Ruggine a colazione
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Anteprima del libro
Ruggine a colazione - Silvia Conforti
SILVIA CONFORTI
Ruggine a colazione
SILVIA CONFORTI
Ruggine a colazione
Prima Edizione 2017
Isbn 978-88-3343-005-8
Lello Lucignano Editore
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A Susy
C’erano cose che facevano ridere solo noi due
e lasciavamo fuori il resto del mondo.
Raccolta – tema di fondo
I racconti, a volte narrati in prima persona da personaggi diversissimi tra loro o da un narratore onnisciente che accompagna il lettore nelle più disparate realtà, hanno sempre un retrogusto di rivalsa. I protagonisti si trovano costretti ad affrontare situazioni dalle sfumature comiche, curiose, fantastiche, a volte drammatiche con pennellate di sarcasmo che ne smorzano i toni.
Storie brevi e incisive di rivincita nei confronti della malattia, di un destino avverso o dispettoso, di persone che rendono la vita difficile, di chi si presume ci allontani dalla felicità, di chi vive da talmente tanto tempo da credersi eterno.
Storie di rivalsa anche nell’accezione più specifica e crudele di vendetta per giustificare e dare un senso a passate sofferenze.
Tanti piccoli quadri dipinti senza celare le brutture del mondo, ma esposti al lettore come in un elegante vernissage.
MEGLIO MANGIARE
CHE ESSERE MANGIATI
Sono le quattro di un pomeriggio afoso di metà luglio. La sabbia rovente non si può calpestare a piedi scalzi, gli ombrelloni non sono sufficienti a evitare la calura e anche l’acqua del mare non dà alcun sollievo.
Solo i bambini si danno da fare, loro, quando c’è da giocare, non sentono niente, neanche se gli scappa la pipì.
Fausto ha perso il conto di quante volte si è immerso per cercare refrigerio, ha la pelle vizza come un culo di vecchia, galleggia mimetizzandosi tra le boe colorate. Rimane a galla senza sforzo, è grasso, non in carne, non sovrappeso, è proprio grasso.
Per lui starsene lì a fluttuare, finalmente leggero, è proprio una bella sensazione.
Vicino alla riva però sembra di stare immersi in un brodo, così decide di nuotare un po’ più a largo, bracciata dopo bracciata, con calma, nella speranza che qualche corrente più fresca si trovi a passare da quelle parti. Muove adagio le braccia simili ai parabordi di una barca, il costume a pantaloncino ripieno di un culo enorme è gonfio come un pallone e tiene sollevate a pelo d’acqua anche le gambe. Si sposta mentre pensa che tutto quell’affaticamento non previsto gli sta facendo bruciare calorie e quindi, una volta a riva, dovrà subito integrare la perdita con un gelato al croccantino, il suo preferito. Ogni tanto si concede una pausa e strizza gli occhi abbagliati dal sole per scrutare la battigia. È là che si svolge la quotidiana sfilata di fusti e belle donne che fanno mostra di sé, tutti a passo svelto, simil corsetta, decisi a mantenere tonici i loro corpi scultorei dove regna il giusto mix di muscoli, massa grassa e massa magra; intanto li odia, se potesse li fulminerebbe all’istante. La sua goduria maggiore, il suo sogno nel cassetto, sarebbe quello di poterli riempire di adipe a suo piacimento: dieci chili sull’addome, diciassette sul sedere, otto per ciascuna coscia e via così, fino a farli diventare tutti come lui.
Ah, pensa, come sarebbe bello e consolatorio un mondo di ciccioni, tutti taglia extraextraextralarge!
Si posiziona sulla schiena, il ventre emerge fiero come quello di una gestante al nono mese. Rimane a fare il morto a galla per un tempo che non sa quantificare e, cullato dalla marea, si addormenta.
Un rumore forte, ovattato solo in parte dall’acqua, lo sveglia di soprassalto: spaventato si accorge che è un gommone che gli sfreccia vicino. Nonostante lo stordimento, si accorge di essersi allontanato troppo. Gli ombrelloni sono solo puntini colorati lontani, lontani. Con la testa fuori dall’acqua fa fatica a respirare anzi, non respira proprio e d’istinto la immerge completamente. Adesso sì, adesso va bene, il fiato arriva e lui si sente ancora più leggero, nuota veloce, con un’agilità sconosciuta. In mare è perfettamente a suo agio, quasi quanto stare davanti a un piatto di lasagne.
Sott’acqua, apre e chiude la bocca, ha un respiro regolare e riesce pure a mangiare al volo piccoli molluschi e alghe saporite che cadono vittime della sua voracità. L’appetito, quello, non è cambiato.
Un grande senso di beatitudine lo sollazza. Si chiede se per caso stia ancora dormendo, magari sogna…
- Adesso mi do un pizzicotto e vediamo cosa succede. -
Al posto delle braccia e delle mani si trova due pinne ventrali, gli occhi ai lati del corpo, il punto di vista è cambiato: sforzando il bulbo oculare riesce a guardarsi: è tutto ricoperto di squame!
Preso dall’ansia cerca anche di capire se il suo pene c’è ancora; gli piace tanto quando, immerso nell’acqua, lo sente sguazzare libero nel costume largo invece che ripiegato su se stesso, compresso nelle mutande sempre troppo strette. No, non c’è più e non ci sono più neanche le gambe, sostituite da una coda colorata. Cosa è successo?
Ne ha visti di documentari, ne ha lette di riviste specializzate, è consapevole che l’inquinamento, l’effetto serra e poi l’innalzamento della temperatura terrestre hanno portato siccità, alluvioni, terremoti, tsunami, desertificazione, carenze idriche, innalzamento degli oceani, ma mai ha sentito notizie su mutamenti di questo genere.
Dopo un comprensibile attimo di smarrimento pensa che, tutto sommato, questa metamorfosi per lui non è affatto una disgrazia. I magri, i maledetti magri, non lo avrebbero più guardato dall’alto in basso, con scherno. Camminando le sue cosce glabre non si sarebbero più strofinate le une contro le altre provocandogli noiosi arrossamenti, non avrebbe più avuto l’imbarazzante problema dell’iperidrosi che gli ammolla addosso le camicie.Adesso si può muovere quanto gli pare senza sudare come una fontanella aperta, non ha più bisogno di cercare vestiti su misura.
E il cibo poi è lì, sempre a portata di bocca, basta solo tenerla aperta. Gli viene in mente il gelato al croccantino e rinunciarvi un po’ lo addolora. Pazienza, pensa, in quell’immensità troverà sicuramente qualcosa di altrettanto godibile.
Nuota felice e beato facendo piroette, si diverte a spingersi giù giù verso il fondo per poi sfrecciare, con la spinta della coda e delle pinne dorsali, di nuovo verso lo specchio d’acqua in superficie dove filtrano i raggi del sole, raggi di luce benefica e non il calore che poco tempo prima lo ha tanto disturbato. Ha finalmente trovato la sua dimensione, la felicità gli fa venire le lacrime agli occhi che si mescolano subito all’acqua salata così non c’è neanche bisogno di asciugarle. Non le vede, non le tocca, ma sa che ci sono; piange sempre quando è felice ed era così raro che lo sia.
Ha la testa sgombra di pensieri, gode come un matto, la sensazione di non-peso lo esalta, si domanda che razza di pesce sia.
Un pensiero poco piacevole lo sfiora, una paura sottile e infida si impossessa di lui, una paura che presto si trasforma in terrore. Realizza che può diventare lui stesso un bocconcino prelibato per qualche pesce più grosso, sa che il mare non è un luogo sicuro, tutt’altro. Si avvicina alla riva per sentirsi più protetto. Sì, pensa, di solito le specie più grandi se ne stanno al largo, in acque profonde, e io li frego.
Adesso è un po’ più tranquillo, fa vari giri di perlustrazione tra gli scogli per cercarsi una tana dove mettere su casa e poi si dirige verso il porticciolo a nuotare tra i bulbi delle barche attraccate al molo e alle cime delle ancore. Purtroppo il fondale non è tanto bello, c’è qualche busta di nylon che galleggia in compagnia di bicchieri di plastica, e poi molti tipi di alghe. Si ricorda della sua mamma, non far mai mancare la verdura nella tua dieta, mi raccomando…, così ne smangiucchia qualcuna, un piccolo spuntino per mettere di nuovo in moto il metabolismo.
Inizia ad avvertire un certo languore allo stomaco che velocemente si trasforma in fame; si è dato tanto da fare, le sue scorte di grasso stanno scemando e così si concentra sulla ricerca di cibo. Evita gli avannotti perché non vuole sentirsi un mostro. In fondo ha ancora una coscienza.
Finalmente vede un bel verme pingue che si agita come a invitarlo al banchetto.
Spalanca la bocca e GNAM.
Il pescatore, con un gran sorriso stampato in faccia, gira a fatica