Dedicato a te
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Anteprima del libro
Dedicato a te - Michele Urbano
Self-Publishing
COMMENTO DELL’EDITORE
"Dedicato a te è la nostra prima pubblicazione per la
collana narrativa
.
E con quale migliore argomento iniziare se non con l’amore?
In una società come la nostra affetta da video dipendenza e priva di valori, L’amore fa il suo ingresso trionfale nel primo romanzo di Michele Urbano ripercorrendole varie fasi della sua vita sempre costellata dall’amore sia per la vita stessa che per la dolce Filomena.
Il romanzo parte dalla loro ultima vacanza insieme dove, sempre,come sempre di comune accordo,decidono di scrivere la loro storia,come invito, anzi,un invito che il destino fa a Michele: un invito,una sfida per dire e in modo particolare, per far conoscere a tutti la potenza dell’amore.
E, infatti il nostro autore ha ben centrato il cuore dell’esistenza umana: una storia struggente che risplende dell’intensità, della fragilità e della forza dei veri sentimenti del cuore.
Il sistema emotivo,dunque,fa da garante per tutta la vita a Michele e alla sua amata consorte; varie vicissitudine che hanno come premessa la felicità futura, quella felicità che arriva un dono venuto dal cielo e li accompagna mano nella mano per sempreinsieme
.
Purtroppo anche per loro c’è un lupo cattivo
però il bello di quest’amore è proprio il ricordo che è immortale e degno di essere conosciuto, soprattutto, alle nuove generazioni, così come Michele Urbano fa richiesta con questa sua prima opera.
Un racconto, infatti che ravviva la fiducia nei rapporti umani e la costatazione di quanto l’uomo sia capace di dare e di darsi.
Dedicato a te
è il ringraziamento che Michele fa a Filomena per la giusta misura di pazienza e di amore che gli ha regalato lungo il percorso della loro "fiaba2 vissuta insieme, una bella storia che fa bene non solo al cuore ma anche all’anima e la Soyan Editrice ne è fiera di essere testimone.
Invitiamo tutti alla lettura con gli occhi di chi vuole veramente vedere la vita e ci rivolgiamo ai giovani affinché attraverso le magiche parole di Michele possano riscoprire la poesia e la dolcezza che avvolge i segreti del cuore.
Buona lettura e grazie a Michele Urbano
L’Editore
Per la Soyan Editrice
Patrizia Lupini
PREFAZIONE
Questo non vuole essere un romanzo e neppure una autobiografia, semplicemente è il mio modo di porgere un ringraziamento alla vita. Alle soglie dei 60 anni, improvvisamente, ho sentito l'impulso di scrivere le impressioni sulla mia vita vissuta e di leggere in maniera meno caotica le mie parole e i miei pensieri. Ora conto di dividere con voi lettori queste emozioni. Se non avessi cercato di tradurre in parole le mie sensazioni, se non mi fossi attardato nell'arco delle giornate per trascrivere sul mio inseparabile quaderno un ricordo sepolto e improvvisamente galleggiante nella mia memoria o per esprimere le sensazioni di una esperienza, penserei, molto superficialmente, e francamente in modo superficiale, che la vita può sembrare un percorso costellato di sacrifici e patimenti: lo scrivere, e ancora di più il leggermi, mi ha convinto che la vita, e non solo la mia, non è altro che uno sfavillare di luci che si susseguono una dopo l’altra in un crescendo continuo.
Molte volte, troppe, siamo preda della frenesia della vita moderna, siamo oscurati dai problemi quotidiani e, anche se non vogliamo ammetterlo, diveniamo ciechi e
sordi ancor di più di quanto già lo siamo, ci trinceriamo verso l’indifferenza più totale e cerchiamo di illuderci facendo violenza su noi stessi, ci vestiamo di ipocrisia, di superbia, prepotenza, cerchiamo nel dio denaro la possibile soluzione ai nostri affanni, ma poi, nei minuti di silenzio, quando restiamo in compagnia soltanto dei nostri pensieri, ecco arrivare un fulmine a ciel sereno e forse in
momento ci accorgiamo che esistiamo non solo come pedine, consumatori o datori di lavoro.
Cominciamo a porgerci le prime domande, le più semplici, ci domandiamo dell’amore che riceviamo, che diamo, che avremmo potuto o dovuto offrire e non abbiamo donato
A chi non è capitato almeno una volta di partecipare ad una festa, da invitato o invitante, in cui si esterna la gioia più apparente? Poi, magari fra un drink ed un altro, bastano pochi istanti per domandarsi se tutto ciò è divertimento vero. Mi sto divertendo? O sto solo recitando? È lì che cominciamo forse a vedere un po’ di luce, è in quel preciso momento che si comincia a guardarsi intorno, vedersi quanto si è veri e quanto si sta interpretando in una farsa patetica solo allo scopo di chiudersi in un’indifferenza cupa e vuota.
E' vero, nella vita gioiamo e ci addoloriamo, molte sono le paure, le incertezze, le preoccupazioni, le
delusioni, ma vogliamo immaginare una vita senza di loro? Sono il sale della vita, sono quelle cose che ti spingono a rialzarti, a lottare, a continuare a vivere.
Immaginiamo un piatto con una bella pietanza insipida. Bella da vedere, ma priva di quel pizzico di sale che le conferisce gradevolezza e personalità.
Apriamo gli occhi, vediamo la luce del mattino e il pensiero corre alla vita, non pensiamo alle nuvole che portano il temporale, anche se dopo ogni temporale torna il sereno e la pioggia non ha fatto altro che portare nuova vita.
Apriamo le orecchie e ascoltiamo il suono della natura, non dimentichiamo di ascoltare il lamento dei più deboli, sentiamo ogni tanto la voce del nostro essere, cerchiamo di riscoprire il senso delle nostre azioni, valutiamo le nostre paure e le nostre incertezze! Senza dimenticare il temporale, le nuvole, il patire dei deboli, il nostro lavoro, gli impegni del mattino, i rimorsi e le paure, mettiamoli su un piatto
della bilancia per confrontarli con le stesse sensazioni che altri, molti altri, in quello stesso istante stanno provando. Solo se riusciamo a fare ciò, se riusciamo a essere partecipi delle emozioni degli altri, se riusciamo a percepirne le speranze e le debolezze possiamo anche vedere il sole nel cuore.
Buona lettura
Capitolo I
Orosei 23 settembre 2003.
Io e Filomena ci troviamo in vacanza a Orosei , villaggio turistico in provincia di Nuoro.
Sono le quattro del pomeriggio. Fuori fa un caldo terribile e resto incamera riposare un po’.
Anche Filomena decide di non uscire e ci sdraiamo sul letto. Restiamo in silenzio appisolati, muti e assorbiti dal silenzio dei nostri pensieri e dai nostri ricordi. e proprio da quei ricordi sento come una esplosione di idee: la nostra vita sembra un film, non credi?
lei mi guarda interdetta.
Poi, compiaciuta, mi sorride mentre mi accarezza dolcemente il viso e aggiunge : perché non un libro?Sono certa che tu lo sapresti scrivere…"
Io? Io? Io? non credo alle mie orecchie…."
Eppure proprio quello stesso pomeriggio, trovando alcuni fogli di carta in hotel, inizio a scrivere Dedicato a te
, dedicato alla mia amata Filomena.
IO: Michele
Il mio nome è Michele, sono nato in una casa all'estrema periferia di Pescara, a dire il vero non saprei dire ancora oggi se la mia casa fosse in campagna o in città: tanti orti mi davano l'impressione della campagna, ma tante terre incolte, alcune già preda di cantieri altre ancora infestate da erbacce, mi davano l'idea di una città troppo vicina. Erano tante, comunque, le case come la mia, erano piccole, col tetto di tegole e un po' polverose. La mia casa aveva solo due stanze, il bagno era al piano di sotto. Fuori le scale, una lunga gradinata di mattoni, conducevano nell’unica camera in cui si dormiva; dentro faceva freddo, d’inverno ci riscaldavamo con lo scaldino, un catino di metallo con dentro della sabbia e sopra un po' di carbonella, dei pochi mobili ricordo una credenza, il mobile principale della casa, dove vi si conservava di tutto, era bianco, con dei cassetti verdi, nella parte superiore c’erano due ante di vetro, mamma vi teneva le cose più belle della cucina. Il tavolo in legno con una pietra di marmo sopra, era il mobile a me più caro, anche se aveva il marmo, quel marmo bianco, freddo. A pranzo e a cena, però, ci faceva sentire tutto il calore della famiglia; nell’altra stanza un lettone grande ed un lettino piccolo, ai piedi, messo di traverso.
Papà Mario di corporatura fragile, ma determinato e infaticabile, lavorava come poteva. Si alzava presto ogni mattina per cercare la giornata lavorativa, usciva in bicicletta di mattina presto e tornava di sera quando trovava un lavoro, se invece la giornata era stata modesta stava con noi dal primo pomeriggio. Mamma Giacoma detta Nina, forte come una quercia, ma dolce come il miele, stava in casa a fare il bucato, a rammendare calzini, a cucinare quello che portava papà; oggi penso che sia stata una cuoca straordinaria, capace di gestire quel poco che portava papà e farlo bastare per tutti. Era lei a tirare le redini della casa, oltre a badare me e le mie due sorelle Emilia e Maria, trovava sempre il tempo di aiutare mio padre per cercare di portare a casa un pezzo di pane. Emilia, mia sorella maggiore, sempre pronta a sacrificarsi per noi più piccoli e senza mai lamentarsi, era lei che la sera, per farci stare più caldi, riscaldava dei mattoni refrattari sullo scaldino, li avvolgeva in un panno e ci riscaldava il letto.
Maria vispa, aperta, ma precisa e risoluta in tutto.Io, invece, ero un ragazzino timido, introverso,