Super P e Magic Dog
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E chi ha avuto la grandiosa idea di costruirlo in una regione così remota del cosmo?
Forse non tutto è proprio così come sembra e potrebbe davvero esserci una ragione più profonda dietro la sua esistenza.
Ma, nel frattempo che questo insondabile mistero venga svelato, Pilas può finalmente godersi una settimana di meritato riposo.
O forse no.
Già, perché dalle fredde e oscure profondità dello spazio qualcosa sta puntando dritto ed inevitabilmente verso quel pianeta verde e blu chiamato Terra.
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Anteprima del libro
Super P e Magic Dog - Giuseppe Zolli
(Dis)avventure ai confini dell’Universo
Volume 2
Super P
e
Magic Dog
GIUSEPPE ZOLLI
COLLANA AZZURRA
RACCONTI PER RAGAZZI
Prima edizione: aprile 2018
ISBN cartaceo: 9781980772507
Layout e impaginazione: Giuseppe Zolli
Copertina: Giuseppe Zolli
Copyright © 2018 Giuseppe Zolli
CAPITOLO 1
Tredici miliardi e mezzo di anni fa, ovvero circa trecento milioni di anni dopo il Grande Botto¹, l’Universo era già come lo vediamo oggi.
E più passavano i millenni più diventava grande e sterminato, a causa dell’allontanamento delle galassie dal punto zero², finché raggiunse dimensioni talmente enormi che divenne quasi impossibile riuscire a determinare il punto esatto in cui tutto aveva avuto inizio.
Ma, nonostante le sue dimensioni, l’Universo era un posto davvero monotono e noioso.
Palle che ruotavano attorno ad altre palle più o meno grandi e luminose, mostri oscuri che aspiravano tutto ciò che capitava loro a tiro solo per risputare fuori ogni cosa dopo aver masticato un po’.
E in quella psichedelica e a tratti incomprensibile giostra di creazione e distruzione aleggiava un infinito senso di tristezza e di solitudine.
Fino a quando, su un lontano pianeta ai limiti del cosmo, uno di quelli che per primi si erano formati e che sedevano proprio ed inequivocabilmente sulla linea di confine tra il nulla e la materia esistente, ebbe luogo un fenomeno inaspettato, ma, al tempo stesso, inevitabile: la comparsa della vita.
Nel giro di poche generazioni, queste primordiali forme viventi si evolsero, e, forse grazie alla composizione dell’atmosfera o a qualche altro imperscrutabile fattore, si trasformarono fino ad assumere prima i contorni e poi la piena sostanza di esseri perfettamente senzienti.
La loro civiltà raggiunse il suo apice nell’arco di poche migliaia di anni, eccellendo praticamente in tutti i campi del sapere (anche perché, essendo la sola ed unica forma di vita nell’Universo, non si potevano fare confronti).
Ma presto, la noia e la monotonia, di cui era pervaso il cosmo, giunsero anche lì, e fu allora che uno di loro, riconosciuto da tutti come il capo, un bel mattino assolato, guardando i pesci nuotare nel fiume vicino la sua casa, esclamò: Bah, che pizza!
Qualcosa non va, sire?
, gli domandò un suddito che passava di lì.
Mah, niente. – rispose sconsolato – È solo che… Guardati attorno, mio caro. Il nostro è l’unico pianeta abitato in tutto l’Universo. Non ti sembra triste?
Il suddito, intimidito per le attenzioni che stava ricevendo, si limitò ad annuire col capo e tentò di sgattaiolare via, ma si fermò di colpo quando il capo gli rivolse un’altra domanda: Ti sei mai chiesto qual’è il nostro scopo?
Imbarazzato e intimidito, ci pensò su, o almeno ci provò, e infine rispose: Ehm… Forse potrebbe essere il mangiare?
Il capo si voltò verso di lui con sguardo torvo e accusatorio.
Non essere sciocco, mio caro!
, lo ammonì.
Il piccoletto fece un balzello indietro e deglutì, ma poi, credendo di aver avuto una brillante idea, si fece coraggio e riprese: Ahh, si si. Ci sono! Il nostro scopo è di non avere uno scopo!
Il capo fissò lo sguardo su di lui, prima incredulo, poi sbigottito, e infine sconsolato.
Senza dire altro si allontanò, camminando pensieroso con le mani dietro la schiena e lo sguardo basso.
Trascorsero i giorni, poi i mesi, e poi gli anni, e il pianeta di quell’antica civiltà finì per essere pervaso dal velo di monotonia e di tristezza che, come una invisibile mano di un invisibile essere supremo, allungò la sua influenza fin laggiù, e niente fu più come prima.
Gli abitanti di quel pianeta finirono per perdere interesse verso qualsiasi cosa, e si lasciarono andare, depressi e annoiati, ad interminabili giornate di inquietudine e di scoramento.
E poi, un bel giorno, una inattesa lampadina si accese nella mente di uno di loro, e fu così che, scoppiettante di felicità, si precipitò verso la casa del capo, per condividere con lui la sua intuizione.
Padre! Padre! – gridava mentre, correndo sul vialetto, si avvicinava alla casa – Apri la porta, padre!
Ma, siccome nessuno si degnava di andare ad aprire, si avventò contro la porta e prese a bussare forte con il pugno.
BAM BAM BAM!
Silenzio tombale. Riprovò.
BAM BAM BAM!
Dall’interno non proveniva nemmeno un flebile rumore, non un sibilo o un fruscio, niente di niente.
Forse non era in casa.
E se, invece, gli fosse accaduto qualcosa?
Padre!
, gridò di nuovo, bussando ancora più forte col pugno.
In quel momento, si udirono alcuni passi avvicinarsi pigramente verso la porta, e Zeus si presentò sull’uscio, scocciato e con una tazza di tè in mano.
Apollo lo guardò eccitato,