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La quotidiana felicità
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E-book180 pagine2 ore

La quotidiana felicità

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Un nuovo capitolo di quella che potremmo, ad oggi, definire, una brillante trilogia dello spirito, sagace e leggera, una raccolta di pensieri e considerazioni di ampio respiro che l’autore condivide con i suoi amici lettori. La nostalgia di come eravamo si intreccia con le attese mai sopite per il futuro che ci attende, e nella trama si innestano riflessioni sulla politica, la pubblica amministrazione, i grandi nomi del cinema italiano e le celebrità della musica del panorama nostrano e internazionale, con particolare riferimento ai “mitici” anni Settanta. E ancora: la poesia, la “romanità”, le più attuali questioni di ordine pubblico, come l’ondata migratoria che investe il Paese. 
La quotidiana felicità è un libro piacevolissimo e di grande compagnia che allieterà le ore di numerosi fruitori e che conquisterà per la sua schiettezza e desiderio di sincerità.

Claudio Pulicati è nato a Roma nel 1952. Vive abitualmente tra Roma e Padova, continuando a coltivare le passioni di una vita: la musica, la letteratura e la poesia italiana e dialettale romanesca, la storia moderna e la pittura contemporanea. La quotidiana felicità è la sua terza opera dopo Sì... come è diversa, oggi, la vita (Gruppo Albatros il Filo, 2013) e Dove eravamo rimasti? (Gruppo Albatros Il Filo, 2016).
LinguaItaliano
Data di uscita31 gen 2019
ISBN9788830600034
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    La quotidiana felicità - Claudio Pulicati

    Claudio Pulicati

    La quotidiana felicità

    Altri aneddoti e pillole di vita vissuta, scritta, musicata e arrangiata dal maestro Claudio Pulicati

    © 2018 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-567-9165-5

    I edizione settembre 2018

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    www.gruppoalbatros.com

    Libri in uscita, interviste, reading ed eventi.

    La quotidiana felicità

    Altri aneddoti e pillole di vita vissuta, scritta,

    musicata e arrangiata dal maestro Claudio Pulicati

    Questa nuova raccolta di pensieri e aneddoti della mia vita è dedicata indistintamente a tutti i miei affezionati lettori che oltre a sostenermi, mi hanno accompagnato e spronato a continuare in questa mia meravigliosa avventura.

    Premessa - Eccomi qui di nuovo a ripercorrere la mia esistenza, quello che ho fatto e non ho fatto ma avrei potuto fare o mi sarebbe piaciuto fare, quello che ho visto sempre e non, con la stessa serenità e imparzialità che ha contraddistinto la mia vita.

    Ed ecco qui a proporvi la mia terza opera, grazie soprattutto ai miei affezionati lettori che mediante le loro recensioni mi hanno spronato e richiesto: "scrivine un terzo... aspettiamo il prossimo... completa la trilogia!!!".

    Roberto Gervaso ha sempre sostenuto che: "Non si diventa scrittori per caso. Si diventa scrittore per istinto e dopo un duro apprendistato fatto di modelli contemporanei e antichi a cui fare, anche inconsciamente, riferimento".

    Anche io credo di non essere diventato scrittore per caso. Ho letto, seguendo gli insegnamenti dei miei genitori (devi avere sempre minimo un libro da leggere sul tuo comodino), centinaia e centinaia di libri fino a far diventare la letteratura una delle mie consolidate passioni.

    Ho avuto sempre il desiderio di scrivere delle poesie e invece ho composto testi per le mie canzoni. Ma qual è la differenza e la distanza tra una poesia e le parole di una canzone? Credo che sia impalpabile. Una poesia può diventare benissimo il testo di una canzone. Lo stesso Paul McCartney quando incontrò John Lennon la prima volta gli disse che lui aveva composto tante melodie ma non riusciva a confezionarci i testi. John gli ribadì che lui amava scrivere poesie e ne aveva già scritte tante e Paul concluse: "le poesie sono composte da parole, basta ‘legarci’ la musica giusta e la canzone è fatta". Intuizione e genialità della coppia Lennon/McCartney che ci hanno donato splendide armonie musicali e pura poesia nei testi.

    Credo di essere diventato scrittore soprattutto per volontà (il mio primo libro l’ho scritto per lasciare a mio figlio Andrea una testimonianza effettiva e affettiva di come si era vissuto nel recente passato e di come i componenti della nostra famiglia avevano fatto la storia della stessa) ma, ribadisco, non per caso, perché ho sempre sostenuto che per scrivere bene bisogna leggere di chi scrive meglio di te (perché la scrittura non si improvvisa... basti pensare quanto sia difficile mettere, come si dice in gergo... nero su bianco) e soprattutto, conditio fondamentale, devi scrivere con la stessa facilità con cui gli altri ti leggeranno.

    Fatta questa premessa non mi resta che augurarvi, ancora una volta, buona lettura.

    Claudio

    La quotidiana felicità - Vi siete mai domandati quanti di noi continuano a fare quello che hanno più amato senza vivere di rimpianti? Sia esso uno sport, un hobby, una passione da vivere intensamente. Quante volte ho sentito dire con un velo di tristezza: "Mi piaceva tanto... ma ormai? con tutte le cose che ho da fare, non ho più tempo", fagocitati da una quotidianità sempre più frenetica, dai ritmi incalzanti del lavoro e dalla vita familiare e di coppia. Ritagliarsi un po’ di tempo della giornata per se stessi è stato sempre un monito vivo nella mia famiglia. Mio nonno Augusto amava la caccia e di rimando il suo cane, al quale dedicava parte del suo tempo libero quando non era impegnato con il ristorante (il mio preferito era Arno, un cocker nero, bellissimo ed intelligentissimo, che ringhiava a tutti i bambini; solo io, da bambino, al contrario, potevo fargli qualsiasi cosa: tiragli le orecchie, la coda, trasformarlo in cavalluccio ecc. e lui, buono buono, con quegli occhi lacrimevoli, mi implorava, leccandomi, di smettere).

    Mio nonno Domenico detto Gigi aveva l’hobby dell’orologeria (tutti gli orologi da polso e non della nostra numerosa famiglia erano periodicamente revisionati o riparati da lui).

    Le mie adorate nonne Beatrice e Ines amavano cucinare. Erano delle cuoche sopraffine (ricordate le ricette delle nonne di cucina romana pubblicate su Dove eravamo rimasti?).

    Mia madre Maria era bravissima a lavorare la lana, con i ferri e l’uncinetto, che riteneva uno dei suoi hobby: "nel momento in cui posso rilassarmi mi piace sferruzzare, leggere un buon libro o le mie riviste preferite, Confidenze e Intimità".

    Mio padre Edoardo era un eccezionale enigmista. Acquistava sempre la Settimana Enigmistica. Il suo forte erano i rebus, riusciva a risolvere anche i più complicati e le parole crociate Bartezzaghi, le più difficili da risolvere per un enigmista. A me, lasciava sempre La pista cifrata, Cosa apparirà? e Le Crociate Facilitate. Amava leggere come mamma (il loro insegnamento: "devi avere almeno un libro, al mese, che ti aspetta sul comodino) ma malgrado ciò, aveva una debolezza", la passione per Tex Willer. Ne possedeva la collezione completa fin dal primo numero del 1948.

    Mio fratello Alessandro ama ascoltare la musica e ha sviluppato e coltivato con costanza ed impegno, anche economico, la sua passione e ad oggi può fregiarsi del titolo di esperto musicologo, nonché collezionista di dischi in vinile e di reperti musicali. Anche mio figlio Andrea si dedica alla musica (è considerato l’artista di famiglia). Suona diversi strumenti e con i Lybra, il suo gruppo storico, ha il ruolo di prima chitarra, autore, compositore ed arrangiatore di tutti i brani rock melodici inediti con testi in lingua italiana e inglese, eseguiti nelle perfomance live, sviluppando una potente vena creativa, ancora oggi presente nel panorama musicale romano anche in versione acustica.

    Per quanto mi riguarda continuo a coltivare le mie passioni di una vita come la musica, la storia moderna, la letteratura e poesia italiana e dialettale romanesca. Quindi le passioni, secondo il mio pensiero e la consolidata esperienza familiare, aiutano e donano quotidianamente benessere e felicità perché il senso di pienezza nella vita, non viene solo dal lavoro (anche se per molti è una pura necessità per vivere), ma può venire da quella parte di noi che è rimasta inascoltata e che va vissuta con tutto l’amore che merita. Il primo passo verso la quotidiana felicità è conoscere se stessi, prima base per avere passioni intense e gratificanti.

    Sì... la quotidiana felicità sta nell’amare ciò che si è e si fa.

    L’amore senza età - È vero... l’amore è senza età, perché non c’è età per innamorarsi o provare sensazioni tali da percepire le famose farfalle in pancia.

    Oggigiorno innamorarsi, amarsi e perfino sposarsi dopo i settant’anni non è più un tabù, vuoi per una longevità ormai acquisita da un’assistenza medica e cura fisica continua che ci hanno portato ad allungare la nostra permanenza in "questa valle di lacrime (come la definiva mio nonno Augusto, che terminava la frase dove io piango molto… ma molto volentieri), vuoi anche perché i tempi sono cambiati (quando mio padre Edoardo rimase vedovo all’età di 61 anni, non si legò più con nessun’altra donna) e si ricerca sempre più una compagnia che appaghi non solo la solitudine ma risvegli dei sentimenti mai del tutto sopiti. Ai nostri tempi, per le cosiddette aspettative di vita", si va diffondendo, in tutti i ceti sociali, un fenomeno nuovo ed inedito, straordinario direi e senza precedenti: l’amore nella terza età. Che bello vedere passeggiare uno accanto all’altro o conversare guardandosi negli occhi uomini e donne ormai anziani ma ancora pieni di energia, entusiasmo, forza costruttiva e progettuale pari e persino superiori ai giovani, segno inconfondibile della vivacità positiva che un innamoramento e l’amore stesso possono donare.

    Gigliola Cinquetti cantava: "Non ho l’età, non ho l’età per amarti... non ho l’età. Loro sì... non solo hanno ancora l’età per amare ma anche l’età per godere ogni giorno la loro fetta di quotidiana felicità"… uno accanto all’altro.

    Evviva… la terza età! Evviva… l’amore senza età!

    Io parlo l’italiano - Da un po’ di tempo ho la sensazione, ascoltando le persone, le interviste in televisione e i discorsi dei ragazzi in età scolare, che la maggioranza non parli più un italiano corretto e che, se non fermeremo questa pericolosa deriva, finiremo con il parlare a gesti o solo ed esclusivamente con l’ausilio dei computer, degli smartphone, digitando sui loro schermi e con quant’altro la tecnologia mette e metterà a disposizione. A leggere i post di Facebook della nostra era globalizzata, i messaggi istantanei di WhatsApp o Messanger, spesso assai sgrammaticati, sembra che la nostra lingua e le sue regole siano un frullato di mutazioni e intrusioni soprattutto assistite da completa ignoranza. È diventato normale sentire parole e verbi rivenienti da linguaggi settoriali come resettare, postare, taggare o neologismi come petaloso o acronimi come ape (nato per significare un provvedimento di previdenza sociale).

    Le parole sono una cosa seria. Verbi, aggettivi, pronomi e avverbi contano eccome. Con la sintassi e con l’analisi logica e grammaticale non si scherza. La lingua italiana non è semplice. Basta cambiare una vocale e si compone un altro sostantivo totalmente diverso nel significato (vino/vano). Per non parlare della punteggiatura. Virgola, punto e virgola, due punti, l’esclamativo e l’interrogativo e le virgolette inserite in frase compiuta, possono cambiare il senso della frase stessa.

    Ciò premesso, siamo di fronte ad uno scenario tale che ci fa intuire che scrivere ormai è superato e che scrivere bene è diventato facoltativo nel modo odierno, dominato dai tweet, dagli sms, dal flusso delle faccine che ridono e piangono e dove perché è diventato xkè e sei, del verbo essere, è diventato 6, tanto per esemplificazione.

    Un recente studio in materia ha evidenziato che un’alta percentuale di italiani sono incapaci di riferire e sintetizzare un discorso, comprendere la struttura di un periodo, riassumere un testo, per non parlare della percentuale irrisoria dei lettori di libri (sono estremamente contento, anzi felice che chi mi sta leggendo in questo momento non è e non sarà mai, come me, facente parte di questa categoria... complimenti!!!).

    Non vi è alcun dubbio che alcune espressioni gergali usate dai politici sono state riprese e diffuse da certi giornalisti televisivi con una eco ripetuta. La quadratura del cerchio cioè la soluzione ideale di un problema è diventata la quadra, l’appello nominale è diventato la chiama, per determinazione si usa determina come per tante parole dove è stata omessa la desinenza zione. E che dire di ministra, sindaca e assessora, avallate tacitamente, addirittura, dall’Accademia della Crusca, la più antica accademia linguistica del mondo, nata nel 1583, che, per definizione, da sempre svolge la sua attività "per lo stremo impegno a mantenere pura la lingua italiana originale" e che non ha, fino ad oggi, osato frenare queste aberrazioni (o più semplicemente strafalcioni), facendole passare inconsciamente come un fenomeno di sana vitalità?

    Ricordo che Tina Anselmi, politico di prim’ordine per statura morale, prima donna Ministro della Repubblica Italiana, nel 1976 veniva presentata ai telegiornali, sulla stampa o agli incontri istituzionali: Il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale signora Tina Anselmi. Ministro... no… ministra!

    Non oso immaginare, quando nomineranno una donna Presidente della Repubblica (prima o poi accadrà), come verrà chiamata… seguendo l’andazzo attuale. Forse Capa dello Stato!?!

    E cosa dire degli inglesismi? Stanno imbastardendo la nostra lingua che è tra le più musicali del mondo al pari delle altre lingue romanze: francese e spagnola. Di contro, la lingua inglese ha un vantaggio: è sintetica e ben si addice al linguaggio informatico e, per questo, molto diffusa a livello planetario per le comunicazioni tra popoli di lingue diverse.

    Comunque per me l’italiano, che io definisco la nobile lingua degli angeli, rimane e rimarrà una lingua viva, duttile, magnifica e sono felice che in ogni parte del mondo cresca l’interesse per il suo apprendimento, che figura addirittura al quarto posto nella classifica delle lingue straniere più studiate al giorno d’oggi. È una lingua che non si impone ma seduce e attrae per la sua musicalità, per la sua tradizione, per la ricchezza della sua cultura: è la lingua dell’amore, della poesia, dell’arte e dell’opera lirica.

    Se la lingua è una risorsa da maneggiare con cura, l’Italiano è una materia delicata da trattare con attenzione e soprattutto amore.

    Io continuerò a farlo... continuate a farlo anche voi!

    Dedicato a Maria, mia madre - Capita una volta su un milione, succede qualcosa di magico, una sorta di congiunzione astrale, capita che nascono delle persone che hanno un’altra marcia, lungimiranti ed eccezionali. Sono come le comete, trascorrono la maggior parte della loro esistenza ai confini del sistema solare ma quando transitano sopra la Terra sono più belle e luminose delle altre stelle e… tutto il mondo sottostante si ferma a guardare. Questo, per tutti noi e per chi l’ha conosciuta e ha potuto apprezzarla, era Maria, mia madre. È noto e risaputo cosa sia stata mia madre per me e quanto io stesso sia stato baciato dalla fortuna perché il giorno in cui venivano assegnate le mamme, io ho avuto lei, Maria, il meglio che potessi avere. È stato il primo grande amore della mia vita. Ovviamente l’ho amata come solo un figlio può amare la propria genitrice. Un qualcosa di speciale, un mix di intesa, complicità, comprensione, educazione e stima; un’unione durata dalla mia nascita alla sua prematura morte, come se il cordone ombelicale non fosse mai stato reciso. Crescendo ho capito quale fortuna e benedizione avesse avuto mio padre ad innamorarsi e starle accanto per tutta la vita; a lei che ricambiava il suo

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