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La via delle rose
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E-book440 pagine4 ore

La via delle rose

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Info su questo ebook

A ventitré anni Ariel Rinaldi ha già scoperto quanto l’amore possa ferire. Finalmente è riuscita a voltare pagina. Lavora come Fisioterapista e trascorre le sue giornate dividendosi tra il lavoro e le poche amiche che le sono rimaste. Il suo piano è tenersi lontana da tutto quello che l’ha fatta soffrire e fino ad ora c’è sempre riuscita. Tutto cambia quando incontra Yuri Costa. Divertente, premuroso, comprensivo, Yuri ha tutte le caratteristiche per far innamorare una donna. Ed è per questo che Ariel si tiene a distanza da lui. Perché quel ragazzo dagli occhi azzurri, con la sua allegria e una giusta dose di sensualità, la spinge a desiderare di nuovo un futuro. Eppure, anche lo sguardo di Yuri a volte si rabbuia. Anche lui porta un grosso peso sulle spalle e nasconde il dolore dietro una maschera di ironia. Ma l’amore può curare le ferite ed entrambi scoprono per la prima volta cosa significhi amare davvero. Proprio quando sembra che ogni cosa stia andando per il verso giusto, però, un evento scioccante rimetterà di nuovo tutto in discussione. Riuscirà l’amore a trionfare?
LinguaItaliano
Data di uscita18 feb 2021
ISBN9788893471800
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    Anteprima del libro

    La via delle rose - Raffaella Franceschini

    cover.jpg

    Raffaella Franceschini

    LA VIA DELLE ROSE

    Prima Edizione Ebook 2021 © R come Romance

    ISBN: 9788893471800

    Immagine di copertina su licenza Adobestock.com, elaborazione Edizioni del Loggione

    img1.png

    www.storieromantiche.it

    Edizioni del Loggione srl

    Via Piave 60

    41121 Modena – Italy

    romance@loggione.it

    http://www.storieromantiche.it    e-mail: romance@loggione.it

    img2.jpg

    La trama di questo romanzo è frutto della fantasia dell’autore.

    Ogni coincidenza con fatti e persone reali, esistite o esistenti, è puramente casuale.

    Raffaella Franceschini

    LA VIA DELLE ROSE

    Romanzo

    Indice

    Prologo

    1

    Ariel

    2

    Ariel

    3

    Yuri

    4

    Ariel

    5

    Yuri

    6

    Ariel

    7

    Yuri

    8

    Ariel

    9

    Ariel

    10

    Yuri

    11

    Ariel

    12

    Ariel

    13

    Yuri

    14

    Ariel

    15

    Yuri

    16

    Ariel

    17

    Ariel

    18

    Yuri

    19

    Ariel

    20

    Yuri

    21

    Yuri

    22

    Ariel

    23

    Ariel

    24

    Yuri

    25

    Ariel

    26

    Yuri

    27

    Yuri

    28

    Ariel

    Epilogo

    Ringraziamenti

    L’autrice

    Catalogo

    Il concorso

    A tutti coloro che affrontano con coraggio le sfide della vita,

    riscrivendo ogni volta se stessi.

    È questo l’amore: svanire come un soffio nel calore

    di una pelle più dolce della propria,

    dimenticarsi e rinascere.

    (Jean Barbe)

    Prologo

    Mancano meno di dieci minuti. Ho chiesto di restare solo per un istante. Il sangue mi pompa nelle vene e i miei muscoli sono contratti. Il respiro inizia a diventare più profondo, pesante, mentre un rivolo di sudore mi scende lungo la tempia. Chiudo gli occhi e mi concedo un respiro liberatorio. Il nervosismo che sto avvertendo è una sensazione sconosciuta per me. Fino ad ora ho sempre avuto la certezza di come sarebbe andata a finire, ma non questa volta.

    Oggi è tutto diverso.

    Lui è diverso, e lo sono anche io, e so per certo che una sola mossa sbagliata potrebbe significare la fine per me.

    Sciolgo i muscoli delle spalle e del collo e mi guardo allo specchio. I miei occhi riflettono il turbamento che sto provando.

    Non va affatto bene.

    Concedersi il lusso di provare sentimenti rende vulnerabili e fa scoprire i propri punti deboli. Peccato che oggi questo insegnamento non funzioni più con me. Non dopo tutto quello che è accaduto.

    Bussano alla porta. È ora.

    Mi avvio verso l’uscita cercando di lasciarmi alle spalle il turbinio di pensieri che mi passano per la testa. Devo riprendere il controllo.

    La folla ammassata davanti a me si divide per consentirmi di entrare nella gabbia, ricompattandosi un attimo dopo alle mie spalle. Mi ritrovo davanti a lui al centro del ring.

    Ci fissiamo. Nessuno dei due è intenzionato ad abbassare lo sguardo. Mio padre mi lancia frasi di incoraggiamento ma io registro a stento le sue parole.

    La voce dell’arbitro che ricorda le regole mi arriva da lontano perché la mia attenzione è tutta rivolta alla persona che ho di fronte.

    Da come mi guarda sembra avere tutta l’intenzione di farmi a pezzi. Sbuffa dal naso e fa profondi respiri dalla bocca mentre saltella sul posto da un piede all’altro.

    Veniamo condotti ai nostri rispettivi angoli. Sono consapevole che l’incontro di oggi sarà il più duro al quale ho mai partecipato, per più ragioni, e una di esse mi sta osservando in questo momento con quei suoi meravigliosi occhi grigi e il cuore diviso a metà.

    Al suono del gong, il mio avversario fa un passo in avanti. Mi piazza una serie di calci al ginocchio sinistro in rapida successione, cogliendomi impreparato. Mi allontano da lui, ma la distanza di sicurezza che mi sono guadagnato non è abbastanza lunga da consentirmi di riprendere fiato. Mi sorprende di nuovo sferrando tre pugni micidiali alle costole e ancora due calci al ginocchio.

    I suoi colpi sono proprio come me li ero immaginati, duri e pesanti. Riesco in qualche modo a difendermi fino al suono del gong e torno al mio angolo. Per ora ha il controllo totale dell’incontro.

    Il secondo round procede come il primo. Continua il suo assalto al mio ginocchio. Cerco di reagire, ma lui mi sferra un pugno in pieno viso. Il mento mi finisce all’indietro facendomi sbattere la testa contro la gabbia alle mie spalle.

    Mi fischiano le orecchie per la potenza del colpo e l’urto mi fa vedere letteralmente le stelle. Pulisco con la mano le gocce di sangue e saliva uscite dalla mia bocca mentre cerco di metterlo a fuoco.

    Non ho mai faticato tanto quanto oggi.

    I lottatori con cui mi sono battuto in passato non reggono il confronto con lui. Ho rispetto per chi ho di fronte e non appena i miei occhi vedranno abbastanza bene da capire quale tra le tre figure che sto vedendo sia il mio reale avversario, non esiterò a colpire duro.

    Ci giriamo attorno, impegnati entrambi a scrutarci. Mentre ci fissiamo il mondo attorno a me scompare all’improvviso. I suoni e le urla del pubblico si affievoliscono.

    È il momento di agire.

    Con uno scatto veloce, lo attacco duramente, sferrando una serie di pugni e gomitate al viso e al costato. Lui indietreggia e si copre il volto con le mani. È la prima volta che si trova in una posizione di svantaggio e capisco che la cosa lo sta rendendo nervoso.

    Approfitto di questo suo momento di distrazione per scattare in avanti e sferrargli un pugno in pieno viso.

    Il forte impatto gli procura un taglio al sopracciglio destro, seguito da un urlo di dolore. Scuote la testa per recuperare la vista che si è momentaneamente annebbiata. Sferro tre calci alla sua gamba facendolo cadere a terra.

    Mi avvento su di lui e lo stringo in una presa di sottomissione mentre lui strizza gli occhi per cercare di vedermi attraverso la cortina di sangue che gli esce dalla ferita.

    Il suono del gong lo salva da una resa sicura. Questa volta sono stato io ad avere la meglio su di lui.

    Torno al mio angolo zoppicando. Il ginocchio è messo male.

    Approfitto dei pochi attimi di pausa per elaborare una strategia d’attacco.

    La campanella segna l’inizio del terzo e ultimo round. Cammino verso di lui cercando di mantenere una presenza minacciosa. Sollevo il mento quel tanto che basta per fissare i suoi occhi scuri puntati su di me. È davvero un osso duro. Quello che si dice di lui è vero, per mia sfortuna. Per questo nessuno ha mai accettato volentieri di battersi contro di lui.

    Nessuno tranne me.

    Non ho paura di lui. Sono grosso abbastanza da non temere nessuno, ma ho i miei buoni motivi se nemmeno io ho mai desiderato questo incontro.

    Mi concentro, di nuovo, sul suo ginocchio e paro un paio di colpi mentre lui riesce a sferrarmi un calcio nelle costole talmente forte da togliermi il respiro.

    Poi, accade tutto velocemente.

    Un pugno lo colpisce alle tempie proprio mentre io ricevo lo stesso colpo nello stesso punto. Per un attimo tutto diventa nero. Avverto un forte dolore. Scuoto la testa per recuperare la vista che si è annebbiata, giusto il tempo di vederlo cadere esanime a terra.

    Le urla della folla non mi impediscono di udire quel grido terrorizzato che non avrei mai voluto sentire a bordo ring.

    In un lampo, viene circondato dal suo allenatore e dai paramedici mentre io vengo portato al mio angolo. Il mio respiro è veloce, troppo veloce. La vista si appanna di nuovo, mi assale una forte nausea. I pensieri combattono contro il buio e la confusione.

    Mi lascio inghiottire dal buco nero che mi circonda. Non sento più nulla, né il dolore né le urla, solo un silenzio disarmante.

    1

    Ariel

    Sette mesi prima…

    Uscire era l’ultima cosa che volevo. Dopo una giornata di lavoro, avrei preferito di gran lunga restare a casa, accoccolata sul divano con un bicchiere di vino in mano e il mio fedele Gastone accanto.

    Dopo essermi vestita, entro in bagno e mi guardo allo specchio. Per una volta la mia chioma rossa è collaborativa. Con un po’ di schiuma sulle ciocche ondulate, sistemo i miei lunghi capelli dietro la schiena. Metto un filo di trucco, solo un velo di lucidalabbra e un po’ di correttore per nascondere la stanchezza.

    Il ronzio del cellulare lasciato sul tavolo della piccola cucina mi avvisa del suo arrivo. Infilo la giacca ed esco di casa.

    «Ciao, tesoro» cinguetta Cloe raggiante.

    «Non so come tu abbia fatto a convincermi» bofonchio mentre salgo sulla sua auto e allaccio la cintura di sicurezza.

    «Dai, sarà divertente.»

    Mi sfugge uno sbadiglio. «Domani lavoro…»

    «Domani è venerdì, te lo sei dimenticato? Il fine settimana è già cominciato. E poi ho dato una sbirciatina alla tua agenda. Hai soltanto tre appuntamenti.»

    «Sei tremenda, lo sai?» dico rassegnata scuotendo la testa.

    «Lo so» risponde sorridendomi mentre mi guarda da sotto la frangia bionda con quei suoi bellissimi occhioni verdi.

    Ho conosciuto Cloe al primo anno di Università. Entrambe eravamo arrivate in ritardo alla prima lezione di Anatomia dopo esserci perse tra i corridoi dell’Ateneo. Piene di imbarazzo, eravamo entrate in aula a lezione inoltrata e ci eravamo sedute agli ultimi posti sotto gli occhi severi del Professore. Siamo diventate subito amiche. È un’esplosione di vitalità e di energia concentrata nel suo metro e sessantacinque. Alla ricerca continua del vero amore, ogni volta che incontra qualcuno si convince di averlo trovato per poi restare delusa un attimo dopo. Nonostante tutto, nessuna delusione avuta fino ad ora è riuscita a farle cambiare idea, al contrario di me.

    «Piuttosto, non mi hai ancora detto dove stiamo andando.»

    «In un locale dove fanno musica dal vivo. Mio cugino canta in una band e stasera terrà un concerto. Mi ha chiesto se mi andava di raggiungerlo e, così, ho pensato di invitarti.»

    «E sentiamo, che genere di musica suonano?» Alla mia domanda segue un silenzio di tomba.

    «Cloe…»

    «Va bene…» risponde dopo un sospiro rassegnato.

    «Suonano heavy metal, o qualcosa del genere.»

    «Cosa? Sarebbe questa la tua idea di serata rilassante

    «Dai Ariel, non essere così suscettibile. Hai bisogno di uscire, di divertirti. Pensavo che dopo l’Università avresti incominciato a vivere. Invece, da quando hai iniziato a lavorare, la situazione è addirittura peggiorata. Ammetto che la musica che fa mio cugino non sia proprio il tuo genere, ma in fondo chi se ne frega che cosa suona. I suoi amici sono simpatici, oltre a essere un vero schianto. L’ho fatto per te, amica mia.»

    «Come no…»

    Appoggio la testa al finestrino e osservo la strada illuminata dai lampioni mentre un senso di tristezza mi pervade. Cloe conosce il vero motivo per il quale negli ultimi anni ho cercato di concentrarmi soltanto sul futuro sacrificando buona parte della mia vita.

    Uno scopo.

    Era questo che mi serviva.

    Arriviamo dopo poco al Mc Cullen, il locale in cui si terrà il concerto.

    Dopo aver atteso qualche minuto all’ingresso per entrare, mi ritrovo all’interno di un grande open space.

    Al centro della sala troneggia un tavolo da biliardo attorno al quale alcuni ragazzi stanno giocando a carambola. Dietro a un bancone di legno alla mia sinistra diverse cameriere cercano di servire nel minor tempo possibile i numerosi clienti che aspettano la loro consumazione mentre altre corrono da un tavolo all’altro con vassoi stracolmi di boccali di birra tra le mani.

    Le risate si mescolano al vociare dei clienti e la musica ad alto volume mi rimbomba nel petto dandomi la sensazione che la mia cassa toracica vibri a ogni nota.

    «Aspettami qui. Salgo di sopra a vedere se mio cugino è arrivato. Intanto ordina qualcosa da bere» urla Cloe al mio orecchio prima di voltarmi le spalle e lasciarmi sola in mezzo al caos più totale.

    Mi faccio largo tra la gente guadagnando con fatica centimetri di sala e arrivo al bancone del bar. Ordino due birre e, mentre aspetto che mi siano servite, controllo annoiata il cellulare. Dopo alcuni minuti, sono ancora lì, sola.

    Decido di salire al piano di sopra per cercare Cloe. Attraverso la sala e i miei occhi si posano su alcuni quadri appesi alle pareti. Uno, in particolare, attira la mia attenzione. Alcune figure astratte dalle tonalità vivaci sembrano prendere vita su uno sfondo nero dando quasi l’impressione di danzare tra di loro.

    Vengo urtata all’improvviso e per non far cadere le birre che ho in mano, perdo l’equilibrio. La mia schiena impatta contro qualcosa, anzi… qualcuno, scontrandosi con un solido muro di muscoli.

    Due forti mani mi afferrano impedendomi di cadere. Sono assalita da una sensazione stranissima.

    Mi sento così al sicuro in questa stretta. Un’idea folle, ovviamente.

    «Ehi, Rossa, tutto bene?»

    Mi volto verso la voce profonda alle mie spalle. Oh, mio Dio.

    Quello su cui i miei occhi si posano non è ciò che si aspettavano di vedere.

    Capelli biondi, lunghi fino alle spalle, incorniciano un viso bellissimo. La mascella è cosparsa di un accenno di barba dello stesso colore. È alto. Supera di ben dieci centimetri il mio metro e settantacinque.

    E gli occhi.

    Sono di una bellissima sfumatura di azzurro come il cielo estivo in una splendida giornata di sole, che addolcisce in parte la virilità dei suoi lineamenti.

    «Mi dispiace…» farfuglio scostandomi da lui.

    «Non devi scusarti, bellezza…» risponde guardandomi con un’espressione divertita. «Piuttosto, non ti ho mai vista da queste parti…»

    «In effetti, è la prima volta.»

    «Yuri, che bello rivederti.»

    Cloe compare alle mie spalle gettando le braccia attorno al collo del ragazzo che si piega in avanti per sollevarla.

    «Ehi, tesoro, che sorpresa. Che ci fai qui?»

    «Claudio mi ha invitata per il concerto e ho deciso di accettare il suo invito. Spero per lui che lo spettacolo sia bello come mi ha promesso.»

    «Lo sarà. I Social Crime suonano molto bene e hanno un gran seguito. Ogni volta che si esibiscono riescono a regalare al pubblico un concerto degno di un gruppo professionista» risponde guardandomi con la coda dell’occhio.

    «A proposito, stasera sono venuta insieme a una mia amica, ma vedo che vi siete già conosciuti» mormora Cloe saettando gli occhi da me a lui.

    «In realtà, non ci siamo ancora presentati. Stavo salendo al piano di sopra e mi è piombata addosso dal nulla.»

    Mi osserva, spudoratamente, negli occhi mentre un sorrisino ironico aleggia sul suo volto.

    «Non ti sono piombata addosso» bofonchio mostrandomi sicura. «Mi hanno spinta.» Lo guardo di traverso mentre cerco di non farmi intimorire dai suoi occhi che non smettono di fissarmi.

    «Qualsiasi sia il motivo, è stato molto piacevole» dice lentamente scandendo ogni parola.

    La sua voce, calda e vellutata, mi scivola lungo la schiena come una carezza. Mi sforzo senza successo di cercare tra gli angoli della mia mente una risposta sagace.

    «Yuri, lei è la mia amica Ariel.»

    «Ariel? Che razza di nome è?» domanda perplesso. «Aspetta, non dirmi che è… quella Ariel?»

    «Sì, proprio lei» rispondo alzando gli occhi al cielo come faccio ogni volta che qualcuno mi pone questa domanda. E ogni volta maledico mia madre per avermi dato il nome di una principessa della Disney.

    «Dai, saliamo. Avrete modo di conoscervi meglio.»

    Li seguo in silenzio salire al piano di sopra percorrendo una scala di legno i cui gradini scricchiolano a ogni passo sotto il peso dei nostri corpi.

    La luce è soffusa e mette in risalto i graffiti dai colori fluorescenti dipinti sulle pareti.

    I miei occhi scivolano contro la mia volontà lungo la figura alta e slanciata di Yuri.

    Indossa un paio di jeans scuri e una camicia nera sotto un gilet di pelle marrone che evidenzia le spalle larghe e le braccia definite. Le maniche, arrotolate fino ai gomiti, scoprono centimetri di pelle tatuata.

    Sembra così forte, massiccio sotto quei vestiti e così… pericoloso. Sbatto le palpebre e guardo altrove nel tentativo di distogliere l’attenzione da lui.

    Arriviamo al piano di sopra. L’atmosfera è più tranquilla e la musica non è così assordante consentendo ai clienti di poter conversare tra di loro.

    «Quello è mio cugino.»

    Cloe indica con la mano un ragazzo alto e moro poco distante da noi. È sul palcoscenico posto in fondo alla sala insieme al resto della sua band per un ultimo controllo degli strumenti e degli amplificatori.

    Ha i capelli neri e ribelli portati in un taglio corto e un piercing ad anello sul sopracciglio destro. È piuttosto alto e possiede il fisico asciutto del corridore, messo in risalto da una maglietta nera aderente e da un paio di pantaloni di pelle nera.

    «Vieni, te lo presento.»

    Mi avvicino a lui guardandomi attorno e i miei occhi si posano di nuovo su altri quadri appesi ai muri.

    In questo caso sono raffigurate delle forme geometriche in prospettiva che insieme ai colori sgargianti creano un effetto psichedelico e un contrasto meraviglioso sulla parete di mattoni bianchi, quasi come fosse una tela che aspettava solo di prendere vita.

    «Ehi, cugino, siamo arrivate» cinguetta Cloe avvicinandosi a lui. «Lei è la mia amica Ariel» mormora indicandomi con un cenno del capo.

    «Piacere, bellezza» dice Claudio porgendomi la mano.

    «Piacere mio.»

    «Siamo qui per divertirci. Non è stato facile convincerla a uscire. Sai, non amiamo molto l’heavy metal» dice stringendosi al suo braccio mentre lui la ascolta parlare con un’espressione sicura sul volto.

    «Sono convinto che dopo stasera non la penserete più così» afferma ostentando la sicurezza tipica della rockstar. «Ora devo andare. Tra poco si comincia. Godetevi lo spettacolo ragazze.»

    Dopo aver salutato Claudio, raggiungiamo i suoi amici al tavolo.

    «Ehi, Cloe, che sorpresa! Era da tanto che non ti facevi vedere in giro.»

    Due gemelli dai lineamenti uguali e dagli stessi capelli rossicci si alzano e la abbracciano.

    Mi domando come facciano a distinguerli.

    Cloe ricambia il saluto dando loro un bacio affettuoso sulla guancia.

    «Sono stata parecchio impegnata» risponde accomodandosi sulla sedia e facendomi cenno di fare altrettanto. «Ragazzi, lei è la mia amica Ariel.»

    «Molto piacere. Mi chiamo Gabriele e lui è Nicola, mio fratello gemello.»

    «Piacere mio. Se non me lo avessi detto non me ne sarei mai accorta» dico strappando loro una risata.

    «Io, invece, sono Fred» mormora un ragazzo dai lunghi dread castano scuri e da un pizzetto sul mento raccolto in una treccina.

    Dall’accento sembra straniero, forse tedesco.

    «Lei è Lisa e loro sono Roxy e Andrea.»

    Indica una ragazza dai lunghi capelli biondi e lo sguardo timido e una coppia poco distante da noi che dà tutta l’impressione di non essere affatto interessata a quello che sta accadendo attorno a loro.

    Sembrano tutti molto cordiali.

    Cloe inizia a chiacchierare con loro con la spensieratezza che la contraddistingue. Ogni tanto, si rivolge a me per rendermi partecipe della loro conversazione e io mi limito ad annuire senza intromettermi.

    Fiumi di birra scorrono tra i boccali alzati e io osservo in silenzio questi strani ragazzi dal look piuttosto eccentrico e stravagante, con i loro vestiti di pelle nera, i tatuaggi e i piercing sul volto e chissà su quali altre parti del corpo.

    La loro diversità, però, non mi crea alcun timore.

    Nella mia vecchia vita ci sono sempre state delle regole da seguire e degli standard a cui mi dovevo conformare per non finire schiacciata sotto il peso del giudizio, ed è bello poter trascorrere delle ore in compagnia di qualcuno senza dovermi continuamente domandare se quello che dico o faccio sia giusto oppure no.

    «A che cosa stai pensando?» domanda Cloe all’improvviso.

    «Nulla in particolare» rispondo alzando le spalle.

    «Allora, che ne dici di loro?»

    «Sembrano dei tipi a posto.»

    «Te l’avevo detto.»

    «È da molto che li conosci?»

    «Da un po’, anche se chi conosco meglio sono i membri della band di mio cugino. Be’, tutti tranne uno. Thomas. È il nuovo chitarrista del gruppo. Si è unito a loro da circa un anno. È un ragazzo piuttosto introverso e taciturno. A volte mi fa paura, ma Claudio lo adora, quindi va bene anche a me.»

    «E il ragazzo di prima? Come hai detto che si chiama?» domando mentre mi faccio un sorso di birra nel tentativo di nascondere la mia curiosità.

    «Chi, Yuri? Oh, conosco bene anche lui…» mormora mentre due forti braccia tatuate la cingono in vita da dietro strappandole un gridolino.

    «State forse parlando di me?» domanda lui inarcando un sopracciglio in un’espressione curiosa. Nel momento in cui i nostri sguardi si incrociano, mio malgrado, il mio cuore inizia a battere più forte. Mette quasi i brividi incrociare occhi dal colore tanto intenso.

    «Stavo dicendo alla mia amica che ti conosco da un po’ di tempo.»

    «E piuttosto bene, direi…» dice in tono suadente.

    «Sai che abbiamo deciso di essere soltanto amici.»

    «Cloe, così mi spezzi il cuore» afferma mettendosi una mano sul petto. «Non ricordavo affatto che avessimo avuto questa conversazione. Ero, forse,ubriaco?»

    «Sbronzo da far paura.»

    «Lo sospettavo» risponde rivolgendosi a me e facendomi l’occhiolino. Nel momento in cui i nostri sguardi si incrociano, il mio cuore inizia a battere più veloce.

    Il tempo scorre sereno, ma con il passare dei minuti mi accorgo di guardarlo con più insistenza.

    E la cosa mi infastidisce non poco.

    Sospiro contrariata e faccio un lungo sorso di birra.

    «Tu, Sirenetta, esci con qualcuno oppure no?»

    «Mai stata più libera» rispondo alzando le mani. Cloe scoppia a ridere.

    «Puoi dirlo forte.»

    «Buono a sapersi…» sibila mettendo in mostra un sorrisino pericoloso.

    «Oh, Yuri, non ci pensare nemmeno. Ariel è una battaglia persa in partenza. E poi è più grande di te.»

    «Perché, quanti anni hai?»

    «Ventitré…» rispondo.

    «Wow, sembri una sfida interessante. Adoro le milf

    «Ehi, non siamo così vecchie!!!» risponde Cloe dandogli un pugnetto sul braccio muscoloso.

    La sua bassa risata mi coglie di sorpresa facendomi rabbrividire. Mi lancia un’occhiata penetrante e inclina la testa di lato scrutandomi per un istante. Poi un vago sorriso gli increspa le labbra.

    Un’ondata di panico mi assale. Mi ero ripromessa di stare lontana da ogni tipo di tentazione e dai tipi come lui.

    Intriganti. Seducenti. Rischiosi.

    Yuri incrocia le braccia e le porta al petto. I miei occhi ricadono sui suoi muscoli che disegnano onde perfette sulla stoffa della sua camicia. Questo ragazzo sembra essere un concentrato di muscoli.

    Ride di nuovo e la sua risata mi riempie il petto di una sensazione sconosciuta ma bellissima.

    «Non siete poi tanto più grandi di me. Tre anni di differenza non sono nulla e io sono molto più maturo della maggior parte dei miei coetanei.»

    «Vedo che la modestia non ti manca» affermo ostentando una finta indifferenza.

    Yuri mi osserva stupito, incapace di rispondere. Sembra che io sia riuscita a togliergli le parole di bocca.

    In quel momento, le luci della sala si abbassano e la voce di Claudio attira la nostra attenzione.

    «Buonasera, siamo i Social Crime» urla al microfono attaccato all’asta.

    Dopo quelle poche parole, il concerto ha inizio sulle note della loro prima canzone, Solution.

    Gli amici di Cloe, compresa lei, si avvicinano per vedere meglio lo spettacolo, mentre io rimango seduta al tavolo. Davanti al palcoscenico, una massa di persone si muove come un’onda gigante.

    Tutti in piedi, spalla contro spalla, si muovono perfettamente a ritmo di musica, saltando e agitando la testa allo stesso ritmo.

    Le urla di incitamento si mischiano alle sonorità dei pezzi facendo schizzare alle stelle il livello di decibel del locale.

    Il mio sguardo vaga per la sala fermandosi in un punto preciso.

    Yuri.

    Sta ridendo e chiacchierando con alcune ragazze. Detesto l’insistenza con la quale i miei occhi lo cercano. Mi concentro sul concerto.

    Sebbene nutrissi delle grosse remore, devo ammettere che i Social Crime sono una miscela esplosiva, che non può fare altro che coinvolgere anche me.

    Persa nella loro musica mi sento stranamente in pace come non mi capitava da tempo, riuscendo per un momento a dimenticare il passato.

    Dopo circa un’ora, il concerto volge al termine. Claudio ringrazia il pubblico per l’entusiasmo manifestato e un attimo dopo inizia a liberare il palcoscenico insieme al resto della band.

    I ragazzi tornano al tavolo e ordinano qualcosa da mangiare e da bere per loro. Mi colpisce il legame di amicizia che li unisce.

    Negli ultimi anni, decidendo di rimanere da sola, mi sono dimenticata che le persone in gruppo sono più felici.

    Yuri si siede di fronte a me appoggiandosi allo schienale della sedia.

    «Sono stati bravissimi, come sempre.»

    «Claudio ha mantenuto la parola data. Il concerto è stato bellissimo, non è vero?» domanda Cloe osservandomi con uno sguardo carico di aspettative.

    Annuisco.

    «Devo ammettere che mi è piaciuto. Ho sempre considerato questo genere di musica

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