Ricette avventurose: Memorie e preparazioni culinarie di un gentleman-chef
Di Fabio Greppi
()
Info su questo ebook
Durante questo affascinante viaggio, Greppi ha l’occasione di approfondire la sua innata passione per la cucina, scoprendo, di paese in paese, nuovi ingredienti, nuovi cibi e nuove ricette, che qui ci ripropone insieme a ricercati e divertenti consigli: abbinamento dei vini alle pietanze, preparazione dei cocktail, abbigliamento, scelta di dischi e musiche perfetti da ascoltare durante la preparazione di questi piatti – alcuni complessi, altri molto semplici, altri ancora rielaborati dalla ricetta tradizionale, ma tutti rigorosamente eccentrici e curiosi –, il tutto per gustare al meglio sapori, profumi, compagnia e nuove avventure.
«Avendo ormai il vizio d’inondarvi di stimoli sensoriali, mentre preparate questo piatto, suggerirei di bervi tutta intera una buona bottiglia di vino bianco secco, un Tocai di Lison della zona del Piave per esempio. E che ne dite d’ascoltare Il cimento dell’armonia e dell’invenzione di Vivaldi? I Pink Floyd non erano ancora arrivati a suonare di fronte piazza San Marco ma Ravy Shankar si faceva vedere spesso, potrebbe essere un’alternativa».
Correlato a Ricette avventurose
Ebook correlati
Giorgione. Le origini Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniQuattro mele annurche Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa casa di Maran Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSorelle in pentola Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa Forza dei Sogni Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe ho provate tutte. cronache di una dieta fallita e di ricordi ritrovati Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGrappolo di fiabe a lunga fermentazione Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniTremiti di paura Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniFano e la valle del Metauro. Vini, spiriti e storie maledette Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl viaggio d'amore del tonno. Un viaggio d'amore enogastronomico in Sicilia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa pelle del serpente all'ombra del pilone Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniPaciughi in cucina Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniPreti di romagna e altri racconti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMondo, sola andata Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniBarbarina Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniRuggine a colazione Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl gusto dell'immaginazione Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCANAPA - una storia incredibile: Nuova Edizione aggiornata e ampliata Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniNovelle per un attimo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGuarirsi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAlla ricerca della madeleine Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSan Zabaglione Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniScirocco e zagara: Un giallo siciliano per il maresciallo Mariangelo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni52Hertz - Manuale d’istruzioni per anima danneggiata Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniDiario di un curato di campagna Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGIà che sei lì passami la cerata e prepara qualcosa da mangiare Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMamma, cosa c'è per cena Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniOsmand all’undicesima ora Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe Nostre Cenette Amorose Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL' Avventura di Yogarmonia: Mario Attombri: un guru contadino Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Cucina, cibo e vino per voi
Mangia come parli Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGiorgione. Orto e cucina Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Friggitrice Ad Aria, Il Ricettario: Ricette sane, facili, veloci e gustose per cuocere, arrostire, grigliare e friggere con la tua friggitrice ad aria Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni500 ricette di polpette Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniA tutta FARINA!: Tecniche, ricette, impasti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniTutti i tipi di latte vegetale: Valori nutrizionali, ricette e fai da te Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCucina Estiva: 600 ricette estive per il periodo migliore dell'anno (Partito Cucina) Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniViaggio nel corpo umano Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniTagliato Per La Carne: I Segreti per Acquistare la Carne senza Rimetterci in Salute e Denaro Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniPane & Pizza - Le guide pratiche del Gambero Rosso: Farine, impasti e lieviti e i preziosi consigli di Stefano Callegari Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniRicette Natalizie: Le Migliori Ricette di Natale per Stupire i Tuoi Ospiti con Antipasti, Primi, Secondi e Dolci Delle Feste Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni500 ricette di insalate e insalatone Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniPesce in tavola Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCucinare con la pentola a pressione Valutazione: 4 su 5 stelle4/5A Tavola con le Bollicine: Come accostare i cibi ai vini spumanti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLow Carb Cucina: 100 deliziose ricette low-carb (Low Carb Mangiare) Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa pasta fresca Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Ricette Instant Pot Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa cucina ayurvedica: Proprietà nutritive e terapeutiche dei cibi e delle combinazioni alimentari. Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe deliziose ricette di cupcake, torte e biscotti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa cucina delle fiabe Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Storia dell'igienismo naturale: da Pitagora alle Scie Chimiche Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLow Carb: Formula Per Perdere Peso Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniI racconti della notte di San Giovanni: Venti racconti sul Nocino e la notte delle streghe Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCocktail facili Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGelato: La storia, le caratteristiche, i benefici, le ricette Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Recensioni su Ricette avventurose
0 valutazioni0 recensioni
Anteprima del libro
Ricette avventurose - Fabio Greppi
Fabio Greppi
Ricette avventurose
Memorie e preparazioni culinarie di un gentleman-chef
Collana: Con i piedi sotto il tavolo n. 2
Copyright © 2013 Giraldi Editore
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati.
commerciale@giraldieditore.it
info@giraldieditore.it
www.giraldieditore.it
Segui Giraldi Editore su:
Tumblr
ISBN 978-88-6155-556-3
Proprietà letteraria riservata
© 2013
Edizione digitale realizzata da Fotoincisa BiCo
Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti è puramente casuale o utilizzato dall’autore ai fini della creazione narrativa.
Paranaguà, marzo 2011
Ai miei amici
Patrizia Barassi e Gianni Vivi,
alla loro bontà, gentilezza e generosità.
Vivere veramente
non puramente trascorrere i giorni.
Ernest Hemingway
ANTIPASTI
CONCHIGLIE POLARI
Questa è la mia prima autonoma, originale, ideazione culinaria, nata quando vivevo in quasi eremitaggio con i miei due cani pastori bergamaschi a Punta Chiappa, sul monte di Portofino.
La casa era a strapiombo sul mare, immersa nella macchia mediterranea di uno dei luoghi più belli del mondo, il Parco naturale del Monte di Portofino se la merita la posizione nella classifica. Ero l’unico residente della zona, come successe poi in Sicilia in un altro luogo marino, tutto si popolava solo all’inizio dell’estate. Nelle altre stagioni rimanevo in quasi completa solitudine: di quando in quando, per poche ore, apparivano la proprietaria di un piccolo hotel ed il custode di un ristorante, ambedue aperti solo nella stagione estiva; in quelle rare occasioni pranzavamo insieme, a volte da me, altre volte da uno o dall’altra a turno, era simpatico.
Per interrompere la solitudine provvedevo anche ad invitare per telefono volta per volta, quasi ogni fine settimana, varie fidanzate
, oltre naturalmente a Paola che era la più ufficiale, anche se condivisa con l’allora amico Marco, magistrato a Milano col quale poi si sposò. A volte Paola e Marco arrivavano insieme e lui con dignità dormiva per conto suo lasciando che lei dormisse con me. D’altronde ambedue abitavano a Milano ed avevano tutto il resto della settimana per spassarsela. Era un diritto acquisito. Lei penso se la godesse un mondo.
Ricevevo anche con molto piacere l’amico Gianni che da Milano, dove viveva, giungeva a Camogli per i weekend: aveva lì un appartamento e gli era facile arrivare da me con una piccola barchetta che faceva servizio pubblico tra la terraferma e la Punta. Sì, perché alla mia casa si arrivava solo in barca da Camogli o con un’ora di sentiero in mezzo ai boschi. Si partiva da San Rocco dove c’era la chiesa degli animali benedetti e da lì si iniziava a scendere per una tortuosa antica scala che già di per sé era un viaggio all’interno dei propri istinti e delle proprie emozioni. Si scendeva stretti da case non abitate come i nostri pensieri rimossi. A volte il sentiero era per brevi tratti in piano e concedeva un poco di respiro a coloro che risalivano. Si oltrepassava un’altra testimonianza di fede prima d’immergersi nel regno dell’Es dominato da altre certezze e da altre passioni. Poi dopo un più lungo e rassicurante tratto pianeggiante si giungeva ad uno specchio d’acqua chiamato Porto Pidocchio, tanto era piccolo. Improvvisamente si risaliva richiamando alla mente quel po’ di coscienza che ci rimaneva per entrare dopo poco svuotati e stanchi nella mia casa.
Al tempo praticavo psicoterapia ipnotica per poche pazienti che avevano la costanza di raggiungermi per la loro terapia settimanale, spesso a piedi dopo una camminata di un’ora d’inverno sotto la pioggia. Forse era proprio per evitare questo sacrificio che miglioravano rapidamente...
Pescavo con la canna dagli scogli della Punta che si inoltrava nel mare per qualche decina di metri come un indice puntato verso l’orizzonte, mi piaceva andarci alla fine del pomeriggio quando il cielo era nuvoloso e il mare mosso spruzzava gli scogli di spuma. A volte si apriva uno squarcio nelle nubi e un raggio del sole basso all’orizzonte batteva sull’acqua, tutto esplodeva in mille gocce di luce iridescente ed ero io che venivo catturato dalla bellezza e dal profumo della salsedine: meno male perché di pesci ne prendevo pochi, ma tornavo a casa contento ed inzuppato di sale, di vento e di luce.
Sulle pendici del monte, dietro l’hotel Stella Maris, anni prima era scoppiato un incendio tra gli uliveti, vi andavo a far legna per la stufa, ne trovavo in abbondanza e quando la usavo per le grigliate profumava le carni con aromi speciali.
Spesso passeggiavo con i cani lungo i sentieri che si inoltravano nei boschi, dopo ore di cammino si poteva arrivare sino all’insenatura di San Fruttuoso, dove c’era la bella ed antica Abbazia con le tombe dei Doria, nobile famiglia genovese. Curavo l’orto ed il giardino senza grandi risultati, ma una primavera dopo molto lavoro e sforzi riuscii ad ottenere una sola pianta di pomodori che mi diede solo un piccolo frutto, lo mangiai appena colto, lì in piedi, come un Adamo ancestrale, e fu il più buon pomodoro della mia vita. Riuscii a far fiorire anche qualche giglio, mentre le piante grasse, l’azalea e gli iris che trapiantai attecchirono bene. La rucola mi diede solo due piatti d’insalata ma era fresca e profumata. I nasturzi erano quelli che mi davano più soddisfazioni, peccato che allora non sapessi quanto fossero deliziosi da mangiare.
Studiavo i casi delle mie pazienti e le future strategie terapeutiche da adottare, utilizzavo specialmente le tecniche di Programmazione neurolinguistica e la terapia ipnotica del grande maestro Milton Erikson. Mi ero anche portato l’arco e mi esercitavo nel tiro al piccolo bersaglio dei 20 metri.
In cucina all’epoca sperimentavo nuove ricette della Nouvelle Cousine di Gualtiero Marchesi e di Paul Bocouse ma non abbandonavo certo i minestroni ed i pollastri alla brace che arrostivo in un terrazzamento dietro casa dove avevo preparato un focolare nel terreno con supporti per lo spiedo.
Ascoltavo la musica di Frank Zappa, Miles Davis e David Byrne, leggevo trattati di falconeria, i romanzi di George Bataille e i saggi sugli stati alterati di coscienza di G. Tart.
Insomma, così passavo le giornate in quell’angolo di paradiso. Dovevo essere a Milano solo due giorni alla settimana per dirigere psicoterapie di gruppo, avevo quindi molto tempo a disposizione per esplorare nuovi orizzonti culinari, perfezionare le mie tecniche di pesca, individuare sistemi più produttivi d’orticoltura casalinga e sognare terre lontane (da lì a poco mi sarei inaspettatamente trasferito ai Caraibi...).
È una ricetta ottima da preparare in un pomeriggio d’estate per una cena a strapiombo sul mare, aspettando l’arrivo per il weekend dell’amica del momento come mi succedeva quasi ogni fine settimana. Forse è nata proprio così, ma non ricordo bene...
Per 6 brave persone
2 radicchi di Verona (quello a forma di palla per intenderci, non quello di Treviso che è lanceolato)
1 pollo o 1 gallina ruspanti (sembra una pubblicità, ma è vero: ruspante è importante!
non quelli dei supermercati...)
1 mazzetto odoroso (carota, cipolla, sedano, prezzemolo, 1 foglia d’alloro)
1 bicchierino di marsala
100 gr di carne macinata di vitello
colla di pesce
3 uova
olio di semi
olio extra vergine di oliva
1 limone
sale
(½ cucchiaio di zucchero, aceto bianco)
Preparazione
Ponete a bollire il gallinaceo in 2 litri d’acqua fredda anche con testa, collo e zampe (senza interiora naturalmente) insieme al mazzetto odoroso. Schiumate di tanto in tanto.
Una volta cotto toglietelo dal brodo, scartate collo, testa e zampe e lasciatelo raffreddare. Scartate il mazzetto odoroso, sgrassate il più possibile il brodo e fatelo anch’esso raffreddare. Quindi lasciatelo in frigorifero per una mezz’ora.
Nel frattempo, come se non andassero più d’accordo, separate i tuorli d’uovo dalle chiare e tenete queste ultime da parte.
Con i tuorli, i due oli nella proporzione del 75% d’olio di semi e 25% d’olio extravergine d’oliva più il limone ed il sale, fate una maionese che risulti abbastanza soda. Se preferite potete renderla acidula con l’aceto al posto del limone.
Ritirate il brodo dal frigorifero, il grasso restante si sarà condensato galleggiando in superficie come isolette di ghiaccio del pack siberiano
(siamo in tema), facilmente quindi potete toglierlo completamente. Filtrate il brodo attraverso un colino.
Mettete ora le chiare d’uovo in una casseruola insieme alla carne di vitello e a 4 cucchiai d’acqua, mescolate il tutto e versateci il brodo. Mettete sul fuoco senza smettere di battere con la frusta sino a che cominci a bollire. Continuate il leggero bollore per 20 minuti.
Aggiustate di sale e versateci il bicchierino di marsala.
Controllate il colore che deve risultare ambrato. Volendolo più scuro aggiungetevi gradualmente dello zucchero caramellato (un cucchiaio di zucchero con un goccio d’acqua lasciato sul fuoco per diventare marrone scuro) sino al colore voluto.
Il brodo ora dovrebbe essersi ridotto ad 1 litro. Usatene la metà, il resto lasciatelo per altre preparazioni dopo averlo filtrato.
Al mezzo litro che userete aggiungete la giusta quantità di fogli di colla di pesce (secondo le percentuali indicate sulla confezione) dopo averli lasciati ammollire in poca acqua fredda e poi strizzati.
Ora rendiamo il brodo limpido: prendete un panno di cucina bagnato, strizzatelo bene e attraverso questo filtrate il brodo senza spremere.
Miracolo! Il brodo sarà ora limpido e cristallino con tonalità di topazio. Lasciatelo finalmente riposare raffreddando, se l’è meritato.
Staccate dai cespi di radicchio 18 foglie. Separatene 6, quelle con più dignità ed altolocata presenza, avranno la forma di grosse conchiglie rosse striate di bianco. Tagliate le rimanenti 12 in pezzetti grandi come francobolli o a strisce larghe come tagliatelle o come vi pare, non litigheremo per questo.
Ugualmente fate con la carne del pennuto. Riunitela in una terrina con l’insalata, aggiustate di sale e mischiatela con una congrua quantità di maionese.
Disponete questa insalata polare
nelle 6 conchiglie di radicchio
. Mettete in frigo o nel congelatore se avete spazio e per guadagnare tempo. Devono risultare ben fredde (ma non congelate, intendiamoci) facendo onore al loro nome.
Ora rivolgete la vostra attenzione al brodo che sarà ormai in procinto di trasformarsi in gelatina, cioè denso, sciropposo ma non ancora nella sua metamorfosi finale solida. Versatelo a cucchiaiate (4-5) su ogni conchiglia ora già ben fredda.
Riponete in frigorifero fino a che la gelatina termini la sua metamorfosi.
Servite.
*****
Sembra troppo laborioso per un semplice antipasto o un leggero secondo estivo ma la qualità lo richiede: un buon brodo per fare una buona gelatina, una buona maionese, una buona gallina. Certo, si può fare con preparati di gelatine chimiche, maionesi industriali, super polli d’allevamento intensivo, il tutto in un quinto del tempo. Ma non illudetevi, ricavereste al massimo delle Conchiglie Findus
, non certo delle originali Conchiglie polari
.
Per me valgono il tempo che gli dedico, col fantastico abbinamento di pollo, maionese, l’amarognolo del radicchio e la freschezza dell’ambrata gelatina. È una questione di qualità
, come insegna lo scrittore Persig nel suo bel libro Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta. Vi consiglio di leggerlo.
Se proprio volete semplificare, rinunciate completamente alla gelatina, meglio così che usare quella industriale.
E comunque credete: è più complicato leggerla che farla, provate a leggere le azioni e le prodezze del marchese de Sade, sembrano complicate ma nella pratica realizzazione poi vengono facili facili...
Vi suggerisco di cucinare le Conchiglie polari
bevendo un meraviglioso Pigato d’Albenga ed ascoltare, in preparazione della serata e della ragazza che avete invitato a cena, una musica dolce e romantica, potrebbe essere qualcosa di Peter Hammil o di Anthony Hegarty...
GUACAMOLE
Quando mi trasferii in Guatemala provenendo da Montevideo rimasi qualche settimana in hotel cercando casa in affitto. Non era facile, io ero esigente, la volevo completamente ammobiliata e con un bel giardino. Inoltre, per ragioni di sicurezza, doveva essere vicino al mio ufficio (il paese scottava
: dittatura travestita da democrazia, guerriglia, rifugiati, sequestri, per il mio lavoro avevo direttamente a che fare con tutto ciò).
Finalmente affittai da una signora la villa nella quale viveva, lei era disposta a trasferirsi in un appartamentino per integrare le sue entrate con i miei dollari. Bella casa, moderna su di un piano con saloni, camino, tutta una parete di vetro che dava sul grande giardino con fontana, ammobiliata in stile un po’ hollywoodiano ma niente male, grande area dove lasciare il motoscafo da corsa che dall’Italia mi aveva accompagnato prima a Montevideo ed ora sino a lì e che mi avrebbe seguito anni dopo in Brasile.
La casa era vicina al mio ufficio che si trovava all’ultimo piano dell’edificio più moderno della città, due torri gemelle con shopping center nella zona 10
, appositamente non mostravamo segnali identificativi, placche o citofoni con nome e se non si conosceva il percorso non si riusciva ad arrivare sino alla nostra porta. Portieri e guardiani avevano l’ordine di non sapere nulla di noi.
Tra altre cose ci occupavamo di far uscire rifugiati politici dal paese e da quelli vicini: Honduras, San Salvador, Nicaragua, Panama... Erano tempi difficili ed eravamo nel mirino della polizia segreta militare, dei contras, di infiltrati di altri paesi, di servizi più o meno ufficiali, in teoria protetti dall’immunità diplomatica che in pratica non contava nulla.
Poco prima del mio arrivo avevano sequestrato e fatto fuori l’ambasciatore tedesco, poi freddarono per strada di giorno un mio amico diplomatico del Nicaragua, sequestrarono una suora della missione americana che rilasciarono quando gli States (che sono lì vicino e in quattro e quattr’otto con un saltello ti arrivano sotto casa che nemmeno te ne accorgi) iniziarono a far la voce grossa... non c’era da scherzare.
Io ero il capo missione ad interim, il mio omologo se ne stava quasi sempre a Panama, non so realmente bene perché, né a fare cosa... Per le attività che riguardavano i rifugiati lavoravo in sinergia e stretto coordinamento con la missione della Croce rossa internazionale (CRI), riuscivamo a fare uscire dal paese gli oppositori politici al regime diretti in Svezia e Norvegia, dove venivano accolti. Questioni di urgenze umanitarie e tanto.
Il capo missione della CRI era l’amico Jean Pierre, cenavamo spesso insieme, a volte a casa mia, a volte nella sua. Una di quelle notti gli buttarono una bomba in ufficio. Esplose creando crepe nelle cose e nella nostra tranquillità fatta della cartapesta dell’illusoria invulnerabilità.
Avrebbe potuto succedere a me.
I nostri telefoni erano controllati e quando avevamo bisogno di parlarci per lavoro ci si doveva per forza incontrare. Il mio tragitto casa/ufficio e viceversa veniva spesso cambiato, procuravo strade diverse ed alternative, insomma cercavo di migliorare le mie chances. La sensazione di essere sul filo del rasoio, un brividino nella schiena, un po’ di paranoia, ma poi passava tutto, non ci si pensava più di tanto e si era soddisfatti del lavoro compiuto, ne abbiamo salvati tanti...
Non sempre però le cose erano così pulite. Un giorno mi arrivò un fax dalla mia sede centrale a Ginevra chiedendoci di avviare un programma di trasferimento negli Stati Uniti di centinaia di ex militari nicaraguensi della passata dittatura del generale Somoza, ricercati e minacciati di morte dal nuovo regime sandinista. La faccenda non mi piaceva per niente: il generale Somoza era stato il dittatore più spietato, violento e cruento della storia occidentale moderna, non mi piaceva aver a che fare con i suoi militari che avevano materializzato le paure più nascoste, i fantasmi di violenze archetipe, i peggiori spiriti del male. D’altra parte sono sempre stato contro la pena di morte e se li volevano far fuori era meglio portarli via da lì.
Sempre da Ginevra mi si chiedeva di lasciare a disposizione di funzionari dell’Ufficio Migrazioni degli USA tre stanze del mio ufficio. Mai successo nulla di simile, cos’era questa storia?
Iniziò il programma, arrivarono i funzionari americani, iniziarono ad arrivare gli ex (?) militari somozisti per essere poi trasferiti negli Stati Uniti come rifugiati. Brutte facce, brutti corpi, brutte anime, gli uni e gli altri. Guardavo quei militari di Somoza e mi chiedevo quante persone quel tipo avesse ucciso con le proprie mani, torturato, seviziato, donne, bambini, insomma le usuali cose che succedono sotto una dittatura militare e, ripeto, quella era stata la peggiore di tutte. Guardavo i funzionari americani che mi sembravano più agenti della CIA che non dell’immigrazione.
Bingo! Più tardi venni a sapere che era stato proprio così.
Per farla breve: il governo americano aveva pensato bene di provvedersi di una forza di primo intervento militare nella regione latinoamericana per invasioni e cose simili senza rischiare, nelle fasi iniziali, perdite sul campo di cittadini americani. Naturalmente di sicura fede anticomunista. Gli ex somozisti erano perfetti per questo e sarebbero stati accolti e riaddestrati in caserme negli USA. Poi successe l’invasione di Panama, di Grenada... Questo programma non risultò scritto in nessun Annual Report ufficiale, né nostro né dell’immigrazione USA, non era mai esistito. Nessuna relazione ai membri del Consiglio del mio organismo internazionale che, essendo governativo, doveva render conto ai rappresentanti degli stati membri.
Mi dissero che io non c’ero e se c’ero dormivo. Non verranno mica adesso a rompermi le scatole perché lo racconto dopo tanti anni, no?
Il Guacamole è un tradizionale piatto del Messico e del Guatemala e mia moglie ne era golosa.
Per 6 brave persone
2 avocado
2 pomodori maturi
1-2 denti di aglio
1 cipolla
il succo di un limone
un mazzetto di erba cipollina
peperoncino Habanero a gusto
sale
(cilantro, olio extra vergine d’oliva)
Preparazione
I pomodori vanno senza pelle (già sapete come si fa: un minuto in acqua bollente e la pelle viene via che è una bellezza), strizzati bene con le mani per togliervi tutta l’acqua di vegetazione, poi metteteli nel frullatore insieme a tutto il resto tagliato a pezzi, una scossettina e via sino a formare una densa crema.
Mi preoccupo per voi solo rispetto alla quantità dell’Habanero: leggetevi la ricetta degli Spaghetti della morte súbita
, così da regolarvi al riguardo, io vi ho avvertiti. Potete aggiungere nel frullatore dell’olio extra vergine d’oliva ma la ricetta originale non lo prevede.
Odio il cilantro ma se volete provare aggiungetene un poco, starete nel classico ma senza la mia approvazione.
Può essere che lo preferiate un po’ più granuloso, in questo caso tritate tutte le verdure ed incorporatele col limone alla polpa d’avocado stemperando il tutto con una forchetta.
Usate il Guacamole come se fosse un paté da spalmare su crostini di mais messicani o di pane tostato.
*****
Nessuna ombra di dubbio, perché risulti come dev’essere, durante la preparazione del Guacamole bisogna bersi un Cuba Libre, siempre! Non è male prepararne subito dopo una versione differente sostituendo il rum col gin, in questo caso si ottiene un England Free, always!
Ci sarebbe poi la versione con la vodka... col saké... con la tequila... cognac... grappa... bourbon...
Per scherzare con voi sarei tentato di consigliarvi d’ascoltare qualche canzone di gruppi Mariaci
messicani, no, meglio di no.
Fate invece l’abbinamento col gruppo cubano Buena Vista Social Club. Un son è ciò che ci vuole.
Soli senza compagnia? Come sempre il calendario Pirelli appeso in cucina è meglio di niente. Vi sarebbe piaciuto una bella centroamericana, eh?
HO PRESO UN GRANCHIO!
Io e Josi, subito dopo il nostro arrivo in Guatemala, ci formammo un bel gruppo di amici e amiche, come era successo anni prima a Montevideo. Il primo fu Giorgio dell’ambasciata italiana che mi aveva accolto al mio arrivo; poi conoscemmo Mati, la sua eterna fidanzata; c’era Roberto, l’italiano che lavorava per un’industria calzaturiera; Amid, l’amico libanese che produceva ed esportava semi di cardamomo (il Guatemala ne è il maggior produttore mondiale); Sergio, il fratello della mia amica Console generale del Guatemala a Montevideo, lui era un allevatore di bestiame che commerciava in seme congelato di tori riproduttori; Susy ed Edgar, poi, gli amici colleghi dell’Associazione dei Diplomatici della quale facevo parte, le amiche dell’Associazione Donne brasiliane che mia moglie Josi frequentava assiduamente, e tanti altri.
Si invitava e si era spesso invitati per ogni occasione: allegri brunch domenicali, animate feste notturne, cene conviviali e riflessivi tè pomeridiani. La mia casa era particolarmente accogliente, era al bordo di un bel bosco ed avevo un grande giardino dove vivevano anche un’oca, le papere ed Isabella, detta Isa la dolce.
Era un bellissimo barbagianni che stazionava sul suo trespolo e quando non dormiva osservava ogni cosa con la massima attenzione, controllando ogni angolo a 360 gradi senza muovere il corpo, solo girando la testa con una mobilità del collo eccezionale. Sempre col corpo fermo, il suo capo a volte danzava eseguendo impressionanti coreografie che sembravano un segreto linguaggio non verbale dettato dalle musiche delle sfere e dai gorgoglii del suo stomaco insaziabile. Lei attirava subito l’attenzione dei miei ospiti che però venivano prima avvertiti di non avvicinare le mani perché Isa poteva essere molto pericolosa (come tutti i rapaci il pericolo non sta nel becco, come a volte qualcuno crede, bensì nei poderosi affilatissimi artigli, molto più lunghi, acuminati e micidiali di quelli d’un gatto. Il rapace li può stringere a pugno proprio come noi facciamo con le dita, le unghie entrano nella carne come nel burro e lui non molla più la presa, come essere catturati inesorabilmente dalle proprie paure senza possibilità di scampo o di redenzione, solo molto, molto più doloroso...).
Il momento più impressionante era il suo pasto giornaliero: per la loro salute è bene che i rapaci mangino il più frequentemente possibile animali vivi, di piuma o di