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Il ricordo di voi mi è necessario
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E-book244 pagine3 ore

Il ricordo di voi mi è necessario

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Info su questo ebook

Nicola è un quarantenne borghese e sieropositivo che fugge in Africa per nascondere a se stesso e ai suoi cari il suo stato, pensando che in quel luogo potrà trovare molti esseri umani con il suo stesso dramma e viverlo con più distacco e accoglienza. Con il passare dei giorni e il male che comincia a deteriorare il fisico e la mente, sente la necessità del ritorno alle sue radici per dare l'addio alla propria esistenza. Così, Gianpiero Santilli inizierà il racconto proprio dalla seconda parte per mettere in luce i personaggi che hanno rappresentato la vita del protagonista e la sua scelta di fuga per paura di non essere compreso. "Il ricordo di voi mi è necessario" è la cronaca di un grande dolore per una sessualità non accettata, e mai vissuta con normale serenità, e una malattia ancor meno accettata e vista come qualcosa di sporco da un ambiente ipocrita che si professa libertario e agisce nella direzione opposta.
LinguaItaliano
Data di uscita30 set 2021
ISBN9788830650510
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    Anteprima del libro

    Il ricordo di voi mi è necessario - Gianpiero Santilli

    LQPIATTO.jpg

    Gianpiero Santilli

    Il ricordo di voi

    mi è necessario

    © 2021 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 9788830614536

    I edizione settembre 2021

    Finito di stampare nel mese di settembre 2021

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Il ricordo di voi

    mi è necessario

    Prefazione

    di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    CAPITOLO SECONDO

    "Papà, basta guardarmi così. Mi sento già tanto mortificato ad avere questa espressione assente, per conto mio.

    Non sopporto la pietà. Non l’ho mai sopportata. Vorrei vederti reagire in qualche modo. I miei occhi li conosci bene, sforzati a capirli. Loro ancora parlano. Perché non vuoi accettare che, finalmente, ho deciso di rinunciare.

    Sono sereno, caro papà. Posso dire contento. E ti assicuro che non sono eccessivo. Sono contento di aver resistito dignitosamente e aver avuto la possibilità di stare insieme a te. Per la prima volta, da quando sono nato, ho potuto godere, in una manciata di anni, il sapore di libertà che si ha quando hai la certezza che tuo padre ti ama veramente.

    Perché adesso ti rifiuti di essere mio alleato? Sapere che piangi di nascosto mi fa rabbia. Più del dolore.

    Voglio il sole e la luce. Voglio il tuo sorriso. Voglio le tue storie assurde e inventate che mi raccontavi quando ero un bambino fin troppo grande per quelle cretinate. Eri così imbarazzato a vedermi crescere che non sapevi come comportarti. Il tuo odio per il mio modo di fare si attenuava soltanto con laceranti sensi di colpa che carpivo dai tuoi sguardi malinconici e persi.

    Povero papà. Lo so che non è stato facile per te. Adesso ti chiedo un ultimo sforzo. Se solo potessi assicurarti quanto sono tranquillo. Ho nascosto il terrore e l’angoscia per molti anni. A te e a tutti. Hanno tentato di convincermi che avrei potuto abituarmi egregiamente al dolore. Non è stato così. Il dover mentire a me stesso è stato un sopruso alla mia anima. Il dover mentire a te, ogni volta che mi guardavi negli occhi. Quando mi parlavi di quello che avrei fatto. Di quello che sarei riuscito a diventare con il mio carattere forte. Come dicevi tu. Ti ricordi quando ti facevo arrabbiare davvero e, con la faccia da finto cattivo, mi minacciavi con la frase: «Non vedo l’ora che incontri qualcuno che ti faccia abbassare la cresta!». Quante volte l’ho sentita. Papà, ti prego vieni qui, prendimi la mano e parlami sorridendo. Io non posso muovermi e non posso chiamarti. Non è giusto che ti comporti così. Stai facendo il bambino tu, adesso. E poi devi uscire, devi riprendere la tua vita. Non solo il lavoro. Che fai sempre rinchiuso qui dentro. Stai rinunciando a tutto. Vorrei spiegarti. Tu ora vivi soltanto il dolore, ma è proprio questo che finalmente sta passando per me. Cerca di arrivare a capirlo. Mi hai insegnato a combattere, hai sempre detto che là fuori c’è una giungla arrabbiata e inferocita e che è meglio non farsi trovare impreparati. Papà, abbiamo mentito tutti e due. A tutti e due. Dove ti nascondevi quando stavi male? Da anni non vivo più con te, ma non è passato un giorno che non ti chiamassi. Per ascoltare la tua voce ferma e sicura che si sforzava per farmi sentire, comunque, il migliore. Ora, mi hai ripreso a casa con te. Non vuoi farmi soffrire attraverso lo sguardo di altre sofferenze. C’è il forzuto Dante, la dolce Isabella e il timido Antonio che si alternano intorno al mio letto. Intorno ai miei tubi. Intorno ai miei liquidi. Intorno ai miei escrementi. Ai miei scatti d’ira. Alle mie notti insonni. Alla violenza del mio progressivo decadimento. Intorno agli imbarazzanti discorsi di chi viene a trovare la fine. Sono loro tre le mie facce rassicuranti. Quelli che per ultimi debbono fingere. E allora, papà, fingi anche tu. Fammi risentire la tua dura ironia. Non dirmi più, con l’occhio lucido e la voce strozzata, di quando guarirò. L’illusione non mi appartiene più. Ti rivoglio cinico e sarcastico. Cattivo e brillante. Ti rivoglio tosto e calmo come ti ho sempre conosciuto. Rivoglio anche quello che mi ha odiato. Rivoglio il mio papà di sempre. Adesso più di prima".

    "Ciao mamma, come stai? Questo è il momento più bello della giornata. Papà dorme, finalmente. Almeno credo. Dante lo intravedo piuttosto accasciato sulla poltrona. Siamo io e te. Prova a parlarmi. Sono qui pronto per ascoltarti. Non essere offesa con me. Da mesi sei il mio unico punto di riferimento. Cerca di capire. Quando te ne sei andata non ho potuto accettare. Dopo non potevo guardare il dolore di papà quando mi osservava per ritrovarti. Era troppo. In qualche modo, crescendo, ho fatto di tutto per non fargli sentire la tua mancanza. All’improvviso, non sapevo più per chi stare male. Poi ho capito che dovevo diventare io, la vittima. Ho provato a convincermi che non eri mai esistita. E, col tempo, mi sono reso conto di essere diventato la tua copia, in tutte le situazioni. Per compiacere papà e per averti sempre con me. Senza nominarti mai.

    Sono curioso mamma. Sono così inquieto per questa nuova esperienza. Tu forse puoi capirmi. Adesso.

    Vorrei ritornare a passeggiare con te, dentro quella splendida carrozzina della quale andavi tanto fiera. Come sembra dalle foto. Io, tutto imbacuccato e coperto fino agli occhi, con te che esibivi, a chiunque si avvicinasse, il tuo risultato più bello. Ero il tuo risultato più bello, mamma?

    Vorrei ricordarmeli tutti quei momenti. I miei primi mesi. I miei primi anni con te. Invece, ci sono solo attimi della crescita. Che peccato! Non è giusto! Non è giusto non poter ricordare l’unico vero momento spensierato della propria esistenza. Insomma, mi senti? Ma che altro devo fare? Anche se non rispondi, io lo so che mi senti. Questa volta non ti lascio fuggire. Ti sei presa una bella vacanza, ma adesso devi riprendere in mano il tuo vero ruolo. Di che parlavamo? Ah, sì, di questa nuova esperienza che vado a incontrare. Sarà incredibile perché ci sei tu. Perché so che ci sarai ad accogliermi. Per questo non ho affatto paura, quindi non inventarti, come al tuo solito, impegni inesistenti. Se solo riuscissi a sentire la tua voce. Ormai è tanto che ci sei di nuovo e, allora, perché non vai oltre il pensiero? Vorrei farti tante domande. Non ho più paura mamma, ho soltanto il desiderio di arrivarci preparato. Solo tu puoi aiutarmi in questo. Potrebbe accadere mentre dormo e non accorgermi di nulla. O davanti a qualcuno che viene a trovarmi. O quando sto con papà la sera, prima di dormire. Questo è diventato il mio pensiero assillante. Il resto lo sento così lontano, così assente da me".

    «Nicola, oggi ti sei stancato molto anche con le visite, perché non provi a dormire un pochino? Non ti agitare, cerca di riposare. A quest’ora tutti dormono, dai, piccoletto, su, da bravo...».

    Mamma, Dante si preoccupa per me. Adesso provo a dormire e tu pensa a quello che ti ho detto. Domani torno da te. Buonanotte.

    «Buongiorno Antonio, trovo di nuovo lei, che coincidenza».

    «Buongiorno signora, prego».

    «Come sta il mio caro amico, oggi? Ciao Niki, fatti dare un bacino, posso Antonio?».

    «Ci mancherebbe. L’ho appena cambiato. È tutto pulito e profumato. Certo che può dargli un bacio. Oggi ha fatto un po’ di capricci e non voleva farsi toccare. Gli abbiamo tolto tutte le medicine. Non le sopporta più. Però fa i capricci lo stesso. Se continua a sputare tutto quello che ingurgita, si prende un sacco di botte. Nico vado di là, fai il bravo. Signora, se c’è bisogno o si muove troppo mi chiami».

    «Non si preoccupi, sarà bravissimo, vero amore? Dai, ti racconto qualcosa di interessante che ti divertirà moltissimo. Stia tranquillo, ci lasci pure soli.

    Allora, gattone, ti sbrighi a guarire? Oggi lo sai dove vado? Ti ricordi quella cartomante che mi avevano consigliato? Sì, non mi dire che l’hai dimenticato, te l’ho detto l’ultima volta che sono venuta. Dicono sia bravissima. Non sto nella pelle. Sono sempre così tesa, così impaurita. Ho deciso di andarci, anche per sapere come andrà questa nuova storia. Se mi dice di lasciar perdere vuol dire che non capisce niente.

    Ieri l’ho visto. Era la nostra terza volta. A casa sua, sempre. Quanto mi piace. Non penso ad altro.

    Dio, quanto ti adoro Nicola. Con te mi posso confidare e dire tutto. Che bello! Ti voglio proprio bene!

    Insomma, due ore. Sì. Due ore. Non volevo più andare via. Mi ha riempita. Ecco. Mi sento piena, appagata. Peccato che lui è sempre molto impegnato. Non ha mai tempo per un aperitivo o una cena. Per il momento, mi accontento così. Non mi domanda mai niente e io faccio una fatica che non puoi immaginare. Vorrei sapere tutto. Da quando è nato a oggi. Mi accontenterei di fargli da ombra se potessi, ma devo essere astuta. Questo mi piace proprio. Ecco perché vado dalla cartomante. Per saperne di più. So soltanto che ha avuto una storia lunga, fino a un anno fa. Così mi ha detto. E che c’è rimasto piuttosto scottato. Me lo ha raccontato mentre facevamo l’amore. In quei momenti è più facile far parlare e così gli ho fatto qualche domanda. Mi ha detto che era a un passo dal matrimonio, ma giunto al traguardo non se l’è sentita, creando un bel casino con la donna e i parenti. Però sembra acqua passata. Ora pensa soprattutto alla carriera, ma credo di piacergli molto. È così passionale. Nicola, credi, mi ha ridato la vita. Ero diventata una larva che faceva tutto per routine. Senza più orgoglio per me stessa. Figurati che, ieri sera, Riccardo voleva fare l’amore. Povero illuso. Una volta al mese si ricorda. Adesso poi, mi fa orrore. Non avrei mai potuto. Avrebbe distrutto la giornata con la solita scopatina di cinque minuti. Per fortuna, Niccolò ha la febbre così ho potuto dire che ero stanca e che il bambino, durante la notte, si sarebbe sicuramente svegliato, urlando, che voleva la sua mamma. Grazie a Dio non è successo, però sono riuscita a evitare il suo solo accostarsi. Proprio non lo sopporto. Adesso meno che mai. Non voglio che mi sfiori. Solo che ho un’angoscia enorme. E mi vergogno tanto. Pensa che, con lui, ho tenuto il reggiseno per tutto il tempo che siamo stati insieme. Ho allattato troppo a lungo mio figlio, questo è il problema. Adesso mi ritrovo due mammelle che mi mettono a disagio. Lui le ha accarezzate e baciate con molto calore, però deve aver capito il mio imbarazzo, perché le ricomponeva sempre dentro le coppe del reggiseno. Diceva che ero più sexy che completamente nuda. Pensa che carino. Se dovesse continuare, come spero, gli voglio fare un bel regalo. Mi rifaccio una terza abbondante senza badare a spese. Magari Riccardo è pure contento. Così pensa che mi sono rifatta per lui. Che dici, Niki? Mi ci vedi con due belle tettone? Già ne ho poco, poi pure moscio. Che pensiero mi sta dando questa cosa. Comunque mi ha chiesto se ci rivediamo la prossima settimana. Credo parta per lavoro, non lo so, questo non l’ho capito bene, ero talmente presa che qualche risposta l’ho persa. Poi, dopo, non volevo sembrare opprimente. Che dici ho sbagliato? A fare qualche domanda, dico.

    Certo, lui, non mi ha chiesto proprio niente. Ma credo sia questione di carattere. È riservato. Che sono sposata e ho un figlio lo sa, è ovvio, ci siamo conosciuti alla cena di Camilla. Stavo con Riccardo, che non fa altro che parlare del figlio e di quanto è stupendo, e che non vede l’ora che cresca di più per portarlo allo stadio con lui, puoi immaginare. Che agitazione! Sono sempre in ansia e, se non fosse per Niccolò, eviterei di tornare a casa molto volentieri. Mi pesa un po’ anche lui. Lo so che non dovrei dirlo, ma non riesco a concentrarmi come dovrei. Col bambino intendo. Non lo sa nessuno, Nicola, mi raccomando, per quando riparlerai. Sai, anche le amiche sarebbero solo invidiose e gelose, già lo immagino.

    Domani vedo anche il chirurgo. Ecco, ti ho detto pure questo, sei diventato il mio confessore, piccolino che non sei altro, ma...».

    «Tutto bene qui? Il ragazzo fa il bravo?».

    «Prego prego, il mio amico è un angelo sceso dal cielo. Sta tranquillo, tranquillo. Allora, Nicolino, è l’ora della pappa, ti lascio e ti lancio un bacino grande grande. Voglio vederti seduto la prossima volta che vengo a trovarti, eh, piccino?».

    «Può rimanere, se vuole, mentre provo a dargli un po’ di omogeneizzato, magari mangia più volentieri...».

    «No, non posso, devo proprio scappare, gli impegni sono sempre troppi. Arrivederci Antonio, ciao piccolo».

    «Arrivederci, arrivederci. Dai, cerchiamo di mangiare qualcosa, così quando arriva Isabella si arrabbia e dice che con me mangi e con lei no. E poi facciamo una sorpresa a papà se gli diciamo che hai finito tutto».

    «Salve, come sta Nico, si può vedere?».

    «Si accomodi pure, si è innervosito dopo l’ultima visita, ma forse è perché dorme poco. Più tardi viene il professore per un controllo. Sarà che quando il padre è fuori tutto il giorno è più agitato. Entri pure in camera così lo distrae un po’».

    «Ehi, Nicola, che mi combini? Si mormora che la notte fai le ore piccole. Lo sai che ti devi riposare, se non ti rimetti finisce che questa estate la passi in città. Non mi pare una buona idea, che dici? Ecco, mi siedo vicino a te. Fatti stringere la mano. Fatti fare un po’ di coccole. Che ti credi, non sei l’unico che ne ha bisogno, caro amico mio. Anzi, a te le fanno tutti oramai, ne sarai esausto anche, non è vero? Stai diventando troppo viziato. Nico, vorrei le coccole anche io. Sapessi che periodo assurdo sto passando. L’inferno è meglio, ne sono sicuro. Le altre volte che sono venuto non sono mai riuscito a raccontarti niente. C’era sempre qualcuno. È tanto che vorrei parlare con te. Mi hai sempre dato fiducia. Ho sempre pensato che la tua riservatezza fosse una virtù ormai rara da trovare in giro. Ti chiederai perché non te l’ho detto prima? Non lo so. Il fatto che non mi giudicherai mi aiuta a tirare fuori quello che non riesco a dire a nessuno. Credo sia per questo. Spero non penserai sia meschino. Eh, Nico?

    Ti ricordi quando a me e Barbara ci chiamavi la coppia giusta? Ecco, non lo è più. Da tanto. Poi, con la nascita di Federica è precipitato tutto più rapidamente. Dopo sei mesi di matrimonio ti puoi immaginare i miei come l’avrebbero presa. Ancora adesso, non lo sa neppure il mio migliore amico. E non intendo dirglielo. Abbiamo già organizzato insieme il viaggio per questa estate, con altre due coppie e rispettivi figli. Preferisco tenermi l’inferno dentro e la pace apparente fuori. Non credo di avere la forza sufficiente per intraprendere questo casino, adesso. Gli impegni, il caos che verrebbe fuori, e chi lo trova il tempo?

    Ho pure conosciuto una, tempo fa. Niente di che, non pensare... non che me ne freghi qualcosa, anzi, direi niente. Credo niente, sai quelle cose che non capisci perché ci sono, ma ci sono? Forse mi aiuta ad essere meno angosciato, chissà. È una pure un po’... volgare. Se la vedessi penseresti che sono impazzito. Ogni volta che stiamo insieme, mi dico che è l’ultima e che non la richiamerò, invece a volte mi manca pure, pensa. Ci vediamo una, al massimo due volte a settimana a casa sua, non sai che casa Nico, e pure in culo alla luna. Però che ti devo dire... certo, uscire insieme non se ne parla, non voglio né illuderla né, tantomeno, iniziare altre strade e poi, te l’ho detto, è una che a portartela in giro... insomma, ci siamo capiti. Lo so cosa pensi in questo momento, e che probabilmente hai sempre pensato di me, ma mi vergognerei con una così. Non sono mai stato libero in queste cose. E forse anche in altre, che ne so. Certo, che casino! Dire tutto a voce alta fa sembrare le cose ancora più difficili, mi sta venendo un’ansia...

    A volte mi chiedo se anche Barbara si vede con qualcuno, ma non credo. Non è il tipo. Poi con la bambina fissa alle costole è dura. Comunque l’interesse è zero. Ti posso assicurare che non me ne importa molto. Mi darebbe fastidio soltanto se se la facesse con qualcuno che conosco. In quel caso farei un gran casino. Odio la scorrettezza.

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