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E non c'é mai una fine
E non c'é mai una fine
E non c'é mai una fine
E-book332 pagine3 ore

E non c'é mai una fine

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Info su questo ebook

Nella vita ci sono cose che non puoi prevedere, che sia colpa del destino o meno, succedono e basta. 
A volte accadono così all'improvviso che non hai nemmeno il tempo di accaccorgertene e, in un attimo... ti stravolgono la vita.
Tutto quello che avevi costruito con le tue mani, d'un tratto, lo vedi crollare, un pò come quando crei un castello di sabbia e un soffio di vento lo abbatte.
La sola differenza é che il castello di sabbia puoi sempre cercare di ricostruirlo esattamente come prima, la vita... invece no.
I momenti, gli attimi, quelli non si possono ricreare.
Tutto quello che succede appartiene al passato, e d'altronde… è così che deve andare.
LinguaItaliano
EditorePubMe
Data di uscita18 gen 2018
ISBN9788871638683
E non c'é mai una fine

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    Anteprima del libro

    E non c'é mai una fine - Valentina e Enrica Criscione

    te.

    Prologo.

    Nella vita ci sono cose che non puoi prevedere, che sia colpa del destino o meno, succedono e basta.

    A volte accadono così all'improvviso che non hai nemmeno il tempo di accaccorgertene e, in un attimo... ti stravolgono la vita.

    Tutto quello che avevi costruito con le tue mani, d'un tratto, lo vedi crollare, un pò come quando crei un castello di sabbia e un soffio di vento lo abbatte.

    La sola differenza é che il castello di sabbia puoi sempre cercare di ricostruirlo esattamente come prima, la vita... invece no.

    I momenti, gli attimi, quelli non si possono ricreare.

    Tutto quello che succede appartiene al passato, e d'altronde… è così che deve andare.

    Poi, inspiegabilmente... una mattina ti svegli e ti ritrovi ad affrontare una realtà completamente nuova, in una città diversa dalla tua.

    E chissà che il destino non abbia già deciso anche di farti conoscere l'amore : cinque lettere, un forte sentimento, un grande significato.

    Ed è solo quando ne vieni a conoscenza... che... beh… allora... capisci di essere... completamente fregata.

    I suoi occhi, il suo sorriso, il suo sguardo diventano la cosa più bella che tu abbia mai visto, un qualcosa che ti costringe a cercarlo anche in mezzo al volto degli altri.

    E diventi goffa, impacciata, forse un po' imbranata, ma anche una grande sognatrice perché si, chi é innamorato riesce a sognare ad occhi aperti.

    E chi ha detto che l'amore è sempre facile?

    Molte volte ti può far stare male.

    Altre, invece... ti può spezzare il cuore.

    Ti può, persino, far smettere di credere a ogni cosa.

    Non credi più all'amore, e a quella persona, che un tempo, diceva di amarti.

    Smetti di sognare, di illuderti e ti senti completamente distrutta.

    E pensi: Come può una persona farti così tanto male?.

    Un ragazzo a volte ferisce per scherzo, per gioco o semplicemente perché ne ha voglia.

    Gioca con i tuoi sentimenti e li calpesta come fossero carta straccia senza preoccuparsi delle conseguenze.

    E dopo ti chiedono scusa ma... le scuse a che servono se dentro hai smesso di credere? Se dentro senti un vuoto che non riesci a colmare?

    E allora ti consigliano di distrarti con altro e tu ci riesci.

    Ti dicono di andare avanti e di non pensarci e, per certi momenti, ci riesci.

    Ti dicono di dimenticarlo, ma no, questa volta, ti arrendi. Non ci riesci.

    Come puoi? Come puoi dimenticare una persona se appena giri l'angolo ti accorgi che è sempre stata lì tra le tue cose?

    Cerchi di combattere in tutti i modi questo vuoto e questo dolore che lui ti ha provocato, ci provi davvero.

    Ti allontani da lui, cancelli tutti i suoi contatti e il suo numero di telefono, anche se, per tutte le volte che lo hai chiamato... ormai lo ricordi perfettamente a memoria,

    Poi arriva un giorno.

    Il giorno in cui capisci che tutto questo non ha alcun senso.

    Capisci che è arrivato il momento di perdonarlo perché sei consapevole del fatto che la tua vita è completa e perfetta solo se c'è lui al tuo fianco, perché metà appartiene anche a lui.

    Ed è solo quando poi succede che il tuo cuore, pezzo dopo pezzo, si ricompone magicamente, e tu non puoi fare a meno di essere al settimo cielo.

    Ti senti come la prima volta che i suoi occhi hanno incrociato i tuoi.

    Te ne innamori nuovamente, ed è più bello di prima.

    Un emozione indescrivibile, che supera ogni limite.

    Dicono anche che con il tempo l'amore svanisce, ma quello vero resiste al tempo, resiste alle critiche, resiste a quelle persone che di amore non hanno mai capito poi così tanto.

    E se finisce allora vuol dire che non gli abbiamo dato il giusto valore, vuol dire che non siamo stati in grado di apprezzare ciò che il mondo di più bello ci ha offerto.

    Ad ogni modo...

    Mi chiamo Catherine e ho 15 anni. La classica ragazza dagli occhi verdi, dai capelli castani e con qualche lentiggine sul viso.

    Mi definiscono diversa, lo ammetto.

    Perché a differenza degli altri non amo passare il sabato sera in una discoteca, piuttosto preferisco passarlo a casa a leggere uno di quei libri che ti tolgono il respiro per quanto sono belli.

    E preferisco indossare un paio di cuffie, perdermi nella musica e nella scrittura piuttosto che ascoltare della gente che non capisce nulla di te e che parla solo alle tue spalle.

    Vivo con la mia famiglia in un piccolo quartiere di Milano.

    Abito con mio fratello Andrea, un ragazzo egocentrico e a volte un po’ pazzo però… non posso fare a meno di volergli un gran bene.

    Poi c'è mia madre. A lei devo tutto. É grazie a lei se, oggi, sono quella che sono. Lei che con mi ha mai fatto mancare nulla, lei che c'è sempre stata. Lei che, nonostante tutto, ha continuato a prendersi cura di noi, facendo tutto il possibile.

    E se vi starete chiedendo di mio padre…tranquilli… non l’ho dimenticato.

    Sapete? Avrei voluto passare ancora più tempo insieme a lui, e invece…

    Invece… adesso, si trova da qualche parte lassù in cielo, oltre quelle nuvole a brillare di notte, tra le stelle.

    Ci sono tante cose che vorrei dire di lui, ma per questo c’è tempo, lo racconterò nel corso della storia, nel frattempo… mi limito solo a dire che era il mio EROE.

    Qualche anno dopo quella terribile notte, mia madre decise che la cosa migliore per tutti fosse quella di risposarsi.

    E cosi, uno sconosciuto entrò a far parte delle nostre vite.

    Io e mio fratello Andrea? Cos’altro potevamo fare se non appoggiarla?

    Onestamente noi non lo abbiamo mai accettato come fosse un secondo padre, e del resto… nemmeno adesso.

    E se adesso ti trovi a sfogliare queste pagine... vuol dire che, anche tu come me, non credi in una fine.

    Perché forse, in fondo, una fine vera non esiste, é solo che... siamo noi a far finire tutto.

    Tra queste righe voglio mettere per iscritto i miei pensieri proprio come si fa con un diario, così quando, un giorno, avrò nostalgia dei vecchi tempi potrò sempre ritornare a leggere queste parole. Parole che racchiudono in sé uno di quegli amori che nasce giorno dopo giorno senza morire mai.

    Un amore che, solo chi ha provato veramente, può raccontare.

    E mi ricorderò di quant'é bello sentirsi liberi dentro, di quant'é bella l'adolescenza seppur con i suoi momenti di tristezza, seppur con quei momenti in cui vorresti solo sparire e non lasciare più nessuna traccia

    E tu? Tu che stai leggendo, hai mai rischiato per amore?

    Hai mai... mandato tutti e tutto a quel paese solo per inseguire i tuoi sogni?

    E lo so che é illogico, e impossibile, ma hai mai pensato di voler saltare alla conclusione? E di voler leggere solo l'ultima pagina della tua vita?

    Già... chissà come sarà.

    Chissà cos'altro ci riserverà il destino.

    E a chi non piacerebbe sapere in anticipo cosa accadrà.

    Forse compieremo sempre le stesse scelte, ma almeno saremmo noi a decidere per cosa lottare.

    O magari, faremo scelte diverse, e solo allora ci renderemo conto di quanto la nostra vita dipenda completamente da momenti mischiati tra di loro.

    1.

    Gocce che scendono lentamente dal vetro della finestra appannata…

    L’odore della pioggia e il profumo che si riesce a sentire da fuori…

    L’asfalto e le strade bagnate…

    Le nuvole che versano tanta di quella pioggia fino a bagnare ogni cosa…

    Sono distesa sul mio letto a leggere uno di quei tanti libri che avrò letto e riletto un centinaio di volte.

    In teoria dovrei studiare: negli ultimi giorni ho accumulato così tanti compiti che non so nemmeno da dove cominciare.

    Ma... come al solito... ci penserò più tardi.

    «Posso entrare?», dice Andrea da dietro la porta della mia camera.

    «Si si certo», poso il libro sopra il comodino.

    «Ti disturbo?», rimane sulla soglia.

    «Tranquillo, puoi entrare», lo invito con un gesto della mano.

    «Ma non dovevi studiare?».

    «Hai detto bene… dovevo».

    «Sempre la solita pigrona», fa l'occhiolino.

    «Perché?», lo sfido. «Tu li hai fatti?».

    Non risponde. Piuttosto svia lo sguardo.

    «Vedi? Questa è la dimostrazione che allora non siamo così tanto diversi», riprendo il libro e sfoglio le pagine.

    «Ma io non ti ho detto di no», mi fa notare.

    «Vuoi per caso negarlo?».

    «E va bene», sbuffa.

    «Vuoi un libro?».

    «Scherzi?», fa una smorfia. «Sai benissimo che io e la lettura non andiamo molto d'accordo».

    «Lo so, lo so, tranquillo», gli lancio un cuscino in faccia. «Stavo solo scherzando».

    Si limita a ridere.

    «A proposito... ti serve qualcosa?».

    «Nulla, é solo che mi annoiavo a stare in camera mia».

    «E così... hai pensato bene di venire nella mia».

    Suona il campanello e mi affaccio alla finestra; è lui. L'uomo che ha sposato nostra madre.

    Un po' come un secondo padre, ma se devo essere sincera, questa casa diventa un posto migliore in sua assenza.

    Ed é ogni sera che, in questi momenti, ripenso a tutte le volte che scendevo giù in strada solo per abbracciare mio padre che tornava a casa dopo una lunga giornata di lavoro.

    Solo lì, solo tra le sue braccia io trovavo riparo.

    E adesso che non c'é più... tutto questo mi manca.

    «La cena è pronta», ci informa nostra madre dalla cucina.

    «Arriviamo».

    «Andrea?», mi volto verso di lui. «Me la fai una promessa?».

    «Potrei forse negartela?», sorride.

    «Promettimi che qualsiasi cosa accada noi l'affronteremo sempre insieme».

    «É forse successo qualcosa?», si preoccupa.

    «No, no», lo rassicuro. «Ma...», mi guardo intorno. «Ho una strana sensazione, come se da un momento all'altro possa accadere qualcosa di brutto».

    «Vieni qua», mi abbraccia forte.

    Non so perché ma… ho davvero bisogno di affetto in questo momento.

    «Sta tranquilla e comunque...», mi guarda dritto negli occhi. «Qualunque cosa accada sarò sempre con te. É una promessa».

    «Ti voglio bene», affondo la testa nell'incavo del suo collo.

    «Anche io», passa una mano tra i miei capelli.

    Apro la porta della stanza e facciamo per scendere.

    Andiamo in cucina e salutiamo nostro «padre».

    «Avanti sedetevi», ci accoglie con un sorriso. Era da tanto che non lo vedevamo così.

    Mi siedo al mio solito posto. Prendo un bicchiere e verso un po' d' acqua.

    «É forse, successo qualcosa?», domando loro. «Oggi sembrate così di buon umore».

    «Già, l’ho notato anche io», aggiunge Andrea.

    «Dobbiamo dirvi una cosa molto importante», nostra madre è davvero felice.

    «Avanti, parla», Andrea le infonde coraggio.

    «Questa mattina ho ricevuto una telefonata importante e... mi hanno offerto un nuovo lavoro».

    «Ma è una notizia fantastica», le vado incontro per abbracciarla.

    «C'è solo un problema», tiene a precisare nostro padre

    Questa parola non ha mai promesso nulla di buono.

    «E quale sarebbe?».

    «Dobbiamo trasferirci ad Amsterdam».

    «É uno scherzo vero?», io e Andrea rimaniamo sconvolti.

    «Ma è a più di 1000 km da qui», protesto.

    «Noi qui abbiamo tutto quello di cui abbiamo bisogno: la scuola, gli amici...», Andrea é piuttosto abbattuto.

    «Sono certa che riuscirete a fare nuove amicizie».

    «Io non voglio altri amici. A me bastano quelli che ho. Non potrei vivere senza di loro».

    «Dimmi mamma... tu hai già accettato, non è così?», le domanda Andrea.

    «Mi dispiace tanto», si limita a dire.

    «E quando dovremmo partire?», il coraggio di chiederlo non é poi così tanto.

    In effetti... questa situazione ti fa perdere ogni speranza costruita intorno a queste quattro mura.

    «La prossima settimana», ha lo sguardo altrove come se... non riuscisse a reggere i nostri sguardi.

    Non ci posso credere, figuriamoci a pensarlo e a farlo davvero.

    Nostro padre rimane in silenzio a mangiare, come se di tutto questo non gli importasse un granché.

    «Mamma?», allontano il piatto da me.

    «Che c'è Catherine? Non sei contenta?», prende un pezzo di pane.

    «Non voglio partire», disapprovo del tutto la sua scelta.

    «Credevo saresti stata felice per me», il suo sguardo si fa triste..

    «E lo sono, davvero, ma...».

    Rimaniamo tutti in silenzio.

    «Non potevi prima chiedere una nostra opinione?», appoggio una mano sulla fronte.

    «E cosa sarebbe cambiato?».

    «Tutto mamma, sarebbe cambiato tutto».

    Mi alzo da tavola e salgo di fretta le scale.

    «Fermati un attimo», Andrea mi afferra per un braccio. «Dove stai andando?».

    «Voglio solo stare un po' da sola».

    «Ricordi cosa ci siamo detti prima?», non molla la presa.

    «Non era ciò che mi sarei immaginata», mi scanso da lui e vado nella mia stanza sbattendo la porta alle mie spalle.

    E' vero, di certezze non ne ho e mai ne ho avute, men che meno ora che nostra madre ci ha dato questa brutta notizia, però di una cosa sono estremamente convinta:

    Se sto con Andrea tutto sarà più semplice.

    E non m' importa cosa accadrà, se ho lui al mio fianco, ho tutto.

    Lui che mi ha sempre protetta.

    Lui che mi ha sempre fatto sentire un po' meno sola.

    Lui che per vedermi felice farebbe qualsiasi cosa, rinuncerebbe persino alla sua felicità.

    «So che sei arrabbiata con me», mia madre apre la porta. «Ma voglio solo parlarti un momento».

    Non le dico nulla, preferisco rimanere in silenzio a guardare la parete che ho di fronte a me, quella piena di ricordi.

    «Senti Catherine, ascoltami. Cerca di metterti nei miei panni per una buona volta».

    «Io ed Andrea ti abbiamo appoggiata sempre in ogni momento, adesso tocca a noi non credi?», mi siedo a gambe incrociate nel letto. «Abbiamo persino accettato che tu ti sposassi con quello lì».

    «Io sono felice dell'opportunità che mi stanno dando e non voglio rifiutare».

    «Non voglio separarmi dai miei amici», continuo a ripeterle.

    «Mi dispiace Catherine».

    «E’ solo questo che riesci a dire? Mi dispiace? Se solo ne avessi parlato prima con noi, insieme saremmo arrivati ad una conclusione».

    «Ne stiamo parlando, ma a me non sembra che stiamo arrivando ad conclusione, anzi...».

    «Scusami mamma, ma adesso voglio riposare un po'. Ne riparleremo domani. Okay?».

    «Okay, riposati», mi dà un bacio in fronte.

    «Buonanotte».

    «Buonanotte tesoro».

    Per un attimo provo ad immaginare una vita fuori da ogni schema, una vita completamente diversa.

    E questo mi spaventa. Mi spaventa perché non potrò più contare su quelle persone che mi sono state vicino nonostante tutte le difficoltà.

    Mi spaventa perché tutto avrà un sapore diverso:

    strade, quartieri, vie, facce sconosciute... tutto sarà un qualcosa a cui dovrò facilmente (lo spero) abituarmi.

    E a me i cambiamenti non sono mai piaciuti un granché, preferisco la quotidianità di tutti i giorni, e forse... é proprio per questo che ho paura di partire.

    Chissà se sarò all'altezza della situazuone!

    2.

    Niente: farle cambiare idea non é così facile come lo si può immaginare.

    D'altronde... questo é uno dei suoi tanti sogni, e si sa, per realizzarli devi fare anche di testa tua.

    E poi... chi siamo noi per impedirglielo?

    É difficle da pensare e da accettare, però... é il minimo che le dobbiamo.

    «Sei triste non è vero?», è ciò che vuole sapere Andrea.

    «Già», stringo tra le braccia un cuscino. «E tu?».

    «Giusto un po’», ha lo sguardo fisso alla finestra.

    Prendo dal cassetto un paio di cuffie e le infilo nelle orecchie.

    «Ehi, Catherine, mi è appena venuta un'idea».

    «Spara».

    «E se andassimo a fare un giro di questa città per l'ultima volta?».

    «Mm... perché no? Hai avuto un'ottima idea».

    «Okay, andiamo, dai».

    «Tu scendi, ti raggiungo fra un minuto».

    «Solo un minuto», indica l'orologio. «Non fare come al tuo solito».

    «Tranquillo», gli dico. «Farò in fretta».

    Esce dalla stanza e comincio a prepararmi.

    Apro l'armadio ed indosso un paio di jeans, una felpa nera e le superstar.

    Lego i capelli con un elastico e sono pronta.

    «Adesso possiamo andare», scendo di fretta le scale.

    «Certo che ne hai messo di tempo...», mi sta già aspettando fuori.

    «Non esagerare», rido. «Saranno passato si e no dieci minuti».

    «Quindici per essere precisi».

    «Pff fa lo stesso», infilo le chiavi nella serratura e fermo la porta.

    Camminiamo per un po' in silenzio. Non ho molta voglia di intrattenere una conversazione. Credo che lo stesso valga per Andrea.

    Passiamo davanti alla scuola che ho frequentato per 8 anni e, per un istante, il tempo sembra volersi fermare.

    «Andrea? Entriamo qui per favore», lo strattono per un braccio.

    «Ma non è la tua vecchia scuola?».

    «Si esatto».

    «Uhm...okay», alza le spalle.

    Suono il campanello e viene ad aprire uno dei tanti bidelli che vi lavorano all'interno.

    «Avete bisogno di qualcosa?», chiede.

    Mi ricordo di lui, ma lui evidentemente non si ricorda di me: è passato cosi tanto tempo ed io non sono più quella ragazzina grassottella e dall'espressione imbronciata.

    «No, veramente vorremmo solo vedere questa scuola per un'ultima volta se è possibile», gli rispondo malinconica.

    «Per l'ultima volta?».

    «Vede», parla Andrea. «Fra sei giorni noi partiamo per Amsterdam e avremmo il piacere di rivedere quei luoghi che hanno fatto da sfondo a tutti i nostri anni passati qui a Milano. Vorremmo partire proprio da questa scuola se per lei non è un disturbo».

    «Siete dei bravi ragazzi. Prego.», fa cenno di entrare.

    Stessi disegni sui muri, stessi insegnanti, stesse aule.

    Tutto esattamente come ricordavo.

    «Mi dispiace dirtelo, ma io la preferisco vuota», dice Andrea.

    «Il solito», rido. «Mi stavo, appunto, chiedendo quando lo avresti detto».

    Mi mette una mano sui capelli e li spettina.

    «Smettila dai».

    Camminiamo per tutto il corridoio finché non trovo la mia vecchia classe. É vuota. Chissà per quale motivo!

    «Entriamo qui».

    Sulla lavagna ricoperta di gesso c'è ancora l'ultima lezione spiegata dalla maestra... numeri su numeri, lettere su lettere, compiti su compiti…

    «Dov'eri seduta?».

    «Esattamente... qui. Si, me lo ricordo perfettamente. Primo banco», vi passo una mano sopra.

    «Anche da piccola! Non ci credo», fa una smorfia.

    «Anche da piccola cosa?».

    «Sempre al primo banco».

    «Non capisco perché tutti siete fissati con l'ultimo banco. Insomma... Cos'ha di cosi speciale?».

    «Siamo gli ultimi ad essere notati dai professori», dice trattenendo una risata.

    «Non vi illudete i professori notano tutto dalla cattedra».

    «Fin ora non mi è mai successo».

    «Perché? Tu durante le lezioni che cosa combini?».

    «Ah...segreto».

    Con un dito sfioro una scritta, anzi una data, incisa ai lati del banco.

    «Scommetto che questa l'ha scritta il tuo fidanzatino», Andrea prende il gesso ed incomincia a scrivere qualcosa sulla lavagna. «Questo nome ti ricorda qualcosa?».

    «F-Francesco? Oh...no ti prego no.», faccio una serie di gesti con le mani.

    «Perché no? Mi ricordo che un giorno tu...», sorride maliziosamente.

    «Oh mio Dio», sento le guance andare a fuoco.

    «Me lo ricordo perfettamente, tu eri innamorata persa di lui».

    «Persa non direi… diciamo solo che mi piaceva parecchio».

    «Al punto tale da scrivergli una lettera per San Valentino?».

    «Ma tu come fai a saperlo? Io non ne ho mai parlato con nessuno», arrossisco ancora di più.

    «Ah io so tutto, e so anche che quel 14 febbraio volevi consegnargliela, però non ci sei riuscita perché ti sei ammalata».

    Resto in silenzio, con la testa abbassata sul banco.

    «Ricordo anche che ogni mattina inventavi sempre una scusa diversa per non andare a scuola, ma quando poi i tuoi occhi hanno incrociato i suoi…».

    «Smettila, ti prego, è imbarazzante…».

    «E dai, stavo arrivando alla parte più bella».

    «Meglio non ricordarmelo. Che idiota», ci rido su.

    «Chissà cosa succederebbe se lo rincontrassi».

    «Proprio nulla. Ormai ho superato quel periodo».

    Mi domando che fine abbia fatto. Non lo vedo da quattro anni.

    «Non è il tuo cervello a decidere, ma il tuo cuore».

    «Sei diventato un filosofo?».

    «E voi che ci fate qui?», entra nella stanza una delle collaboratrici.

    «Stavamo solo dando un'occhiata a questa stanza», le dice Andrea.

    «Fate parte di quest'istituto?».

    «Un tempo si ma... a proposito saprebbe dirmi perché la classe è vuota?».

    «Se non

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