Per la salute di que' poveri infermi: Tre secoli di ospitalità dei Fatebenefratelli a Venezia
Di Carlo Urbani
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Essi hanno ininterrottamente rappresentato la testimonianza della pratica dell’Ospitalità, carisma di questo Ordine ospedaliero, del quale il volume traccia un primo bilancio storico: dall'assistenza, intesa come spontanea traduzione della carità evangelica, alla sempre più professionalizzata pratica della medicina concentrata su questioni di frontiera.
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Anteprima del libro
Per la salute di que' poveri infermi - Carlo Urbani
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Presentazione
Il terzo centenario della presenza dei Fatebenefratelli in terra veneta è stato il motivo che ha generato questa pubblicazione che accolgo con piacere quale strumento per non perdere memoria delle numerose pagine di Ospitalità che i religiosi hanno scritto a Venezia.
Una ricerca storica meticolosa, arricchita da un’ampia appendice documentaria, ed importante anche per l’aspetto medico assistenziale: vediamo infatti l’evoluzione dell’offerta ospedaliera, sempre più amplia e completa. Si inizia, chiamati dalla vicina Milano, col prendersi carico dell’ospedale militare di S. Antonio ampliatosi poi nell’ospedale di San Servolo e trasformatosi in Asilo per la cura della malattia mentale, divenendo infine, nel 1809, con il ricovero della prima donna malata di mente, manicomio. Altra svolta storica per i Fatebenefratelli l’acquisto di palazzo Benzo-Zecchini (1884) e l’apertura nel sestiere di Cannaregio della Casa di Salute per uomini affetti da malattie mediche e chirurgiche ed attuale sede dell’ospedale San Raffaele Arcangelo.
Emerge inoltre l’aspetto carismatico a testimonianza della pietà cristiana
tipica dell’Ospitalità che ci è stata donata dal nostro fondatore San Giovanni di Dio che si prese carico di chi soffriva. Per lui l’importante era, e lo è ancora oggi per noi, curare l’uomo nella sua totalità. Da volontario animato dall’Amore, con la A maiuscola, Giovanni seppe innovare i metodi di assistenza diventando, per gli storici, il fondatore dell’ospedale moderno. I religiosi ospedalieri preparati nelle migliori università sono diventati negli anni professionisti rinomati e riconosciuti, sono tanti i confratelli che hanno saputo ottenere credibilità nel mondo medico scientifico con le loro scoperte.
Non tutto è stato facile, non possiamo dimenticare l’articolata storia italiana ricca di dominazioni ognuna con le sue leggi, spesso di soppressione degli ordini religiosi, ma i Fatebenefratelli grazie al loro essere presenti nel mondo sanitario a servizio dell’uomo sofferente hanno saputo superare le diffidenze di chi governava e amministrava Venezia – la repubblica di Venezia, i francesi, gli austriaci, gli stessi italiani – e restare a servizio della persona malata nel corpo e nella mente.
Tensioni, interferenze, incomprensioni non sono mancate in questi tre secoli sia dal mondo laico, sia all’interno della Chiesa; leggendo le pagine del testo si trovano tutte queste difficoltà che ci rimandano ai giorni nostri dove sempre va mediata la nostra presenza nel mondo della salute con gli interessi economici ma a guidare le nostre scelte, a favore dell’uomo sofferente e aperti alle sfide delle nuove povertà del mondo, non può mancare la luce dell’Ospitalità.
Ringrazio coloro che hanno creduto e voluto questa iniziativa in particolare il confratello fra Dario Vermi, superiore dell’attuale ospedale San Raffaele Arcangelo di Venezia, e tutte le persone coinvolte, direttamente o indirettamente, in questo prezioso lavoro.
Fra Massimo Villa O.H.
Superiore Provincia Lombardo-Veneta
Introduzione
Pretendere di esaurire, in una sola occasione, trecento anni di presenza a Venezia dell’Ordine ospedaliero dei Fatebenefratelli sarebbe porsi un obiettivo oltremisura ambizioso; nelle pagine che seguono si è cercato di fornire una prima traccia per fissare alcuni momenti, dipanare un filo rosso sul quale altri potranno mettersi al lavoro per ricostruire episodi, luoghi e figure significativi di una vicenda che per la storia di Venezia, religiosa e civile, presenta tratti caratteristici e al tempo stesso singolari, tali da offrire uno sguardo da un punto di vista originale.
Arrivati quando oramai la millenaria Repubblica di San Marco stava esalando i suoi ultimi, affannosi respiri, quando la società veneziana e la sua cultura religiosa, al pari di quella europea, si affacciavano nel secolo dei Lumi e poi dell’esplosione del progresso scientifico che avrebbero contribuito a mettere in discussione il significato e il ruolo dei grandi ordini religiosi nel panorama civile, i frati ospedalieri hanno saputo accompagnare le trasformazioni della città lagunare rimanendo con lo sguardo fisso sulla marginalità, loro tratto carismatico caratteristico.
Pare, dunque, di poter affermare che filo conduttore della presenza dei Fatebenefratelli possa essere individuato in una notevole capacità di tradurre il comandamento evangelico della carità nello sguardo compassionevole a quelle situazioni umane che, di volta in volta, hanno comportato insieme alla sofferenza fisica anche il drammatico tratto della solitudine sociale: se all’inizio oggetto della loro cura furono i malati di mente, altrimenti destinati alla fusta
, alla nave dei folli
, in tempi recenti le energie e le attenzioni sono state rivolte con intuizione profetica al dramma dell’alcolismo o della fase terminale della malattia.
E se la bisecolare separazione fisica nell’isola di San Servolo ha dato alla presenza dei religiosi un contrassegno di discrezione, anche la seconda realtà ospedaliera da loro promossa si è innestata nella vita della città, divenendo ancora oggi parte costitutiva, benché non siano mancati delicati passaggi attraversati da tensioni e incomprensioni con una società in trasformazione e, in particolare nell’ambito medico, in emancipazione dal monopolio della cura da parte delle istituzioni assistenziali a prerogativa religiosa.
Nelle pagine che seguono, dunque, si troverà per cenni una vicenda che per trecento anni ha caratterizzato non solo la cura e l’assistenza medica di malati, ma anche la sensibilità di uomini di Dio ostinati a perseguire il mandato loro affidato dal fondatore di essere fratelli che si preoccupano di fare del bene al prossimo.
Capitolo I
Dall’arrivo dei primi padri alla caduta della Repubblica
Gelosa delle proprie prerogative anche in materia religiosa e sospettosa nei confronti di qualsiasi forma di aggregazione che avesse fuori dai propri confini territoriali il centro direzionale, la Repubblica di Venezia non aveva mai guardato con troppa simpatia agli ordini religiosi, tenuti sotto stretta sorveglianza dapprima dal Consiglio dei Dieci in seguito, a partire dal 1521, da una specifica magistratura, i Provveditori sopra i Monasteri
; fino a quale punto fosse disposta a giungere pur di preservare i propri diritti lo aveva dimostrato, a questo proposito, la vicenda dell’espulsione della Compagnia di Gesù e il conseguente interdetto scagliato da papa Paolo V contro la Repubblica nel 1606.
Non è privo di significato, dunque, che la famiglia religiosa nata e cresciuta attorno alla figura del portoghese Juan Ciudad, passato alla storia come san Giovanni di Dio, sia approdata nella laguna veneziana soltanto all’inizio del XVIII secolo, pochi decenni dopo la canonizzazione del padre de los pobres
. Per la verità, da più di un secolo frati conosciuti con il nome di ‘Fatebenefratelli’ del vicino ducato di Milano avevano cominciato periodicamente a svolgere la questua non solo nella terraferma veneziana ma anche nella stessa capitale della Repubblica, dove era possibile reperire droghe et robbe di specierie vetri et altro che gli saranno datto in elemosina
[1] .
In ogni caso, è solo nel 1715 che il Senato veneziano delibera di avvalersi dell’opera dell’Ordine Ospedaliero dei Fatebenefratelli, chiamandolo ad assumere la direzione dell’ospedale militare, intitolato al SS. Nome di N. S. Gesù Cristo
, che era stato istituito presso la canonica della chiesa di Sant’Antonio di Castello un ventennio prima, nel marzo del 1694, e aveva cominciato ad accogliere i soldati infermi, sia della città che delle piazze d’oltremare, fino ad allora dislocati nei diversi ospedali comuni cittadini, non senza problemi nella pratica medica, dispendi per le casse pubbliche e imprevisti disciplinari che erano stati motivo tra l’altro di fughe e diserzioni.
Il Senato veneziano, dunque, con la deliberazione dei Savi alle Scritture datata 7 giugno 1715 [2] , non poté far altro che prendere atto della necessità di sostituire gli attuali serventi, che ora prestano assistenza agli Infermi medesimi
, i quali non adempiscono con carità agli obblighi prescritti, ma al loro proprio vantaggio
e, intendendo porre rimedio a’ disordini
e garantire il necessario Governo
, dopo aver preso le più accurate informazioni per scegliere chi con pietà cristiana potesse in concambio degli attuali meglio impiegarsi in questo caritatevole esercizio
decise di avvalersi dell’opera dei chierici regolari ospedalieri dell’Ordine di San Giovanni di Dio instituiti a questo solo oggetto prima nel Regno di Portogallo, indi ampiamente diffusi nella Spagna, nella Francia, nella Germania e nell’Italia ancora, con frutto, ed approvazione
. In questa decisione del Senato veneziano sono da notare due particolari: il primo, più significativo e certamente espressione di una determinata volontà (instituiti a questo solo oggetto
), è la precisazione della sola finalità assistenziale per la quale i Fatebenefratelli furono istituiti, vale a dire la garanzia di estraneità rispetto ad altri scopi quali potevano essere quelli formativi e di direzione spirituale delle coscienze, più specifici di