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Un fidanzato per Natale
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E-book180 pagine2 ore

Un fidanzato per Natale

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Info su questo ebook

Derek sta per affrontare un altro Natale in cui sente la propria vita fuori controllo. Ha un nuovo lavoro che non sente come suo, e dei genitori che vorrebbero solo vederlo sistemato. Tutto ciò che gli serve è una sorta di cuscinetto temporaneo per le feste a cui deve presenziare, e perché i suoi lo lascino in pace.
Ed entra in scena Luke.
A Luke mancano ventimila dollari per concludere la ristrutturazione dell’Halligans, il bar di famiglia nel New York Financial District. Un favore fatto a un amico lo porta a recitare la parte del fidanzato di un tizio con più soldi che buonsenso.
Ma quando lo spirito del Natale fa la sua magia e i due uomini iniziano a innamorarsi davvero, Derek fugge spaventato e Luke sente di aver bisogno di spazio.
Non importa che ostacoli metti sulla strada dell’amore, né quanto scappi nella direzione opposta; quando meno te l’aspetti, che tu lo voglia o no, l’amore arriva comunque.

LinguaItaliano
EditoreRJ Scott
Data di uscita17 dic 2018
ISBN9781785641602
Un fidanzato per Natale
Autore

RJ Scott

RJ Scott is the author of the best selling Male/Male romances The Christmas Throwaway, The Heart Of Texas and the Sanctuary Series of books.She writes romances between two strong men and always gives them the happy ever after they deserve.

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    Anteprima del libro

    Un fidanzato per Natale - RJ Scott

    Capitolo 1

    Derek

    «Signore, c’è una chiamata urgente per lei sulla linea uno.»

    Per favore. Quante volte devo chiederti di chiamarmi Derek?

    Perché tutti si ostinano a chiamarmi signore? E qual era l’urgenza che spingeva mia madre o mio padre a chiamarmi? Perché non poteva essere un cliente. Le chiamate dei clienti erano indirizzate ai capisquadra, o alle persone che sapevano davvero quello che stavano facendo. Quelle che ricevevo io erano telefonate dai miei genitori, entrambi desiderosi di esprimersi sui vari aspetti della mia vita. Non so perché non potevano aspettare che tornassi a casa, sebbene una parte di me pensasse che traevano piacere nel mettermi in imbarazzo al lavoro. Non avevo idea del perché la mia assistente definisse urgenti tali telefonate, ma sapevo che mi stava chiamando uno di loro due.

    Perché non sei sposato?

    Quando assumerai il controllo dell’intera compagnia? Ora hai l’ufficio, e non devi fare altro che realizzare le idee che ti ho fornito.

    C’è questo ragazzo carino che vorrei presentarti.

    Lo sai che sei bravo, Derek; devi solo imparare il procedimento. Fidati del procedimento.

    Edith ha un figlio… è un dottore, sai…

    «Riprendiamo dopo pranzo.» Accompagnai i miei manager pubblicitari alla porta, chiudendola alle loro spalle e appoggiandomici contro per un attimo. Solo pochi secondi, perché non potevo lasciare mia madre in attesa, ma giusto il tempo per elaborare il fatto che avevo bisogno di fare mente locale sulle bugie, ed essere certo di far combaciare la storia nel modo corretto. Tirai fuori il taccuino dal primo cassetto e lo aprii alla pagina giusta.

    «Mamma,» dissi non appena presi la chiamata.

    «Derek, tesoro, com’è il lavoro?» Stava usando la sua voce spigliata da ‘Ho qualcosa da dirti che non ti piacerà.

    Guardai l’ufficio vuoto, la scrivania asettica e il vistoso pupazzo di neve rosa nella bianca tormenta che stava su un treppiedi e scrollai la testa. «Il lavoro va bene,» mentii. Il lavoro non andava mai bene, era semplicemente lavoro. Le idee che avevo su ciò che volevo realizzare quando avevo fatto tirocinio lì dentro erano volate fuori dalla finestra.

    Ero stato uno dei ragazzi. Ero solito uscire con i più giovani per farmi una birra. Ora non più. Non appena avevo preso il controllo dell’ufficio, lo spirito di squadra era sparito.

    La solitudine in una compagnia composta da più di duecento dipendenti esisteva davvero.

    «Sono così felice che ti piaccia. So che tuo padre è contento, ha persino rispolverato le sue mazze da golf. È così bello averlo a casa.»

    Il cappio si stringe.

    «Fantastico,» commentai, perché mia madre si era zittita affinché riconoscessi la sua eccitazione per il pensionamento del marito dopo quarant’anni.

    «Ti chiamo per questo: hai invitato Marcus alla cena di domenica, come ti ho chiesto?»

    Mi si annodò lo stomaco. Perché non poteva chiedermi come stavo, qualcosa in più del solito, generico, com’è il lavoro? Perché si lanciava subito sull’argomento fidanzato e sul fatto che non lo aveva ancora incontrato? La mamma non si intrometteva nella mia vita sentimentale in modo discreto, si comportava piuttosto come un sergente istruttore che voleva nomi e numeri e potenziale compatibilità, tutto elencato per una sua valutazione.

    «L’ho fatto, ma non so se i suoi turni glielo permetteranno,» le spiegai, palesando una dose appropriata di rammarico nel tono di voce. Troppo sembrava fasullo, troppo poco sembrava che non mi importasse.

    «Ma gliel’hai chiesto, tesoro?»

    «Sì,» mentii.

    Immaginavo la sua faccia. Probabilmente si stava mordendo la lingua, e voleva disperatamente dire qualcosa su come lei e papà non avessero mai incontrato Marcus e su come potessi sapere che tipo di uomo era. Inoltre, non sarebbe meglio se avessi sposato Leo, il figlio di una sua amica che era un dottore, o Johnny, perché anche se suonava in una rock band era abbastanza ricco e di buona famiglia.

    Quello era tutto ciò che mamma voleva per me. Il mio coming out non era stato drammatico. L’avevo detto ai miei genitori a diciott’anni, quando la pressione che provavo era diventata insostenibile. Mi ero aspettato di essere diseredato, o qualche altra risposta esagerata e drammatica, ma loro non fecero altro che modificare i loro progetti.

    Non gli importava che fossi gay; mamma cambiò il suo modo di organizzarmi gli appuntamenti per farmi trovare il fidanzato perfetto, ecco tutto, e il divertimento non si era fermato da allora. Ventinovenne, a capo dell’azienda di famiglia, e non ero ancora sposato? Mia madre era terrorizzata.

    A ogni modo, non avevano bisogno di sapere che tipo di uomo fosse Marcus.

    Perché io lo sapevo perfettamente.

    Sapevo che Marcus era alto un metro e novanta, solo un po’ più alto di me. Sapevo che aveva occhi marroni, capelli scuri dai toni rossicci sotto alcune luci. Aveva un fratello, ma non si vedevano molto dato che era in Marina. I suoi genitori facevano i pensionati in Florida, ma avevano avuto Marcus e suo fratello Adam in tarda età. Marcus aveva ventinove anni come me, il suo compleanno distava solo qualche mese dal mio ed era un vigile del fuoco. Oh, ed era un uomo gentile e in gamba che si prendeva cura di me e che mi trattava come un principe.

    «È un peccato. In ogni caso, come stanno i gatti di Marcus?» chiese mia madre. Tornai a concentrarmi su quello che stava dicendo. Era pericoloso non prestare completamente attenzione a quello che diceva, altrimenti avrei finito con l’accettare tutto ciò che mi proponeva mentre avevo la guardia abbassata. Le volevo un bene dell’anima, ma era davvero subdola.

    Motivo per cui, in primo luogo, mi ero cacciato in quel pasticcio con Marcus.

    «Stanno bene.»

    «Gli ha trovato una buona casa?»

    «Certo, l’ultimo è stato affidato a un’anziana vedova che vive nel suo palazzo.»

    «Socks? Quello scuro?»

    Lanciai un’occhiata al mio taccuino. «No, se ti ricordi Socks è andato da suo zio; Spiderman all’anziana signora.»

    «Oh, sì, certo, anche se non so perché qualcuno chiamerebbe un gattino Spiderman.»

    «C’erano dei ragni nella casa dove Marcus ha trovato i gattini.»

    «Continuo a non capire come possano esserci dei ragni in una casa andata a fuoco.»

    Merda. «I ragni sono duri a morire.»

    «Hai detto che la casa era stata rasa al suolo, tesoro.»

    Stavo perdendo la voglia di vivere. «Be’, forse il ragno era all’esterno. Mamma, devo andare, Moira è alla porta e ha bisogno di me per firmare con il nuovo cliente dell’uvetta AbbaLister

    «Certo, caro, però ti prego, dì a Marcus che è il benvenuto in ogni momento. Vogliamo tanto incontrarlo, e penso che sia meglio farlo a casa.»

    «Lo farò, so che è entusiasta all’idea di conoscervi.»

    «Oh, ottimo,» rispose, e sapevo bene di aver incasinato le cose e di averle fornito un’apertura. Non avevo mai menzionato il fatto che Marcus volesse conoscerli, perché gli avrebbe dato l’impulso a prendersi carico della situazione. Le mie paure peggiori erano state confermate. «Oh, ho avuto un’idea meravigliosa.»

    Oddio, cosa?

    «Io e tuo padre lunedì veniamo in città; prenotaci una cena una sera qualsiasi, oppure pranzo o colazione, come vuoi. Voglio conoscere questo ragazzo, e se sarà al ristorante, allora andrà bene lo stesso.»

    «Non sono sicuro che…»

    «Derek, non può essere occupato tutte le sere della prossima settimana o per pranzo, santo cielo, possiamo prendere anche un caffè veloce se ha tempo solo per quello.»

    Merda. Merda. E doppia merda.

    «Vedrò cosa riesco a organizzare.» Mantenni un tono contrito, per dare almeno l’impressione di cercare di organizzare l’incontro con Marcus, ma sarebbe stato improbabile.

    Terminammo la chiamata, e rimisi il ricevitore al suo posto, lottando contro l’impulso di lanciarlo contro il muro, sedermi e piangere alla scrivania o magari, in modo meno drastico, trasferirmi in Montana e diventare un cowboy.

    Troppe bugie.

    Non c’era nessuna Moira alla porta. Era ancora chiusa, e io avevo mentito a mia madre.

    Non c’erano gattini, me l’ero inventato, così come la storia del ragno. La parola ragno mi era venuta perché, mentre parlavo con mia madre di Marcus e dei gattini, un piccolo ragnetto stava strisciando sugli appunti.

    Chiusi il taccuino nel quale avevo annotato i nomi dei cinque gattini con l’elenco delle varie caratteristiche.

    La mamma voleva incontrare Marcus, a cena o a pranzo, o in un qualsiasi altro momento.

    Il che era una rottura di palle.

    Perché c’era un'altra cosa che mi ero inventato.

    Non c’era nessun Marcus.

    Capitolo 2

    Luke

    La chiamata era arrivata esattamente sessantasette minuti dopo che avevo lasciato la banca. Lo sapevo, perché alle undici del mattino mi avevano negato il prestito di cui avevo bisogno. La mia ultima speranza era svanita all’improvviso, e mi stavo nascondendo in auto con il telefono in grembo.

    Avrei dovuto chiamare mia sorella, dire a Sara quanto eravamo fregati, ma in quel momento non potevo farlo. Poi mi era squillato il telefono e avevo riconosciuto subito il numero di Alan. Era la mia vera ultima spiaggia, un’affarista che ti aiutava dove altri fallivano.

    Alan non usava mezzi termini. Sussurrava, e la sua voce echeggiava come se si trovasse in uno stanzino. «Luke? Ho un potenziale appuntamento per te.»

    «Non faccio più quelle cose.»

    Avevo fatto quello che voleva in due occasioni, entrambe innocenti, e non l’avrei fatto di nuovo. Se non potevo svolgere il lavoro che volevo, allora avrei investito tutto nel creare qualcosa con mia sorella.

    «Vieni qui subito, è perfetto, ho una soluzione al tuo problema. So che hai detto che non l’avresti rifatto, ma davvero, devi venire qui. Proprio. Adesso.»

    «Cosa?»

    «Soldi, tanti soldi per te,» disse.

    «Cristo, Alan.»

    «Vuoi o no il bar?»

    Se la metteva così, non avevo molta scelta. In ogni caso, aveva già riagganciato. Non mi aveva nemmeno dato il tempo di rispondere, doveva aver ipotizzato che avrei fatto ciò che mi era stato chiesto.

    Aveva ragione. Avevo avuto un incontro orribile in banca, e Alan era una persona che aveva molte idee su come un uomo potesse fare soldi. Tutte legali, ma la maggior parte speculative. Era il tipo con grandi idee e l’incapacità di portarle a termine; era stato così, fino a quell’ultimo progetto, che, per quanto ricordavo, stava entrando nel suo terzo anno di attività e che aveva avuto così tanto successo da permettergli di girare con un Audi top di gamma.

    Un’agenzia di accompagnatori in regola. O almeno era quello che mi aveva detto, con la condizione che, qualsiasi cosa facessero i clienti con gli accompagnatori al di fuori dell’ufficio, lui non la voleva sapere.

    Ero stato uno dei suoi ragazzi per due volte. La prima, mi ero finto il fidanzato di una ragazza che aveva bisogno di essere presa sul serio a una conferenza sulla chimica. A quanto sembrava, in un mondo dominato dagli uomini, aveva bisogno di una conferma. Il sesso non era in programma, e l’avevo messo in chiaro quando ci eravamo incontrati per discutere su come procedere.

    Non mi sarei fatto pagare per fare del sesso. No.

    Poi c’era stato il ragazzo che aveva solo bisogno di portarmi a un addio al celibato, come suo compagno, perché sarebbe stato l’unico del gruppo ad andare da solo.

    Anche in quel caso non c’era stato del sesso, pure se era stato bello baciarsi sulla pista da ballo. Nel senso, lui era lì, io ero lì, la musica era assordante, e ci eravamo baciati.

    Voleva rivedermi. Avevo declinato.

    I soldi di entrambi gli incarichi non avevano significato nulla, stavo solo facendo un favore ad Alan mentre costruiva la sua attività.

    Tuttavia, adesso, tre anni dopo, i soldi mi servivano.

    Mi aveva chiesto molte volte di andarlo a trovare nei suoi nuovi uffici, e avevo rimandato per mesi, perché, come diceva mia sorella, Alan poteva vendere qualsiasi cosa a chiunque. Al college era sempre riuscito a trascinarmi in quegli orribili sistemi per arricchirsi rapidamente, e io ero troppo remissivo per rifiutare la metà delle cose che suggeriva. Voglio dire, riuscivo a dire di no quando mi chiedeva qualcosa per e-mail o per messaggio, ma faccia a faccia? No.

    Ecco perché l’avevo aiutato con quei due appuntamenti.

    Ma stavolta ero disperato, e quella era una prospettiva totalmente diversa. Volevo respingere l’offerta senza pensarci due volte, ma se non recuperavo il resto dei soldi che mi mancavano, avrei perso ciò che avevamo investito finora nell’Halligans. Il bar

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