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La Passione Dell’apostolo: Storia di un complotto
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E-book585 pagine7 ore

La Passione Dell’apostolo: Storia di un complotto

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Info su questo ebook

Dopo anni di instancabili ricerche, nel 1978 l’archeologo Luigi Tabanelli ritrova nelle terre d’Egitto il Vangelo di Giuda, un apocrifo considerato eretico dalla Chiesa Cattolica sin dalla sua nascita per le conversazioni ivi contenute tra il Cristo e l’apostolo Giuda; è una scoperta tanto esaltante quanto pericolosa, che ha il potere di stravolgere le fondamenta stesse del Cristianesimo e che l’archeologo decide di proteggere a costo della propria vita. Conteso dalla Massoneria nella persona di Jacob Miller, Maestro Venerabile nonché Presidente del Dipartimento di Archeologia di Charlotte, South Carolina, e dalla Santa Sede, il Vangelo fa dell’archeologo un perseguitato; costretto ad abbandonare la sua famiglia, dopo essere stato deportato nei sotterranei del Vaticano e torturato, Luigi Tabanelli riesce a scappare e si nasconde in un’Abbazia. Non si hanno più tracce di lui. Viene considerato scomparso. Dal 1978 al 2005 sia la Massoneria che i servizi segreti vaticani pedinano il figlio, William Tabanelli, ormai divenuto adulto, in attesa che il padre si metta in contatto con lui. Egli diventa archeologo affermato, specializzato sulla vita di Gesù Cristo ed assunto nello stesso Dipartimento per cui lavorava il genitore, presieduto da Jacob Miller... L’arrivo di una lettera anonima innesca una catena di eventi precipitosi che corrono come una fiamma lungo la miccia, forieri di un finale straordinario ed esplosivo. Un romanzo perfettamente orchestrato, scandaloso, pieno di pathos e di indizi da interpretare; un giallo che tiene il lettore col fiato sospeso fino all’ultimo colpo di scena, in un altalenante gioco di emozioni che spaziano dalla suspance allo sbigottimento; un nuovo caso letterario sulla scia del Codice Da Vinci, una scottante meditazione sull’opera occultatrice della Chiesa e la violenza che può scatenarsi quando ad essere minacciate sono le piccole e grandi sicurezze su cui l’umanità fonda il proprio Credo. A torto o a ragione.
LinguaItaliano
Data di uscita11 set 2017
ISBN9788856784640
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    Anteprima del libro

    La Passione Dell’apostolo - Giuseppe Manca

    Albatros

    Nuove Voci

    Ebook

    © 2017 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma

    www.gruppoalbatrosilfilo.it

    ISBN 978-88-567-8464-0

    I edizione elettronica settembre 2017

    Questo romanzo è un’opera di fantasia. Personaggi, organizzazioni, macchinazioni, situazioni, teorie ed ideologie sono frutto dell’inventiva dell’autore, e se nella coincidenza rispecchiassero seppure in parte la realtà, sono stati usati a scopo narrativo, senza nessun intento di manipolare, condizionare o veicolare il lettore che è assolutamente libero di avere il proprio pensiero. Gli eventi o i personaggi o le attrezzature che vengono descritte o ritratte nei loro particolari non vogliono essere in alcun modo un’imitazione storica o tecnica o presente della realtà, ed i ritagli che possono in qualche modo corrispondere al vero sono dovuti alla coincidenza. I nomi dei protagonisti, degli altri personaggi e la storia narrata sono in parte frutto della fantasia dell’autore.

    Gesù, il più grande mito della Storia del Cristianesimo?

    È un’icona creata a tavolino?

    È forse un inganno costruito per controllare l’essere umano sul pianeta terra e su cui il Vaticano ha innalzato il suo immenso potere?

    Le Religioni, negli ultimi 2500 anni, nei diversi continenti, sono state e continuano ad essere un programma di controllo sbalorditivo sull’Umanità.

    Giuseppe Manca

    Prefazione

    Irriconoscibile Manca. Lo psicologo sottile che copriva con il mantello delle sue storie le incursioni nei drammi di anima e di vita, ha lasciato il posto alla prepotenza di uno storyteller che si muove con perfetto agio nella complessità di una struttura aperta, nella quale la saldatura tra realtà e finzione ha la perfezione di un intreccio naturale. Qui allo scavo interiore ha preferito il taglio comportamentale, che trova le sue motivazioni nelle strategie dell’interesse. Un romanzo? Direi meglio il saggio – sia pure romanzesco – di una straordinaria, demiurgica capacità di manovrare dentro una materia incandescente, che cresce implacabile intorno allo spunto di un recupero: il vangelo di Giuda, per il cui possesso lottano due potenze come la massoneria e il Vaticano: un Vaticano che sembra uscito dai sotterranei di Gide, ma con le complicazioni e i torbidi aggiornamenti di un gioco condotto sul filo oscuro di servizi segreti con la tonaca, spie sotto copertura, sodomie, cacce all’uomo e brutali eliminazioni. Un acre sentore di corruzione e di violenza, che si spande dalle trame cardinalizie e che il continuo ricorso al latino rituale marchia di ipocrisia. Dio è nel dettaglio, ha detto qualcuno, ma qui, nei particolari ossessivi di un mondo che Manca sembra avere frequentato da molto vicino tale è la competenza con cui ne scrive, Dio è assente, sostituito com’è dai diabolici intrighi che legano archeologi e monsignori e alla sete di denaro associano la difesa della Chiesa. Con mano ferma e solide conoscenze ha così scritto quello che può infine definirsi un noir ambientato nel difficile e misterioso retroterra dell’esoterismo e del settarismo, che lui utilizza per sostenere in termini di dottrina il racconto condotto sulla superficie in apparenza incongruente della modernità tecnologica. È cambiata la prospettiva, ma lo stile è lo stesso, asciutto, rapido, restio ai compiacimenti formali. Ne è uscito, oltre al resto, un pamphlet contro i pericoli, reali o supposti, derivanti dalle devianze di poteri solo consacrati alla vita dello spirito. O che dovrebbero esserlo.

    Dott. ENNIO ROSSIGNOLI

    1.

    Prima gran loggia d’Inghilterra

    (Investitura massonica di Luigi Tabanelli, anno 1950)

    L’ingresso nel tempio massonico era contraddistinto da due fondamenti gemelli: la forza e la stabilità. Dalla loro unione si aveva la trasmissione della vita. Dodici colonne rappresentanti i segni dello zodiaco indicavano il cammino. Due fratelli sorveglianti accoglievano l’iniziatico con una flebile litania, mentre nei seggi, i fratelli muratori erano in attesa che la pietra grezza facesse il suo ingresso.

    Luigi Tabanelli camminava lungo un corridoio appena illuminato da fiaccole, ma con luce sufficiente per vedere i muri affrescati, mentre degli incappucciati in doppia fila, con passo lento, cadenzato e armati di spada, lo accompagnavano recitando parole a lui sconosciute. Attraversarono una sala, poi le due file si divisero e di loro non rimase altro che una leggera allusione di luce, prima che fossero inghiottiti dal buio.

    Lo confinarono in una stanza semibuia, dipinta di nero, circondato da immagini che raffiguravano una clessidra, una falce ed uno scheletro. Nella stanza non era solo. Sulla spalla sentiva le mani dei due uomini rimasti con lui. Erano in piedi, inflessibili nella posizione rituale, fino a che uno dei due non cominciò a parlare.

    «Simboleggiano la tua morte, la tua discesa agli inferi, ma anche la tua rinascita» disse indicando gli emblemi.

    I suoi occhi si stavano aprendo ad un mondo fatto di simboli esoterici. Chiuse le palpebre e le riaprì a più riprese, nel vano tentativo di abituarsi alla semioscurità.

    «Se perseveri sarai purificato, riemergerai dall’abisso delle tenebre e vedrai la luce, trasformando i vizi in virtù, la mente verrà illuminata per raggiungere la consapevolezza superiore, risvegliandosi a un nuovo livello di coscienza» l’avvertì quasi in un mormorio, poi ancora: «... cerca il silenzio interiore e spogliati dai metalli che t’identificano nel mondo profano... è necessario per intraprendere il cammino iniziatico ed entrare nel tempio a lavorare per noi stessi e per il progresso dell’umanità. È importante estrarre, purificare, attivare, potenziare ed equilibrare, nel buio della tua coscienza. Dovrai essere sepolto nell’utero della Madre Terra, spogliato di tutto e costretto a guardare in faccia i tuoi pensieri» disse il fratello muratore bendandogli gli occhi.

    Il buio si fece insondabile, così spesso e denso che gli sembrò di essere sepolto vivo. Ma il silenzio non era incondizionato, contro la cassa toracica il cuore bramava uscire, lo sentiva forte come tamburi di guerra, cercando una via di fuga. Il cervello stava scoppiando, come se fosse il ricettacolo di milioni di grilli che frinivano in contemporanea, confondendolo. Stava avendo inizio e tutto vacillava in assenza di certezze.

    La Loggia era pronta ad accoglierlo. Stava affrontando il percorso e doveva eseguirlo bendato, ad indicare che ancora non poteva avere coscienza di quello che stava vivendo. Senza la vista che lo avrebbe ingannato, gli altri sensi sarebbero stati più vigili che mai.

    «La benda ti verrà tolta solamente alla fine del viaggio per farti vedere la luce che ti è stata promessa, sarai risvegliato dalla tua coscienza, che t’illuminerà, che ti darà una nuova nascita».

    Di fronte, un’immensa sala rettangolare. In fondo, il trono del gran maestro sovrastato da un baldacchino e dal triangolo che rappresentava l’Architetto Universale. Spiccava il simbolo del Delta con l’occhio divino al centro, ed una scritta: Alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo.

    Il tempio era orientato a oriente e la sua larghezza andava da nord a sud, mentre l’altezza dal nadir allo zenith. Il soffitto era una volta stellata, il pavimento riportava invece un motivo di scacchi bianchi e neri, a simboleggiare la compenetrazione del corpo e dello spirito. Da un lato un’enorme luna, il principio femminile dell’Universo, e dall’altro lato il sole, quello maschile.

    Nudo, di fronte all’ingresso del Tempio, avanzava lentamente lungo il pavimento, davanti ad un gran numero di simboli disseminati ovunque secondo un preciso ordine, rispecchiando l’universo stesso. Nulla era lasciato al caso.

    Improvvisamente l’oratore, al centro della sala, rivolgendosi ai presenti disse: «La Massoneria proclama ciò che ha proclamato fin dalla sua origine: l’esistenza di un Principio Creatore, sotto il nome di Grande Architetto dell’Universo. Noi adoriamo un solo Dio, il Dio che si adora senza superstizione».

    «La Religione massonica deve essere mantenuta da noi iniziati degli alti gradi, nella purezza della dottrina» rispose lo scriba.

    «Trasformiamo l’uomo da pietra grezza a pietra levigata» seguitò l’oratore, primo ufficiale.

    «... ricordati sempre... Libertà, Uguaglianza, Fratellanza... non bisogna mai dimenticare queste parole, esse costituiscono il motto massonico, la formula, prima di essere affidati all’incomprensibile folla che non ne ha mai conosciuto né il senso reale né la vera applicazione».

    Circondato dai fratelli muratori e dai fratelli sorveglianti, lo fecero sdraiare a pancia in giù di fronte all’Ara dei giuramenti, mentre cinque uomini incappucciati, disposti in cerchio, puntavano le spade verso il corpo nudo. Il gran maestro, tenendo il sacro libro tra le mani, pronunciava frasi scandite da lunghi lamenti e lunghi silenzi.

    «Il tuo spirito esce dalla nuda terra, le paure cominciano a farsi strada in te e l’inconscio emerge. Trova la voce del tuo ‘IO’. Procurati la forza morale necessaria ad opporsi alla Sorte avversa. Raggiungi la consapevolezza di voler resistere, radicarti e percorrere il cammino del futuro... liberati da tutto ciò che t’impedisce di vedere la luce».

    L’oratore, secondo ufficiale, prese il sacro libro e continuò la lettura: «Dovrai esplorare i tuoi pensieri ma non avere certezza alcuna di esserti liberato dai conflitti interiori».

    Gli incappucciati appoggiarono le spade sul corpo di Luigi Tabanelli, mentre il gran maestro dall’Ara dei Giuramenti stava per terminare il rito iniziatico.

    «Sei pronto a vedere la luce?» tuonò con una voce imponente.

    «Sì» rispose urlando.

    Trovandosi nel grembo della genesi il respiro si fece dapprima irregolare e poi a poco a poco sempre più regolare mentre il cuore continuava a battere forte. Un lieve calore partiva dalla punta dei piedi fino alle tempie. Si abbandonò alle sensazioni che gli giungevano dalle tenebre e finalmente si tranquillizzò. Delle luci colorate vorticavano senza una regola, accendendosi e spegnendosi per poi ritornare più luminose di prima, muovendosi con incredibile velocità attraverso l’infinito, dando al corpo l’inconsistenza della materia.

    Udiva uomini che pregavano, parole lette, recitate, comprovando la sua fedeltà all’obbedienza. Gli tolsero la benda e vide gli uomini incappucciati disporsi a cerchio intorno a lui. Il maestro venerabile si avvicinò e gli chiese di leggere il giuramento, ed egli lo fece senza indugio.

    «Liberamente, spontaneamente, con pieno e profondo convincimento dell’animo, con assoluta e irremovibile volontà, alla presenza del Grande Architetto dell’Universo, prometto e giuro di non rivelare giammai i segreti della Massoneria, di non far conoscere ad alcuno ciò che mi verrà svelato, sotto pena di aver tagliata la gola, strappato il cuore e la lingua, le viscere lacere, fatto il mio corpo cadavere e in pezzi, indi bruciato e ridotto in polvere, questa esecrata memoria di infamia eterna, sparsa al vento. Prometto e giuro di prestare aiuto e assistenza a tutti i fratelli liberi muratori su tutta la superficie della terra, prometto e giuro di consacrare tutta la mia esistenza al bene e al progresso della mia patria, al bene e al progresso di tutta l’umanità, prometto e giuro di adempiere ed eseguire tutte le leggi, i regolamenti e le disposizioni tutte dell’Ordine e di portare ossequio e obbedienza alla suprema autorità e a tutti quanti sono i miei superiori. Prometto e giuro di conservarmi sempre onesto, solerte e benemerito cittadino ossequiente alle leggi dello Stato, amico membro della mia famiglia e massone per abbattere sempre il vizio e propugnare la virtù. Prometto e giuro di non attentare all’onore delle famiglie dei miei fratelli. Infine giuro di non appartenere ad alcuna società che sia in opposizione con la libera Massoneria, sottoponendomi rispetto alle pene personali più gravi e terribili». 

    L’estremo giuramento lo consacrò massone. Il maestro venerabile, di spada, lo investì membro dell’Ordine degli antichi e liberi accettati muratori, iniziato all’Ordine della Massoneria, morendo era nato a nuova vita.

    «Conscio ed inconscio, ragione e sentimento hanno finalmente imparato a lavorare armonicamente insieme. Ora conosci te stesso e il maestro che era dentro di te è venuto fuori, divenendo colonna portante del tempio, ponte tra cielo e terra, albero carico di frutti. Ormai sai come produrre l’energia che ti alimenta e sei pronto ad accendere negli altri lo stesso fuoco. Non hai più ostacoli, sei giunto alla fine di un ciclo e all’inizio di un altro» continuò il maestro venerabile levandosi il cappuccio bianco.

    Improvvisamente vide le sue fattezze. Luigi Tabanelli si sentì scaraventato fuori dal mondo degli spettri e si trovò davanti ad una quarantina di volti. Con grande sorpresa riconobbe il maestro venerabile.

    «Sei tu!» esclamò quasi mormorando, «... sei tu... Jacob, sei tu... Jacob Miller» continuò sgranando gli occhi attraverso la poca luce delle fiaccole.

    Con un solo gesto della mano lo invitò a stare in silenzio e a seguirlo giù per una scala buia, ed egli gli andò dietro, come trasportato da una sorta di trance profondo, eppure cosciente. Scesa la scala giunsero ad una specie di cripta. Due fratelli muratori li seguivano, posizionandosi a pochi metri da loro, senza che egli ne sentisse la presenza. Restò immobile ad aspettare che Jacob Miller gli parlasse.

    «Luigi Tabanelli» proferì improvvisamente nel silenzio, «... noi ti aiuteremo a scoprire i suoni della vita che scorrono come l’acqua, in un ciclo che nessuno potrà interrompere. L’alba della tua nuova esistenza è giunta, il sole della tua nuova anima si sta elevando. Tu sarai il nostro nuovo adepto per rinvigorire la potenza della Massoneria, la forza nuova. La nostra organizzazione sarà la tua organizzazione e con il tuo contributo dovrà divenire così potente da condizionare la politica di tutti gli Stati. Uccidere sarà necessario per tutti coloro che si opporranno al sistema massonico. Noi siamo banche, politica, leggi, non rispondiamo praticamente a nessuno, godiamo dell’immunità, controlliamo i destini dei Paesi, dei parlamenti, il flusso degli investimenti, non dovrai dimenticare che abbiamo già compiuto gran parte del lavoro, però non possiamo dire di avere realizzato lo scopo della nostra opera. La Chiesa cattolica è ancora viva, dobbiamo distruggerla, senza il minimo ritardo e senza nessuna pietà. Tu, come altri adepti massonici, dovrai essere energia pura che esplode, sarai in campo per proseguire l’arduo compito... il Vaticano continua ad attaccarci, lo fa da sempre, cercando di manipolare le menti dei fedeli ed ostacolare la nostra ascesa. A partire dal 1738 la Chiesa cattolica ha emesso più di venti documenti solenni nei quali ha condannato l’appartenenza alla Massoneria e ha proibito ai cattolici di farne parte... leggi qui... : Ma come la natura del crimine è tale che allerta e produce un clamore che lo tradisce, per questo motivo, le società menzionate hanno ispirato nei cuori dei fedeli una tal sfiducia così forte, che aderire a tali associazioni, da parte di persone prudenti e oneste, è come mettersi addosso una fama malefica e perversa. Di fatto, se non stessero attuando male, non avrebbero un odio così grande per la luce. Con questo primo documento del Vaticano contro la Massoneria, si proibì ai cattolici di partecipare alle logge, e si suggerì ai vescovi di svolgere azione inquisitoria dell’eresia. Nel 1751, solamente 13 anni dopo, il papa Benedetto XIV emise una nuova bolla detta Providas romanorum contro la Massoneria. Fu proibito ai cattolici di far parte delle logge, pena la scomunica immediata. Nel corso del secolo XIX sono stati vari i Papi che hanno emesso altre bolle contro la Massoneria, come per rimarcare che farne parte era considerato un peccato grave, che avrebbe portato alla scomunica.

    Nel 1821 il papa Pio VII emise la bolla Ecclesiam a Jesu Christo. Nel 1826 Leone XII emise la bolla Quo Graviora. Nel 1829 Pio XVII emise un’altra bolla contro la Massoneria detta Traditi Humiliati. E così fece Gregorio XVI con la bolla Mirari Vos nel 1832. Pio IX ne emise addirittura sei: rispettivamente nel 1846, 1849, 1864, 1865, 1869 e 1873; anche papa Leone XVIII emise altre bolle e documenti in contrapposizione alla Massoneria, in totale ben otto, dal 1882 al 1902. La più importante fu quella denominata Humanum Genus, del 1884. Nel 1917 nel codice della legge canonica si rimarcò che aderire alla Massoneria avrebbe portato ad una scomunica immediata. La conferenza dei vescovi tedeschi ha redatto un documento contro la Massoneria indicando che i suoi membri negano la rivelazione, e mettono in dubbio la verità. La Massoneria viene indicata come una corrente filosofica che abbraccerebbe il Deismo, e quindi in contrasto con il Cattolicesimo. Nell’anno successivo la Congrega della Dottrina della Fede, ha inviato una lettera ai cardinali americani nella quale sostanzialmente si ribadisce la proibizione per i cattolici di far parte della Massoneria, pena la scomunica... seguitano a volerci controllare ed annientare senza sdegno per poter preservare nella mente dei fedeli la loro potenza... la fede. Ma noi siamo pronti, abbiamo raggiunto un numero tale da far emergere con potenza la Massoneria mondiale. In Inghilterra abbiamo il 15% di affiliati, nella sola città di Londra sono attive ben milleottocento logge. Anche in Australia e negli Stati Uniti superiamo il 20%, in Francia contiamo più di ottantamila affiliati, e poi in Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cuba, Egitto, Filippine, Finlandia, Germania, Giappone e così via... siamo sparsi in tutto il mondo e pronti per dare inizio al nostro piano. Diverranno cardinali e vescovi i nostri fratelli, in modo che essi, come anime innocenti, continueranno a modellare la cristianità. Noi tutti la colpiremo mortalmente. Metteremo i nostri uomini nei ministeri e nelle scuole, per fingere di proteggere la religione, ma in realtà per distruggerla dall’interno. La roccia di Pietro deve essere spaccata. Vi sono circa 2500 vescovi nella Chiesa, dobbiamo quindi spezzarla in 2500 pezzi. Dobbiamo screditare i Vangeli, mettere in dubbio la verità della fede tramite una lotta costante per far scomparire la Chiesa cattolica e l’obbligo della genuflessione ed ogni forma di riverenza. Dobbiamo rimuovere una volta per tutte San Michele, protettore della Chiesa cattolica, da tutte le preghiere all’interno e all’esterno della santa messa... non dimenticarti mai che i massoni sono autorizzati a mentire ed a suicidarsi pur di non rivelare i segreti della vera Massoneria... ».

    «Quale sarà il mio compito, sono un archeologo» chiese pienamente cosciente di sè.

    «Fratello... i Codici di Nag Hammâdi saranno la nostra occasione, la grande occasione che aspettavamo per il trionfo delle nostre ideologie... i codici sono un insieme di testi gnostici cristiani e pagani, rinvenuti in Egitto nel dicembre 1945... ».

    «Lo so Jacob... si tratta di 13 papiri, che furono ritrovati in una giara di terracotta da un abitante del villaggio di Al-Qasr, presso un monastero cenobita pacomiano nell’isola di Nag Hammâdi, detta anche isola elefantina. La zona del ritrovamento è situata accanto alla parete rocciosa di Jabal-Al Tarif, circa 450 km a sud del Cairo, in Egitto. I papiri rimasero nascosti per lungo tempo dopo il ritrovamento e in seguito ad una complessa vicenda, dopo essere stati dispersi, furono recuperati e messi a disposizione degli studiosi».

    «Esattamente Luigi... i testi contenuti nei codici sono, per la maggior parte, scritti gnostici, ma includono anche tre opere appartenenti al Corpus Hermeticum ed una parziale traduzione della Repubblica di Platone. Si ipotizza che i codici appartenessero alla biblioteca di un monastero della zona, e che i monaci li abbiano nascosti per salvarli dalla distruzione, quando si cominciò a considerare lo gnosticismo come eresia... ».

    «Non riesco però a seguirti... !».

    «L’opera più importante presente in essi è il Vangelo di Tommaso; quello presente nei codici è l’unico testo completo noto dell’opera. Grazie a questa scoperta gli studiosi riscontrarono la presenza di frammenti di questi testi nei manoscritti di Ossirinco, scoperti nel 1898, e ne ritrovarono tracce nelle citazioni presenti negli scritti dei Padri della Chiesa».

    «Continuo a non capire!».

    «Tra i Codici di Nag Hammâdi scartati dalla Chiesa c’è anche il Vangelo gnostico di Maria di Magdala... lo cita il Vangelo di Tommaso... si pensava fosse andato perduto con l’estinguersi dello gnosticismo, ma l’abbiamo trovato e letto il contenuto... il Vangelo si compone di più parti, ma quello che ha catturato il nostro interesse sono stati i frammenti che parlano di Giuda Iscariota e Gesù... ».

    «Mi stai dicendo che nel Vangelo di Maria di Magdala ci sono reali prove che esista il Vangelo di Giuda!» esclamò stupefatto, «... dov’è! Voglio leggerlo».

    «Ti sto dicendo molto di più, Luigi... c’è un legame tra Giuda e Gesù che ancora non conosciamo ma che probabilmente egli stesso descrive nel testo... ma ciò che più ha attirato la nostra attenzione è che Maria di Magdala accenna agli anni bui di Cristo, che la Bibbia non cita... mai... ma non solo... Ireneo da Lione lo cita nel suo libro Contro le Eresie... ecco perché la prima gran loggia d’Inghilterra ti ha chiesto di affiliarti alla Massoneria... tu hai fiuto, sei un segugio dell’archeologia, libero da pregiudizi, da rigidi schemi mentali, da legami ideologici, politici o simili che ti impediscono di aprire la mente ed il cuore alla ricerca della verità ed al rispetto degli altri, il tuo apporto sarà prezioso per portare a termine il nostro piano... poi... completeresti i tuoi studi sulla vita di Gesù Cristo... il messia... e non avrai problemi di finanziamenti... ».

    «Gli anni bui? Voi credete che se trovassimo il Vangelo di Giuda vi troveremmo descritta la vita segreta di... gli anni bui di... Gesù?».

    «Ne siamo certi... ti faremo avere i frammenti del Vangelo di Maddalena e ti renderai conto di quanto potremmo essere fortunati se trovassimo il Vangelo di Giuda... i nostri adepti sono già al lavoro in tutti i gradi della gerarchia ecclesiastica per trovare altre tracce nella biblioteca vaticana, documenti che ne comprovino l’effettiva esistenza. Rimane ancora il Papato... noi, con il tuo aiuto, lo colpiremo senza troppi trambusti e sotto l’apparenza di miti pecorelle... troveremo il Vangelo e se quanto raccontano i frammenti del Vangelo di Maria di Magdala è vero, lo divulgheremo alla massa dei fedeli, e il piano andrà avanti da sé. Tutto deve essere rimesso in discussione».

    «Io sarò l’archeologo che... ».

    «Noi... Luigi, noi massoni saremo coloro che troveranno la combinazione per distruggere il clero. Possiamo farlo, il Vangelo è la chiave per aprire la porta, la scheggia per frantumare il cristallo, il sole che spacca la terra divenuta arsa, il resto sarà una lotta costante e metodica per far scomparire la Chiesa cattolica».

    2.

    Abbazia di Sant’Antimo, anno 2005

    L’abate aspettò che i monaci uscissero dal coro, prese la lettera e la mise in una delle tasche del saio. Si lasciò alle spalle il chiostro, salutò con un cenno l’ultimo frate che si dirigeva negli appartamenti privati a nord-est dell’abbazia e proseguì a capo chino. Le dita irrigidite e callose la graffiavano nervosamente. Lentamente e zoppicante, aiutandosi con il bastone, fedele servitore, oltrepassò il chiostro d’ingresso uscendo all’esterno. Si avviò lentamente nell’ampio piazzale, recuperando del tempo che sapeva gli serviva per riflettere. Guardava Castelnuovo dell’Abate, il profilo disteso delle colline, torri e campanili, ulivi e vigneti sulle valli ad est, pensando nel silenzio. Dopo qualche minuto ripercorse l’intero piazzale, fermandosi davanti all’ingresso. Tre portali, due laterali ed uno centrale, risalenti al secolo XI, riportavano incise in lettere ageminate tutte le terre perdute dell’abbazia. Entrando, i grandi chiostri rinascimentali lo avvolsero, lo sguardo si fermò sul lato sinistro dell’ingresso, sulla sommità di una colonna, dove dimorava un mostro con due corpi ed una testa.

    «La bestia che ti ha generato è ancora feconda... non ti sei stancato di darmi la caccia!» esclamò stancamente.

    I fasci di luce dei grandi candelabri sostavano tremolanti sui corpi informi di pietra spugnosa. L’ombra allungata sfiorava archi, capitelli ed arredi. Una sottilissima organza d’incenso profumava l’aria insinuandosi nelle narici. Adagio, andò avanti lungo la navata, dove solo i passi ed il tocco indiscusso del bastone si udivano con eco gentile. I marmi policromi, stucchi dorati, tele ed affreschi, sfilavano davanti agli occhi pallidi. Si fermò alla cripta carolingia, accanto all’altare. Pregò per interi minuti. La preghiera, il legame privilegiato per vivere la relazione con Dio, gli nutriva l’anima con la lactio divina. Poi alzò le palpebre rugose verso l’affresco di Cristo Risorto. Lo fissò in eterni secondi, inspirando ed espirando lentamente senza staccare lo sguardo dal volto. In quel momento la voce dell’abate ruppe il silenzio dell’abbazia, mormorando un perdono rauco per ciò che avrebbe confessato su colui che lo aveva aiutato a riempirgli l’anima, purificargli il cuore, rendendolo autentico per vedere Dio ed il suo amore negli altri.

    «Devo consegnare il Vangelo» mormorò l’abate, «... non sono più in grado di custodirlo... William saprà comprendere».

    Accarezzò lievemente i piedi di Cristo Risorto e poi s’incamminò per la navata centrale. Uscì dall’abbazia attraverso una porta laterale, percorrendo il porticato ed arrivando di fronte alla sagrestia dove lo attendevano padre Enrico e padre Anselmo. S’irrigidì. Sospirò appena, abbassò leggermente lo sguardo. Ora veniva la parte più difficile. Infilò una mano nella tasca e ne estrasse la lettera. Gli ci volle più tempo del necessario.

    «È giunto il momento, seguiamo il piano... consegnatela e tutto avrà inizio» disse, facendo scivolare la lettera tra le mani di padre Enrico.

    «Perché una lettera, metterai tutti in pericolo» protestò.

    «... solo così i demoni emergeranno dalle tenebre e sapremo con chi avremo a che fare, ora sono tutti dormienti e vagheremmo alla cieca, non sapremmo di chi fidarci».

    In quell’istante sentì il cuore battere più forte e le mani tremare. Cercò di trovare sostegno appoggiandosi al bastone, ma l’equilibrio fu precario. Padre Anselmo lo sorresse.

    «Abate Amerigo!» esclamò allarmato.

    «La grazia del Signore Gesù Cristo, il suo amore e la comunione dello Spirito Santo sono con noi. Ho rinunciato alla famiglia e mi sono donato a Cristo. Questo monastero è stato la mia casa, mi ha insegnato la salvezza dell’anima e persevero fino a che la morte non venga a prendermi, pregando che il Signore mi aiuti a divenire parte del suo regno» sussurrò.

    Prese fiato. Tossì fortemente emettendo sangue dalla bocca. Vacillò.

    «Abate Amerigo!» chiamò ancora padre Anselmo, sorreggendolo.

    «Sto bene, sto bene, procediamo come concordato» disse rassicurandoli, incamminandosi lungo il chiostro, verso l’appartamento privato.

    «Abate Amerigo» chiamò padre Enrico con voce preoccupata, avvicinandosi a lui, «... William! La sua vita sarà in pericolo» esclamò.

    «Abbiamo progettato tutto perché questo non accada... mi affido a te, mio caro confratello... lo proteggeremo... è pronto per sapere» disse perentorio, tossendo ancora e ancora, «... non dovete essere in apprensione, dopo anni di preparazione, oggi possiamo intraprendere il viaggio difficile, è il momento giusto. La mia vita sta arrivando alla fine e la morte non dovrà influire sul piano» rispose, mettendogli la mano sulla spalla, lasciandolo interdetto, «... ora andate e pregate» continuò l’abate, entrando nell’appartamento. Chiuse la porta alle sue spalle, abbandonando i confratelli nello stretto atrio.

    L’abate appoggiò l’orecchio ed il palmo della mano sulla porta.

    «Non possiamo tradirlo, abbiamo giurato obbedienza» mormorò padre Anselmo.

    «... ma non possiamo neppure mettere in pericolo la vita di tutti... dobbiamo compiere il nostro dovere, verso Dio e verso i nostri fratelli» rispose padre Enrico sottovoce, ma con determinazione.

    Scosse la testa.

    «Che Dio mi aiuti!» mormorò appena.

    Si diresse verso il letto. Chiuse gli occhi. In pochi secondi fu avvolto dal buio insondabile. In quella densa oscurità vedeva brevi ma intensi luccichii, sospesi sopra e intorno a lui. Sembravano animati da un movimento perpetuo, in un luogo vacuo, leggero, senza dimensione. Stava seduto con le mani appoggiate al bastone, dal quale pendeva un crocifisso che dondolava per l’infinito tremolio delle mani. A volte chinava la testa, apriva leggermente gli occhi e fissava lo spoglio pavimento.

    «William» mormorò, «... forse... la mia anima sarà dannata... ho paura» sussurrò richiudendo le palpebre, ripiombando nella dimensione dei luccichii. «No, non ho paura per me... ho paura per quello che possono farti... devo distruggerlo ed io morire nel silenzio... sarebbe sufficiente una leggera fiammella e tutto diventerebbe cenere. Ma chi crederebbe alle mie parole, penseranno che l’abbia nascosto... io sono malato, non ho paura di morire, ma William sarebbe condannato a morte».

    Malgrado la stanchezza e l’equilibrio precario si alzò in piedi facendo forza sul bastone. Assicurò la porta con il chiavistello. Con fare sicuro si diresse verso un punto preciso dell’appartamento. Prese una lampada. Alzò una botola e si immerse nell’oscurità. A fatica percorse un lungo tunnel, emergendo pochi minuti dopo in un’altra stanza.

    Da un stipo tenuto sotto chiave, tirò fuori un piccolo bauletto di legno. Le incisioni in aramaico correvano su tutto il cofanetto, zigzagando con estrema precisione, formando figure geometriche e mezze lune. Strisce di metallo nero si intervallavano con anelli di ferro battuto, uno più grande discendeva prorompente al centro, cerchiando la serratura colma d’incisioni, riportando sempre la stessa frase: "L’Uomo di Querjoth". Le lunghe dita rasentavano le incisioni di un’altra epoca.

    «... non dimenticherò mai quando ti chiamai... amico mio!» esclamò l’abate con voce strangolata. Poi, un nodo alla gola non lo fece più parlare. Abbassò lo sguardo sul cofanetto, muovendo inutilmente la bocca. Quando riuscì a riprendersi, la voce uscì come un rantolo, ma la mente stava già ricordando quel giorno quando la vita decise di prendere una svolta definitiva.

    ROMA, anno 1978

    «... sono Luigi... pronto... pronto... rispondi!».

    «Cosa succede... a quest’ora della notte... Luigi?!».

    «Ho paura... non so più che fare, mi stanno alle calcagna, che Dio mi aiuti».

    «Di cosa parli... mi spaventi» esclamò Amerigo, sentendo in sottofondo il traffico della strada.

    «Raggiungimi, ora, a Campo Marzio, ti verrò incontro, prendi l’autobus 24 che ti porterà tra vicolo Valdina e via di Campo Marzio, sarò lì ad aspettarti».

    «Luigi!» chiamò Amerigo.

    «Fidati ti prego, non c’è tempo... li hanno uccisi tutti e faranno lo stesso con me... ».

    L’abate fissò la semioscurità della stanza ricordando parola per parola la telefonata, rimbombava nella testa come un eco funesto.

    Lasciò di lato il cofanetto e prese dallo stesso stipo un diario. L’aprì e lesse per l’ennesima volta come se fosse la prima.

    Estratto dal Diario personale di abate Amerigo

    (...) ... il cofanetto di legno che custodisco è pregno di ricordi. Luigi me lo consegnò a pochi isolati da dove dimoravo. Lo fissò ed i miei occhi si riempirono di lacrime. Era spaventato. In preda al panico, pregava di non fargli domande, di prenderlo in custodia e di nasconderlo. Non avrei potuto immaginare, guardando gli occhi atterriti di Luigi, cosa contenesse, ma doveva trattarsi di qualcosa d’importante. Lo vidi solo per il tempo della consegna. I successivi istanti furono pregni di paura, marchiati da un vile terrore.

    «Cosa succede Luigi!».

    «Non posso spiegarti... devo scappare... gli agenti segreti del Vaticano mi inseguono...».

    «Il Vaticano! Di cosa parli!».

    «Non volevo coinvolgerti, ma sei l’unico amico qua in Italia a cui posso consegnarlo... custodiscilo. Amerigo, ti prego, proteggi William e non chiamare Evelyn per nessun motivo, è sotto controllo, la uccideranno e ti troveranno».

    «Non riesco a capire!».

    «Stanno per arrivare... non uscire per nessun motivo o ti uccideranno solo per il fatto di avermi incontrato».

    Un movimento in fondo alla via mi fece sussultare. Mi spinse dentro l’edificio chiudendo il portone senza fare rumore.

    «Luigi!» dissi quasi sussurrando, aggrottando le sopracciglia, «... Luigi!» chiamai sottovoce, ma l’unica cosa che sentii furono solo tre spari attutiti da un silenziatore. Mi fecero provare una sensazione molesta alla bocca dello stomaco.

    «Dov’è! Dov’è!» sentii gridare.

    In un attimo il terrore diventò opprimente.

    «Cosa sta accadendo... in che guaio si è cacciato... mio Dio, aiutalo!» dissi, appoggiandomi al muro.

    Le voci degli inseguitori risuonavano nel vicolo. Rasentai il muro guardando l’uscita secondaria semiaperta. Ero a pochi passi. Nella testa riecheggiavano le parole di Luigi che m’intimavano a non uscire dall’edificio, ma volevo scappare, allontanarmi, rallentare i battiti del cuore. Quattro gradini, poi afferrare la maniglia e correre finché il fiato mi avrebbe sostenuto. Non udivo il minimo rumore. La sensazione era di una via deserta. Quando feci per spalancarla, scorsi un movimento dall’altro lato della strada. Erano i sicari che avevano già fatto il giro dell’isolato. Lentamente mi tolsi dal fascio dei lampioni. Solo due passi indietro per nascondermi nuovamente nel buio. Erano in due, capelli corti, alti, visi marcati.

    «Non l’hanno trovato» esclamai a bassa voce.

    Pochi secondi dopo si voltarono verso un altro portone alle loro spalle. Comparvero altri due uomini che mi fecero gelare il sangue. Trascinavano una sagoma informe. Deglutii. Riconobbi i corpo di Luigi. Non riuscivo a staccarne gli occhi. Mi mancava l’aria. Deglutii nuovamente. Pochi istanti dopo la porta a vetri venne rasentata da fari, una Mercedes scura imboccava il vicolo. Dall’auto scese un uomo con l’abito piano, caratteristico dei cardinali, seguito da un monsignore che si precipitò a conversare con i sicari.

    «Dov’è il Vangelo?!» domandò perentorio.

    «Quando l’abbiamo trovato non l’aveva con sé».

    «Dannazione... doveva consegnarlo a Jacob Miller... avete intercettato l’ultima telefonata?».

    «Sì monsignore, ma non ha fatto nomi».

    «Controllate tutti i palazzi del quartiere... mesi d’attesa per poi avere solo mosche... cercate, presto, cercate... o sarà la fine!» sbottò.

    «Massoneria... ne percepisco l’odore acre» mormorò il cardinale, «... è opera loro».

    «Miller!» scandì il monsignore, alzando il braccio e sparando a bruciapelo i due uomini che avevano tra le mani il corpo di Luigi.

    «Sporchi massoni, traditori di Dio... lo sapete bene che non possiamo deludere la fiducia di sua santità mettendo a repentaglio la reputazione del Vaticano, il credo in tutto il mondo ne risentirebbe» disse inequivocabile il cardinale, salendo in auto.

    «Fate scomparire il corpo... date alle fiamme le anime impure».

    «Sì, eminenza» rispose abbassando lo sguardo, in segno di sottomissione.

    Mi mancò il fiato e mi ritrassi. Mentre saliva in macchina, per una frazione di secondo riconobbi il cardinale del concistoro e si riaccesero le parole di Luigi, taglienti come lame.

    «L’accento! Il suo accento... lo conosco!» esclamai come se qualcuno mi avesse piantato un chiodo in mezzo agli occhi, «... 1962... il Concilio Vaticano II... è lui!» dissi guardando il cofanetto di legno, «... calmati» continuai a dirmi.

    Caricarono il corpo di Luigi nel cofano, poi ripartirono lungo il vicolo, lasciando i sicari superstiti alla ricerca del cofanetto o di colui che l’aveva con sé.

    Indietreggiai di altri due passi quando incrociai lo sguardo di uno degli uomini. Lo scorgevo ma lui non riusciva a vedermi, la porta a vetri rispecchiava la sua immagine. Inciampai nel primo scalino, il suolo mi mancò sotto i piedi, tentai di mantenere l’equilibrio ma non ci riuscii. Caddi di lato. Un tremendo colpo al fianco destro. La testa batté sulla corta ringhiera in ferro, ma dalla bocca neppure un gemito. Il rumore venne attutito dal portone semiaperto ma venne ugualmente avvertito da uno dei due. Con una smorfia sul volto mi rialzai in fretta. Dolorante. Si stavano avvicinando. Fui invaso dal terrore, l’immagine del corpo di Luigi rimbombava a flash nella testa. Avrei voluto bussare ad una porta e chiedere aiuto, ma qualcosa mi diceva di non farlo. Cercai una via di fuga verso le cantine dell’edificio. Avevo ancora pochi secondi per nascondermi. Sentii i passi farsi sempre più distinti, si avvicinavano senza metodo. Aprii una porta, con le mani tastai dei macchinari, doveva essere la sala caldaie dell’edificio. Delle lucette rosse illuminavano faticosamente tubi e bomboloni di acqua calda. Mi accovacciai scivolando sempre più indietro fino a trovare l’angolo dei due muri, poi i passi. Qualcuno stava scendendo le scale. Erano loro. Sentii la porta aprirsi e un crampo di paura scorrere nelle vene.

    «Non c’è nessuno» disse uno dei due.

    «Ero convinto di avere visto qualcuno scendere le scale... !».

    «Chiama gli altri, dobbiamo sorvegliare il quartiere tutta la notte, se il cofanetto è qui, lo troveremo» continuò, battendo il calcio della pistola su una caldaia.

    «... il monsignore andrà su tutte le furie!».

    Il cuore sussultò per il rintocco metallico, pareva giungere da una vicinanza impossibile. Dalla bocca uscì un leggero fremito di sgomento, rimasi immobile ma gli occhi erano spalancati dal terrore. Mi avevano sentito. Trascorse appena una frazione di secondo che vidi gli occhi di uno dei due sicari, luccicanti come bestia nella notte. L’uomo lanciò un grido puntandomi l’arma contro, intimandomi di uscire, quando improvvisamente quel grido d’allarme venne interrotto da uno sparo attutito e da un forte rinculo silenzioso. Vidi il volto in un lampo di luce e poi il corpo s’inarcò ricadendo in avanti pesantemente, battendo prima sul bombolone e poi sul pavimento. Rimasi pietrificato fissando tremante l’uomo in nero che aveva appena sparato. Feci per dire qualcosa ma la gola era arsa. Rimasi con le labbra spalancate di fronte a quella sagoma scura, in attesa della morte.

    «Non uscire fino all’alba, farò in modo che nessuno t’insegua» mormorò soltanto, poi andò via e nella sala caldaie ritornò il silenzio.

    Rimasi vigile dall’eccessiva adrenalina accumulata, chiedendomi il perché quell’uomo avesse ucciso il suo compagno e mi avesse aiutato, poi mi accorsi che da una piccola finestrella entrava della luce. Si era fatta mattina, sentivo lo stridore delle macchine nelle strade. Uscii dalla sala caldaie e tornai alla porta a vetri. Delle persone stavano scendendo le scale e decisi che era il momento. Raggiunsi la gente lungo i marciapiedi fino alla fermata dell’autobus. Aspettai qualche istante prima di vederne uno imboccare con fragore la strada principale. Era il numero 16, diretto a nord. Non era l’autobus che mi avrebbe portato a casa, ma ci salii lo stesso per allontanarmi dal quartiere. Si rimise in marcia, lasciandosi dietro una nuvola di diesel combusto. Un uomo, sulla cinquantina, alto, magro, capelli castani, era salito nell’autobus proprio quando stava per chiudere le porte. Guardò verso il fondo e per pochi istanti i nostri sguardi s’incrociarono. Cercai di respirare lentamente voltandomi altrove, dicendomi che era uno fra tanti, ma non ebbi finito di pensarlo che venni interrotto dalla sua voce.

    «Benedettino?» domandò l’uomo, indicando il saio bianco.

    Risposi cercando di mantenere la calma, d’altronde se non avessi avuto il cofanetto quella domanda sarebbe risultata normale.

    «Sì».

    «Infatti» ribatté acquerellando un sorriso, «... l’ho riconosciuta dalla veste».

    «Sì» dissi ancora, senza scandire altre parole.

    L’uomo sorrise appena, sollevando l’angolo del sopracciglio sinistro.

    L’autobus si fermò. Salutai e scesi. Rimasi fermo sul marciapiede guardando le porte chiudersi e l’uomo salutarmi da dietro il vetro, mentre proseguiva la corsa. Vidi la sua mano sfocata e le labbra muoversi sempre con il sorriso angolato. Strinsi il cofanetto ed attraversai la strada, convincendomi che qualcuno mi stava pedinando. Mi fermai improvvisamente e un signore mi venne addosso colpendomi con la spalla.

    «Ehi, stia attento!» esclamò contrariato, ma sentivo quelle parole fievoli e lontane. Lo guardai in viso e rividi lo stesso sorriso dell’uomo sull’autobus.

    «Dio, aiutami» pregai, e ancora una volta mi fu impossibile distogliere lo sguardo da quel sorriso.

    La mente lavorava come una trottola impazzita. Correre. Dovevo correre e far perdere le tracce.

    «... con calma» mormorai a me stesso.

    Camminai per ore tra la gente, la giornata si stava trascinando lentamente. Esausto cercai di resistere alla stanchezza, aspettando che arrivasse la notte.

    Girai nel primo isolato a sinistra e più avanti imboccai un piccolo cancelletto di ferro battuto. Attraversai il giardino, affiancai le mura laterali della chiesa e guardandomi alle spalle entrai all’interno dell’edificio dove c’era il mio alloggio. Mi appoggiai alla porta della cella chiudendo gli occhi. Ero troppo stanco perfino per respirare. Lasciai il cofanetto sul tavolo e guardai fuori dalla finestrella. Sentii solamente il frusciare delle foglie. Mi voltai e lo fissai. Fui assalito da una rabbia improvvisa. Indietreggiai. Sentii la gola inaridirsi. Pensavo al cofanetto, all’uomo ucciso di fronte ai miei occhi, a colui che mi aveva aiutato a vivere, a Luigi e a tutte le volte che lo avevo accusato di trascurare sua moglie Evelyn e suo figlio William per un Vangelo fantasma. Mi trovai smarrito per un istante o forse due.

    «Il Vangelo» bofonchiai irrigidendomi.

    Appoggiai la mano sopra le strisce di metallo e fui subito raggiunto da una scossa che risalì dalle dita fino al cervello, come se mi avessero conficcato una lama di coltello al centro della mano. La ritrassi. Strinsi le labbra. Il viso s’incupì. Corrugai leggermente la fronte. Mi appoggiai al bordo del tavolo. Le sensazioni di paura s’intensificarono. Mi avvicinai nuovamente alla finestrella chiedendomi

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