre la presente pubblicazione a distributori differenti. Fanno eccezione coloro i quali recensiranno il testo i quali potranno citare i passaggi che riterranno più opportuni nei propri articoli.

    ––––––––

    [Nota: Al termine del libro troverete un glossario nel quale sono contenute le spiegazioni di tutti i termini non inglesi]

    DEDICA

    ––––––––

    Per mia moglie, Alexandra, senza il cui amore, aiuto e continuo supporto quest'opera non sarebbe mai stata realizzata.

    ––––––––

    Inoltre

    In affettuoso ricordo dei miei adorati genitori, che sfortunatamente non hanno potuto vedere questo libro stampato.

    ––––––––

    NOTA:  Alla fine del libro troverete un glossario contenente le spiegazioni di tutti i termini non inglesi.

    INDICE

    INDICE v

    RINGRAZIAMENTIvii

    Pareri di quanti hanno letto il libro in anteprima...ix

    Prologo1

    Capitolo Uno4

    Una scoperta emozionante 4

    Capitolo Due18

    La valigetta giocattolo da medico18

    Capitolo Tre31

    Il Baule31

    Capitolo Quattro49

    Il ricevimento49

    Capitolo Cinque73

    Il diario di Sharif Khan Bhadur – 1^ Parte 73

    Capitolo Sei91

    Alla ricerca dei parenti di Margaret91

    Capitolo Sette106

    Fuga da Niagara106

    Capitolo Otto120

    Lungo la ferrovia sotterranea per il Canada120

    Capitolo Nove137

    L'appuntamento al Forty Mile Creek137

    (Ricostruzione)137

    Capitolo Dieci154

    Sei anni dopo154

    Capitolo Undici173

    Ritorno in New Jersey173

    Capitolo Dodici184

    Incontro alla Lake House Tavern184

    Capitolo Tredici194

    Una scuola di medicina per donne!194

    Capitolo Quattordici212

    La Visita di Robert212

    Capitolo Quindici227

    Un ospite da Langley227

    Capitolo Sedici242

    Il Colonello realizza il proprio desiderio242

    Capitolo Diciassette258

    Attraverso l'Atlantico e lungo l'estuario del Tamigi fino a Londra258

    Capitolo Diciotto276

    Dal divertimento ai Vauxhall Gardens, alla Guerra in Crimea276

    e infine una Incarico Medico!276

    Capitolo Diciannove300

    La carica della Brigata Leggera300

    Capitolo Venti316

    Le conseguenze della carica316

    Capitolo Ventuno333

    La Vendetta è mia333

    Epilogo355

    Glossario365

    Note biografiche dell'autore369

    RINGRAZIAMENTI

    ––––––––

    Sono estremamente riconoscente verso tutti i miei professori del Corso di Scrittura Creativa presso la McMaster University, i quali mi hanno insegnato ogni cosa riguardo allo scrivere racconti. Gli sono grato

    per il loro costante incoraggiamento e per i continui suggerimenti che mi hanno fornito durante l'intero sviluppo del romanzo. Sono inoltre in debito di riconoscenza con i miei colleghi dei circoli di scrittura:

    quello presso la McMaster; l'HisFicCritique Group (moderato da Anne Whitfield); l'Historical-Fiction-Writers-Critique Group (moderato da Mirella Patzer); e il CAA-Virtual Branch (moderato da Anne

    Osborne). Grazie a voi tutti per i vostri splendidi commenti che mi sono stati di inestimabile aiuto nella stesura del romanzo.

    Sono estremamente riconoscente verso quanti hanno letto il romanzo in anteprima, per i loro estremamente acuti consigli e per i loro arguti commenti, che sono stati riportati all'inizio di questo

    romanzo. Sono veramente grato ai miei esperti editors: Ranjan Chaudhuri, Victoria Grossack, e Victoria Bell non solamente per il loro superbo lavoro, ma anche per i loro numerosi e utilissimi consigli.

    Ho trovato la raccolta di testi storici della Biblioteca della McMaster University una inesauribile fonte di materiale da consultazione e sono estremamente grato ai bibliotecari per la sollecita attenzione alle mie

    molte richieste di prestiti interbibliotecari. Sono pieno di gratitudine verso Mr. James Capodagli, Direttore, della Health Information Center Library - SUNY Upstate Medical University, per le informazioni sui primi

    anni (1853 – 1857) del Geneva Medical College. Ho inoltre un debito di gratitudine nei confronti di Ms. Lisa Grimm, Assistente Archivista presso il Drexel University College of Medicine, per le utilissime

    informazioni e per l'aiuto ricevuto durante la consultazione del loro archivio digitale durante le ricerche sul Female Medical College all'epoca della sua fondazione nel 1850.

    Sebbene questa sia un'opera di fantasia, le seguenti fonti, scelte fra le molte da me consultate, sono state di particolare utilità durante le ricerche, nel dar vita al contesto storico del romanzo.

    Kaye, Sir John William. A History of the Sepoy War in India, 1857-1858. W. H. Allen, London, 1880.

    Walsh, John Johnston. A memorial of the Futtehgurh mission and her martyred missionaries: with some remarks on the mutiny in India.

    J. Nesbit and Co., London, 1859

    Sen, Surendra Nath. Eighteen Fifty-Seven. Ministry of Information and Broadcasting, Government of India, 1957.

    Kinglake, A. W. The Invasion of the Crimea. William Blackwood & Sons, Edinburgh and London, 1877.

    Duberly, Frances. Journal Kept During the Russian War. Longman, Brown, Green and Longmans, London, 1856.

    Le traduzioni dall'Urdu all'English dei distici di Mirza Ghalib (all'inizio del Prologo e dell'Epilogo) e del ghazal (a pagina 51) sono opera mia.

    La citazione di alcuni versi della canzone Let My People Go, (a pagina 155) si crede fossero cantati dagli schiavi negri sin dal tardo Diciottesimo Secolo. Era archiviate in Internet ed è pensabile si tratti di una fonte di consultazione libera.

    Sono infinitamente grato per il suo amore, aiuto e supporto a mia moglie, Alexandra, per avermi permesso di concentrare tutta la mia attenzione e il mio impegno nel dar vita a questo romanzo.

    ––––––––

    Pareri di quanti hanno letto il libro in anteprima ...

    Un romanzo molto d'effetto e intrigante, ricco di vicende misteriose e suspense.  La storia si sviluppa combinando con una vivida immaginazione.  I personaggi che popolano Il baule del Dottor Margaret sono descritti in maniera vivida e si presentano a noi in un modo avvincente e variopinto portandoci a fare un salto nel passato.  Raccomando questo libro in quanto è una piacevolissima lettura ... Il mio interesse è stato catturato dall'inizio alla fine ...

    —Micheline Beniusis,  Insegnante d'Inglese

    ––––––––

    La vicenda conduce il lettore in un viaggio avventuroso teso alla scoperta di una vicenda umana  vissuta attraverso differenti continenti, conflitti bellici, gioie e dolori.  La rappresentazione della vita nel 19° Secolo, porta il lettore a meglio comprendere le nostre differenti società considerando la storia e i tempi in divenire.  La vicenda è così avvincente da avermi tenuto spesso alzato fin dopo la mezzanotte  dalla voglia di conoscerne la fine ...

    —Al Beniusis,  Ragioniere

    ––––––––

    Mi immagino questa vicenda come una possibile rappresentazione teatrale —anche solo tenendo presenti i costumi e i drammi sempre avvincenti. L'autore ha ambiente le vicende in luoghi pittoreschi quali Grimsby, Niagara-on-the-Lake e il New Jersey. Tutti possiamo riconoscere la maggior parte delle ambientazioni in Iran e India perché regolarmente presenti nei notiziari oggigiorno. La maggior parte dei costumi sono tuttora utilizzati...

    —Diana Stevens-Guille, Preside di scuola

    ––––––––

    Ho gradito la vicenda alla base della storia. La trama è sviluppata in un modo che mi ha portato a voler scoprire di più su Margaret e su come la sua vita sia collegata alla storia contemporanea ...

    —Dr. Janette MacDonald, Mount Sinai Hospital, Toronto

    ––––––––

    "La storia è stata avvincente e gradevole e mi ha portata a voler leggere e conoscere di più —mi ha afferrata sin dalle primissime pagine ... ho gradito i salti temporali tra passato e presente e le descrizioni storiche fornite ..."

    —Dr. Josie Marciello, Toronto

    ––––––––

    Mi piace l'idea di un sogno posto all'inizio della vicenda ... La trama non è solo avvincente ma porta in sé un'aura di mistero —e il conflitto tra Margaret e la sua famiglia contribuisce ad attizzare il fuoco e a conferire una tensione che si spande sui vari fronti della vicenda narrata. L'ambientazione temporale scelta  è quella dei meravigliosi Anni Sessanta, che contrasta in maniera netta con gli Anni Cinquanta del 19° Secolo. Tutto è descritto magnificamente ... la narrazione condotta in prima persona è molto d'effetto...

    —Sheila Abedin, Professionista delle Risorse Umane

    ––––––––

    La prima persona, inizialmente attraverso le parole del Doctor Wallidad, quindi attraverso quelle del nonno di Margaret e della stessa Margaret, è una strategia efficace ... la storia è buona, oscillante tra le vicende passate e presenti. Aver inserito così tanti dettagli della vita di Margaret è veramente interessante. Questa scelta ha completamente assorbito la mia attenzione ... È mia opinione che gli elementi storici inseriti in questa vicenda contribuiscano ad accrescerne l'interesse. I dettagli della ferrovia sotterranea e della Guerra di Crimea sono assolutamente grandiosi. Aggiungendo il personaggio di  Florence Nightingale costituisce un ulteriore motivo d'interesse. Il particolare relativo alla ribellione ha ulteriormente alimentato il mio interesse. Hai inserito una gran quantità di dettagli sostanziosi ...

    —Margaret Smith, Senior Advisor, Valutazioni Socio-Economiche

    ––––––––

    La cornice narrativa? Funziona ... Sebbene debba ammettere che preferisco la storia personale di Margaret. In parte perché ha basi storiche e in parte per via della sua personalità ... Mi piacciono le tue descrizioni delle ambientazioni. Le trovo suggestive. Ben fatto. Mi piace anche  il modo in cui il Dr. Walli presta attenzione ai giardini dovunque vada. È un aspetto indimenticabile della sua personalità ...

    —Guylaine Spencer, Hamilton, Ontario

    ––––––––

    La doppia cornice norrativa? Mi è piaciuta molto. Aggiunge ricchezza e profondità alla storia ... È stato un inizio molto efficace. Spinge decisamente a tuffarsi nella parte introduttiva della vicenda. Ho inoltre gradito molto il modo in cui veniamo ricondotti al sogno, la donna in groppa al cavallo, i suoi capelli fluttuanti nel vento. È stato d'aiuto per legare le storie di Margaret e di Walli e anche per legare il personaggio stesso di Walli con quello di Margaret. È stata una lettura gradevole? Di solito impiego un mese a leggere un romanzo. Ho letto il vostro in due settimane e mezzo. Fate voi.

    —Stephanie Hill, Stilista di moda.

    "[Il romanzo di Waheed] ci mostra l'ammutinamento Indiano dal  punto di vista Indiano che risulta affascsinante per il lettore occidentale e viene, per questo motivo, ben accolto..."

    —Ian Walker, autore di LOCA, e di Virtue of Insanity

    Wallace, Baranowsky, en Sharif le Famiglie

    Prologue

    [Ah ko chahie ek umr asar hone tak]

    Un sospiro impiega una vita intera per sommergerti

    [Kawn jeta hai teri zulf ke su one tak?]

    Chi mai può vivere abbastanza così che il suo fascino prevalga?

    —Mirza Ghalib, Dehli 1797 – 1869

    ––––––––

    La luna piena faceva bella mostra di sé in un cielo senza nubi, illuminando il paesaggio come una lanterna sostenuta da una forza invisibile. Galoppavamo in un pianura senza alberi che correva in direzione delle luminose acque del fiume impetuoso. Il possente Gange, pensava osservando le numerose pire ardenti visibili lungo le rive. Il fiume scorreva senza posa come a voler trasportare le ceneri dei defunti fino al Paradiso costellato di stelle. Mentre, un tempo che mi parve infinito prima, fissavo lo sguardo alle stelle scintillanti mi sembrava che avessero qualcosa di strano quella notte sebbene non sapessi ancora spiegarmi di che cosa si trattasse. Era forse il disegno strano al quale avevano dato vita, oppure la loro insolita brillantezza? Nell'aria calda della notte il sudore mi scendeva lungo il volto e il corpo inzuppando la mia tunica di cotone leggero e le redini.

    La cavallerizza stava cavalcando spedita davanti a me, con indosso semplicemente uno scialle bianco facendomi freneticamente cenno di starle dietro. Non fosse stato per il fatto che cavalcava all'amazzone e aveva lunghi capelli bionde che brillavano alla luce della luna, avrei potuto credere che fosse un uomo. Il suo modo di cavalcare era impeccabile; nello scintillante chiar di luna saltò un fiume in secca e aggirò alcune grosse rocce senza interrompere nemmeno per un istante la marcia.

    Gli alti monti si profilavano sopra le lunghe ombre create da un gruppo di alberi frondosi. A parte l'acciottolio prodotto dagli zoccoli dei cavalli, l'inconfondibile, tenue rumore delle cannonate riecheggiava come se si trattasse di tuoni lontani provenienti dal versante opposto delle montagne. Mi abbassai per controllare che il mio moschetto fosse ancora nella fondina della sella, in quanto temevo che la Lady Godiva che stava correndo a capofitto dinnanzi a me, mi stesse per condurre nel cuore della battaglia. Sapevo che era scoppiata una ribellione sul territorio ma ancora non sapevo se avremmo combattuto dalla parte del popolo indiano o da quella degli inglese.

    All'improvviso la sagoma di un altro cavaliere in groppa ad un cavallo bianco apparve sulla cresta di una bassa collina, muovendosi rapidamente verso le alture. Qualcosa nel cavaliere e nel suo cavallo mi sembrò strano, direi anzi quasi inquietante. Il cavaliere sedeva sulla sella in una posizione  completamente protesa in avanti, con la testa poggiata sulla criniera del cavallo e le braccia avvinghiate al collo della creatura. L'animale cavalcava furiosamente, come se fosse guidato da un istinto innato che lo spingeva verso una precisa destinazione.

    Sbrigati. Dobbiamo salvare la Regina, mi gridò la bionda figura che mi stava dinnanzi indicando in direzione del cavaliere ferito.

    Una Regina? Fu solo quando ci avvicinammo che notai il coloratissimo abito dell'altro cavaliere e vidi che splendeva come quello di una Regina Indiana. Ci rendemmo conto che era ferita, quasi moribonda. I suoi lunghi capelli scuri scendevano lungo il pallido collo del suo cavallo, sul quale vi erano delle strisce di sangue. Continuai a far di tutto per stare al passo delle due donne che cavalcavano davanti a me, galoppando attraverso un territorio che ora saliva vertiginosamente e appariva cosparso di sempre maggior vegetazione.

    Perché? Perché mai dovremmo soccorrerla?, gridai all'indirizzo della cavallerizza.

    Guarda le stelle.

    Fissai nuovamente il cielo e fu allora che mi accorsi delle strane formazioni assunte dai pianeti e dalla stelle.I pianeti esterni, Urano, Nettuno, Plutone e gli altri, si erano disposti attorno alla Luna

    formando uno Yod – una delle configurazioni maggiori – conosciuta anche con i nomi di Occhio di Dio o Dito del Destino. Avevo sentito dire che questo tipo di configurazione dei pianeti nella forma di

    sestile e quinconce era estremamente raro. Questo tipo di conformazioni si potevano verificare, a quanto ne potevo sapere, una volta ogni mille anni o giù di lì e si credeva che potessero avere dei forti

    influssi sulle persone sopra le quali si trovavano a brillare. Queste persone divenivano poi dei prescelti e avrebbero potuto compiere azioni miracolose.

    Mi domandavo se fossimo inseguiti. Mi alzai sulle staffe e sbircia dietro di noi. Ero ragionevolmente certo di aver scorto, in lontananza nella vallata, un contingente di cavalieri. Dai loro elmi scintillanti e dal loro modo di procedere, erano sicuramente la cavalleria inglese.

    Continuammo a galoppare al seguito del cavallo della Regina. Infine sembrò che la nostra misteriosa destinazione ci si profilasse davanti. Sulle montagne lontane, digradante in una piccola vallata, praticamente nascosta dalle creste degli alberi circostanti, i raggi della luna splendevano su di

    alcune strutture in arenaria di forma piramidale, simili a un tempio. Ci sembrò un luogo perfettamente isolato per poterci nascondere dai nostri nemici.

    La donna bionda si stava nuovamente allontanando da me. La sentii urlare ancora: Procediamo, prima che sia troppo tardi. La Regina di Jahnsi è l'ultima speranza che resta all'India per conservare la propria libertà.

    In che modo potremo mai salvarla? Siamo solamente in due e l'esercito inglese è dietro quella montagna, le urlai a mia volta.

    La Dea Kali ci assisterà. Non vedi la Dea volare sopra le cime delle montagne?

    Scrutai intensamente verso la sommità. Per un momento non potei vedere molto altro se non le cime degli alberi. Quindi improvvisamente, come se si trattasse di una magia, la Dea apparve

    all'orizzonte. Era la signora con quattro braccia e stava cavalcando una tigre. Teneva in una mano una spada e nelle altre quello che sembrava essere un tridente, una testa mozza e una coppa traboccante

    sangue. Indossava una gonna fatta di braccia umane e una ghirlanda di bianchi teschi umani che brillavano bianchi nella luce lunare.

    Guardò verso di noi con fiammeggianti occhi rossi che ardevano nel suo viso blu scuro. Era Kali. La dea-madre.

    La bocca del mio cavallo ormai allo stremo schiumò, nel costante tentativo di estrarre un'ultima stilla di energia che ci avrebbe consentito di avvicinarci alle due insolilte donne e a Kali, lo spronai energicamente. La creatura nitrì in maniera acuta e si piegò sulle proprie ginocchia. Io fui scaraventato dalla sella e ruzzolai sul terreno polveroso, le mie orecchie fischiarono.

    ****************************

    Realizzai che il  fischio assordante che avevo nelle orecchie altro non era se non la sveglia posta sul mio comodino. Ancora una volta mi risvegliai nel mio letto, madido di sudore. Era stato un altro degli incubi ricorrenti che mi stavano tormentando da quando era giunto a Dehli proveniente dagli Stati Uniti. La misteriosa Godiva bionda sembrava incontrarmi nei sogni in differenti luoghi.

    L'orologio segnava le sei del mattino, ciò mi diceva che era tempo di alzarmi dal letto, radermi, farmi la doccia e prepararmi per un'altra giornata impegnativa all'ospedale. O così pensavo.

    Capitolo Uno

    Una scoperta emozionante

    Delhi, India, Maggio 1965

    L'idea di aver davanti a me una giornata impegnativa mi resto in mente fino a che non spensi il motore del mio Maggiolino Volkswagen nel parcheggio riservato per i medici dell'Ospedale Lady Dufferin. Non avevo comunque idea che stavo per iniziare il capitolo più affascinante della mia vita nel subcontinente indiano.

    Nonostante fossi tornato in India da circa un anno, in veste di medico in visita proveniente dalla Clinica Universitaria John Hopkins, non mi ero ancora riabituato al caldo intenso di questa parte di mondo. Non appena scesi dalla macchina l'aria umida mi accolse dandomi un piccolo assaggio della lunga estate calda di Delhi. Riemergendo dal parcheggio in calcestruzzo nella scintillante luce solare attraversai lo scenografico giardino dell'ospedale, rispondendo ai vari namesté e salaam del guardiano e del sorvegliante. Le fontane emettevano scintillanti getti d'acqua e gli irrigatori a pioggia facevano la doccia alle piante tentando di supplire alle disattese promesse di pioggia della Natura. Le impressionanti aiuole di oleandri, ibischi e rose, piene di coloratissimi fiori nelle tonalità del rosso, giallo e viola, fiancheggiavano il sentiero. I fiori danzavano allegramente nella brezza gentile, sforzandosi di bere le gocce ricadenti dell'acqua emessa dagli irrigatori.

    L'imponente struttura a due piani in arenaria rossa del Lady Dufferin, realizzato in un appariscente stile Moghul somigliava più ad un palazzo nobiliare che ad un ospedale. Il mio orologio da polso mi disse che erano le otto del mattino. Consapevole del fatto che l'ingresso principale sarebbe stato affollato di pazienti e visitatori, mi avviai velocemente sul sentiero tra i prati falciati ed entrai nell'ospedale dall'ingresso sul retro. Mi feci strada attraverso il labirinto di odori di antisettico diretto al mio ufficio.

    Giunto nel corridoio centrale vidi Premila, la nostra infermiera del reparto di Chirurgia affrettarsi nella mia direzione sventolando un foglietto.

    Dottor Sharif.

    La aspettai e lei mi consegnò un messaggio, ormai senza fiato a causa della corsa. Prima di andarsene mi sorrise e mi offrì un namesté - con tanto di palmi uniti e di un leggero inchino del capo. La ringraziai e risposi al suo saluto.

    La nota proveniva dal mio capo, il Dottor Rao. Vi si leggeva, nella sua scrittura fatta di scarabocchi: Wallidad, passa da me, per prima cosa stamattina.

    Arrivato in ufficio chiamai la mia capo infermiera chiedendole di occuparsi dei miei appuntamenti per un po'. Appesi nell'armadio la giacca del vestito beige indossando un camice bianco da dottore. In piedi davanti allo specchio per pettinare nuovamente all'indietro i miei capelli scuri e ondulati – che con l'umidità avevano la tendenza a ricadermi sulla fronte – non potei fare a meno di notare come il sole indiano aveva tinto il mio viso donandogli una tonalità bronzea. Questa trasformazione mi fece riassomigliare ad un indigeno della terra che avevano lasciato da adolescente, quasi diciotto anni fa. Mentre attraversavo a grandi passi l'ala di Chirurgia, i miei pensieri erano incentrati sul mio imminente ritorno a casa a Baltimora.

    Mentre aprivo la lucida porta in mogano con Dottor S. Rao - Primario di Chirurgia inciso su una targa in ottone, mi chiesi cosa potesse esserci di tanto importante da spingere il Dottor Rao a volermi incontrare immediatamente. Di regola non lo incontravo che alla fine dei miei impegni mattutini.

    L'infermiera Premila attraversò la sala d'attesa fino a raggiungere il suo ufficio e quindi annunciò il mio arrivo. Il Dottor Rao venne personalmente a ricevermi sulla porta con indosso un camicia bianca, pantaloni neri ed una sottile cravatta rossa.

    Mi salutò ad alta voce dicendo: Dottor Walli, come sta?

    Sorridendo, chinai il capo a domandai a mia volta notizie circa la sua salute. Era una persona alta e magra con il colorito marrone scuro tipico di coloro che sono originari delle province centrali dell'India. Stringendomi la mano, mi poggiò l'altra sulla spalla e mi condusse nel suo ufficio. Mi indicò di prender posto nella nicchia riservata agli ospiti, davanti al bovindo che presentava una suggestiva vista del giardino, mentre egli andava alla sua scrivania rimescolando alcune carte, dando l'impressione di star cercando qualcosa.

    Cosa succede, Dottor Rao?, chiesi sedendo nel divano di pelle scura. Avevo notato un libro – il titolo  La storia di Lara era stampato in oro in caratteri cirillici lungo in dorso – poggiato sul tavolino da caffè in mogano, in mezzo ad alcune riviste. Il titolo mi affascinò. Un romanzo russo? Comunque, conoscendo l'amore che il Dottor Rao nutriva per la letteratura, non ci pensai oltre. Sedette nel divano di fronte e doveva aver notato la mia impazienza quando accennai a un no, grazie in risposta alla sua offerta di un caffè. Venne immediatamente al motivo per il quale mi aveva convocato.

    Si tratta di restituire un baule al suo legittimo proprietario.

    Mi considero una persona difficile da turbare, nella stragrande maggioranza dei casi, accenno al bagaglio di qualcuno mi lasciò perplesso. Un baule, avete detto?, chiesi infine, non del tutto sicuro di aver capito bene.

    Sì, certo, un vecchio baule. Una vecchia cassa appartenente a una donna medico, disse e occhieggiando un appunto che teneva in mano, continuò di nome Margaret Wallace. Crediamo si stata una delle prime donne medico che hanno lavorato al St. Stanley. Ho sentito che inizialmente la scelta era caduta su Florence Nightingale ma era impegnata in Crimea percui la Dottoressa Margaret fu inviata in sua vece. Con ogni probabilità la Dottoressa Margaret non proveniva dalla Gran Bretagna dato che l'etichetta sulla cassa reca l'indirizzo della Missione Americana di Futtehgurh. Fece una pausa chiedendosi se la storia mi stesse interessando. Vedendomi alquanto evasivo venne al dunque e mi chiese Vi sarebbe possibile  rintracciare la sua famiglia? Quando tornerai in America intendo. E, una volta rintracciati, potresti rendere loro il baule?

    Sì, suppongo che sia possibile. Ma perché mi stai chiedendo di restituire il baule della Dottoressa Margaret ai suoi parenti americani?, chiesi rispettosamente vincendo la mia tentazione di domandare più chiaramente cosa mai avesse a che fare con me tutta questa faccenda.

    Beh, vedete, Dottor Sharif, questo non è un normale baule. È depositato da non poco tempo nel magazzino del nostro ospedale e prima ancora è stato depositato presso altri ospedali, come quello di Jhansi, per molti anni.

    La Dottoressa ha lavorato presso il St. Stanley! Non è per caso successo alla metà del 1800?

    Il mio tono di voce crescente tradì la mia incredulità. Tutte le possibilità riguardanti la proprietaria del baule e le cose che avrebbero potuto esservi contenuti cominciarono a girarmi in testa. Una donna medico? Cosa mai poteva averle permesso di intraprendere una professione che a quei tempi era esclusivo appannaggio dei soli uomini e che l'aveva poi portata a percorrere le strade dell'India? Oltretutto quell'accenno a Jhansi fece risuonare un campanello nella mia mente anche se al momento non fui in grado di capire di che cosa si trattasse.

    Sentii che il Dottor Rao stava dicendo Sì, il Custode crede che il baule si trovi qui come minimo dal 1857. Visto che nessuno ne ha reclamato il possesso, la cassa è rimasta chiusa e dimenticata nel magazzino.

    Questa ulteriore informazione mi lasciò sbalordito. Talmente sbalordito che esclamai 1857! Quindi doveva essere presente nel periodo del Grande Ammuti... ehm... della Grande Ribellione. Mi controllai e riuscii rapidamente a trattenermi dal dire Ammutinamento in quanto sapevo quanto la maggior parte dei patrioti Indiani fossero alquanto sensibili riguardo a quella parola e preferissero chiamare quell'evento storico Prima Guerra d'Indipendenza Indiana, sebbene la maggior parte degli storici vi si riferisca chiamandola Ribellione. Domandai di nuovo con insistenza "Dottor Rao, le chiedo ancora perché sono stato scelto proprio io per riportare il baule in America?"

    Il nostro Consiglio d'Amministrazione, alla cui riunione ho preso parte ieri, crede che lei sia la persona più adatta per riportare il baule della Dottoressa Margaret ai suoi leggittimi discendenti. Questa opinione è sostenuta dal fatto che lei è originario di queste zone ed essendo stato, potremmo dire, poi naturalizzato in America, disse sorridendo, è la persona ideale per svolgere questo importante incarico. E, oserei dire, qualsivoglia missione delicata.

    Beh, vi ringrazio. Sono felice di sapere che gli Amministratori abbiano una così gran fiducia in me. Nonostante ciò non vi prometto nulla. Dovrò rifletterci bene, prima.

    Ma certamente. Si prenda tutto il tempo necessario. Comunque abbiamo la necessità di avere una risposta nel più breve tempo possibile. Il Dottor Rao accavallò le gambe. A proposito, Walli, è vero che alcuni dei vostri parenti più stretti fu catturato durante la Ribellione del 1857?

    Yes, se devo fare affidamento su alcune storie che mia nonna mi ha raccontato. Mio nonno era a servizio presso l'ultimo Re Moghul a Delhi e più tardi nella cavalleria della Regina di Jahnsi. E voi che mi dite Dottor Rao? Non fu coinvolta anche la vostra famiglia nel conflitto?

    Purtroppo sì, rispose e quindi mi chiese, come a voler cambiar argomento al più presto Come sta vostra nonna?

    Ha più di ottant'anni ora e sta bene. Grazie. Sapevo che la famiglia del Dottor Rao era originaria di Jhansi e, siccome mio nonno era stato lì nel periodo tra il 1857 e il 1858, nutrivo la speranza di apprendere qualche dettaglio in più circa quel regno. Infine realizzai il particolare che poco prima mi aveva fatto scattare il campanello in mente. Che coincidenza aver visto in sogno la Regina solo la notte prima. Comunque già in precedenti occasioni quando avevo domandato al Dottor Rao qualche notizia sul passato della sua famiglia mi era parso elusivo. Questo mi aveva portato a credere che non avesse granché voglia di parlare di loro o di Jahnsi. Quindi non insistetti oltre.

    Comunque, Walli, mantenga segreta questa informazione, almeno fino a che il baule non sia stato spedito a casa sua o di chi accetterà l'incarico e finché i discendenti della proprietaria non siano stati rintracciati.

    Perché tanta segretezza, Dottore? C'è qualcos'altro dietro la storia del baule?

    No. Si tratta solo di una precauzione. Sorrise nuovamente. Notai che aveva unito le punte delle dita allo stesso modo di quando non vuole fornire ulteriori informazioni. Si tratta solo della volontà di tenere lontani curiosi e cacciatori di taglie. Sono felice di sapere che prenderà in considerazione l'ipotesi di aiutarci. Ne riparleremo dopo pranzo, d'accordo?

    Alzandomi dal divano inchinai il capo e mi avviai verso il mio ufficio.

    Passai il resto della mattina occupandomi di quanto previsto dalla mia frenetica tabella di marcia di Specialista Gastroenterologo occupandomi di irritazioni alla vescica e di altri problemi collegati agli organi interni. Inoltre mi stavo impratichendo nel campo delle malattie tropicali quali colera e malaria. Quindi non ebbi tempo di riflettere oltre sulla bizzarra e all'apparenza importantissima missione che mi era stato chiesto di intraprendere dal primario di chirurgia. La solita coda di pazienti affollava l'anticamera. Le visite richiesero l'intera mattinata.

    Incontrai nuovamente il Dottor Rao all'ora di pranzo alla caffetteria. Sedemmo ad un tavolo d'angolo. Un cameriere inturbantato passò a prendere le nostre ordinazioni. Il Dottor Rao, notoriamente vegetariano, scelse tutti i piatti che non prevedevano al loro interno la presenza di carne: riso, curry vegetale e masaladosa. Io ordinai due pezzi del mio adorato pollo tandoori,  curry di lenticchie e pane naan. Il cameriere prese inoltre le ordinazioni relative alle bevande. Entrambi scegliemmo il Lassi. Sorbimmo la rinfrescante bevanda da coppe di rame con intricate decorazioni sul bordo. Dopo qualche veloce chiacchiera sulle nostre famiglie e su problemi di ordine generale tornammo sull'argomento relativo l'affascinante scoperta del baule. Il Dottor Rao mi fornì ulteriori dettagli al riguardo. Parlammo per un po', finché non arrivarono le nostre ordinazioni e, dopo pochi minuti, altri colleghi arrivarono e si unirono a noi. Ci mettemmo quindi e chiacchierare con loro e a mangiare con impegno.

    Dopo pranzo mi affrettai ad uscire per affrontare una importante infezione alla vescica con colecistectomia programmata per il pomeriggio. A quell'epoca stavamo sviluppando la tecnica laparoscopica - sperimentata per la prima volta su un umano da parte di un medico svedese agli inizi del 1900. Questa procedura avrebbe comportato una riduzione dell'estensione delle incisioni praticate sull'addome dei pazienti. Confrontati con la media delle principali tecniche operatorie, questo tipo di interventi avrebbero benificiato considerevolmente di questa nuova tecnica in quanto i pazienti avrebbero potuto essere dimessi lo stesso giorno o, al massimo, il giorno dopo l'operazione. I tirocinanti erano desiderosi di fare la maggior pratica possibile su questa tecnica, durante il mio breve anno di permanenza in ospedale. Ciò comportò che in quegli ultimi giorni di incarico fui sommerso di richieste di assistenza e formazione in merito a quella tecnica.

    Quel pomeriggio, con tutto il lavoro che dovetti fare, mi dimenticai quasi completamente del baule. Comunque, più tardi, quando tornai nel mio ufficio, la richiesta fattami dal Dottor Rao torno a visitare i miei pensieri. Bontà divina. Cosa mai avrei dovuto fare con quel baule una volta che mi fosse stato affidato? Avrei almeno dovuto vederlo prima fosse spedito a casa mia.

    Quando nel tardo pomeriggio il sole distese le sue pigre dita dorate attraverso il vetro della finestra del mio ufficio al secondo piano, segnalando la fine della giornata, emisi un sospiro di sollievo e uscii sul terrazzo a prendere una boccata d'aria fresca. Il punto d'osservazione più elevato mi permise di godere dell'artistica simmetria del giardino sottostante. La tipica disposizione Moghul, coi prati divisi in due o quattro parti da piccoli corsi d'acqua e fontane, avevano un effetto calmante sugli occhi esausti. Il giardino terminava al muro di confine con delle buganvillee rampicanti che ricadevano oltre il muro, portando con loro i loro meravigliosi fiori rossi, gialli e viola. Al di là si stendeva la vivace città.

    I suoni del traffico cittadino, come le urla provenienti dalla civiltà che vi si era insediata nel corso dei secoli, riecheggiavano nella mia direzione. In lontananza la metropoli, brulicante di persone, veicoli, minareti e grattacieli, una mescolanza di costruzioni antiche e moderne, brillava ai raggi del sole serale. Da un lato si estende la Vecchia Delhi, la città costruita dagli antichi sovrani, i Moghul. Dalla parte opposte si trova la città che Sir Edwin Lutyens ha chiamato Nuova Delhi, la città edificata dai successivi occupanti. Mi sono chiesto spesso come un viaggiatore nel tempo proveniente dall'antico impero che qui fiorì per secoli potrebbe reagire davanti alla mescolanza di architettura antica e moderna che riunisce oggigiorno la nostra Capitale. Guardai lontano cercando di localizzare la circolare Connaught Place dove mio zio, Arif Sharif, ancora manda avanti la sua gioielleria. Lui e mia nonna sono due tra gli ultimi sopravvissuti dei residenti di Delhi dei tempi dell'antica dinastia Moghul. Sono sopravvissuti alle numerose guerre che si sono susseguite nel corso del tempo, contro Afgani, Persiani, Sikh, Raja Indiani, Britannici e per ultimo alle guerre civili durante i giorni che nel 1947 sono seguiti all'Indipendenza e suddivisione dell'India.

    Mi capita di pensare che, come il giorno deve volgere alla sera e la sera deve cedere il passo all'oscurità, ogni civiltà debba infine trasformarsi in entità distinte. Le ombre del crepuscolo che si vanno stendendo, cadendo dai palazzi più alti, dalle cupole delle moschee e dagli alti alberi offrono una suggestiva immagine di Delhi al tramonto, la stessa che forse ispirò gli storici che chiamarono gli ultimi giorni dell'Impero Moghul, antecedenti al 1857, l'Era del Crepuscolo.

    Dalla fine dell'Impero Moghul i miei pensieri tornarono al baule della Dottoressa Margaret. Buon Dio deve aver giaciuto lì per oltre un secolo. Perché mai non sarà tornata a riprenderselo? Di dov'era originaria? Dove andò?

    ***************

    Stasera, mentre ero sulla strada del ritorno diretto al mio appartamento, l'incontro avuto col Dottor Rao tornò ad affacciarsi alla mia mente e il film dell'incontro si ripetè come uno dei quei vecchi e disturbati filmati fatti in casa. Guidare nella frenetica ora di punta richiede capacità che si possono acquisire solo viaggiando sulle strade di Delhi. Una persona non deve solo sapersi muovere tra le auto ma anche tra l'enorme massa di pedoni. Traboccano dai marciapiedi, evitano i veicoli e attraversano le strade come se stessero facendo una tranquilla passeggiata negli Shalimar Gardens. I ciclisti zigzagano tra le automobili in movimento, i bus, i taxi e i risciò. Le squillanti sirene da nebbia sembrano elefanti che barriscono in una fuga disordinata ognuno intento a superare l'altro. Questo tipo di scene mi fanno sempre tornare alla mente un noto detto locale, A Delhi, la parte destra della strada appartiene ai veicoli più grossi.

    Mentre sto sorpassando un sovraffollato bus nel quale i passeggeri stanno attaccati a rischio della loro vita alle porte e persino appoggiati ai paraurti posteriori, I non ho potuto fare a meno di pensare a tutti gli sforzi che l'umanità deve fare e la nostra interdipendenza per avere un aiuto per sopravvivere a questo mondo. Terminate queste riflessioni la voce del Dottor Rao tornò a farsi sentire nel momento in cui mi chiedeva di rintracciare i discendenti della dottoressa  e di rendere loro il baule. Ho pensato che accettare l'incarico sarebbe stata una cosa moralmente giusta da fare, un modo simbolico per esprimere il mio apprezzamento per il mio periodo trascorso in questo ospedale trasudante storia. L'Ospedale Lady Dufferin fu fondato durante l'Impero Raj e in seguito intestato al suo mecenate, la moglie del viceré britannico. Comunque sia sembra esserci un'altra, forse mistica, ragione. Questo baule mi sembrava essere una delle ultime vestigia della presenza inglese in India. Gli storici sono soliti fissare l'inizio della dominazione britannica al 1757. Quell'anno, Robert Clive, al comando della Compagnia delle Indie Orientali, ha condotto i francesi ad abbandonare i propri insediamenti nella cittadina di Chandernagore, nel Sud dell'India. Quindi, a Plassey, sconfissero l'esercito di Sira-ud.daulah, il Nababbo del Bengala. Comunque queste battaglie non durarono a lungo e gli eventi che vi seguirono ebbero conseguenze di lunga durata per ambedue le nazione e, certamente, per il mondo intero.

    Questi pensieri di respiro mondiale fecero della restituzione del baule una cosa di estrema importanza, qualcosa che Lady Dufferin stesse avrebbe potuto chiedermi di fare, grazie al suo sguardo regale, direttamente dal ritratto realizzato in tonalità ricche di rosso, azzurro e con tocchi di colore a olio giallo, appeso nell'ingresso dell'ospedale. Il dipinto mi ha fronteggiato nuovamente mentre andavo in caffetteria. Lo sguardo di Lady Dufferin mi fece immobilizzare nel punto in cui mi trovavo come se avesse voluto ricordarmi la reputazione caritatevole dell'ospedale.

    Lo devi a questa tenace donna medico. La prima a giungere in India. Restituisci il baule alle sua famiglia. Aiuta la sua anima a riposare in pace, sembrò comandarmi il dipinto.

    Evitando un altro taxi che si stava dirigendo verso la mia auto ricordai alcuni frammenti della conversazione che il Dottor Rao e io avevamo avuto, a bassa voce, durante il pranzo.

    Mi disse, Walli, c'è qualcos'altro che dovresti sapere inerente a questo compito. Ignorando il mio sguardo fisso continuò. Penso che la tua adorabile moglie potrà esserci di aiuto nel rintracciare la famiglia della Dottoressa Margaret. Ricordo di aver incontrato Alexandra al ricevimento tenutosi in occasione dello scorso Natale, mentre lei si trovava in vacanza. Se riesco a ricordare bene disse di essere originaria del Canada, non è vero?

    Sì. Ci incontrammo mentre studiavo presso l'Università di Toronto. Ma perché credete che ci potrà essere d'aiuto?

    Il Dottor Rao sorrise. Sebbene l'etichetta posta sul baule indichi che Margaret vivesse da qualche parte negli Stati Uniti, ho l'impressione che fosse canadese.

    Questa informazione mi lasciò sconcertato. Perché proprio il Canada?, esclamai.

    Il Dottor Rao sorseggiò la propria bevanda, sorrise e disse, Lasci che le mostri qualcosa. Estrasse quindi un busta dalla tasca della sua giacca. Inserendo due dita all'interno dell'involto ne fece scivolar fuori una piccola scheda coperta di cellophane e la piazzò sulla tavola proprio di fronte a me. Appartiene alla collezione di uno dei miei nipoti.

    Fissai lo sguardo sulla scheda. Era del tipo che i collezionisti di francobolli utilizzavano per dimostrare il valore della propria raccolta. Mostravano delle immagini sbiadite su sfondo azzurro di una giovane Regina Vittoria con labbra contratte e grandi occhi espressivi, con indosso una corona ornata di gioielli, una collana e orecchini pendenti coordinati. Poste Canadesi Dodici Pence era scritto sulla cornice ovale che contornava la fotografia. Dalle fotografie che mi è capitato di vedere il ritratto della Regina sembra essere uno dei suoi primi, probabilmente realizzato nel 1837, l'anno della sua ascesa al Trono. Raccolsi la scheda dalla tavola e la esaminai da vicino. I francobolli sembravano originali, dal timbro postale, seppur sbiadito, si leggeva 1856. Deglutii e fissai il Dottor Rao con incredulità; egli, per l'occasione, adottò un'occhiata alla Sherlock Holmes. Questi sembrano essere i primi francobolli canadesi mai emessi. Dove li ha scovati vostro nipote?

    Oh, sono proprietà della mia famiglia da lungo tempo. Mio nipote ha detto di averli avuti da suo nonno, il quale sosteneva di averli trovati su una busta in un antico romanzo inglese.

    Per caso ha ancora quella busta?, domandai.

    No, sfortunatamente no. Qualcuno ne staccò i francobolli utilizzando il vapore e poi la buttò via.

    E questo è accaduto a Jahnsi?

    Sì, a Jahnsi. Quindi vede, Walli, questa information faciliterà a lei e a sua moglie il compito di rintracciare gli eredi legittimi del baule.

    È proprio certo che quei francobolli vengano da una lettera indirizzata alla Dottoressa Margaret?

    Non posso esserne del tutto sicuro, certo. Ma ci sono delle voci che circolano nella nostra famiglia circa il fatto che una donna medico abbia prestato quel libro a uno dei nostri parenti., disse e concluse con queste parole, C'è una buona possibilità che fosse canadese.

    Ero colpito perché questa fu la prima volta che il Dottor Rao si era lasciato andare a delle confidenze circa la sua famiglia. Tuttavia era ovvio che non avrebbe divulgato ulteriori particolari al riguardo. Mi limitai a dire, Vede Dottore, il Canada è una nazione molto grande.

    Sì, ma difficilmente avrà tanti abitanti quanti ne abbiamo qui in India. Rimasi in silenzio ed egli continuò, E d'altro canto i contatti con la vostra famiglia qui a Delhi potranno esservi d'aiuto. Sicuramente vostro nonno deve averla conosciuta.

    Devo ammettere che ero affascinato dall'idea che Nonno potesse aver incontrato questa signora. Ero curioso, perché essendomi sposato e sistemato in America i rapporti con i miei genitori non erano buoni. In realtà, non li vedevo da molto tempo. Perciò, dato che nessuno mi aveva mai parlato di lui, la vita di mio nonno era per me un mistero. Avevo sperato lungamente di scoprire qualcosa in più relativamente al ruolo da lui giocato durante la Rivoluzione del 1857.

    A seguito di un ulteriore invito da parte del Dottor Rao ad accettare il compito, dissi infine, come mosso da un'invisibile forza soprannaturale. Okay, vedrò cosa posso fare, Dottore. Certamente dovrò parlarne prima con mia moglie. Restituire il baule alla famiglia della Dottoressa Margaret potrebbe essere un compito impossibile da portare a termine. Non sia sorpreso se riceverà una bolla di consegna per un pacco che è stato rimandato al mittente., dissi.

    Il Dottor Rao rise. Subito dopo i nostri colleghi si unirono a noi al tavolo e il Dottor Rao rimise rapidamente i francobolli storici nella sua tasca. Mi sconcertò un poco il fatto che non avesse voluto mostrarli  agli altri. Ascrivo questo alla sua stravagante ed enigmatica natura.

    Mentre svoltavo nel vialetto d'accesso che conduceva ai Delhi Intercontinental Apartments, mi annotai mentalmente di telefonare ad Alexandra la mattina seguente alle sei circa. Tenuto conto della differenza di fuso orario sarebbe stata sera presto a Baltimora, un orario opportuno per lei. Dopo la sua solita lunga giornata, sarebbe stata di ritorno dal suo studio legale.

    **********************

    Ciao, caro, come stai?, la voce di Alexandra risuonò allegra non appena rispose al telefono. L'operatore telefonico intercontinentale doveva averle detto che la chiamata proveniva da Delhi.

    Abbastanza bene, tesoro e che mi dici di te?, cercai di essere il più possibile vivace per prepararla all'importante novità che volevo condividere con lei. Dopo le solite amenità e le domande circa le nostre famiglie e i nostri lavori, arrivai al punto. Ascolta, cara, tra qualche settimana ti sarà recapitato un baule da un corriere internazionale. Per favore accetta la consegna e riponilo in cantina senza aprirlo.

    Accipicchia, è pieno di regali che hai comperato per noi?, scherzò lei.

    Può darsi che ci siano dei regali per qualcuno al suo interno ma non certo per noi. Il baule non è mio.

    Oh! E di chi è allora?, domandò in un tono sorpreso che riuscì chiaro nonostante le interferenze statiche della linea.

    Non ci crederai, tesoro.Appartiene a una donna medico americana o, come crede il Dottor Rao, canadese. Le fornii tutti i particolari dei quali ero a conoscenza e le dissi quello che mi era stato chiesto di fare.

    Ma come mai non possono riconsegnarlo loro stessi?, fu la sua ovvia nuova domanda.

    Potevo figurarmele mentre arrotolava i suoi biondi capelli attorno alle dita, come faceva quando qualcosa la lasciava confusa.

    È una lunga storia. Guarda loro hanno perso le sue tracce durante la guerra del 1857. Lei è semplicemente sparita nel nulla.

    Alexandra insistette, Ma loro non hanno proprio provato a rintracciare la sua famiglia?

    Credo che l'abbiano fatto. Il Dottor Rao mi ha detto che hanno fatto svariati tentativi attraverso i normali canali governativi, le Società Missionarie che, loro credono, inizialmente furono gli sponsor della Dottoressa Margaret e anche tramite la Croce Rossa ma sempre invano. Tutti questi tentativi li hanno sempre condotti a dei vicoli ciechi dai quali non hanno ricavato il minimo indizio circa la Dottoressa Margaret o l'ubicazione della sua famiglia.

    Hmm... Mi chiedo cosa li porti a pensare che tu abbia successo, mormorò Alexandra, naturalmente disorientata da questa sorprendente novità. Me la immaginai – i suoi adorabili scintillanti occhi azzurri, una mano attorno al mento e il viso con, per l'occasione, sfoggiava uno sguardo interrogativo – immersa in profonde meditazioni. Dopo qualche istante di silenzio domandò, Quindi, cosa c'è dentro questo baule?

    Era l'occasione per me di fornirle l'altra parte di questa straordinaria novità. Non ci crederai, tesoro ma non lo sappiamo. In realtà, non lo sa nessuno.

    Che cosa? E perché mai? Non hanno ancora aperto il baule?

    Cercai di mantenermi il più possibile calmo, primaa di replicare, No. Il baule, a quanto ne so, non è mai stato aperto. Forse non è mai stato aperto da quando fu riempito.

    L'appassionata domanda di Alexandra, a questo punto, fu, Ma perché accidenti no?

    Vedi, cara, è qualcosa che ha a che fare con qualche usanza religiosa e con le tradizioni locali. Tu sai già come gli indiani non amino toccare le altre persone, preferendo salutarli a distanza. Non sono molto informato in materia ma svariati gruppi di persone qui credono nella sacralità dello spirito delle persone defunte; ritengono che una parte dell'anima di questa persona rimanga nelle cose che essa ha lasciato indietro. Non so ma sembra che loro considerino estremamente irrispettoso per l'anima della Dottoressa Margaret permettere che il suo baule sia aperto e le sue cose siano toccate e maneggiate liberamente da qualcuno che non sia un membro della sua famiglia o un suo discendente. Sarebbe come se loro avessero violato la santità del baule.

    Cercai di spiegare oltre questi concetti santi e spirituali nel modo ad ampio respiro che spesso utilizzavo per spiegare le complessità della cultura Indiana ai Nordamericani. Comunque, data la mancanza di risposte, sembrò che avessi avuto successo.

    Accidenti, accidenti, queste sono faccende spirituali complicate. Quindi mi pare di capire che noi non siamo autorizzati ad aprire questo baule ma solamente a rintracciare la famiglia della Dottoressa Margaret e a spedirglielo direttamente a casa, dico giusto?

    Sì. Le indicazioni sono precisamente queste.

    Se lo domandi a me, mi pare che tutto questo suoni come una sorta di insabbiamento, disse lei, utilizzando il linguaggio da avvocato che le era tanto familiare.

    Io dissi, in maniera estremamente semplice, No, no. Non pensa si tratti di nulla di simile. Mi sembra che l'ospedale stia semplicemente tentando di essere all'altezza delle proprie responsabilità spedendo gli averi di un insigne medico, in sicurezza e appropriatamente ai suoi parenti. Aggiunsi poi con una risatina sommessa, Aveva origini americane, lo sai.

    Rise di questa mia conclusione. Quindi, cosa mai è stato della Dottoressa Margaret? È morta lì?, chiese Alexandra.

    Cercai di risponderle basandomi su quanto avevo appreso finora dal Dottor Rao. Beh, è un altro dilemma assoluto. Ho inteso che ci sono molte teorie circa i suoi movimenti dopo che lasciò l'Ospedale St. Stanley, qui, nel 1856, appena prima dello scoppio della guerra. Si crede che abbia ricevuto una richiesta da parte della Regina di Jahnsi affinché curasse una delle principessesse, la quale era gravemente ammalata. L'ultima volta che qualcuno ha visto la Dottoressa Margaret è stato di sfuggita su una carrozza scortata, da un drappello di cavalieri della Regina, diretta verso Jhansi – sai, la città a qualche centinaio di chilometri a sud di qua. Poi la rivolta scoppiò and mentre tutti sanno cosa accadde ai rivoltosi, nessuno sa cosa accadde alla Dottoressa Margaret.

    Non ci sono, lì, delle leggende metropolitane circa quello che successe alla Regina e alla buona dottoressa?, domandò Alexandra, sembrando affascinata.

    Il Dottor Rao mi ha raccontato alcuni pettegolezzi da bazaar. Apparentemente, svariati militari russi erano legati alle forze militari della Regina da una specie di situazione di stallo. Qualcuno crede che la vera ragione per la quale si trovavano lì fosse quella di istigare la rivolta.

    Alexandra mi interruppe con concitazione, Beh, sembra proprio che furono salvate dai Russi.

    È possibile ma tuttavia ancora non sappiamo che ne sia stato di lei e dove o chi siano i suoi familiari superstiti.

    Alexandra mi interruppe nuovamente. Aspetta un attimo. Tuo nonno non servì a sua volta nell'esercito della Regina? Non potrebbe aver saputo qualcosa sul conto di Margaret?

    Sì, è possibile. Vedrò Nonna presto. Le chiederò informazioni.

    Alexandra tacque un momento, riflettendo. Sembrava proprio che la vicenda della Dottoressa Margaret cominciasse a interessarla. Penso che potrei chiedere informazioni ai miei cugini russi per sapere se sanno qualcosa di una moglie di Ragià che sia stata aiutata da un medico americano e da ufficiali russi. Sai quanto i pettegolezzi circolino, specialmente a San Pietroburgo e Mosca.

    Riflettei ad alta voce sui possibili legami tra la Dottoressa Margaret e l'esercito Russo. Chissà perché avrà chiesto aiuto proprio ai Russi? Non avrebbe semplicemente potuto andare a chiederlo agli Inglesi? Perché non l'avranno aiutata loro?

    Potrebbe averlo fatto. Per quel che ne sai potrebbe essere ritornata negli Stati Uniti., mi disse Alexandra.

    C'è una buona  probabilità che l'abbia effettivamente fatto ed è quello che credono anche qui in ospedale. Comunque il Dottor Rao, basandosi su alcuni francobolli antichi, pensa che sia tornata in Canada. Quindi, cara, puoi chiedere informazioni anche al ramo della tua famiglia che vive a Toronto per vedere se riescono a scoprire qualche discendente della Dottoressa Margaret in Ontario o in qualche altra parte del Canada?

    Vedrò quel che posso fare. La sua voce aveva assunto il tono risoluto che adottava ogniqualvolta decideva di assumersi l'onere di un incarico importante.

    **********

    Una mattina, qualche giorno dopo, mentre uscivo dal vialetto del mio complesso residenziale per immettermi sulla strada principale, notai una sedan blu scuro parcheggiata sul cordolo del marciapiede. Dal suo grande, caratteristico, parafango anteriore cromato e dalle miniature di levrieri sul cofano la riconobbi. Era una Russian Volga. Il guidatore stava leggendo un giornale, anche se sembrava utilizzare il giornale più per nascondere il proprio volto che per altro. Incrociandolo diedi gettai una fugace occhiata. Aveva un viso bruciato dal sole, era basso, capelli biondi dal taglio militare e lineamenti inconfondibilmente caucasici. Avevo la netta impressione che fosse un Russo.

    Guidai in direzione dell'ospedale stando attento ad evitare l'insolito ingorgo di bus, taxi, risciò e qualsivoglia mezzo che popola le strade negli orari di punta, tutti tesi a superarsi a vicenda. Notai nuovamente la Volga blu guardando nello specchietto retrovisore e attraverso i finestrini posteriori gemelli del mio Maggiolino Volkswagen. Era sempre lì ogni volta che guardavo, per tutto il tragitto verso il lavoro. Il guidatore non tentò mai di superarmi e mantenne una distanza di sicurezza. Quando svoltai nel cortile dell'ospedale, le sedan non mi seguì.

    Una volta che ebbi parcheggiato attesi qualche minuto nel giardino guardando verso la strada e verso i due ingressi dell'ospedale, per rintracciare l'auto e il suo guidatore. Non riuscivo a tener d'occhio tutto. Pensando che si fosse trattato solamente di una bizzarra coincidenza alla fine mi avvia verso il mio ufficio.

    Quel pomeriggio, durante il pranzo con il Dottor Rao, menzionai il curioso episodio della Volga blu scura che mi aveva seguito fino all'ospedale. Commentai in modo scherzoso: Sembra che i Russi siano sulle mie tracce signor Dottore.

    Anche se sembra preoccupato della cosa, rise del mio commento. Oh, Walli. Credo tu abbia letto troppi romanzi di spionaggio ambientati nel periodo della Guerra Fredda.

    Ma, signore, non potrebbe avere a che fare con la faccenda del vecchio baule?, ho insistito. Ne ha per caso parlato a qualcun altro?

    No, no. È impossibile. Il baule è al sicuro qui da noi. Ci sono guardie di sicurezza che lo sorvegliano tutto il tempo. Non si preoccupi di quell'automobile. Probabilmente stava solo accompagnando qualcuno che vive nel suo stesso complesso residenziale, un Europeo o un membro di qualche ambasciata straniera.

    Pur ritenendo plausibile l'opinione del Dottor Rao, c'erano sicuramente degli Europei che vivevano nel mio stesso complesso residenziale, continuavo comunque ad essere curioso circa quel baule. A tal proposito domandai, Quidi, Dottor Rao, quando potrò vedere questo prezioso baule?

    Beh, certamente. Penso che dovreste quantomeno vederlo prima che vi venga spedito a casa. Chiederò a Mila di organizzare la cosa.

    Terminammo il pranzo e prendemmo ognuno la propria strada. Nonostante le rassicurazioni ricevute dal Dottor Rao, quando quel pomeriggio me ne stavo sul terrazzo a prendere una boccata d'aria fresca e guardavo in direzione della città gli eventi della mattina mi tornarono in mente. Ricordai la conversazione avuta in precedenza con Alexandra e di quando le avevo raccontato del vociferato coinvolgimento di agenti segreti Russi nella rivolta del 1857. Un campanello d'allarme risuonò nella mia testa. Santo Cielo,  che il KGB fosse a conoscenza dell'esistenza del baule? Che avessero ascoltato la mia chiamata intercontinentale con Alexandra? Cosa mai poteva esserci nel baule che avesse tanta importanza per i Russi, dopo tutto questo tempo?

    Quella sera, appena rientrato da un buon allenamento nella palestra dell'hotel – con esercizi alle macchine e allenamenti di boxe e karate – me ne stavo comodamente seduto nel mio salotto a leggere il giornale e ad ascoltare un po' di musica jazz alla stazione radio Voice of America, quando il campanello suonò. Abbassato il volume della radio, mi diressi verso la porta e la aprii trovandomi di fronte, in corridoio, un'attraente donna bionda con indosso una giacca azzurra e una minigonna. Teneva in mano un libro e altri sbucavano da una borsa di tela posata ai suoi piedi.

    Mi elargì un luminosissimo sorriso  e disse, Salve, Dottor Sharif, il mio nome è Katya.

    Ci stringemmo la mano.

    Le piacerebbe acquistare questo libro. Costa solo cinquecento rupie, disse con un inconfondibile accento Russo, porgendomi il libro.

    Mentre tentavo di riprendermi dalla sorpresa provocatami da quella visita, la vista del titolo del libro, Lara's Story, mi lasciò sbalordito. Era una copia dello stesso libro che avevo visto posato sul tavolino da caffè nell'ufficio del Dottor Rao qualche giorno prima. Mi aggrappai al pomello della porta per sorreggermi e per poter osservare più attentamente il libro a copertina rigida e quindi la ragazza. I suoi profondi occhi azzurri erano saldamente fissati su di me.

    Infine, appena ebbi riguadagnato la mia compostezza, presi il libro e aprii maggiormente la porta. D'accordo, potrei essere interessato all'acquisto. Vorrebbe entrare un momento?

    La ragazza si girò e fece un cenno di assenso in direzione di un uomo tracagnotto vestito di beige, con un fedora di paglia la cui tesa gli copriva gli occhi, in piedi in fondo al corridoio. L'uomo le restituì il cenno d'assenso, si girò e scese le scale.

    Grazie, mi disse poi, raccolta la sua tracolla entrò.

    Mentre mi passava di fianco potei apprezzare la sua figura magra e atletica, sebbene alcune rughe sul suo viso ne tradivano l'età che si stava approssimando ai cinquanta. Le indicai il divano. Si sedette e tentò di risistemarsi la gonna sulle sue ginocchia armoniose.

    Posso offrirle tea o caffè... oppure un drink, magari?, le domandai prendendo posto nella sedia di fronte al divano.

    No, grazie. Sono a posto così.

    Dunque, di cosa parla il libro? L'ha scritto lei?, domandai, sfogliandone le pagine, mentre cercavo di ricordare quando avessi sentito parlare o letto in un romanzo di un personaggio di nome Lara.

    È una storia Russa.

    Quindi, improvvisamente me ne ricordai. Oh, intende forse la donna del romanzo di Boris Pasternak?

    No, no. Pasternak non raccontò la vera storia del nostro popolo. Io ne ho scritto la vera storia qui.

    Davvero! Mi piaciuto Il Dottor Zivago. Si tratta di un romanzo simile?

    No. Questo racconta la storia di mia nonna.

    Perciò, si tratta di una biografia. Hmm... potrebbe essere interessante. Va bene, lo compero. Vedo che lo ha pubblicato qui, dissi, fissando lo sguardo sul nome dell'editore di Delhi riportato in fondo alla prima pagina, sotto al titolo e al nome dell'autrice, Yekaterina Barinowska.

    Sì. L'hanno tradotto su mio incarico.

    Interessante. Quindi lei vive qui? Da quanto tempo si trova in India?

    Da due anni. Lavoro presso l'Ambasciata Sovietica.

    L'accenno all'Ambasciata Sovietica mi fece subito risuonare dei campanelli d'allarme nella testa. Non potei fare a meno di fissare quella donna. Facendo del mio meglio per conservare la calma, dissi, Credo che abbiate incontrato il mio capo, il Dottor Rao, non è vero?

    Non parve per nulla sorpresa per quanto le avevo appena detto. Fece un cenno col capo e i suoi capelli, che si era acconciati in uno chignon, oscillarono con la sua testa.

    Ha qualcosa a che vedere con il baule della Dottoressa Margaret?

    , sussurrò lei.

    Percui, perché non mi dice il vero motivo che l'ha spinta a venire da me?

    D'accordo, ve lo dirò. Abbiamo sentito dire che il vostro ospedale ha trovato il baule di quella donna. Il mio capo ha chiamato Mosca e loro hanno detto che noi prelevarlo dall'ospedale.

    Ma perché? Come mai il vostro governo vuole questo vecchio baule?

    Loro non l'hanno detto. Hanno solo detto che lo vogliono. Quindi sono andata dal vostro Dottor Rao. Egli ha acquistato il mio libro ma ha detto che gli amministratori dell'ospedale  rifiutano di consegnarci il baule. Hanno detto che deve andare alla famiglia di Margarita. Ora il mio capo mi ha detto di venire da voi. Chiede se voi potete aiutarci a recuperare il baule. Vi ricompenseremo adeguatamente per il vostro lavoro. Siete interessato?

    Quindi è per questa ragione che mi avete seguito?

    Katya assentì.

    Quanto è disposto a pagare il vostro capo?

    Vi faremo diventare ricco. Che ne dite di cinquecentomila dollari?

    Mezzo milione. Hmm... Riflettei. Beh, Katya, Dovrò pensarci. Non posso decidere così su due piedi, dissi alzandomi.

    Estrassi il mio portafogli e pagai il libro.

    Dopo che se ne fu andata, sedetti per un molto tempo, sorseggiando un bicchiere di vino rosso e riflettendo sull'incredibile succedersi degli eventi. Mezzo milione di dollari. Rimuginai su tutto quello che avrei potuto fare con una cifra simile. Avrei potuto prendere un locale abbastanza grande e avviarmi alla libera professione medica. Alexandra e io desideriamo da molto tempo trasferirci in zone più calde.

    I miei pensieri furono nuovamente dirottati in direzione della figura di quella misteriosa signora, la Dottoressa Margaret. Mi domandai cosa mai potesse esserci di tanto importante nel suo baule. Era lei la donna che continuava a visitare i miei incubi? In uno di questi sogni mi aveva visitato nel mio ufficio in ospedale. Mentre ero seduto alla scrivania, assorbito dalla stesura di un resoconto, ella scivolò silenziosamente nello studio e piazzò sulla mia scrivania tre volumi rilegati in pelle che avevano tutta l'aria di essere agende o diari. Con una voce melodiosa mi sussurrò, Dottor Sharif, vorrei che li leggesse.

    Alzai lo sguardo ma prima che avessi l'occasione di parlare la figura scalza vestita di un sari bianco, con lunghi e biondi capelli che le ricadevano in vita, fluttuò fuori dalla stanza, silenziosamente come vi era entrata. Mentre nella stanza permaneva il suo profumo come d'incenso, aprii il primo volume, intitolato La mia vita in America e cominciai la lettura di ciò che sembrava essere un'autobiografia.

    Capitolo Due

    La valigetta giocattolo da medico

    Jhansi, India, Maggio, 1856

    La primissima volta che espressi il desiderio di diventare un medico, a quanto posso ricordare, era una bambina a malapena in grado di allacciarsi le stringhe delle scarpe da sola. Solitamente lo esprimevo nelle serate tempestose mentre sedevamo in salotto e la risposta dei miei genitori veniva, invariabilmente, coperta dal fragore dei fulmini. Ancora oggi, mentre scrivo queste mie memorie, qui nel Palazzo della Regina di Jhansi, in India, in alcune notti tempestose, quando i suoni della pioggia e dei tuoni giungono fragorosi, i ricordi della mia infanzia mi si profilano davanti agli occhi. Comunque, facciamo ora un balzo all'indietro al giorno del mio dodicesimo compleanno, quando vivevo a Elizabethville in New Jersey.

    *************

    Elizabethville, New Jersey, May, 1841

    Margaret, sei pronta, tesorino? Mamma mi stava chiamando dal piano di sotto. Doveva essere impaziente che fossi pronta in tempo per la cena di quel giorno speciale a me dedicato, dato che avremmo avuto ospiti.

    Scenderò tra breve, Mamma, le risposi dalla mia stanza. La verità, comunque, era che io non ero nemmeno lontanamente vicina ad essere pronta. Il vestito da sera azzurro e il grembiule che mia madre aveva scelto per l'occasione erano ancora incartati sopra il mio letto dove me ne stavo con indosso solo la biancheria intima guardando fuori dalla finestra nella speranza che il mio amico passerotto la sorvolasse. Volevo che becchettasse il pezzo di pane che gli avevo messo sul davanzale. Amavo il modo che aveva di beccare girando la sua testolina ovale da una parte all'altra. Dov'era ora? Cosa poteva mai trattenerlo? Sperai non fosse malato. I miei pensieri erano interamente rivolti a quella povera anima mentre scrutavo fuori dalla finestra del secondo piano cercando di avvistare le querce e gli aceri che delimitavano la via.

    All'epoca vivevamo fuori Elizabethville, in New Jersey, in una via tranquilla non lontana dalla Chiesa Presbiteriana presso la quale Papà era pastore. Quella casa di legno a due piani fu la mia prima abitazione, in quanto nacqui proprio lì. Durante molte serate gelide, mentre ce ne stavamo davanti al camino, mio padre era solito narrarmi del giorno della mia nascita: In una notte scura, tuoni, fulmini e pesanti gocce di pioggia sbattevano contro la finestra. Era quasi la mezzanotte quando si fece per me l'ora di andare a prendere l'ostetrica. Rielaborava sempre la vicenda salutando con la mano per mostrare quanto si fosse affrettato con la carrozza. Di solito io stavo di fianco a Papà, con i gomiti poggiati sul bracciolo della sua poltrona, il viso tra i palmi delle mie manine e l'ascoltavo con gli occhi spalancati. Abitualmente Mamma se ne stava seduta nella sedia di fronte facendo uncinetto. Papà ci mostrava come aveva fatto schioccare la frusta

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