Il cammino del Volto Santo di Lucca: Le strade e gli ospedali per pellegrini nella valle
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Anteprima del libro
Il cammino del Volto Santo di Lucca - Amedeo Guidugli
Fotografie
Le foto contenute nel testo sono di Amedeo Guidugli e Mauro Doni.
Indice
Premessa
L’età dei pellegrinaggi
Lucca e il Volto Santo
Le istituzioni caritative della bassa e media valle del Serchio
S. Ansano di Moriano e S. Martino in Greppo
S. Leonardo di Calavorno
S. Marco di Gragliana
S. Concordio di colle Asinaio
S. Jacopo a Pontis Populi
S. Regolo di Monteperpoli
Gli ospedali per pellegrini dell’alta valle del Serchio
S. Bartolomeo del Saltello
S. Pellegrino dell’Alpe
S. Maria di Buita
S. Sisto di Sillano
S. Nicola di Tea
S. Jacopo dell’Isola Santa
Le istituzioni assistenziali del tardo medioevo
S. Lazzaro di Strignano
S. Pietro di Ghivizzano
S. Maria di Coreglia
S. Lucia e S. Croce di Barga
S. Antonio di Gallicano
S. Croce di Castelnuovo
S. Maria di Piazza a Castiglione
S. Marco di Camporgiano
Appendice Fotografica
Bibliografia
Proprietà letteraria riservata
© 2013 Garfagnana editrice
© 9788899735081 Argot edizioni
Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico.
Al prof. Francis-Jacques Mathieu
(fra’ Benedetto)
"Da un lato come dall’altro dell’Atlantico, il Medioevo ha una cattiva reputazione in misura maggiore, forse, di ogni altro periodo storico. Mille anni di storia dell’Europa occidentale sono stati così consegnati ad un disprezzo inestirpabile, la cui funzione è forse di permettere alle epoche a seguire di forgiare la convinzione della propria modernità e della propria capacità di incarnare i valori della civiltà.
L’ostinazione degli storici a stroncare i luoghi comuni non ha fatto nulla o molto poco. L’opinione comune continua ad associare il Medioevo alle idee di barbarie, d’oscurantismo e d’intolleranza, di regressione economica e di disorganizzazione politica. I costumi mediatici confortano questa tendenza facendo appello all’epiteto medievale allorché si tratta di qualificare una crisi politica, un declino dei valori o un ritorno all’integralismo religioso".
Jérôme Baschet, La civilisation féodale, Paris 2004.
SIGLE ED ABBREVIAZIONI
A.A.L. = Archivio Arcivescovile di Lucca.
A. C. L. = Archivio Capitolare di Lucca.
A.S.F. = Archivio di Stato in Firenze.
A.S.L. = Archivio di Stato in Lucca.
A.A.Mo. = Archivio Arcivescovile di Modena.
B.N.F. = Biblioteca Nazionale di Firenze.
B.S.L. = Biblioteca Statale di Lucca.
Lib. Ant. = Libri Antichi
Vis. Past. = Visite Pastorali.
AMEDEO GUIDUGLI
SUL CAMMINO DEL VOLTO SANTO
Le strade e gli ospedali per pellegrini
nella valle del Serchio in epoca medievale
Argot edizioni
PREMESSA
L’argomento trattato non è nuovo, anzi! Diversi autori locali si sono occupati in maniera più o meno diretta della viabilità antica e di quella medievale a Lucca e lungo la valle del fiume Serchio; altri si sono interessati all’attività caritativa in città e nel territorio circostante; altri ancora – come il sottoscritto - hanno focalizzato la loro attenzione sui centri assistenziali che si trovavano lungo i percorsi della valle del Serchio i quali, di solito, andavano ben oltre i confini geografici dello stesso comprensorio. Fino ad oggi, comunque, è mancata una visione d’insieme del fenomeno
assistenziale locale il quale si è sviluppato a far data dal secolo VIII, ma ha avuto il suo massimo incremento soprattutto intorno ai secoli XI - XIII. Dopo un periodo di forte declino, dovuto ai conflitti bellici e agli sconvolgimenti socio – economici che hanno caratterizzato il secolo XIV, lo stesso fenomeno è riemerso in epoca moderna con motivazioni e finalità diverse rispetto a quelle originali arrivando, in taluni casi, fin quasi alle soglie del nostro tempo. L’ospizio di S. Luca o della Misericordia a Lucca (divenuto poi ospedale cittadino) e quello di S. Croce a Castelnuovo, il cui ricordo sopravvive nell’attuale ospedale civile, ne sono una prova evidente. A tale esigenza abbiamo cercato di provvedere con il presente lavoro, senza la pretesa di aver risolto il problema; anzi, con la convinzione che ricerche più assidue in ambito archivistico e nuove indagini sul territorio possano offrire risultati e scoperte ancor più soddisfacenti.
A fronte delle molte certezze di alcuni soloni, riteniamo che la questione della viabilità medievale e dei centri di assistenza, sorti lungo gli itinerari della valle del Serchio, sia in costante evoluzione e possa (e debba) essere soggetta a continue verifiche, anche a carattere interdisciplinare. Un’iniziativa di questo tipo è stata praticata, in Garfagnana, durante la fase di scavo del sito dell’ospedale di Tea (Giuncugnano): tale scelta ha consentito di avere dati sicuri sull’origine e sullo sviluppo di questa struttura assistenziale, di cui si hanno scarsissime notizie storiche. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che un’indagine più articolata sulla viabilità del passato e sulle istituzioni caritative presenti nel nostro territorio, possono trovare un riscontro del tutto positivo – forse anche inaspettato - nel confronto con altre esperienze simili condotte in altri territori. Specialmente in quegli ambiti territoriali che, per motivi geografici od altro, hanno avuto collegamenti diretti col comprensorio di cui stiamo parlando.
Da alcuni decenni – scrive Renato Stopani - la storiografia è andata riscoprendo il pellegrinaggio medievale, un fenomeno che ebbe rilevanti manifestazioni per tutta l’età di mezzo, con implicazioni che, al di là degli aspetti più propriamente religiosi, riguardarono tutta la società e l’economia. Con i pellegrinaggi sono stati riscoperti anche gli itinerari percorsi un tempo dai pellegrini e si sono conseguentemente incrementati gli studi sulla viabilità del medioevo
.
Già in epoca romana, Lucca e la valle del Serchio hanno avuto un legame significativo con il mondo antico che è stato parzialmente cancellato dal degrado e dall’incuria in cui venne a trovarsi questo territorio in epoca alto - medievale, ma forse anche prima. Tale sorte riguardò, inevitabilmente, anche la viabilità di quell’epoca, della quale rimasero ben poche tracce, che in parte sono state rimesse in luce dalle più recenti indagini archeologiche. Solo intorno al secolo XI, alcune delle strade superstiti tornarono ad essere praticate, sia nell’immediata periferia della città che nel contado, da coloro che avevano necessità di spostarsi per motivi di fede, di commercio od altro. Successivamente furono individuati anche degli itinerari alternativi che consentirono di poter viaggiare con maggior sicurezza, rispetto ai tragitti tradizionali. La strada che, attraverso la valle del Serchio, collegava Luni con la città di Lucca, rappresentò uno di questi itinerari in quanto, per un certo periodo, costituì la variante locale della via francigena che, com’è noto, congiungeva le regioni dell’Europa nord-occidentale e dell’Italia settentrionale con Roma.
Per il pellegrino del medioevo, la capitale della Cristianità era considerata come un punto d’arrivo, come il compimento del proprio cammino penitenziale, della propria esperienza di fede; per altri, invece, era solo una tappa, anche se di fondamentale importanza, verso il raggiungimento di un obbiettivo maggiore, che nell’esperienza spirituale di molti poteva essere individuato nella visita al sepolcro di Gesù, quindi, nell’arrivo a Gerusalemme.
"La metafora del viaggio - sostiene Franco Cardini -, caratteristica per indicare la vita terrena, era quindi centrale nell’esperienza del pellegrino: viator, appunto, che affronta i disagi e i pericoli del viaggio terreno per giungere al riposo e al ristoro di quella Jerusalem celesti della quale la Jerusalem terrena è solo metafora, pallida copia materiale, eco lontana".
Il romeo, inteso come ‘penitente’ e ‘povero’, non sempre poteva ambire ad un viaggio di devozione molto impegnativo, poiché tale scelta comportava sacrifici, a volte insostenibili, e rischi piuttosto evidenti. Lo stesso aveva, comunque, la possibilità di accedere a tappe intermedie che gli permettevano di soddisfare le proprie esigenze di fede. A fianco del pellegrino, inteso nel senso più tradizionale del termine, spesso si poneva un’altra figura di viandante, rappresentata da quell’individuo che si muoveva per motivi di commercio od altro, sia in Italia che all’estero.
La stessa città di Lucca divenne, nel medioevo, una mèta quasi obbligata per i molti pellegrini che dall’Europa del nord e dall’Italia settentrionale scendevano verso il centro o il sud della penisola, per motivi devozionali o per esigenze commerciali.
All’interno delle sue mura si venerava (e tuttora si venera) l’effige del cosiddetto Volto Santo
, ovvero un’immagine lignea di Cristo crocifisso; lì si trovavano custodite altre importanti reliquie, come quelle dei martiri Regolo e Ponziano; lì si custodiva il ricordo di quattro personaggi, la cui santità è direttamente collegata al pellegrinaggio medievale. Si tratta di Riccardo, leggendario re degli Anglosassoni; Davino di origine armena; Avertano, proveniente da Limoges e il suo compagno di viaggio Enrico, soprannominato Romeo.
Ma a Lucca si producevano anche grandi quantità di lana e di seta, che per la loro qualità e per il loro pregio venivano commerciate ed esportate in tutta Europa. Senza dimenticare, poi, che la moneta lucchese circolava sia sui mercati interni che internazionali per essere stata l’unica attiva in Toscana fin dai tempi dei Longobardi.
In questo contesto, sorsero molte istituzioni caritative che in breve tempo diventarono un preciso punto di riferimento per tutti coloro che dovevano affrontare spostamenti di media percorrenza, ma anche i viaggi di più lunga durata, come quelli che avevano la durata di mesi o di anni. Per oltre tre secoli, queste istituzioni offrirono al pellegrino la possibilità di ridurre le difficoltà del viaggio derivanti dalla stanchezza fisica, ma anche dalle avverse condizioni meteorologiche e dai pericoli esistenti lungo le strade.
Con il chiudersi dell’epoca medievale, con il venir meno della pratica dei pellegrinaggi, con la crisi che investirà la Toscana e, quindi, anche il territorio di Lucca, durante il secolo XIV, molte di queste strutture soccomberanno in maniera definitiva; altre – quelle che si adatteranno alle esigenze di una società in lenta evoluzione – riusciranno a sopravvivere per qualche secolo ancora, poi scompariranno di nuovo, poiché – come afferma il Cardini - quella dei pellegrinaggi è la storia di una tradizione che si rinnova continuamente e che resta in modo costante simile a se stessa
.
AMEDEO GUIDUGLI
Montaltissimo (Lucca), 4 novembre 2013
PARTE PRIMA
L’età dei pellegrinaggi
Il pellegrinaggio cristiano rappresenta una delle manifestazioni di fede più significative dell’età medievale e la sua pratica diventa un vero e proprio fenomeno di massa che riesce a coinvolgere la gran parte delle regioni d’Europa. Tale esperienza riguarda le esigenze spirituali dell’uomo, il quale cerca di riscattare le proprie colpe mediante forme penitenziali che, nella loro forma esteriore, a volte ricordano quelle del mondo pagano. Alla pari di ciò che avveniva nel mondo greco e romano, essa comporta viaggi lunghi ed estenuanti verso i più rinomati santuari del tempo, dove si conservavano reliquie o altre immagini sacre degne di particolare venerazione.
Agli albori dell’XI secolo, le mète più importanti del pellegrinaggio cristiano sono rappresentate – come è noto – dal sepolcro di Cristo a Gerusalemme, dalle tombe degli apostoli Pietro e Paolo a Roma e dalle reliquie di S. Giacomo di Compostela, in Galizia, che sono da considerarsi come veri e propri punti di riferimento della spiritualità medievale. A fianco di questi capisaldi della religiosità popolare, si pongono altri centri di minore importanza, dove anche coloro che non sono in grado di intraprendere viaggi particolarmente lunghi ed estenuanti possono compiere altre esperienze devozionali. Questi spostamenti, detti anche peregrinatio penitentialis o peregrinationes sacrae, rappresentano esercizi di devozione e di penitenza di cui ognuno può avvertire la necessità; l’esperienza del pellegrinaggio religioso deriva, infatti, da un bisogno interiore, che consente a ciascuno di mettere in pratica le proprie esperienze di fede, che molto spesso si manifestano attraverso istanze collettive.
Il fenomeno del pellegrinaggio medievale si manifesta, soprattutto, durante un breve periodo di pace per l’intero continente europeo, in cui si assiste ad un certo incremento demografico, che spesso appare collegato ad una rinascita sociale ed economica che, a sua volta, stimola la crescita di un nuovo sistema di comunicazioni e di scambi commerciali. Sia il viaggio penitenziale che quello dettato da motivi economici offrono la possibilità, a chi è in grado di compierlo, di realizzare un confronto diretto tra culture diverse ed un’intensificazione dei rapporti fra popoli geograficamente distanti fra loro. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che ogni singolo viaggio può durare mesi se non, addirittura, anni interi ed ogni spostamento può comportare distanze spesso imprevedibili (1).
Scrive R. Stopani: "Nell’immaginario collettivo degli uomini del Medioevo il pellegrinaggio occupava un ruolo di grande rilevanza: non a caso la figura del pellegrino è un topos ricorrente nelle opere ‘culte’, così come nella poesia popolare. Quest’ultima, accanto ad antiche ballate epico-liriche, ha tramandato numerosi strambotti tradizionali che testimoniano della diffusione della pratica dei pellegrinaggi: vedi il toscano ‘Pellegrin che vien da Roma’, o il piemontese ‘Pelegrin che andé a San Giaco’" (2).
Un contributo alla rapida diffusione del pellegrinaggio cristiano lo offrono senza dubbio le istituzioni monastiche, soprattutto quelle più organizzate, poiché riescono ad indirizzare le comitive dei pellegrini verso itinerari prestabiliti. L’abbazia di Cluny in Borgogna è sicuramente una di queste, in quanto i suoi monaci avranno un ruolo del tutto determinante nella rinascita della spiritualità del mondo occidentale e nella riforma della Chiesa universale. L’abate Odone e i suoi primi successori, riusciranno ad alimentare un fervore spirituale e intellettuale che poi sarà assimilato e rielaborato da molte altre generazioni di monaci. Uno degli aspetti caratteristici della cultura cluniacense era la povertà, ma non perché i monaci fossero realmente poveri, cioè privi di ogni bene materiale, ma perché avevano scelto di isolarsi dal mondo. Guglielmo d’Aquitania, il fondatore, li aveva forniti di una ricca dotazione per consentire loro di dedicarsi alla preghiera, lontani dalle preoccupazioni mondane. Nei propositi dell’istitutore c’erano, infatti, delle aspettative che andavano ben oltre la vita monastica intesa come esperienza di vita circoscritta all’interno di un’abbazia, seppur prestigiosa come quella di Cluny: "Vogliamo anche che ai nostri tempi e ai tempi dei nostri successori vi si eserciti sempre