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Promettimelo
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E-book192 pagine2 ore

Promettimelo

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Info su questo ebook

Yulia è un'adolescente come le altre, chiusa in se stessa e schiva a causa di alcuni avvenimenti dolorosi della sua vita. Poi un giorno, di ritorno da scuola, si trova catapultata in un nuovo mondo, senza sapere come. Si imbatte in un ragazzo bellissimo e arrogante, Gabriele, che subito la mette al corrente della situazione: le persone stanno perdendo la sensibilità, si ingrigiscono, e lui e i suoi amici non riescono a fermare questo processo. Basta poco perché Yulia capisca che non è finita lì per caso, che lei è collegata con gli avvenimenti strani e misteriosi di quel posto, ne è ancora più convinta quando ricordi del suo passato tornano a tormentarla. Il rapporto con Gabriele, che le nasconde qualcosa, si trasforma in qualcosa di più, qualcosa di travolgente che non si può fermare, non senza numerosi ostacoli e difficoltà. Piano piano i tasselli cominciano ad andare al loro posto, e Yulia e Gabriele capiscono che la natura del loro sentimento è pura e forte, e insieme affrontano la verità su un universo in cui tutto sembra star perdendo senso.

Una storia d'amore particolare, romantica, struggente, in cui niente è scontato e amare è soprattutto lottare, e credere.

CATEGORIA: YOUNG ADULT
LinguaItaliano
Data di uscita8 ago 2015
ISBN9786050404227
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    Anteprima del libro

    Promettimelo - Marina Sargi

    Epilogo

    Capitolo 1

    CAPITOLO 1

    Forse non ci rendiamo davvero conto di quanto le cose possano cambiare ogni istante che passa. Il sole di giorno è alto e poi verso sera scompare dietro l’orizzonte, cammini per strada e ad un tratto inciampi, alzi il capo e l’attimo dopo corri guardando il treno che ormai si allontana, apri gli occhi e capisci che ti sei svegliato. Un giorno sei vivo, e l'altro potresti essere morto.

    Tutto cambia, che ce ne rendiamo conto o no, che lo vogliamo o no.

    La storia che sto per raccontarvi può sembrare inverosimile, certo: eppure è vera. Chiedo al lettore due cose: di pensare che tutto è possibile, e al tempo stesso di non farsi prendere in giro. Soltanto alla fine potrete dire se tutto ciò che avete letto è vero.

    Questa è la storia di una ragazza come tante, la storia di una ragazza la cui vita è cambiata in un attimo.

    Degli occhi azzurri che scrutano il mondo. Un cuore che batte. Capelli neri come la pece, ondulati. Sedici anni appena compiuti, piccola statura in grado di contenere tantissimi sogni. Yulia è un nome inusuale per un'italiana senza origini straniere, ma sua madre aveva deciso che fosse il nome appropriato e per chissà quale ragione: Yulia credeva che il parto l'avesse talmente sconvolta da averle dato alla testa, e che in preda alla depressione post parto avesse sognato di trovarsi in quale regione dell'Est. Eppure Yulia era molto affezionata a quel nome: incredibile quanto si imbestialisse ogni qual volta che qualcuno la chiamava Giulia, o peggio, Julia.

    La sua sarebbe stata una vita terribilmente e magnificamente ordinaria, probabilmente, se quel giorno non fosse accaduto l'inimmaginabile. Camminava a testa bassa, immersa nei suoi pensieri. Una giornata ghiacciata di febbraio. Adesso quasi non riesce più a ricordare a cosa stesse pensando, sa soltanto che si sentiva più arrabbiata del solito, erano mesi che non faceva altro che uscire per andare a scuola per poi rientrare a casa e restarci senza voler sentire nessuno.

    Esci un po', la incitava sua madre,ma lei non voleva saperne.

    Yulia aveva sempre litigato con la Vita. Forse tutti gli adolescenti ci litigano, ma il suo rapporto con lei era assolutamente speciale. Una continua lotta, fatta di attacchi e difese, armistizi e trattati.

    Ma il litigio di quel giorno forse fu il più grande di tutti.

    Camminava verso casa sotto il sole poco cocente del primo pomeriggio, una sciarpa avvolta attorno al collo, quasi fin sopra al naso freddo. Si faceva scudo per evitare qualunque contatto anche per quel breve tragitto, evitando le persone che incrociava per strada. La musica nelle orecchie per non sentire gli schiamazzi di ragazzi della sua età, per non sentire il vecchio lamentarsi del freddo, o la ragazzina frignare per un voto basso. Se avesse potuto, si sarebbe teletrasportata nella sua stanza in un attimo. Invece, a disagio e nervosa, alzò lo sguardo per attraversare la strada affollata di auto. Poi li spalancò inorridita, immobilizzandosi. Che stupida, aveva sobbalzato, ma era solo quel bastardo di Luca, e dopotutto ciò che aveva rappresentato per lei, provò un folle odio, un impulso violento...e tanta ma tanta rabbia, che piano sfumò solo in una lieve sofferenza. Accadde in un attimo: il tempo di odiare se stessa, di combattere con mille emozioni e mille ricordi. Per evitare anche lui e quel dolore che sentiva al petto, alzò gli occhi e fissò il sole alto, luminoso. Ebbe un capogiro, e la musica nelle orecchie cominciò a sfumare e tutto intorno a lei si fece terribilmente buio, si oscurò, tanto che si guardò intorno epr capire cosa stesse accadendo. Provò a chiedere aiuto, ma si sentì paralizzata nell'oscurità che era calata all'improvviso. Provò a parlare ma non le uscì la voce, dov'era Luca, e quelle auto, e il sole? Il panico la attanagliò, non fece in tempo neanche a capire cosa stesse accadendo: un misto di buio e paura prima di sentirsi le gambe molli e venir meno in una voragine immaginaria.

    Non sentiva più niente. Il corpo era intorpidito, stanco. Le palpebre pesanti come un macigno. No, non ce l’avrebbe fatta ad aprirli. Avvertì la presenza di alcune persone, ma il ronzio nelle orecchie le impedì di distinguere la voce. Sentì solo un pianto sommesso. Senza forze, rimase distesa.

    Dove mi trovo? Cosa… non ricordo… niente… pensò, lentamente, perché le faceva molto male la testa, che anch'essa sembrava pesare troppo. Poi ad un tratto ricordò la figura di Luca che camminava sul marciapiede, e poi ricordò altre cose del tutto incongruenti, confusamente, immagini di eventi che non sapeva se fossero accaduti o no.

    Si sforzava di capire… lo aveva visto, e poi?Alcune strane sensazioni le attorcigliarono lo stomaco, stranamente dei ricordi fecero capolino dinanzi agli altri, e Yulia si sentì infinitamente debole, si sentì sprofondare sempre più nel soffice letto, e poi di nuovo il buio.

    Si svegliò di colpo. Aveva sognato strane forme e strani colori, e poi aveva sognato di correre senza mai fermarsi; sapeva che doveva raggiungere un obiettivo importante, ma non ricordava quale, eppure continuava a correre, stremata e col fiato corto.

    Sbattè le palpebre più volte, cercando di abituarsi alla luce. Dinanzi a sé brandelli di cielo nascosti a tratti dalle foglie di alberi. Cercò di mettere a fuoco, con fatica, poichè la luce forte le dava fastidio. Sentì il corpo adagiato sull'erba, che le solleticava le braccia e le gambe, intravide il fruscio del vento che faceva muovere le foglie e lo sentì sfiorarle il viso. Allora spalancò gli occhi di colpo: dove diavolo si trovava? Si mise a sedere di scatto, guardandosi intorno stupefatta. Era circondata da alberi fitti; il cielo era limpidissimo e azzurro, con poche nuvole, e il sole batteva forte, creando enormi ombre degli alberi. L’aria era afosa, quasi come se volesse appiccicarsi addosso, e si sentiva il trillo delle cicale. Si alzò in piedi, con la mente vuota, ma barcollò instabile. Cercò di ricordare, senza riuscirci. È un sogno pensò, convinta. Oppure devo ancora riprendermi, dato che mi sembra di aver dormito per ore.

    Era ancora totalmente spiazzata. Vi è mai capitato di svegliarvi e non avere idea di dove vi trovate? Provò a fare mente locale, ma l'ultima cosa che ricordava era che era scesa dall'autobus. Cominciò a camminare per uscire dal bosco e magari scoprire che di fronte c'era la sua solita scuola, o la sua casa, o la gelateria dove andava ogni estate, ma ad ogni passo udiva solo i versi degli uccelli, il rumore di qualche ramo spezzato che calpestava, poi solo una fitta vegetazione. Dapprima camminò lentamente, poi l'andatura aumentò finché prese a correre, a ritmo dei suoi pensieri, delle mille domande, dei timori, che crescevano sempre di più. Pensò di essere finita in uno dei suoi peggiori incubi, perdersi come una formica in un labirinto. Corse ancora, finchè gli alberi cominciarono a diradarsi, allora rallentò, col fiatone, una fitta nel fianco e il sudore che le imperlava la fronte. Cercando di riprendere fiato avanzò ancora per poi rimanere a bocca aperta, ancor più sorpresa di prima: palazzi altissimi, automobili ferme nel traffico, suoni spazientiti di clacson, imprecazioni, e poi tanti pedoni che attraversavano la strada al segnale del semaforo, chi elegante, chi trasandato, chi chi in abito da lavoro, chi mano nella mano con un bambino lamentoso. Rimase sbalordita. Quelle persone camminavano a passo svelto, di fretta, una normale metropoli che di normale non aveva proprio niente. Tutte le persone sembravano sagome di cartone, da lontano non si distinguevano bene i lineamenti dei visi per un motivo ben preciso: avevano la pelle grigia, gli abiti, i capelli, ciò che avevano in mano, tutto era grigio sbiadito. Sbattè ancora le palpebre. Ma il suo stupore venne bruscamente interrotto in un secondo, e si ritrovò a terra. Un ragazzo di corsa le aveva dato un forte spintone.

    «Ahia!!» esclamò, corrucciata. Il ragazzo si fermò. Yulia stava per mandarlo al diavolo, quando alzò lo sguardo, incontrando il suo: occhi scuri e grandi, stupendi. Rimase incantata, a bocca aperta, e per un attimo parve che tutto il resto attorno fosse scomparso; si sentì galleggiare per un lungo istante. Si guardarono negli occhi rapiti, un attimo eterno. Poi il momento magico venne interrotto.

    «Scusa!» proruppe il ragazzo, di fretta. «Ma sta più attenta per favore, eh?» aggiunse, mentre Yulia afferrava la sua mano e si alzava.

    «Senti, sei tu che mi sei venuto addosso e tu dovresti stare attento, non io!» sbottò, innervosita.

    Il ragazzo rimase di stucco.

    « Che c'è, ti rivolgi da maleducato e ti aspetti gentilezza?» chiese Yulia, scontrosa. Non solo non aveva idea di dove fosse, ci mancava quel ragazzo insolente che la faceva cadere senza neanche scusarsi decentemente.

    «Ehi, mocciosa, calmati. Ringrazia che mi sono fermato!» ribattè lui con grande presunzione, ma sembrava divertito.

    Mocciosa? «Oh certo! Grazie per avermi scaraventato a terra, e mille grazie per esserti fermato… mica era tuo dovere, no? Sei davvero nobile» disse con uno dei suoi migliori sorrisi sarcastici.

    Lui rise. A Yulia salì il sangue alla testa. Avrebbe voluto mandarlo al diavolo ma il suono di quella risata placò la sua rabbia.

    «Ok, ridi» sospirò alla fine, alzando gli occhi al cielo. «Ridi delle mie sventure...»

    Il ragazzo la guardava sempre più divertito.

    «Sei sempre così, tu?» le chiese, curioso.

    «Così come?»

    «Sfacciata e diretta.»

    «E tu sempre così arrogante?»

    Lui sorrise impercettibilmente, poi tornò a badar alla strada. «Me ne vado!» disse a un tratto, distratto, liquidandola in un secondo e riprendendo a correre. Yulia scosse la testa con disapprovazione, quando venne folgorata da una cosa che le era del tutto sfuggita. «Ehi, ragazzo!» prese a urlare. Questi si fermò, poco più lontano, e si voltò. Lo raggiunse di corsa.

    «Tu...» esordì.

    «Io?» chiese lui, visibilmente seccato.

    «Sei colorato!» esclamò, sentendosi un'idiota a pronunciare quella frase.

    Lui sbatté le palpebre. «È vero, anche tu!!» le disse, accigliato. La perfetta figura di due pazzi. «Come ho potuto non farci caso!» battè un pugno con l'altra mano. «Che significa anche tu? Sono sempre stata così, io… ma che cosa...»

    «Questo significa… aspetta, tu che ci fai qui?» le chiese ancora, ad un tratto molto curioso.

    «In che senso, scusa?»

    Sbuffò spazientito, grattandosi la barba con un gesto affascinante e trasandato. «Vivi qui? Perchè non ti ho mai visto?»

    «Oh, beh… a dire il vero… ecco, non lo so! Senti, mi è capitata una cosa strana… mi sono svegliata poco fa in un bosco, eppure non ricordo di essere mai venuta qua» spiegò, con una nota di disperazione nella voce. «Forse avrò perso la memoria, non lo so, starò sognando, o sono pazza, oppure...»

    «Ti assicuro che questo non è un sogno» affermò lui, guardandola attentamente. Lei si sentì inquieta e si rivolse al cielo: «Ehi! Svegliati, stupida!»

    Lui non le diede il tempo di finire la sceneggiata: le afferrò un braccio e cominciò a correre.

    «Fermati!» gridò Yulia, costretta a correre dietro di lui. «Che diavolo fai?»

    «Seguimi!!!» gridò il ragazzo di rimando, sfrecciando tra la folla grigia.

    «Non è che mi dai tanta scelta, no?» ribattè Yulia da dietro, e sentì il ragazzo ridere di nuovo. Si sentiva presa in giro.

    Finalmente si fermarono, col fiato corto.

    «Sei per caso impazzito?» domandò Yulia, con una mano sul cuore per calmare i battiti sfrenati del suo cuore.

    «Non ancora del tutto.»

    «Bene, questo si che è un gran passo avanti» rispose Yulia, sempre sarcastica. Il ragazzo sorrise di nuovo.

    «Quando la smetterai di fare la spiritosa?» chiese, con un'espressione di superiorità insopportabile.

    «Mai, a meno che non mi dici dove diavolo mi stai portando, dove sono, come posso ricordare, e arrivederci.»

    «Come ti chiami?» chiese invece, interessato.

    «Questo me lo ricordo!»

    «Sì, ma vorrei saperlo io.»

    «Oh...» fece Yulia, un po' imbarazzata. Che sciocca. «Yulia.»

    «Yulia, eh?»

    «L' ho appena detto. E tu chi saresti?»

    «Che modi gentili!» ribattè il ragazzo, sempre più divertito e arrogante.

    «Non c'è tempo per essere gentili, adesso.»

    «Sono Gabriele.»

    «Gabriele, eh?» gli fece il versetto Yulia.

    «Te l'ho appena detto!» le fece il versetto Gabriele, imitando la voce di Yulia e squadrandola provocatorio.

    «Ok, ok… time out. Dove mi hai portato?» chiese, guardandosi intorno con i suoi occhi azzurri. Era un cortile.

    «Seguimi» disse Gabriele.

    «Che novità...» mormorò Yulia. Gabriele attraversò un lungo viale alberato, molto bello per la sua semplicità.

    «Dove mi porti?» chiese Yulia, convinta che stesse ancora facendo un sogno stupido. Ti prego fa che non si trasformi in un incubo.

    Gabriele si fermò dinanzi a una casa. Pareva essere ai margini della città, era bianca e piuttosto grande, con un grande portoncino in legno massiccio.

    Lui prese delle chiavi dalle tasche dei jeans e spalancò la porta d'ingresso. Yulia si sporse e vide un corridoio. Lo seguo o no? si chiese quando lui fu sparito in fondo.

    Si fece coraggio ed entrò per giungere a un salotto con grossi divani e un televisore; la finestra, che dava sul cortile, era aperta, e la brezza muoveva le tendine bianche. Si guardò attorno per un attimo osservando

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