La Meraviglia è quando Tremi: Per un'etica della bellezza
Di Danilo Serra
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Anteprima del libro
La Meraviglia è quando Tremi - Danilo Serra
La meraviglia è quando tremi
Per un’ etica della bellezza
Danilo Serra
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Impaginazione e grafica: Pietro Esposito
Dal porto del cuore salpano le navi della passione. Navigano con lentezza, quasi impaurite ma decise, sfidando il mare, sfidando Dio. Non sanno dove andranno; sanno solo che devono andare. Adesso.
L’Autore
A chi non smette di ricercare il Senso
PREFAZIONE
«Siamo il riflesso della meraviglia»
a cura dello Storico Antonio Borrelli
«Ma gli esseri umani amano l’uguaglianza assai più della libertà, e della libertà spesso non gliene importa un bel nulla. Costa troppi sacrifici, troppa disciplina, e non è forse vero che si può essere uguali anche in stato di schiavitù?»
Oriana Fallaci
Le
persone non sono tutte uguali, però lo diventano col tempo. Alexis de Tocqueville disse giustamente: «Ai miei occhi le società umane, come gli individui, diventano qualcosa solo grazie alla libertà». Senza libertà, la meraviglia si eclissa. Tuttavia la meraviglia è quel prodigioso sentimento di stupore, a volte prodotto dalla natura umana, o dall’ardente origine delle cose. Quante persone si meravigliano, ma pochi lo fanno con quel genuino discernimento spirituale e filosofico: ecco l’eresia. Invece Danilo Serra introduce chi legge
in una dimensione ignota del pensiero umano: la testimonianza della conoscenza. «La meraviglia è quando tremi» - almeno così vuole sintetizzare il cuore filosofico e pulsante di Serra; l’acume idealistico viene ritmato all’interno della proiezione universale del suo stesso divenire. Egli è un uomo contendente, citato in giudizio dal Tempo, dalle sue sentenze false e disoneste. Egli abbatte pregiudizi che non devono essere ascoltati, poiché incarnano lo spirito insano della controparte atea e relativista. Egli è un leone della memoria
che salva la nostra cultura destinata allo sfacelo. Egli ci fa capire che l’arte non deve arricchirsi di falsi testimoni. La sua riflessione è paradossale: tutto ciò che scrive contrasta con lo spirito infernale della società del pressapochismo
, dove l’anima è morta e sepolta. Nel suo sistema di pensiero non c’è una dottrina delle idee, piuttosto un’idea che indottrina.
Tutto rinvigorisce con Serra. Egli tira in ballo la repressione radicale delle prospettive, la morte dell’ispirazione e la ritrattazione d’ogni ideale umano. Così riprende in mano, attraverso il suo stile cortese e pacato, il tema dell’offuscamento degli ideali romantici kantiani; tuttavia lo fa sempre con gran classe, senza appropriarsi del senso assoluto della realtà materiale. Serra si sacrifica per l’umanità.
Egli agisce con il metro della gnoseologia, fondando teorie che eludono la classica forza della ragione; infatti la sua profonda avversione al modello dominante, si impernia sui sentimenti. «Vivere una vita non basta.
Bisogna meravigliarsi, imparare ancora a stupirsi, vivere di stupore» - ecco l’oggettivazione del pensiero incorruttibile di Danilo Serra, che nasce dall’anima ragionevole di un filosofo, in parte tormentato dall’eccessivo menefreghismo dei suoi simili. Così spoglia l’essere dall’avere. Esasperato vuole risollevare l’essenza dell’immaginario, per proiettarci verso un ragionamento ricavato dall’esperienza relativista: l’uomo è diventato macchina inanimata, indotto dai suoi sensi a recepire l’errore come una verità imprescindibile.
L’umanità necessita di accedere nuovamente alla conoscenza, non solamente per mezzo della scienza e della tecnica, ma in special modo ristabilendo il proprio legame con il passato. Questa nuova opera di Danilo Serra è universale: la meraviglia è un messaggio inequivocabile, l’emozione che frantumerà quel processo logico-dialettico così tipico della società relativista. L’intuizione e i princìpi della conoscenza ripartono dallo studio della falsificazione delle nostre emozioni: ci hanno ingannato, illudendoci che il mondo avrebbe conosciuto pace e prosperità. La fantasticheria è finalmente terminata, sotto l’influsso della disgrazia sociale, generata dalla crisi che attanaglia l’epoca che stiamo vivendo. L’indolente ammirazione dei valori effimeri, in futuro sparirà e ritroveremo la nostra libertà; Serra ci avverte, in anticipo, che tale Moloch relativista brucerà nella Geenna. «Attraverso la domanda sei in grado di trasformare l’abituale in straordinario. Ti interroghi, osservi, scruti, esplori, indaghi, ricerchi. La meraviglia ti apre un mondo, illuminandolo, ti svela lo straordinario» - forse tale pensiero può rappresentare una nuova forma di occasionalismo, tanto simile a quel senso realista di Malebranche. Ma la realtà circostante, tecnocratica e contemporanea corrisponde al pensiero dell’uomo tecnopatico? Serra ipotizza una risposta, attraverso un tentativo filosofico di ricongiungimento dell’essere con la realtà: una nobile impresa. Filosofo irriverente e coraggioso, che istiga il suo lettore alla riflessione forzata: la sentenza è noi siamo ciò che scopriamo. Il processo mentale di Serra convince e scardina ogni struttura di pensiero dominante. Ci informa e ristabilisce l’ordine giusto, tuttavia lo fa ricalcando le orme di un precettore sapiente. L’estasi si fonda sulla bellezza della meraviglia, che non risulta mai essere banale
o meschina
; anzi essa è pura elevazione dualistica dell’assoluta ricerca del Creatore. Dio è meraviglia. L’unità si concretizzerà nella disuguaglianza dell’uguaglianza, praticamente scartando la funesta eredità dell’illuminismo, che tanto male e confusione ha lasciato alle generazioni successive; la magniloquenza del pensiero filosofico di Serra rispecchia l’umiltà delle proprie ragioni, che non hanno bisogno di servirsi della propria intelligenza
- come decantato da Kant.
«Uno dei grandi mali che affligge il mondo in cui dimoriamo è la mancanza della meraviglia. O per meglio dire: non siamo più in grado di meravigliarci, non lo facciamo, non ne siamo capaci. La visione della meraviglia è stata repressa, annientata, cancellata con un incisivo colpo di spugna. Ruotiamo intorno alle cose e non ci dirigiamo mai nel cuore delle cose».
Certamente lo scritto di Serra è una guida maestosa, speciale sotto ogni punto di vista. Il dinamismo culturale delle sue idee, accumulate con maestria e raziocinio, vengono esposte sia al grande che al piccolo lettore. L’opera è davvero panteistica, poiché magnetizza e ipnotizza, decantando la fine di un mondo che s’approssima alla sua stessa rovina. Tutto dovrà rinvigorire. Siamo alla fine dell’inverno, e la primavera sta per giungere, anche se noi ancora non la percepiamo. Serra ci dona speranza. Ecco l’opera del maestro che non è represso, perché abbatte le insegne della prigione relativista: il suo cuore, la sua anima e la sua luce ci accompagnano - con entusiasmo - verso il futuro. In fondo qualcuno
doveva cominciare a visionare il mondo contemporaneo, però ci voleva un soldato belligerante come Serra per opporsi al pensiero laconico. Egli lotta per difenderci. Con la sua penna trafigge l’eresia relativista prodotta da chi vuole stringere per costringere; confonde chi lo vuole avversare nel suo processo comunicativo. Danilo Serra è lumen mundi.
«Perché le cose stanno così?»
I bambini vedono il tutto nel nulla, gli adulti il nulla nel tutto.
Leopardi, Zibaldone
Avevo all’incirca dodici anni. All’epoca frequentavo la scuola media del mio paese. Quel giorno, come tutti i giorni, ero in classe, la II A, comodamente seduto in prima o in seconda fila, non ricordo con esattezza. Ricordo invece che assistetti estasiato ad una bella lezione di geometria. Il professore, un tipo molto puntale e affascinante, aveva deciso di riprendere un argomento dato in passato per scontato: gli enti geometrici primitivi. Citava con gran disinvoltura il greco Euclide, parlandoci del punto, della retta e del piano. Mi colpì subito il modo in cui decise di avviare la lezione. Pose l’accento sulla particolarità del punto, prendendo il gessetto dal colore rosso e poggiandone la punta sulla lavagna. Poi, con lo stesso gessetto, disegnò una serie di trattini uno dopo l’altro. Infine, sulla medesima lavagna, rappresentò, tremando leggermente, una sorta di parallelogramma con i lati tratteggiati. Posò il gessetto e strofinò agitato le mani, osservando con attenzione la lavagna. Poi, solo silenzio, un incomprensibile silenzio che avvolgeva lentamente l’intera aula. Nessuno parlò, nessuno fiatava. Per almeno tre minuti andò in