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UOmini....a tutto GAS
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E-book97 pagine1 ora

UOmini....a tutto GAS

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Info su questo ebook

In un contesto Naturale, buona parte Ossolano, il protagonista si ritrova piccolo come giusto che sia, ma dotato di una virtù che prende forma pian piano come le fasi del giorno, e un vero nome Amicizia al suo scadere. E' un divenire, un successo al plurale, dove l'individualità ha una sua ragione d'essere solo laddove ne incontra un'altra e, pur diverse, si accomunano in simbiosi.
LinguaItaliano
Data di uscita11 gen 2021
ISBN9791220244763
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    Anteprima del libro

    UOmini....a tutto GAS - Tommaso Tosi

    Tommaso Tosi

    UOmini...a tutto GAS

    UUID: d6a379b5-7bb0-425f-b318-54ff4b455ef0

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    ALBA: 1/4 DI LATTE

    POMERIGGIO: 2/4 DI TORTA

    TRAMONTO: 3/4 DI LUNA

    NOTTE: 4/4 DI SILENZIO

    Rolando!

    Rolando!!!!! se non abbassi il volume vengo lì, e ti rovino! Sto iniziando a leggere il mio primo libro, un omaggio di Giuditta la mia ex, come l’estate oramai passata.

    "Ho aperto gli occhi

    al di là

    concentrandoli

    sull’estraneo

    sulla luminosa bellezza del carro maggiore

    ritrovandomi

    parte del loro bagaglio viaggiante"

    …… e noooo un libro di poesie, non tollero queste pallose parole insensate.

    Prima di porre fine alla lettura di questo regalo, riponendolo per sempre nella stantia e polverosa libreria, allontanandolo da quel sacro luogo chiamato WC, profanato da riviste di calcio, pornazzi e motori, guardai furtivamente il numero delle sue pagine. Era snello e colorato dalla calligrafia della narrativa, così decisi di proseguire la comoda seduta iniziando la lettura.

    ALBA: 1/4 DI LATTE

    Il 17 aprile del novanta, è un giorno che non potrò mai e poi mai sottrarre alla memoria, perché bagnato da umidi fiocchi di neve, ma soprattutto perché per la prima volta incontrai, anzi mi scontrai, con Giovanni Valci, classe 1918.

    Sono passati all’incirca trent’anni da quelle indimenticabili ventiquattrore, e tutt’oggi non riesco a comprendere la folle motivazione che spinse quel settantaduenne a tuffarsi nella corsia numero quattro della piscina comunale di Domodossola, l’unica occupata da agonisti, veloci come motoscafi. L’anziano pedalò non solo rallentava i loro tempi sulle ripetute dei duecento misti, ma all’improvviso per sua spontanea scelta decise di seguire lo stile del suicidio, affogando controcorrente, provocando in contromano un incidente frontale con lo sfigato sottoscritto. Avrei di gran lunga preferito dargli un bacio sulla bocca, che sentire il dolore, il rumore d’ossa rotte. Il pollice della mia mano sinistra precipitò nell’abisso, e per vederlo riaffiorare fui costretto a seguire la noiosa dieta del riposo forzato, tenendolo immobilizzato più di un mese con un apposito tutore.

    Il giovane Giovanni svenne adagiandosi supino sul fondale della piscina.

    Nessuno dei presenti si azzardò a recuperarlo, perché finalmente quel corpo rallentato dal peso degli anni si era trasformato in un’ancora, incagliata nell’indifferenza altrui. Personalmente non avevo alcuna colpa, ma all’ improvviso iniziai a sentirla vedendolo laggiù dimenticato, così decisi di rimetterlo in sesto grazie alla corda del rimorso. Issare quel peso morto sul bordo vasca è stato lo sforzo più duro che ho dovuto sopportare nell’acqua inquinata dall’ipoclorito, nulla a che vedere con i piacevoli e nauseanti avanti e indietro: venti vasche da cinquanta metri stile libero, 2x200 proprio stile, cinque da duecento delfino, e per concludere la rilassante seduta, un mille solo gambe, giusto per rievocare il dolore provocato dai crampi.

    La carnagione di Giovanni prigioniera dell’anossia era di un verde alienante. Animato da un irruento spirito di vendetta restai immobile per qualche minuto, dopodiché gli tirai due sonori schiaffoni, che lo rianimarono, spedendolo celermente sulla diligenza della dolce vita. Da me stesso non mi sarei mai aspettato un così repentino cambiamento di ruoli, perché passai nel giro di pochi secondi da vittima a crocerossina. Prima di allungare le mani, assumendomi tutte le responsabilità del caso, mi presi una sadica sosta, osservando scrupolosamente il suo abbigliamento da natante.

    John Fish indossava con estrema disinvoltura: due ciabattine di gomma plastificata color smeraldo, probabilmente utili in presenza di scogli, alghe urticanti, ricci di mare, granchi infastiditi, ossia tutta la flora e la fauna che abitualmente, come si sa, si può incontrare in una piscina olimpionica! ; un costume intero da competizione, modello full body long, ideale per nuotare in acque libere, il cui substrato realizzato in tessuto non tessuto era stato personalizzato con un’accattivante stampa raffigurante stelle alpine. L’ingombrante taglia XL, non riusciva a nascondere le imperfezioni di un corpo già di natura alquanto goffo, rendendolo sempre più sgradito agli occhi della snob Signora Estetica; una consumata t-shirt Fruit of The Loom che avvolgeva, senza una logica motivazione, l’intero tronco; una cuffia in stoffa con applicati in altorilievo dei fiori multicolori, e per concludere questo abbigliamento da spiaggia, il pesce Giovanni non si era munito di maschera e boccaglio ma di veri occhialini da nuotatore provetto, i micidiali svedesi.

    Per poterli utilizzare alla perfezione senza farti del male, evitando spiacevoli infiltrazioni, infiammazioni causate dall’acqua clorata, non dovevi leggere alcun manuale d’istruzione ma affidarti ciecamente alla pratica del loro corretto utilizzo, che, ahimè, si avverava solo alcuni giorni, chiamati fortunati.

    Il paradosso dei paradossi lo incontrai dopo aver spogliato il povero natante da quell’eccesso di suppellettili. Il suo corpo oltre a presentare un contenuto lipidico al di fuori dei canoni naturali, era stato farcito da un consistente strato di vaselina che lo rendeva ancor più repellente alla vista, ma al tempo stesso avrebbe sicuramente facilitato il possibile ma non probabile tentativo di mantenerlo in vita, grazie a uno scorrevole massaggio cardiaco. Alla fine dei conti non optai per la lunga via del risveglio rilassato, ma preservando le mani da quell’intruglio di grassi, decisi di seguire una scorciatoia un attimino più drastica: con l’integra mano destra sferrai le due sberle accennate in precedenza, due slavadenci ad arte, che conferirono in me la piacevole sensazione della vendetta, e in lui la resurrezione.

    Dalla sua bocca, uscì così tanta acqua che il big fish disidratato, assunse gli stessi lineamenti e fattezze di una sardina. Quando Giovanni riprese a respirare, cercò di sfruttare al massimo la prima boccata d’aria, e inspirando a più non posso, mettendosi in riga con la vita, si gonfiò come in origine, riappropriandosi della sua beniamina taglia oversize. Per sua sventura riprese coscienza del proprio corpo. Quando aprì gli occhi, rimasi ipnotizzato dal suo sguardo felino, da quell’iride fredda color ghiaccio. Poi aprì bocca, restai attonito ad ascoltare le sue prime parole. Il contenuto di quell’indimenticabile, serio timbro di voce, ridicolizzato da delle sibilanti erre mosce, non trattava minimamente l’ipotesi di un educato accenno di scusa per l’incidente accaduto, tantomeno un tentativo di ringraziamento visto che ero stato l’unico energumeno a soccorrerlo all’interno del complesso natatorio.

    Giovanni confutò le mie precedenti osservazioni in merito al suo abbigliamento, dandomi l’impressione, anzi la certezza che nei minuti dedicati alla rianimazione lui fosse in realtà molto vigile, ascoltando, ricordando una ad una le mie parole. Devo ammettere che il suo stile di comunicazione era l’emblema dell’assertività: Ti ascolto, e poi esprimo le mie idee convincendoti della loro veridicità. I casi erano due o Giovanni aveva il carattere equilibrato già nel sangue ossia un egregio approccio innato, ereditato, oppure aveva preso parte a delle sedute di PNL (Programmazione Neuro Linguistica) ottenendo dei benefici e dei risultati da dieci e lode. Riuscì con questo escamotage a convincermi che il vestiario da lui utilizzato era in quella circostanza il più idoneo.

    Le ciabatte erano state fabbricate con un materiale d’ultima generazione, una mutazione tecnologica del caucciù, conferendole un elevato potere antibatterico e fungicida. La suola era ricoperta da micro ventose, brevettate dall’Istituto MOX del Politecnico di Milano in collaborazione con l’Università di Reims, che garantivano una notevole stabilità sul bagnato. In merito al colore, l’aver scelto all’interno di una vasta gamma quel pallido turchese, fu una mossa azzeccata perché si

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