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Un Viaggio Diverso: Racconto completo di un'adozione internazionale
Un Viaggio Diverso: Racconto completo di un'adozione internazionale
Un Viaggio Diverso: Racconto completo di un'adozione internazionale
E-book190 pagine3 ore

Un Viaggio Diverso: Racconto completo di un'adozione internazionale

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Info su questo ebook

Nato come un diario. Scritto da un padre per mantenere nel tempo il più inalterati possibile i fatti, le sensazioni, le emozioni che hanno caratterizzato la sua esperienza di adozione.
Non vuole essere né un manuale, né una guida e nemmeno una raccolta di informazioni, anche se in buona parte inevitabilmente lo è.
Non vuole essere (e non è) una raccolta di frasi a effetto, di fatti toccanti raccontati con l'abilità del narratore professionista, scritti con l'obbiettivo di suscitare commozione nel lettore.
Vuole essere semplicemente una storia, una storia vera, raccontata così come è accaduta.
La sua caratteristica principale, che costituisce un pregio per alcuni, ma forse un difetto per altri, è che si tratta di una cronistoria di tutti i fatti che si sono succeduti, dai  primi tentativi di fecondazione, naturale e non, fino all'inizio del liceo per la figlia maggiore. Quindici anni che comprendono il prima, il durante e il dopo della procedura di adozione, raccontata mese per mese (durante la permanenza in Colombia giorno per giorno). Un diario di bordo dove chi governa la nave ha annotato ogni fatto importante e non. Un guasto al timone, la radio che fa capricci, i giorni di tempesta. Se preferite il diario di viaggio di coloro che affrontano avventure del tipo: andare in Cina in vespa; dove vengono riportate tute le esperienze belle o brutte che si succedono lungo l'itinerario, dai paesaggi mozzafiato ai problemi per trovare il carburante.
Contiene quindi tutti i passaggi burocratici, i travagli umani, le emozioni, i problemi quotidiani, che sono intrinseci di questa straordinaria esperienza di vita.
Scritto da un appassionato di viaggi, racconta il prima, il durante e il dopo  di questo viaggio diverso.
LinguaItaliano
EditorePGS
Data di uscita24 nov 2018
ISBN9788829558025
Un Viaggio Diverso: Racconto completo di un'adozione internazionale

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    Anteprima del libro

    Un Viaggio Diverso - Ermes

    Ermes

    Un Viaggio Diverso

    Ermes

    Un viaggio diverso

    Prima edizione digitale novembre 2018.

    Quest'opera è protetta dalla legge sul diritto d'autore.

    è vietata ogni duplicazione, anche parziale non autorizzata.

    Disegno di copertina: la famiglia oggetto della narrazione, disegnata dal figlio dell'autore,

    durante i primi anni della scuola primaria.

    UUID: 507fdac8-efda-11e8-bd73-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Nota dell'autore.

    Questo racconto nasce dalla volontà di tradurre in una forma che consentisse di mantenere nel tempo il più inalterati possibile i fatti, le sensazioni, le emozioni che hanno caratterizzato la nostra esperienza di adozione, dalle cause che ci hanno portato a considerarla, fino al suo assorbimento in una normale storia familiare.

    Non vuole essere né un manuale, né una guida e nemmeno una raccolta di informazioni, anche se in buona parte inevitabilmente lo è.

    Non vuole essere (e non è) una raccolta di frasi a effetto, di fatti toccanti, raccontati con l'abilità del narratore professionista, scritti con l'obbiettivo di suscitare emozioni nel lettore.

    Vuole essere semplicemente una storia, una storia vera, raccontata così come è accaduta.

    La sua caratteristica principale, che costituisce un pregio per alcuni, ma forse un difetto per altri, è che si tratta di una cronistoria di tutti gli avvenimenti che si sono succeduti, dai primi tentativi di fecondazione, prima naturale e poi assistita, fino all'inizio del liceo della figlia maggiore. Quindici anni che comprendono il prima, il durante e il dopo della procedura di adozione, raccontata mese per mese (durante la permanenza in Colombia giorno per giorno). Un diario di bordo dove chi governa la nave ha annotato ogni fatto, importante e non. Un guasto al timone, la radio che fa capricci, i giorni di tempesta. Se preferite il diario di viaggio di coloro che affrontano avventure del tipo: in vespa fino in Cina; dove vengono riportate tute le esperienze belle o brutte che si susseguono lungo l'itinerario, dai paesaggi mozzafiato ai problemi per trovare il carburante.

    Contiene quindi tutti (proprio tutti) i passaggi burocratici, ma anche i travagli umani, le emozioni, i problemi quotidiani, che sono legati a questa straordinaria esperienza di vita.

    Contiene anche qualche spunto per favorire l'autovalutazione e una maggiore consapevolezza degli aspiranti genitori adottivi.

    Pertanto contiene argomenti che riguardano strettamente l'adozione, altri che sono correlati e altri ancora che non c'entrano niente. In particolare si parla anche di viaggi, la passione mia e di mia moglie, che si è continuamente intrecciata con l'esperienza di adozione e da cui nasce il titolo: UN VIAGGIO DIVERSO.

    Ogni storia è certamente diversa dalle altre, ma è solo leggendone una, narrata così come è accaduta, che si comprende veramente cosa vuol dire affrontare un'adozione.

    Avrei voluto raccontare la nostra storia senza alcuna alterazione, ma domani i miei figli avrebbero potuto non gradire questa esposizione senza il loro consenso. Pertanto, per proteggerli, ho modificato i loro nomi e conseguentemente anche il mio e quello di mia moglie. Analogamente ho cambiato altri elementi che troppo facilmente avrebbero ricondotto a noi, compreso il nome dell'ente a cui ci siamo rivolti per la procedura di adozione. Per quest'ultimo, anche perché nel testo gli sono state rivolte numerose critiche (delle quali è a conoscenza) e non avrei comunque voluto associarle pubblicamente al loro nome. Analogamente per alcuni marchi commerciali.

    Tutti i fatti raccontati sono comunque rigorosamente veri.

    ai miei figli

    Introduzione

    Da viaggiatori appassionati, io e Alice, siamo abituati a visti, programmi di viaggio, aeroporti, prenotazioni, preventivi; insomma le solite caratteristiche di un classico viaggio fai da te. Dopo aver visitato a testa più di trenta paesi, dei cinque continenti, uno in più non comporta più lo stress delle prime partenze. Per la verità noi aspiriamo ad essere dei veri viaggiatori, che partono per scoprire, conoscere, imparare, con pieno rispetto delle diverse culture, senza pretendere di imporre la propria o comunque ritenerla superiore. Come tali proviamo comunque una nuova emozione ogni volta che, dopo mesi di preparativi e programmi, arriva il momento della partenza.

    Ma la partenza per la Colombia non era solo questo, era molto altro, anzi era tutta un'altra cosa. Il culmine di anni di tentativi di fecondazione assistita e relative delusioni, di pratiche burocratiche estenuanti, talvolta asfissianti, di attese snervanti senza nemmeno sapere a che punto ci trovassimo, di esami su esami, di dubbi, incertezze, momenti di delusione e di gioia e infine di attesa della partenza, senza sapere quando e per dove. Un viaggio che ti cambia la vita, che divide la tua esistenza in quello che c'era prima e quello che ci sarà dopo, che ti fa crescere di un paio di lustri, ma allo stesso tempo ti ringiovanisce anche di più, che ti carica di responsabilità ma ti da la forza di affrontarle.

    Insomma un viaggio diverso .

    Ma andiamo per gradi.

    Volere un figlio.

    L'esigenza più semplice e scontata del mondo, che poi così scontata non è. Quante coppie, giovani donne, single in carriera si ritrovano con una gravidanza inattesa, non voluta, talvolta a lungo temuta. Mille attenzioni, magari per anni e poi, basta un niente e ti accorgi che è successo.

    Per altri invece è tutto il contrario: fai di tutto, di solito per anni, ma alla fine ti devi arrendere. Per noi questa fase è stata aggravata dal fatto che non c'era una causa di infertilità di nessuno dei due. Aggravata perché se c'è una causa, di solito viene subito individuata e così te ne fai una ragione. Pesa molto lo stesso, ma almeno sai perché e di solito la sai in tempi rapidi. Noi no. Tutti gli esami fatti e rifatti non evidenziavano alcun impedimento, a parte la ridotta probabilità dovuta all'età. Alice aveva allora circa 39 anni. Lo so, lo so già questo può essere un fattore di infertilità. Quello che intendo è che se non puoi, parti da lì e pensi al tuo futuro alternativo. Se ti dicono si può, vedrete che piano piano ci riusciamo, allora ci speri, provi e vai avanti con speranze e delusioni. Spesso per anni. Insomma non è proprio la stessa cosa.

    Su questo punto però va fatta una considerazione. Ci sono diversi tipi di coppie. Pur con tutti i difetti delle classificazioni in gruppi, direi che ci sono tre tipi di coppie desiderose di un figlio.

    Quelle che vogliono assolutamente un figlio proprio e che, solo dopo aver costatato l'assoluta impossibilità di averlo, ripiegano sull'adozione. Per queste coppie il figlio adottato è comunque un figlio di serie B. La serie è riferita alla propria maternità e paternità e non al figlio. Il bambino una volta accettato è rispettato e non gli viene negato niente. Tuttavia la coppia, o talvolta solo uno dei due partner, vive l'adozione come una sorta di medaglia d'argento. Hai vinto qualcosa, anche molto, ma non il massimo.

    Quelle che si accaniscono oltre ogni ragionevole limite. Che sia perché non sanno rinunciare, o perché sanno di vivere l'adozione come quelle del primo gruppo, queste coppie sono pronte a tutto. Tentano di tutto senza alcun limite o scrupolo, si rivolgono a chiunque gli dia speranza, anche se sanno che le probabilità sono pressoché nulle. Lottano per anni e anni, spendono patrimoni (se li hanno), donne che, se ci riescono, fanno figli anche quando hanno un'età più adatta ad essere nonne che mamme. Se lo farebbero fare di plastica se fosse possibile.

    Quelle coppie che ritengono ugualmente meraviglioso l'essere genitori biologici e genitori adottivi. Per queste coppie l'adozione non ha niente di serie B, non ha niente di riduttivo, è solo un'esperienza diversa, un ottenere la stessa cosa in altro modo. Se cercano la maternità biologica è semplicemente perché è più semplice e non si deve chiedere il permesso a nessuno. Non ci si stressa in anni di pratiche burocratiche e snervanti attese. Oltretutto costa anche molto meno. Solo in pochi rari casi, si incontrano coppie che pur avendo figli biologici affrontano tutte le trafile necessarie per averne di adottati.

    Io e Alice apparteniamo al terzo gruppo. Abbiamo cercato un figlio biologico ma non viviamo l'essere genitori adottivi come un ripiego, un accontentarsi. Ho sempre desiderato esserlo, anche se probabilmente, se ne avessi avuti di biologici, non avrei affrontato tutto ciò che aspetta chi decide di adottare. So bene che alcune delle persone che mi sentono fare queste affermazioni pensano che le faccia per farmene una ragione. Questo è un problema loro. Io so che è esattamente così. Non vedrò mai i miei figli come figli di serie B. Non guarderò mai Valentina o Samuel pensando che gli voglio bene, ma che se avessero il mio patrimonio genetico sarebbe molto più bello. Penso che queste classifiche semplicemente non abbiano senso.

    L'inizio della nostra storia

    Da viaggiatori, io e Alice ci siamo conosciuti in viaggio. Si lo so è banale ma è vero. Era il 2001 e il caso ha voluto che prenotassimo lo stesso viaggio nello stesso periodo. Si tratta di quelli organizzati (si fa per dire) con la classica formula di questo tipo di viaggi: tu ne prenoti uno tra quelli proposti, con una certa data di partenza. Se si raggiunge il numero minimo si parte e ti ritrovi inserito in un gruppo di perfetti sconosciuti, con un coordinatore la cui unica esperienza è spesso limitata a qualche viaggio precedente. Per la verità, appena maturata un po' di esperienza di viaggio, siamo passati al fai da te. Soluzione che consente molta più libertà, riduce gli aspetti non controllabili, consente di fare quello e solo quello che interessa e spesso costa anche meno, a parità di programma.

    In quel caso il nostro era un viaggio di 24 giorni alla scoperta del Perù. Per la verità io ero e sono appassionato dell'Africa, quella vera, cioè quella delle savane immense piene di animali selvatici. In altre parole l'Africa meridionale. Nel 1999 ero già stato in Zimbabwe e Botswana. Un viaggio che mi aveva preso completamente e rispondeva esattamente a quello che cercavo e mi aspettavo. Tre settimane in tenda, ogni notte in un posto diverso, ma sempre in mezzo alla natura selvaggia. Come dimenticare le notti con elefanti, iene e ippopotami che gironzolavano intorno e all'interno del campo. I frequenti momenti di tensione quando li sentivi molto vicini, o la preoccupazione quella sera che abbiamo sentito molto vicino il ruggito del leone. Le serate intorno al fuoco, quando bastava allontanarsi un poco e sembrava di poter contare tutte le stelle del firmamento. I tramonti indimenticabili che solo l'Africa ti regala.

    L'anno dopo per variare, ma solo di poco, avevo scelto il Madagascar. Spesso definito un mondo a se. Definizione che è sicuramente appropriata. Vicino all'Africa, ma non è Africa. Luoghi da perfetto paradiso naturale, senza se e senza ma. Animali che vedi solo lì. Una foresta pluviale che ti rimane nel cuore e nella memoria, ma non nelle foto di viaggio, perché l'umidità è così alta che qualunque superficie, compresa quella dell'obbiettivo fotografico, si ricopre subito di goccioline d'acqua. Un paese purtroppo in buona parte devastato dall'intervento dell'uomo e dove ho visto una miseria che non ho visto altrove.

    Così, fermo restando che la mia passione restava per quell'area del mondo, ho pensato che forse era meglio staccare, almeno per un anno. L'Asia però non mi ha mai attratto, eccetto le montagne del Nepal, che però era tutto un altro discorso e non era il momento. L'Oceania mi attirava e mi attira tuttora, ma è molto più impegnativa (e costosa) a causa della distanza. Per le sue caratteristiche mi sembrava più adatta a un viaggio di coppia. Scartando l'Europa, perché troppo vicina, non restava che il nuovo mondo. Si ma dove? Allora non ero attratto da nessun paese. Non sapevo che ci sarei tornato diverse volte, che i paesi che avrei visitato negli anni successivi sarebbero andati ad occupare il podio dei miei preferiti, che vi avrei trovato i luoghi che più mi hanno colpito e mi sono rimasti nel cuore e che proprio da lì sarebbero arrivati i miei figli. A pensarci mi viene da ridere. Allora non mi veniva in mente un paese dell'America che potesse interessarmi. Oggi ho visitato: Perù, Bolivia, Venezuela, Brasile, Messico, Stati Uniti. In quest'ultimo paese, fra viaggi e transiti, quando sono al LAX (aeroporto di Los Angeles) mi sento più o meno come a Fiumicino. C'è un alberghetto vicino al Los Angeles Boulevard dove siamo già stati tre volte. Quando ci fermiamo una notte, non sapendo cosa fare, anche perché Los Angeles la trovo decisamente brutta, andiamo a farci la foto davanti al Dolby Theatre (le prime volte si chiamava ancora Kodak). Così mi sono accorto che ne abbiamo quattro in quattro anni diversi. Vi assicuro non volute. Il problema era sempre il cibo che negli USA rasenta l'immangiabile. L'ultima volta, dopo tre anni di cene da dimenticare e pizze che non meritano il nome, ormai esausti, abbiamo fatto quello che cerchiamo sempre di evitare: andare in un ristorante italiano. Ce n'era uno nella guida con ottimi voti e ci siamo diretti lì. Il navigatore però ci portava dove non c'era e così abbiamo penato non poco, ma alla fine ne valeva la pena. Gestito da un italiano con moglie americana, merita gli ottimi giudizi. Quella sera eravamo gli unici turisti in mezzo ad americani vestiti di tutto punto. Ci hanno fatto una bella festa e si sono fermati a parlare con noi, incuriositi dai nostri bambini.

    Dicevo paesi da podio ed è proprio così. Se mi chiedono quale sia il paese che mi è più piaciuto nel complesso, la mia vacanza o il viaggio più bello, io rispondo il Messico. Perché? Per la varietà, l'intensità, di cose da fare e da vedere, per le emozioni provate in luoghi unici e ineguagliabili. Dalle lagune piene di balene riunite per partorire, o i paesaggi mozzafiato della Bassa California (è lì il famoso Hotel California degli Eagles). Dai siti archeologici sparsi ovunque, alle spiagge della riviera Maya, dalle foreste del Chiapas alle cittadine coloniali, dal richiamo delle scimmie urlatrici alla simpatia della gente. Per non parlare della cucina messicana. Non so quanti piatti ho imparato a fare, con alcuni dei quali ceniamo regolarmente.

    Che mi aspettasse tutto questo, ovviamente non ero cosciente.

    L'unico paese che mi attirava un po' era l'Equador. Non per il paese in se, ma perché da anni desideravo visitare le Galapagos. Così ero abbastanza deciso ad andare lì.

    In quel periodo avevo letto un libro sui misteri delle piramidi di Giza e da lì ero passato ad interessarmi ad altri siti misteriosi. Una delle mie sere da single, mentre ero alla TV, parlavano delle linee di Nazca. La cosa mi ha affascinato e mi è venuto in mente che Nazca è in Perù e in Perù c'è anche la famosa città inca di Machu Pichu. Così mi sono detto, perché no. Ho subito preso il solito catalogo dei viaggi, per vedere se ci fosse un viaggio adatto. Non solo c'era, ma ho scoperto che Machu Pichu si poteva visitare arrivandoci come ci arrivavano gli Incas secoli prima e cioè con il sentiero Inca appunto. Quattro giorni di cammino in mezzo alle Ande con due passi oltre i 4000 m, fra antichi resti di edifici inca. Wow. Nella descrizione del trekking c'era una frase che mi diede il colpo di grazia: "... l'arrivo a Machu Pichu è

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