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La morte viene dal passato: Nubi scarlatte
La morte viene dal passato: Nubi scarlatte
La morte viene dal passato: Nubi scarlatte
E-book304 pagine3 ore

La morte viene dal passato: Nubi scarlatte

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Info su questo ebook

Una scia di efferati delitti sconvolge Belfast e Dublino: i cadaveri orribilmente mutilati di quattro uomini vengono rinvenuti in diversi punti delle due capitali irlandesi e tutto fa credere che si tratti dell’opera di uno spietato serial killer. Per Finn Doyle, Ispettore del PSNI, una sola certezza: tutte le vittime hanno fatto parte, molti anni prima, della stessa unità del SAS comandata da Sir Alex Martini-Miller, Capitano in congedo. Convocato con urgenza in Irlanda, Alex si trova all’improvviso proiettato in fatti che considerava da tempo sepolti e che, invece, gli sono molto più vicini di quanto non immagini. Misteriosi legami con la sua storia personale, infatti, lo collocano al centro di un assurdo piano di vendetta che gira intorno alla figura di un miliziano repubblicano rimasto ucciso negli scontri del 1998. Ancora una volta Alex dovrà fare i conti con l’uomo che è stato e che sta cercando di dimenticare e del quale, al contrario, non riesce a liberarsi. Costretto dai fantasmi del passato a rivivere non solo quei drammatici scontri ma anche un evento che, quattro anni prima, ha completamente stravolto la sua vita.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2018
ISBN9788893331081
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    Anteprima del libro

    La morte viene dal passato - Carlo Legaluppi

    © Alter Ego s.r.l., Viterbo, 2018

    Collana: Spettri

    i edizione digitale: febbraio 2018

    ISBN: 978-88-9333-108-1

    Progetto grafico di copertina: Luca Verduchi

    www.alteregoedizioni.it

    Alle mie figlie Vanessa e Virginia,

    che mi gratificano con il loro amore

    e hanno dato un senso alla mia esistenza.

    "Così remiamo,

    barche controcorrente,

    risospinti senza sosta nel passato".

    (Francis Scott Fitzgerald, Il Grande Gatsby)

    In un luogo imprecisato

    Lunedì 6 marzo 2017

    "And I am not frightened of dying, any time will do,

    I don’t mind. Why should I be frightened of dying?

    There’s no reason for it, you’ve gotta go sometime.

    I never said I was frightened of dying".¹

    (Pink Floyd, The Great Gig In The Sky)

    La stanza è immersa in un buio vuoto e oppressivo.

    L’angosciante silenzio è rotto all’improvviso da un fruscìo che cresce progressivamente d’intensità, riecheggiando fragorosamente fra le pareti.

    L’uomo alto e muscoloso, disteso a terra legato e imbavagliato, prima si muove lentamente, poi comincia ad agitarsi in maniera forsennata; strizza e allarga di continuo gli occhi per cercare di distinguere i contorni dell’ambiente che lo circonda, senza però riuscire a vedere nulla.

    Tutti i suoi sensi sono in allerta, ma non prova paura né sgomento. Altre volte è riuscito a cavarsela in situazioni difficili ed è sicuro che anche in questa occasione troverà la forza per venirne fuori.

    Si è appena ripreso dal tremendo colpo in testa che l’ha tramortito in quel fetido vicolo e già sta cercando di liberarsi dalle corde che gli bloccano le braccia e le gambe. Quelli che lo hanno legato ne dovevano, però, sapere molto in fatto di nodi. Le funi, infatti, anziché allentarsi si stringono sempre di più intorno ai suoi polsi, provocandogli indicibili fitte di dolore.

    Quando mi hanno aggredito erano quasi le due di notte. Forse è già mattina e qualcuno mi starà cercando… Idiota di un illuso! Chi diavolo dovrebbe accorgersi che sono scomparso? Sono solo come un cane, lo so bene! Se voglio uscire vivo da questo casino devo arrangiarmi e inventarmi qualcosa al più presto.

    Queste amare riflessioni sono interrotte dal cigolìo della pesante porta di ferro che, aperta da qualcuno, permette a uno spicchio di lattiginosa luce riflessa di proiettarsi all’interno. Grazie a questo flebile chiarore, il prigioniero capisce che ha la faccia rivolta verso il muro e, con un immane sforzo, si gira in direzione dell’ingresso.

    Nel momento in cui prova a inquadrare la figura che sta entrando, i suoi occhi vengono però colpiti dal raggio di una potente torcia elettrica che gli offusca momentaneamente la vista, consentendogli d’intravedere solo gli indecifrabili contorni di un essere incappucciato, vestito di scuro.

    Quando, dopo alcuni istanti, il fascio di luce si spegne e riesce a recuperare la sensibilità visiva, il suo inquietante carceriere è ormai scomparso e sta già richiudendo a chiave la porta di ferro.

    Il debole bagliore di alcune candele pervade l’ambiente. Ora l’uomo può vedere l’abominio che ha di fronte, può comprendere la natura di quell’odore pungente che impregna l’aria e gli soffoca le narici e la gola. Allora l’orrore gli stringe le viscere e a malapena riesce a trattenere un conato di vomito che, imbavagliato com’è, rischierebbe di soffocarlo.

    Brividi crescenti e irrefrenabili di terrore lo scuotono. Questa volta non riuscirà a salvarsi, ne è sicuro, così come è certo che in quella lurida stanza si consumerà l’ultimo atto della sua breve vita, peraltro nel modo peggiore che avesse mai potuto immaginare.

    Ha sempre affrontato a viso aperto qualunque situazione con coraggio, spavalderia, un pizzico d’incoscienza e, specialmente, esorcizzando il pensiero e la paura della morte, ma quella visione lo atterrisce, precipitandolo in un infernale incubo senza fine.


    1 E non ho paura di morire, in qualsiasi momento, non mi importa. Perché dovrei avere paura della morte? Non vi sarebbe alcuna ragione, prima o poi si deve andare. Non ho mai detto di avere paura della morte.

    Dublino/Belfast

    Da venerdì 24 febbraio a lunedì 6 marzo 2017

    "Un omicidio orribile, come tutti gli omicidi;

    ma questo ancor più orribile, strano, innaturale".

    (William Shakespeare, Amleto)

    Alle sei e venti del mattino del 24 febbraio 2017, un operaio da poco smontato dal turno di notte nota uno strano fardello di stracci all’imbocco di una via senza uscita, nella parte nord di Dublino. Si avvicina incuriosito e un po’ timoroso, poi vede lo scempio, vacilla e a stento riesce a rimanere in piedi appoggiandosi al muro.

    L’incontrollabile tremore che gli percorre tutto il corpo rende estremamente difficile comporre sul suo cellulare il numero del pronto intervento dell’An Garda Síochána². Solo dopo vari tentativi riesce a premere i tasti giusti e, quando il centralinista gli risponde, farfuglia agitatissimo:

    «Aiuto!… Mandate qualcuno di fronte al 61 di Terenure Road North… È orrendo!… Hanno scannato una persona… Ho paura… L’assassino potrebbe essere ancora qui vicino… Fate presto!…».

    «Signore si calmi e, per favore, non si muova da lì. Sicuramente l’omicida sarà ormai lontano. Comunque in pochi minuti arriverà una nostra pattuglia. Intanto lei mi fornisca le sue generalità».

    Il tono professionale dell’agente di turno rassicura un poco l’operaio, certo che una delle auto di servizio, subito allertata, presto lo raggiungerà.

    Molto meno professionale e tranquillizzante è invece il comportamento dei due poliziotti che per primi arrivano davanti al numero 61 di Terenure Road North e che, dopo una sfuggente occhiata al cadavere martoriato, cominciano a vomitare senza alcun ritegno, fino a che l’ultimo grumo di bile lascia il loro stomaco.

    L’Assistente Commissario della Prefettura di Dublino dell’An Garda Síochána, Haley Loughlin, giunto poco dopo, nonostante i quasi trent’anni di servizio rimane allibito per l’efferatezza del delitto e sconcertato per il disastro provocato dai due agenti. Oltre ad aver vomitato un po’ dovunque, gli agenti hanno infatti lasciato le proprie orme e impronte praticamente dappertutto, alterando irrimediabilmente la scena del crimine.

    Mentre Loughlin – noto per la sua tenacia e abilità di poliziotto, ma anche per il suo carattere introverso e irascibile – riflette su quale potrebbe essere il castigo più adeguato da infliggere ai due agenti (La gogna? Cento nerbate? La fucilazione alla schiena? No, forse sarebbe effettivamente troppo, basterebbe strappargli le mostrine e fargliele ingoiare a piccoli bocconi…), arrivano gli esperti della Scientifica e il Medico Legale che, prima di mettersi al lavoro, si lasciano andare a commenti disgustati guardando l’incredibile scena che gli si presenta davanti. Quando poi comprendono che ad aver provocato tutto quel casino sono stati i due poliziotti, ancora cadaverici e barcollanti, li inceneriscono con occhiate piene di disprezzo senza neppure degnarli di una parola.

    Loughlin, allora, si avvicina al Medico Legale che sta esaminando i resti martoriati e gli chiede seccamente: «Dottor Lynch, quando e com’è avvenuto l’omicidio?».

    «Carissimo Assistente Commissario, vedo che dall’ultima volta che ci siamo visti non ha imparato nulla in termini di educazione. Le parole buongiorno, per favore, grazie, le dicono qualcosa o pensa che si tratti di termini arcaici e desueti? A parte dispensarle una lezione di buona creanza, per il momento non sono in grado di dirle molto. Si tratta di un uomo di età compresa tra i quaranta e i sessant’anni, ma non ho trovato documenti o altri elementi utili per un’immediata identificazione. Sicuramente non è stato ucciso qui e, prima di ammazzarlo con una pugnalata al cuore, lo hanno apparentemente torturato senza pietà. Gli hanno anche amputato le dita di entrambe le mani e scarnificato il viso, probabilmente dopo il decesso. Terminata l’autopsia la chiamerò per darle notizie più precise. E ora si levi di torno e mi lasci lavorare in pace».

    «Ehm… grazie dottore».

    «Perbacco come sta diventando bravo, addirittura un grazie…».

    «Dottore non mi provochi, non sono ancora le sette del mattino e questa si sta preannunciando come una delle mie solite giornate da dimenticare. Comprenderà che non ho molta voglia di scherzare. La saluto, aspetterò con ansia la sua telefonata». E così brontolando Loughlin risale sull’auto di servizio e si fa riaccompagnare in ufficio dall’agente alla guida.

    Dopo circa tre ore, lo chiama il collega della Scientifica per informarlo che i suoi uomini non hanno rilevato nulla di significativo ai fini dell’inchiesta e per confermargli che l’omicidio è sicuramente avvenuto in un luogo diverso da quello in cui il cadavere è stato rinvenuto, non senza soggiungere con una punta di sarcasmo: «E per fortuna, perché con il putiferio che hanno combinato quei due deficienti di poliziotti sarebbe stato veramente un bel problema individuare eventuali tracce del pazzo che ha compiuto questo massacro».

    Devono passare altre due ore prima che Loughlin riceva la telefonata del dottor Lynch che, con i suoi soliti modi asciutti e diretti, gli comunica l’esito dell’autopsia: «La morte, avvenuta fra le tre e le quattro di questa mattina, è da attribuire a una pugnalata al cuore inferta con una lama liscia, affilata da entrambi i lati e lunga una quindicina di centimetri. I numerosi tagli, più o meno profondi, presenti in varie parti del corpo, al pari dei lividi e delle escoriazioni che ho riscontrato, sono antecedenti al decesso. È quindi certo che l’uomo – di circa cinquant’anni – è stato brutalmente torturato prima di essere ucciso. Le confermo, inoltre, che la scarnificazione del viso e l’amputazione delle dita delle mani sono avvenute successivamente alla morte. Non escludo che possano essere state eseguite per ritardare il riconoscimento del cadavere. Per quello che ho potuto osservare, chi ha effettuato il lavoro è piuttosto abile nell’uso del bisturi, con il quale penso abbia asportato la pelle del volto. Le dita sono state recise con tagli netti, forse utilizzando una piccola accetta o una mannaia da macellaio. Come le dicevo, data l’impossibilità di rilevare le impronte digitali, gli unici elementi utili per un’identificazione sono costituiti da un tatuaggio a forma di aquila sull’avambraccio destro e da una protesi nell’arcata dentaria superiore sinistra».

    «Sinceramente, dottore, speravo potesse fornirmi qualche indicazione in più per risalire all’identità del cadavere…».

    «Ma per chi mi ha preso! Sono un medico legale e non uno stregone o un indovino! Si accontenti e pensi a risolvere il caso, piuttosto! Il mio lavoro è terminato. Arrivederci, Assistente Commissario». Con queste parole il dottor Lynch chiude la comunicazione senza attendere un saluto che, comunque, il poliziotto non si sarebbe degnato di rivolgergli.

    Con la cornetta ancora alzata, Loughlin comincia a rimuginare su qualcosa che gli sta frullando per la testa dal momento in cui ha visto il cadavere. Con uno scatto degno di un centometrista, riaggancia il ricevitore e si dirige verso l’archivio, dove si fa consegnare tutti i fascicoli degli omicidi irrisolti degli ultimi due anni, cominciando a sfogliarli con l’aiuto di tre ispettori. Non riesce però a individuare casi con caratteristiche analoghe.

    Ancora non convinto e, anzi, sempre più assillato da un ricordo che non riesce a mettere a fuoco, contatta telefonicamente i suoi colleghi Assistenti Commissari delle altre cinque Prefetture irlandesi³.

    Solamente alla quarta telefonata la sua ipotesi riguardo a un possibile serial killer comincia a prendere corpo. Il collega Paddy Connors gli riferisce, infatti, di un uomo ammazzato una ventina di giorni prima e il cui cadavere, rinvenuto nei pressi di un cantiere abbandonato alle porte di Dundalk, presentava lo stesso tipo di ferite e di mutilazioni di quello di Terenure Road North. Particolare ancora più inquietante, anche quest’uomo aveva un tatuaggio a forma di aquila sull’avambraccio destro. Il morto non era stato identificato e il caso risultava ancora irrisolto.

    Le parole del collega gli fanno ritornare in mente quello che da ore cerca di ricordare. Il crimine di Dundalk, per le sue macabre caratteristiche, aveva trovato ampio spazio nelle trasmissioni televisive e radiofoniche, nonché nelle pagine di cronaca nera dei principali quotidiani. Loughlin, però, aveva captato la notizia solo di sfuggita. Evita accuratamente, infatti, di leggere articoli o di seguire programmi incentrati su delitti, visto che già passa troppo tempo in mezzo a delinquenti incalliti, omicidi e rapine.

    La teoria del serial killer trova ulteriore conferma nel successivo colloquio telefonico con il Sovrintendente Capo del PSNI⁴ di Belfast Alan O’Kelly, dal quale Loughlin apprende che, una settimana prima, in una discarica alle porte della città è stato rinvenuto il corpo di un uomo in avanzato grado di decomposizione e con mutilazioni simili a quelle degli altri due. Il decesso risale almeno ai quattro/cinque giorni antecedenti il ritrovamento e, grazie alla denuncia di scomparsa presentata dalla moglie, il morto è stato identificato. Si tratta del cinquantenne Thomas River, ex Sergente dei Corpi Speciali britannici e attualmente guardiano notturno presso un deposito di carburanti. L’indagine, affidata all’Ispettore Finn Doyle, è ancora in corso ma, analizzando gli ultimi anni di vita del defunto, non sono emersi elementi che possano giustificare un tale livello di accanimento e di sadismo. Anche lui, come gli altri due assassinati, aveva un tatuaggio a forma di aquila sull’avambraccio destro. L’omicidio, pure in questo caso, è avvenuto in un luogo sconosciuto e, comunque, diverso da quello in cui il cadavere è stato lasciato.

    Non trovando alcun riscontro dai colleghi delle Prefetture, Loughlin contatta anche Scotland Yard. L’esito negativo di quest’ultima telefonata gli conferma quella che è stata sin dall’inizio la sua sensazione: la scia di delitti è circoscritta al territorio irlandese.

    Pertanto, incarica il Sovrintendente Harry Bishop e due ispettori di verificare tutti i possibili collegamenti tra i cadaveri senza nome e il defunto Thomas River, focalizzando l’attenzione sull’unità dei Corpi Speciali in cui quest’ultimo aveva militato e sul tatuaggio che accomuna i tre uomini.

    Le indagini, che richiedono una decina di giorni, forniscono elementi importanti: nel primo pomeriggio del 6 marzo, Bishop si presenta a rapporto dall’Assistente Commissario Loughlin.

    «Thomas River ha militato in un plotone del SAS⁵ che si è distinto, nella seconda metà degli anni Novanta, per l’efficacia delle azioni portate avanti contro i militanti dell’IRA⁶ e della RIRA⁷. L’unità, il cui segno distintivo era un’aquila tatuata sull’avambraccio destro di tutti i membri, è anche intervenuta per arginare le iniziative violente dell’UVF⁸ e del RUC⁹. L’ufficiale comandante e alcuni graduati del plotone, tra cui l’ex Sergente River, sono stati addirittura pluridecorati. Esaminando l’elenco degli uomini che hanno fatto parte di questa squadra, ho inoltre appurato che, oltre a River, solamente altri quattro elementi risultano ancora residenti in Irlanda. Uno di questi» prosegue Bishop «il quarantanovenne ex Caporale Still Brigton, abitante a Dublino, è stato identificato come il cadavere di Terenure Road North grazie al calco dentale. Non siamo però riusciti a rintracciare parenti prossimi che ne confermino l’identità. L’ex soldato semplice Bill Young – scapolo quarantaseienne, residente a Drogheda – è stato riconosciuto come il cadavere ritrovato vicino a Dundalk dai suoi amici del pub, che qualche giorno prima ne avevano denunciato la sparizione. Il terzo – il quarantacinquenne ex Sergente Maggiore Cyrus Fox, senza parenti conosciuti e ufficialmente disoccupato – secondo i vicini è uscito dalla sua casa alla periferia di Belfast la sera del 5 marzo e non vi ha più fatto rientro. Il quarantaseienne ex Caporal Maggiore Bernard Moore, operaio in una fabbrica di Belfast e vedovo, è invece irreperibile da quasi due giorni. L’unica figlia ne ha segnalato da poche ore la scomparsa al PSNI». Il Sovrintendente fa una brevissima pausa, prende fiato e conclude: «Poiché la polizia non è riuscita a rintracciare questi due ultimi ex militari nei luoghi che abitualmente frequentano, ho fatto diramare ordini di ricerca in tutta l’Irlanda e nel resto del Regno Unito. Nel frattempo, i miei uomini stanno indagando per cercare di comprendere se siano in pericolo o in qualche modo coinvolti in questi brutali omicidi».

    Apprese queste notizie, Loughlin telefona al collega Paddy Connors per avocare su Dublino anche l’inchiesta riguardante il delitto avvenuto vicino a Dundalk.

    Subito dopo contatta nuovamente il Sovrintendente Capo O’Kelly di Belfast, con il quale condivide la convinzione che le indagini sui tre delitti debbano essere svolte in stretta collaborazione tra il Sovrintendente Bishop della Garda e l’Ispettore Doyle del PSNI, che si dovranno incontrare il giorno successivo a Dublino per definire il piano d’azione.


    2 Corpo di Polizia della Repubblica Irlandese.

    3 La Repubblica d’Irlanda è divisa in sei Prefetture: Dublino, Est, Nord, Sud, Sud-Est e Ovest.

    4 Police Service of Northern Ireland.

    5 Sigla dello Special Air Service, la più importante unità delle forze speciali britanniche.

    6 Irish Republican Army, organizzazione paramilitare che si richiama all’esercito repubblicano che combatté contro i britannici, tra il gennaio 1919 e il luglio 1921, nella guerra d’indipendenza irlandese.

    7 Real Irish Republican Army, organizzazione paramilitare, nata verso la fine del 1997, per iniziativa di alcuni dissidenti dell’IRA contrari al processo di pace che si stava sviluppando.

    8 Ulster Volunteer Force, il braccio armato dei lealisti che si contrapponevano all’IRA e alla RIRA.

    9 Royal Ulster Constabulary, corpo di polizia dell’Irlanda del Nord dalle cui ceneri è sorto, nel novembre del 2001, il PSNI.

    Dublino

    Martedì 7 marzo 2017 dalle ore 11:00

    "Il porsi costantemente dei problemi sta alla base della saggezza.

    Poiché attraverso il dubbio siamo portati all’indagine,

    e attraverso l’indagine arriviamo alla verità".

    (Pierre Abélard, Sic et Non, XII sec.)

    Il cinquantaduenne Sovrintendente Harry Bishop sprofonda i suoi centodieci chili abbondanti nella poltrona del proprio ufficio mentre esamina con attenzione i referti delle autopsie e i rapporti redatti dagli ispettori che stanno seguendo i casi di omicidio di Dublino, Dundalk e Belfast.

    Il suono fastidioso del telefono interno lo distoglie dai documenti che sta analizzando. È l’agente di servizio all’ingresso del Commissariato, che gli preannuncia l’arrivo dell’Ispettore Finn Doyle del PSNI. Allora, si alza non senza affanno e, con passo lento e pesante, va ad accogliere il collega con una calorosa stretta di mano.

    Doyle, più giovane di lui di una ventina d’anni e con un fisico decisamente più vigoroso e atletico del suo, ricambia il saluto

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