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Nemesis: Il miglior thriller italiano degli ultimi anni!
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Nemesis: Il miglior thriller italiano degli ultimi anni!
E-book248 pagine3 ore

Nemesis: Il miglior thriller italiano degli ultimi anni!

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Info su questo ebook

Il secondo romanzo della Trilogia "Nome in Codice: Nemmera!! Hai già scaricato gratuitamente il primo ebook, dal titolo "Phönix"?

Sara Kohn è una tigre. O meglio lo è stata, quando era nel Mossad e il suo nome di battaglia era Nemmera (Femmina di Tigre in ebraico). Ora è solo un animale ferito in cerca di vendetta: due anni fa si è ritrovata all’improvviso tradita dai suoi superiori mentre era in missione sotto copertura, stuprata e abbandonata in punto di morte sul ciglio di una strada. È sopravvissuta, ma ha abbandonato l’Istituto, che era stata la sua famiglia fino ad allora. Si è nascosta dal mondo, cercando l’oblio nell’alcol.
Dopo l’avventura che l’ha portata a salvare Robert Lombardi e suo figlio Pete e a sventare il piano denominato Phönix, le rimane solo una cosa da fare per ritrovare la pace: trovare e uccidere il Vecchio, la causa di tutte le sue sofferenze. L’istinto le suggerisce che è ancora vivo e che continua a tramare nell’ombra contro Israele. Per farlo, la donna si troverà invischiata in una storia molto più grande di lei, sull’orlo di una guerra tra Stati Uniti e Cina, causata dal rapimento di uno scienziato esperto in nanotecnologia e dal furto del risultato dei suoi esperimenti, l’arma batteriologica definitiva.
Nemesis.

Stefano Lanciotti è uno degli autori indipendenti più amati, con ben oltre 40.000 copie vendute dei romanzi delle sue due saghe fantasy, "Nocturnia" e "La Profezia del Ritorno", che ne hanno fatto uno dei maggiori successi degli ultimi anni .
Ecco cosa ne pensa chi lo ha letto:
Da leggere ★★★★★
di Scanf79 
Bello intrigante fluido, mai banale o scontato. ottimo libro come tutti gli altri .Consiglio vivamente questo e tutti gli altri libri.
Sublime! ★★★★★
di ZiaGiuly 
Mi ha tenuta incollata! Letto in meno di 48 ore.. Bellissimo! Intrigante e coinvolgente! IO AMO QUESTO SCRITTORE!!!!
Piacevole sorpresa ★★★★★
di rinco63
Da leggere tutto d'un fiato, degno dei migliori scrittori di romanzi contemporanei. Bella caratterizzazione dei personaggi e bella storia Complimenti
LinguaItaliano
Data di uscita28 dic 2018
ISBN9788829584260
Nemesis: Il miglior thriller italiano degli ultimi anni!
Autore

Stefano Lanciotti

Stefano Lanciotti was one of the most sensational cases of self-publishing in Italy. Over 20,000 people read the Nocturnia Saga. He published three highly successful thrillers with the publisher Newton Compton and now wishes to introduce the dark world of Nocturnia to the Anglo-Saxon public.

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    Anteprima del libro

    Nemesis - Stefano Lanciotti

    Stefano Lanciotti

    Nemesis

    UUID: c6e30488-0aab-11e9-9391-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Premessa

    1

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    Epilogo

    Premessa

    Nemesis è il secondo romanzo della trilogia Nome in codice: Nemmera, pubblicata originariamente da Newton Compton.

    Il primo romanzo della serie, Phönix, è distribuito in forma totalmente gratuita per permettere a chi non mi conosce di valutare la qualità della mia scrittura e l'interesse della storia senza spendere un centesimo.

    Qualora ti interessasse proseguire nella lettura, il romanzo Hydra, il terzo e ultimo capitolo della trilogia, è disponibile al prezzo di un cappuccino e una brioche su qualsiasi ebookstore.

    Se ti piacerà questo romanzo, ti chiedo la cortesia di lasciare una recensione, di mettere in condivisione la mia home page www.stefanolanciotti.it sul tuo profilo Facebook o su Twitter, oppure semplicemente di consigliarlo ai tuoi amici e colleghi.

    Per rimanere in contatto con me e conoscere le ultime novità sulla mia produzione letteraria, ti consiglio di mettere mi piace sulla mia pagina Facebook https://www.facebook.com/stefanolanciottiscrittore .

    Buona Lettura!

    Stefano Lanciotti

    1

    Maryland, USA

    Una sola stanza era ancora illuminata. L’unica persona presente si alzò dalla scrivania infilando con noncuranza le mani nelle tasche del camice. Si avviò verso lo schedario e consultò una cartella estraendola con calma, mentre con la coda dell’occhio controllava la telecamera. Un ronzio appena percepibile accompagnava i suoi movimenti, che seguivano quelli dell’uomo con un solo istante di ritardo. I sensori le permettevano di individuare e trasmettere alla struttura di sicurezza qualsiasi cosa accadesse. Se fosse stato necessario anche al buio, grazie all’infrarosso.

    L’uomo uscì dalla stanza, accompagnato dallo sguardo elettronico delle telecamere nel corridoio. I laboratori di ricerca della Future Nanotech Corp. erano più sorvegliati del caveau della Federal Reserve. Il ricercatore entrò in un grande ambiente e si fermò di fronte a una vetrina, all’interno della quale era contenuta una dozzina di provette, ciascuna piena per metà di liquido trasparente.

    Infilò il proprio badge di identificazione in una fessura e digitò il codice segreto. La vetrina si sbloccò con uno scatto e lui l’aprì. Prese varie provette una dopo l’altra, osservandole in controluce. La quarta sembrò scivolargli di mano, ma l’afferrò al volo prima che cadesse a terra. In realtà, un rapido movimento gli aveva permesso di sostituirla con quella che teneva nella manica del camice. Ogni volta un trucco diverso.

    Continuò il suo falso giro di controllo. Un’ombra che si stagliò improvvisa davanti a lui lo immobilizzò. Impiegò qualche istante prima di capire che era solo la luce del faro esterno che, muovendosi lentamente lungo tutta la parete dell’edificio, era penetrata dalla finestra e aveva creato un gioco di ombre cinesi.

    Spense le luci e uscì dal laboratorio. Due porte di sicurezza lo separavano dall’uscita della Future Nanotech, dove lo salutarono quattro guardie armate. Rispose con un cenno e prese la macchina dal parcheggio. Superò il primo controllo, percorse un centinaio di metri e si fermò alla seconda sbarra.

    La guardia era nuova, non l’aveva mai vista prima. Questo significava un controllo più accurato. Mostrò il suo tesserino e un documento personale. L’uomo si ritirò nella guardiola per controllare i dati al computer. Fece un ultimo riscontro tra la foto sul documento e il suo viso, poi lo salutò e sollevò la sbarra.

    Con un sospiro di sollievo, prese a guidare con calma lungo i viali alberati che circondavano gli edifici. La procedura prevedeva che lui seguisse un lento itinerario casuale, ma con molte svolte, controllando che nessuno lo seguisse. In caso contrario avrebbe dovuto semplicemente arrivare a casa e liberarsi del contenuto della provetta in un lavandino.

    Un’auto in lontananza, sembrò fare la sua stessa strada per un po’ di tempo, ma quando fu sul punto di deviare il suo percorso e tornare verso casa, la macchina svoltò in una strada laterale e sparì dalla sua vista. Decise di continuare.

    È l’ultima consegna, continuava a ripetersi. Ogni volta che sottraeva un campione, la cosa si faceva più rischiosa. Forse era la sua immaginazione, ma gli sguardi dei colleghi sembravano ogni giorno più sospettosi e le domande più curiose e insistenti. Era sicuro che nessuno sapesse. Ma in qualunque caso i suoi committenti avrebbero dovuto trovare un altro modo per ottenere quello che volevano.

    Dopo una mezz’ora di giri per le strade deserte, decise che anche quella volta era andato tutto liscio. Si fermò di fronte a un lampione, accanto a un cestino della spazzatura. Prese un giornale che aveva comprato la mattina precedente proprio per quel motivo. Ne sfilò qualche pagina e l’appallottolò. Mise dentro il campione e gettò tutto dentro il cestino, senza guardarsi attorno.

    Con un sospiro avviò l’automobile e si allontanò.

    2

    Pechino, Repubblica Popolare Cinese

    Una spessa lastra di vetro separava la camera asettica dalle due persone che ne osservavano l’interno con interesse. Erano irriconoscibili, protette per precauzione da una tuta a tenuta stagna e una maschera collegata a delle piccole bombole. Era meglio non rischiare.

    Al di là del vetro c’era quella che sembrava a tutti gli effetti una camera d’ospedale in un reparto di terapia intensiva. Il fatto inusuale era che fosse ricavata in un sotterraneo isolato nel complesso del ministero della Sicurezza di Stato della Repubblica Popolare Cinese. In particolare sotto gli uffici della Seconda Sezione, quella che si occupava di servizi di intelligence estera.

    Il dottor Hu e il generale Chen erano immobili da quasi un’ora. Osservavano l’agonia di un uomo il cui corpo, devastato da una malattia che aveva lasciato orrende tracce sulla sua pelle, era a malapena coperto da un lenzuolo inzuppato dei suoi umori. Il tremolare incerto dei grafici nei numerosi monitor sopra la testa del malato si bloccò all’improvviso. Le linee verdi divennero rette orizzontali mentre una serie di luci lampeggianti si accendevano da entrambi i lati della lastra di vetro che divideva l’ambiente.

    I due si guardarono e il generale Chen annuì. Il dottore si inchinò con deferenza e si diresse verso una porta. Passarono per la camera di compensazione e una voce sintetica li avvertì che stavano per essere sterilizzati. Nonostante la maschera trasparente, entrambi chiusero gli occhi quando un getto bianco li investì dall’alto. Dopo qualche minuto la visibilità tornò normale e i due sentirono il rumore della porta della camera che si sbloccava. Uscirono senza dirsi una parola e si sfilarono le tute.

    «Sono molto soddisfatto, dottor Hu», disse il generale senza cambiare espressione. «Mi assicura che è stato fatto di tutto per cercare di salvare la cavia?»

    «Tutto quello che la scienza medica è in grado di fare». Il dottore fece un nuovo inchino. «Abbiamo usato anche farmaci che, ufficialmente, non esistono. Non c’è cura per Nemesis».

    Fece una pausa, come per considerare le parole che stava per pronunciare.

    «Quando sarà possibile averne altri campioni per fare ulteriori esperimenti?», chiese Hu.

    Gli occhi sottili del generale si strinsero fino a sembrare delle fessure. Il dottore si rese conto che forse aveva osato troppo.

    «Queste informazioni sono un segreto militare», sibilò Chen con voce tagliente. «Quando il Partito avrà necessità della sua collaborazione ci ricorderemo della sua abilità».

    Lo scrutò con espressione indecifrabile.

    «E della sua discrezione», concluse.

    Il dottor Hu si affrettò a fare un terzo inchino, più profondo dei precedenti. Il generale si girò e se ne andò senza aggiungere una parola. Percorrendo i corridoi deserti, accompagnato solo dal suono attutito dei suoi passi, Chen cercò di riflettere sull’intera questione. Il dottore aveva messo il dito nella piaga: nonostante gli incredibili risultati ottenuti nel trasformare in Nemesis i campioni trafugati dai laboratori della Future Nanotech, non erano ancora riusciti a riprodurlo. Una frustrazione che, alla luce di quello che aveva visto, diveniva insopportabile.

    Entrò nell’ascensore che lo attendeva alla fine del corridoio. Posizionò l’occhio destro all’altezza di una fessura sulla parete e appoggiò il pollice su una piastra di metallo lucente. Due sottili raggi laser passarono avanti e indietro analizzando la sua retina e l’impronta digitale. Dopo un istante le porte si chiusero alle sue spalle, mentre al suo fianco appariva una pulsantiera. Premette il tasto più in alto e attese.

    Stava cercando qualche alternativa all’unica strategia che aveva in mente, ma non ne vedeva. La tecnologia era matura, lo dimostrava il fatto che, nonostante non la padroneggiassero affatto, avevano ottenuto ben più di quanto avevano osato sperare quando erano giunti i primi campioni.

    Bussò discretamente a una porta senza alcuna targa all’esterno e attese lo scatto che la sbloccò. Fece per un’ultima volta il punto della situazione e si impose la calma, poi entrò nella stanza. La luce che filtrava dalla grande finestra gli impediva di scorgere i tratti della persona che era seduta al tavolo di cristallo, dalla parte opposta dell’ambiente. Si produsse in un profondo inchino e attese di essere invitato a parlare.

    «Compagno ministro», esordì cauto. «Sono venuto a riferirle del progetto Nemesis».

    Prese il silenzio del suo interlocutore come un invito a continuare.

    «Il progetto è nato qualche mese fa nell’ambito del processo di infiltrazione dei laboratori americani di ricerca avanzata».

    Il governo cinese aveva dato un grande impulso a quel tipo di intelligence negli ultimi anni.

    «Un nostro informatore è riuscito a trafugare degli appunti e un campione di Genesis dai laboratori della Future Nanotech». Il ministro aggrottò la fronte, e Chen si affrettò a entrare nel dettaglio. «Si tratta del frutto delle ricerche del professor John Liang e della sua équipe. Bio-nanotecnologia applicata alla medicina, studi all’avanguardia che gli hanno consentito di realizzare nanomacchine da iniettare nel corpo dei malati».

    Attese un lieve cenno del capo del ministro, prima di proseguire.

    «Gli appunti si sono rivelati poco utili, perché il professore è molto geloso dei suoi studi e non condivide quasi nulla con i suoi collaboratori. Quello che ne abbiamo dedotto è che le ricerche erano in fase poco più che embrionale. Il campione sembrava altrettanto poco utile ai nostri scopi, per cui ci siamo limitati a passarlo ai laboratori del ministero».

    Il ministro socchiuse gli occhi. Chen doveva arrivare al punto prima di perdere la sua attenzione.

    «Ci siamo dimenticati della cosa finché un nostro ricercatore non è riuscito a modificare il programma interno alle nanomacchine e trasformare Genesis in un qualcosa di molto simile a un virus. Lo abbiamo chiamato Nemesis e la faccenda è tornata a essere di grande interesse per il mio dipartimento. Abbiamo scoperto che era possibile programmarne l’attivazione, lasciandolo inerte fino a quando si desiderava, per poi farlo scatenare e uccidere l’ospite umano in poche ore».

    «Avete cercato di capire se esiste un antidoto?», chiese il ministro, finalmente attento.

    «Abbiamo iniettato Nemesis su un prigioniero politico condannato a morte», rispose Chen, annuendo. «La cavia è morta in pochissimo tempo. Nessuna cura conosciuta è riuscita a salvarlo».

    «Cos’è dunque che la cruccia, compagno Generale?», chiese il ministro, appoggiando le mani sul tavolo di cristallo.

    «Il problema è che siamo riusciti a ottenere pochi campioni, ma soprattutto che non riusciamo a riprodurre Nemesis e neppure Genesis, la sua matrice originaria». Chen chinò il capo, come se lo considerasse un suo fallimento personale. «Non si tratta di tecnologia, ma del genio di un uomo che non condivide le sue conoscenze con nessuno, neppure i suoi collaboratori più fidati. E ora anche chi ci procurava i campioni…».

    «Continui, compagno Generale», lo sollecitò il ministro. Immaginava quello che poteva essere successo al loro informatore. Era difficile che la loro sopravvivenza fosse lunga, per un motivo o per l’altro.

    «Gli appunti che siamo riusciti a ottenere sono impossibili da comprendere. Liang ha un’intelligenza superiore e neppure i nostri scienziati migliori riescono a interpretarli. Eppure, se siamo riusciti a ottenere un’arma della potenza di Nemesis quasi per caso, posso solo immaginare cosa potremmo fare con gli studi e le realizzazioni del professore».

    «Cosa suggerisce, dunque?». Nonostante il tono del ministro fosse piatto, Chen ebbe l’impressione che divenisse più freddo.

    «Dovremmo rapire Liang e costringerlo a lavorare con noi», rispose Chen, comprendendo l’enormità della sua affermazione.

    «Lei si rende conto che se gli Stati Uniti dovessero sospettare di noi, il rapimento verrebbe interpretato come un’azione di guerra?».

    Non alzò il tono della voce, ma nonostante tutto fece rabbrividire Chen, che annuì.

    «Nonostante i suoi studi siano top secret, Liang ha attorno a sé una sorveglianza personale non molto stretta», disse il generale. «È possibile che gli americani considerino Genesis ancora una speculazione teorica e che non sappiano che, opportunamente modificato, possa già avere dei terribili effetti pratici. E poi non ci dimentichiamo che il progetto è nato come una panacea per tutti i mali, non come arma finale».

    Il ministro si alzò e si mise a guardare fuori della finestra, dando le spalle al generale.

    «Chi conosce un po’ la medicina», disse ad alta voce, ma quasi parlando con se stesso, «sa che ci sono veleni che in opportuni dosaggi sono delle cure, e farmaci il cui eccesso può uccidere».

    Poi all’improvviso si girò, cambiando discorso.

    «Non sottovaluti gli americani, mai. Sono degli impulsivi e possono sembrare dei bifolchi ignoranti a chi ha una storia millenaria, come noi. Ma nonostante i loro enormi difetti, dominano il mondo da un secolo. Se vogliamo prendere il loro posto non dobbiamo mai pensare che siano più stupidi di noi».

    Seguì un lungo silenzio.

    «Ha la mia autorizzazione», disse alla fine. «Non me ne faccia pentire».

    3

    Stoccolma, Svezia

    Il brusio nella grande sala da concerto della Reale Accademia di Musica si interruppe di colpo, e tutti si alzarono in piedi all’ingresso della famiglia reale svedese. Il re, la regina e le principesse si diressero verso le loro poltrone, accanto ai membri dell’Accademia, mentre l’orchestra suonava l’inno reale. Quando fu terminato, tutta la platea si sedette, mentre una marcia di Mozart accompagnava i destinatari dei premi Nobel, che entrarono l’uno dietro l’altro.

    Lo speaker si avvicinò al leggio vuoto di fronte alla platea e salutò con deferenza la famiglia reale, i candidati e i presenti in sala. Dopo una breve introduzione generale, il suo discorso entrò nel vivo per presentare il primo premio Nobel, quello per la medicina.

    «C’era un bambino che tanti anni fa perse la madre per una grave malattia», disse lo speaker dopo essersi schiarito la voce. «Nonostante il suo amore e quello di suo padre, non esisteva cura in grado di salvarla. Quel bambino crebbe nella convinzione che sarebbe diventato un grande medico e avrebbe salvato tutte le persone malate che avessero chiesto il suo aiuto».

    Si interruppe e la sala attese in rispettoso silenzio.

    «Ma, nonostante tutti i suoi studi e il suo impegno, quel ragazzo diventato un medico vide morire tra le sue braccia, dieci anni fa l’altra donna importante della sua vita, sua moglie. Nel momento in cui la vita di chiunque si sarebbe disgregata senza speranza, l’animo di un grande uomo ha prodotto l’idea che cambierà il futuro dell’umanità, il progetto Genesis. La cura a tutti i mali di questo mondo, antichi o nuovi. La sfida finale alla sofferenza».

    Una nuova pausa, mentre la platea si soffermava sul volto mite e dall’espressione intimidita del primo dei candidati al Nobel.

    Intanto due persone in piedi, in fondo alla sala, si mossero quasi a disagio. Quando la più massiccia delle due bisbigliò qualcosa all’orecchio dell’altra, quest’ultima annuì e uscì da una porta laterale.

    L’auricolare dell’agente Thompson ronzò.

    «Sì?», sussurrò.

    «Stai attento, la sala è piena di concorrenti». Era il suo collega Moore. La comunicazione criptata gli giungeva tramite un satellite della CIA, direttamente da Langley.

    «Ne sei sicuro?»

    «L’analisi delle immagini che ho qui sui monitor mi ha fornito quattro identificazioni sicure e altre tre con una percentuale di errore inferiore al dieci per cento. E si tratta solo degli agenti di cui abbiamo un’immagine in archivio».

    Il programma di riconoscimento era incredibilmente preciso. Era in grado di identificare in pochi secondi persone anche invecchiate, truccate o sottoposte a una plastica facciale pescando in un database di centinaia di migliaia di foto collezionate dai servizi di intelligence di mezzo mondo.

    «Ho notato qualche occhio a mandorla: sono loro?»

    «Affermativo», rispose Moore. «C’è anche qualche vecchio amico di Mosca, ma la delegazione maggiore sembra venire da Pechino. Non mi piace».

    «C’è qualcosa dietro?»

    «Liang è per metà di sangue giallo, non lo dimenticare».

    «Ma la famiglia è fuggita durante la Rivoluzione culturale, quando lui era in fasce. Non credo abbia nostalgia di casa».

    «Neanche io, ma loro potrebbero pensare il contrario. E magari sono pronti a offrirgli un viaggio di sola andata verso il suo Paese d’origine».

    «Comunque non possono fare nulla, qui», disse Thompson, con un tono che chiedeva un’implicita conferma. «Cerchiamo di non essere paranoici».

    «Ricordati che essere paranoici è il nostro mestiere». Moore si interruppe un attimo, poi riprese con un tono molto più brusco. «Comunque brutte notizie in arrivo. Le rilevazioni mi dicono che i nostri colleghi con gli occhi a mandorla sono armati».

    «Armati?». Thompson si guardò attorno, improvvisamente agitato. «Ne sei sicuro? C’è un metal detector all’ingresso. Io ho dovuto lasciare la mia pistola lì».

    «La scansione termica non mente. Vedo la

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