Dialogo di una cicala, una formica e un grillo sopra i massimi problemi del pianeta
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Anteprima del libro
Dialogo di una cicala, una formica e un grillo sopra i massimi problemi del pianeta - Giovanni Guerriero
Tavola dei Contenuti (TOC)
Copyright
Comincio
Antropocene
Astronave Terra
Energia
Combustibili fossili
Fissione nucleare
Energie rinnovabili
Puntualizzazioni
Economia lineare e circolare
Energia nascosta
Adagio delle tre erre
Impronta energetica
Energia Idroelettrica
Energia solare
Energia eolica
Energia da biomassa
Energia geotermica
Fusione nucleare
Fotosintesi artificiale
Materiali
Minerali
Risorse da conflitto
Legno
Legno di guerra
Acqua
Acqua nascosta
Impronta idrica
Conflitti per l'acqua
Cibo
Agricoltura industriale
Monocultura
Inconvenienti problematici dell'agricoltura industriale
Cicli biogeochimici
Agricoltura intensiva
Salinizzazione
Erosione
Desertificazione
Rivoluzione verde
Piante HYV
Piante OGM
Osservazioni sugli OGM
Considerazioni sul cibo
Pratiche agricole sostenibili
Requisiti agricoltura sostenibile
Allevamento industriale
Questioni problematiche dell'allevamento industriale
Caccia
Pesca industriale
Aspetti problematici della pesca industriale
Acquacoltura
Fattori problematici dell'acquacoltura
Impianti a ciclo chiuso
Inquinamento
Rifiuti solidi urbani
Rifiuti speciali
Rifiuti radioattivi
Navi dei veleni
Navi a perdere
Scorie dell'attività mineraria
Smantellamento delle navi
Rifiuti di apparecchiautre elettriche ed elettroniche
Superfluo nel settore informatico
Inquinamento termico
Plastica
Isole di plastica
Microplastiche
Bioplastiche
Rifiuti liquidi urbani
Rifiuti liquidi speciali
Aree contaminate
Rifiuti dell’industria chimica
Fiumi molto inquinati
Laghi molto sporchi
Bacini d’acqua marina
Acque sotterranee
Rimpiazzo di alcuni composti chimici
Rifiuti aeriformi urbani
Rifiuti aeriformi industriali
Motori dei veicoli stradali
Auto elettrica
Auto a idrogeno
Auto ad aria compressa
Sistemi di trasporto intelligenti
Riscaldamento degli edifici
Fabbriche
Centrali elettriche
Inceneritori
Termovalorizzatori
Incidenti
Altri problemi
Effetto serra
Buco nell’ozono
Piogge acide
Acidificazione degli oceani
Geoingegneria
Fertilizzazione degli oceani
Interventi sui sistemi biologici
Lista delle cento specie invasive più dannose
Esempi di specie invasive
Lista rossa
Biodiversità
Conservazione della biodiversità
Biopirateria
Estinzioni di massa
Sesta estinzione di massa
Deforestazione
Servizi ecosistemici
Land Grabbing
Costruzione di infrastrutture
Frammentazione degli areali
Sottrazione di spazi fisici
Cattura per commercio
Convenzione CITES
Indice del pianeta vivente
Territorio
Cementificazione
Funzioni del suolo
Fiumi tombati
Attenuare i problemi
Problema demografico
Crescita demografica
Esplosione demografica
Neo-malthusianesimo
Piramide delle età
Pressione sull’ambiente
Capacità di carico
Impronta ecologica
Biocapacità
Zaino ecologico
Sostenibilità
Sostenibilità ambientale
Stabilità
Sostenibilità economica
Circolo virtuoso delle 8 R
Sostenibilità sociale
Bibliografia
GIOVANNI GUERRIERO
DIALOGO DI UNA CICALA, UNA FORMICA E UN GRILLO
SOPRA I MASSIMI PROBLEMI DEL PIANETA
Dialogo di una cicala, una formica e un grillo
sopra i massimi problemi del pianeta
© 2018 - Giovanni Guerriero
ISBN | 9788827859049
Prima edizione digitale: 2018
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Youcanprint Self-Publishing
Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce
www.youcanprint.it
info@youcanprint.it
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In un pomeriggio di mezza estate mi ritrovai in una radura di montagna, incerto sulla via da seguire, stanco, accaldato e abbacinato dal sole.
Sul limitare c’era una magnifica quercia secolare le cui fronde promettevano fresco e riposo. Ne approfittai per stendermi ai suoi piedi, tra il frinire delle cicale, l’andirivieni delle formiche e il cri-cri dei grilli.
Poco dopo, tra veglia e sonno, udii proprio una cicala, una formica e un grillo che parlottavano tra loro: ve ne riporto il dialogo, ancora stupefatto per quello che ascoltai.
Agosto 2018
G.G.
CICALA
Ragazzi, come vivono bene gli umani! Sto seguendo all’università un corso di etologia umana
che riguarda i loro costumi e i loro stili di vita. Hanno inventato una quantità di diavolerie che gli permettono di campare tra mille agi e comodità!
FORMICA Anche io mi sto interessando degli umani e delle loro realizzazioni, in particolare di quello che hanno messo in piedi in poche migliaia di anni. Effettivamente sono arrivati a traguardi considerevoli, ma quello che mi lascia molto perplessa è la scarsa logica con la quale sono gestite queste meraviglie, che sta portando a conseguenze negative non solo per loro, ma addirittura per l’intero pianeta.
CICALA Perché dici questo? Vuoi forse paragonare le nostre tane alle loro belle abitazioni climatizzate o il nostro spostarci sulle zampe ai loro mezzi di trasporto comodi e veloci oppure ancora la nostra esistenza uniforme alla possibilità di guardare la televisione, navigare in Internet o parlare al cellulare?
FORMICA Non dico questo. Il fatto è che si assiste da un lato all’esplosione della loro intelligenza con la realizzazione di scoperte e invenzioni impareggiabili, che forniscono loro un tenore di vita sempre migliore; dall’altro lato la stessa intelligenza viene meno nell’analisi e nella correzione degli effetti collaterali di queste realizzazioni, che pure assumono proporzioni gigantesche.
GRILLO Tutto cominciò un paio di milioni di anni fa, o forse anche prima, con la costruzione dei primi utensili in pietra, cosa che cominciò a segnare il passaggio dall’evoluzione naturale all’evoluzione culturale in quelli che sarebbero stati gli umani.
Ma un momento importantissimo si verificò 500.000 anni fa, forse di più, con il controllo del fuoco: quegli individui avevano imparato ad utilizzare l’energia.
Per moltissimo tempo il fuoco a legna fu l’unica fonte di energia usata. Poi circa 10.000 anni fa inventarono l’agricoltura e addomesticarono alcuni animali, fra i quali buoi e cavalli impiegati per trainare gli aratri. Ebbero così a disposizione una fonte di energia dieci volte più potente di un uomo. Gli animali furono impiegati anche nei trasporti, in particolare con l’invenzione del carro, che avvenne più tardi intorno al 3.000 a.C.
Il passo successivo fu quello di sfruttare l’energia del vento che spingeva le vele e faceva avanzare le imbarcazioni, forse già dal 6.000 a.C. Il vento fu utilizzato anche per muovere le pale dei mulini a vento impiegati per macinare cereali o sale, per sollevare acqua e irrigare campi e più tardi come motori di macchine, p. es. per lavorare il legno. E analoghi usi aveva il mulino ad acqua. Ambedue, sebbene conosciuti già 3.000-4.000 anni fa, si svilupparono probabilmente nei primi secoli prima di Cristo, ma si perfezionarono solamente durante il Medioevo.
Alla metà del 1600 cominciarono ad usare il carbone, che ha una densità energetica superiore al legno e che spianò la via alla rivoluzione industriale.
Poi fu la volta del petrolio, intorno alla metà del 1800, ancora migliore sia per il maggior contenuto energetico, sia per la maggiore facilità di trasporto.
Per ultimo fu usato il gas naturale alla metà del 1900, già conosciuto come i primi due da millenni, ma pochissimo utilizzato.
L’impiego di questi tre combustibili ha rivoluzionato la società degli umani negli ultimi 200-300 anni per quello che riguarda abitazioni (elettricità, riscaldamento), industrie (forza motrice), trasporti (treni, automobili, navi, aerei), comunicazioni (telefono, radio, televisione, Internet), chimica (sostanze plastiche, medicinali, nuovi materiali).
FORMICA Già! E proprio da 200-300 anni a questa parte si sono amplificati a dismisura i problemi.
CICALA Ma che razza di problemi sono? Ne parli con toni apocalittici come se stessero sfigurando il volto della terra. Eppure il cielo continua ad essere azzurro, i prati verdi e il mare blu.
FORMICA Magari fosse una questione di colori. Il fatto è che l’impatto dell’umanità sul pianeta è tale che alcuni studiosi hanno coniato un nuovo termine,
Antropocene, per indicare questo nuovo periodo nella storia dell’uomo, caratterizzato dalla sua straordinaria potenza nei confronti della natura, cosa che gli permette di intervenire sui suoi meccanismi in maniera globale, come non aveva fatto mai prima nessun essere vivente.
GRILLO In effetti il termine Antropocene ricalca termini analoghi utilizzati dai geologi per indicare le varie ere della storia della terra. Una suddivisione principale riguarda: Paleozoico (Era Primaria), Mesozoico (Era Secondaria), Cenozoico (Era Terziaria), Neozoico (Era Quaternaria). Questi ultimi due comprendono poi: Paleocene, Eocene, Oligocene, Miocene, Pliocene l’era Terziaria (da 65 milioni a 2 milioni di anni fa); Pleistocene e Olocene l’era Quaternaria. L’Olocene comincia 10.000 anni fa e arriva ad oggi, o meglio all’Antropocene.
FORMICA L’uomo ha cominciato ad incidere sul pianeta già dai tempi dell’invenzione dell’agricoltura, disboscando foreste per far posto ai suoi campi. Successivamente il disboscamento è stato sempre più intenso, anche per procurarsi il legno necessario per il fuoco, per le abitazioni, per le imbarcazioni.
Nonostante questo, per lungo tempo i danni sono stati limitati per i ridotti numeri della popolazione. In seguito gli umani sono diventati centinaia di milioni, adesso addirittura miliardi.
CICALA Ma rimangono sempre assai meno di tanti altri esseri viventi, per esempio di noi cicale, per non parlare di voi formiche.
FORMICA Certo, ma le cicale o le formiche non hanno le esigenze smisurate che ha un umano, la maggior parte delle quali non strettamente indispensabili o addirittura superflue. E inoltre l’umano non si accontenta mai: ogni volta che inventano qualcosa, questo qualcosa diventa di uso generale perché ritenuto da tutti irrinunciabile. E questo richiede energia, materiali, territorio e produce rifiuti, inquinamento, problemi. Per non parlare delle disuguaglianze tra gli stessi uomini, alcuni dei quali hanno tutto, altri appena l’indispensabile o meno ancora.
CICALA Faccio fatica a pensare che, per quanto siano numerosi, possano incidere tanto sul pianeta e sulle sue risorse. La terra è così grande, ha riserve che sembrano inesauribili per tutto quello che occorre.
FORMICA Hai detto bene: sembrano inesauribili, ma non lo sono.
GRILLO Qualche studioso ha paragonato la terra ad un’
astronave che viaggia nel cosmo senza possibilità di scali. I passeggeri devono vivere perciò con le riserve contenute nelle stive, nell’ambiente creatosi a bordo, in equilibrio fra di loro.
FORMICA Invece gli umani hanno cominciato a saccheggiare le stive, a modificare l’ambiente, a turbare gli equilibri con le altre specie.
Parliamo per esempio dell’
energia, che usano in quantità sempre maggiore. L’amico Grillo ci ha ricordato che più o meno tre secoli fa gli umani hanno trovato nella stiva dell’astronave i
combustibili fossili con i quali hanno dato il via ad una rivoluzione nella loro società che ha fornito tanti agi. Non si sono preoccupati però di amministrare con saggezza carbone, petrolio e metano che fra l’altro hanno scorte limitate. L’estrazione del petrolio ha raggiunto il cosiddetto picco di produzione
o picco di Hubbert, cioè il momento nel quale si arriva alla produzione massima. Questo vuol dire che da ora in avanti di petrolio se ne estrarrà sempre meno, fino ad arrivare all’azzeramento dell’estrazione.
CICALA A me non pare che stiano combinati così male. Negli ultimi 2-3 anni sono stati scoperti giacimenti giganteschi: a Veracruz in Messico una riserva di oltre 1,5 miliardi di barili; nel nord-ovest della Cina un miliardo di tonnellate di greggio, corrispondenti a circa 8 miliardi di barili; il Bahrein addirittura ha annunciato di avere scoperto il più grande giacimento di petrolio degli ultimi ottanta anni che garantirebbe 80 miliardi di barili.
FORMICA Non ho detto che il petrolio è finito, ho detto che non se ne estrarrà più come in passato e che quindi prima o poi finirà. Il grafico di estrazione è più o meno una campana della quale è stata oltrepassata la metà: la parte di sinistra rappresenta il petrolio estratto, quella di destra (non ancora disegnata) il petrolio da estrarre. D’altra parte i numeroni che hai ricordato non assicurano grandi scorte: il consumo mondiale attuale è poco sotto i 100 milioni di barili al giorno e il gigantesco
giacimento del Bahrein basterebbe per poco più di due anni. Fra l’altro negli ultimi tempi le risorse (idrocarburi non ancora scoperti) tramutati in riserve (idrocarburi scoperti) sono diminuite parecchio: nel 2016 le scoperte sono state meno di 200, mentre precedentemente la media era stata di 400-500 all’anno. Inoltre tieni conto che si tratta generalmente di giacimenti in mare (offshore), più critici e assai più costosi.
CICALA Tuttavia so che stanno utilizzando giacimenti alternativi (p. es. le rocce bituminose) e tecniche di estrazione non convenzionali (p. es. il fracking).
FORMICA E’ vero, ma a parte il fatto che si comincia a raschiare il fondo del barile (è proprio il caso di dirlo!), bisogna ricordare che prima o poi finiranno anche queste scorte. Così come si raggiungerà il picco di produzione di gas naturale (fra alcune decine di anni) e di carbone (fra qualche centinaio di anni), esaurendosi successivamente anche queste riserve.
GRILLO Lo sfruttamento di giacimenti alternativi (e più in generale di giacimenti meno accessibili) ha un’efficienza minore, cioè si ricava meno energia dal combustibile considerando che bisogna spenderne di più per l’estrazione. Questo concetto è espresso dall’indice EROEI (Energy Returned On Energy Invested), che valuta la quantità di energia ricavata da un giacimento in rapporto a quella spesa per la costruzione, il funzionamento e lo smontaggio dell’impianto di estrazione. Naturalmente più alto è l’EROEI, migliore è la resa del giacimento. Un esempio è fornito da uno studio sul petrolio estratto negli Stati Uniti, per il quale questo indice sta scendendo inesorabilmente da circa un secolo: nel 1930 si producevano circa 100 barili di petrolio per ogni barile di costo energetico, nel 1970 il rapporto era di 30 a 1, nel 2000 era di soli 11 a 1. E’ ovvio che il processo si arresterà quando si arriverà a impiegare per l’estrazione una quantità di energia pari a quella che se ne può ricavare dall’utilizzo.
FORMICA Inoltre l’estrazione di petrolio in queste condizioni comporta ulteriori problemi rispetto a quelli già presenti nell’estrazione convenzionale. Infatti il fracking consiste nel frantumare la roccia in profondità con microcariche di esplosivo o con iniezione di acqua ad alta pressione, che veicola solventi chimici in soluzione. Questo comporta un notevole spreco di acqua, la possibile contaminazione delle falde acquifere, l’inquinamento del terreno con metalli pesanti e sostanze radioattive contenute nelle acque reflue, nonché una non trascurabile sismicità locale.
CICALA A proposito di criticità nell’estrazione, anche i depositi convenzionali presentano problemi?
FORMICA Si, specialmente se si trovano al di sotto del fondale marino. Basta ricordare qualcuno dei numerosi disastri nella storia dell’estrazione e del trasporto.
Il più grande incidente sulla terraferma avvenne nel 1910 in California, nel pozzo Lakeview Gusher Number One, con una fuoriuscita di 1.200.000 tonnellate di greggio che durò 18 mesi. Una catastrofe deliberatamente creata dall’uomo si verificò invece durante la Guerra del Golfo nel 1991, quando l’esercito iracheno aprì le valvole degli oleodotti in Kuwait per ostacolare lo sbarco dei soldati americani, causando la fuoriuscita di 1.500.000 tonnellate di petrolio, a cui si aggiunse l’incendio di circa 700 pozzi per fare in modo che il fumo rendesse più difficili le operazioni aeree delle forze militari nemiche.
Tra i maggiori disastri in mare dovuti a piattaforme petrolifere, le due più grandi sciagure si verificarono nel Golfo del Messico: la prima nella baia di Campeche nel 1979 al pozzo Ixtoc I, su un fondale di 50 metri, con una perdita di circa 450.000 tonnellate di greggio durata 9 mesi; la seconda al largo della Louisiana nel 2010 al pozzo Macondo perforato dalla piattaforma Deepwater Horizon, su un fondale di 400 metri, con una perdita quantificata fino a più di 1.100.000 tonnellate di petrolio durata 3 mesi. Ambedue furono dovute ad incendi, non infrequenti sulle piattaforme a causa dell’alta temperatura raggiunta dalle teste di perforazione, che devono essere raffreddate da iniezione di fanghi in pressione. Se per un qualunque motivo il petrolio riesce a risalire lungo la colonna, p. es. per la mancanza di contropressione esercitata dal fango di trivellazione, prende fuoco.
Gli incidenti dovuti a navi petroliere poi sono centinaia e il sinistro più importante riguardò la collisione tra le due superpetroliere Atlantic Empress ed Aegean Captain nel 1979 al largo dell’isola di Trinidad e Tobago nel Mare Caribico, con uno sversamento di circa 300.000 tonnellate di petrolio.
Naturalmente sono immaginabili i gravi danni provocati da queste catastrofi all’ambiente, alle coste, al mare, all’atmosfera, alla fauna, alla flora.
In ogni caso ancor prima dei problemi legati all’estrazione e al trasporto, è il caso di considerare i problemi legati all’uso dei combustibili fossili, in particolare l’effetto serra (con il conseguente aumento della temperatura media globale del pianeta) e l’inquinamento.
GRILLO I combustibili fossili sono costituiti da atomi di carbonio (nel carbone) oppure di carbonio e idrogeno (nel petrolio e nel metano). Nei legami chimici fra gli atomi di questi composti è contenuta l’energia solare immagazzinata dalle piante o dai microrganismi che, nei milioni di anni delle ere passate, si sono accumulati, si sono trasformati e hanno costituito quindi i giacimenti.
Quando vengono bruciati, i combustibili reagiscono con l’ossigeno dell’aria, liberando gran parte dell’energia contenuta nei legami e producendo anidride carbonica (diossido di carbonio) ed eventualmente acqua e composti provenienti da impurità. Il primo è un gas che, sfuggendo nell’atmosfera, produce il cosiddetto effetto serra
, consistente nell’aumento della temperatura globale, all’incirca come accade nelle serre agricole nelle quali l’effetto è prodotto dal vetro. Naturalmente l’aumento dovuto alle combustioni è solo di qualche grado nell’atmosfera, contrariamente a quanto avviene nelle serre.
CICALA E per qualche grado è il caso di fare tanto baccano?
FORMICA Eh si! E’ proprio il caso, perché un innalzamento anche piccolo sta producendo: cambiamenti climatici con esasperazione dei fenomeni meteorologici (precipitazioni molto intense o addirittura incremento degli uragani da un lato, siccità dall’altro); scioglimento e arretramento dei ghiacciai con conseguente aumento del livello medio del mare e arretramento della linea di costa con perdita di superfici abitate o coltivate; aumento della temperatura media dei mari e spostamento di specie a latitudini più elevate con conseguente alterazione di ecosistemi; aumento della desertificazione. E la lista dei guai non è completa!
Altro problema legato alla combustione dei combustibili fossili deriva dalla produzione di sostanze nocive (composti di zolfo, di azoto, composti aromatici, ozono, particolato) che incidono sulla qualità dell’aria respirata e producono un inquinamento globale, in particolare nelle città degli umani, responsabile di malattie polmonari croniche, bronchiti, asma, tumori, leucemie, allergie. La produzione di queste sostanze è minima col metano, preoccupante col petrolio, devastante col carbone, che risulta il combustibile fossile più inquinante.
Già solo questi inconvenienti dovrebbero convincere ad un’inversione di rotta.
GRILLO La combustione dei combustibili fossili avviene principalmente nelle centrali termoelettriche, nei motori dei mezzi di trasporto, negli impianti di riscaldamento, negli impianti industriali.
CICALA Una valida alternativa allo sfruttamento dei combustibili fossili è l’impiego dei combustibili nucleari, per la produzione di energia elettrica a buon mercato nelle centrali termonucleari.
GRILLO In queste centrali si sfrutta il fenomeno della
fissione nucleare che consiste nel colpire nuclei pesanti (p. es. uranio) con neutroni, per spaccarli e ottenere nuclei di massa grosso modo metà di quella iniziale più altri neutroni che, continuando a spaccare altri nuclei, danno luogo ad una reazione a catena con produzione fra l’altro di radiazioni ionizzanti. In tale reazione una piccola quantità di massa si trasforma in una grande quantità di energia, prelevata sotto forma di calore che viene convertito poi in elettricità.
FORMICA A proposito di elettricità nucleare a buon mercato, devo sfatare questo mito ricordando che nel prezzo del kilowattora nucleare non sono compresi i costi per lo smaltimento delle scorie (problema tuttora irrisolto), i costi per lo smantellamento delle centrali alla fine della vita utile (problema rimandato di decine di anni a causa dell’elevata radioattività), i costi dovuti agli incidenti (problema che riguarda non soltanto gli eventi disastrosi come Chernobyl e Fukushima).
GRILLO Riguardo alle scorie nucleari, queste si possono suddividere per comodità in scorie a bassa radioattività e scorie ad alta radioattività. Le prime spesso sono immesse direttamente nell’ambiente, in particolare nell’aria o nell’acqua dei fiumi e dei mari; le seconde sono immagazzinate in siti temporanei, prima in piscine di raffreddamento a causa del notevole calore prodotto, successivamente in bidoni in soluzione acida, in attesa di sistemazioni valide.
CICALA Bisogna dire però che il problema è limitato alle sole scorie ad alta radioattività perché quelle a bassa radioattività, che comportano peraltro i volumi maggiori, una volta immesse nell’ambiente vengono diluite, raggiungendo in questo modo livelli di radioattività inferiori al livello naturale di fondo. Pertanto non costituiscono più un pericolo.
FORMICA Il criterio della diluizione della radioattività nell’ambiente è un criterio sconsiderato perché si dimenticano almeno due cose.
Anzitutto si verifica un processo di magnificazione biologica lungo la catena alimentare, per il quale la radioattività si accumula negli organismi. Prendendo in esame p. es. l’ecosistema di un fiume, le cui acque entrano in contatto con la radioattività di una centrale, e partendo dalla base della piramide trofica, semplicisticamente si può pensare che ogni alga unicellulare accumuli 1 dose di radiazioni; un gamberetto che mangia n alghe accumulerà una dose n volte radioattiva; un pesce che mangia m gamberetti accumulerà una dose n x m volte radioattiva e così via fino a raggiungere concentrazioni di milioni di volte quella di fondo negli animali all’apice della piramide (p. es. l’uomo).
Il secondo aspetto riguarda i radionuclidi pericolosi, come p. es. Cesio 137 (¹³⁷Cs), Stronzio 90 (⁹⁰Sr), Iodio 131 (¹³¹I), chimicamente affini rispettivamente a Potassio (K), Calcio (Ca), Iodio 127 (¹²⁷I), che si trovano negli organismi (nell’ordine nei muscoli, nelle ossa, nella tiroide). Attraverso la catena alimentare i primi sostituiscono almeno in parte i secondi, effettuando così un’irradiazione permanente dall’interno.
CICALA Devi riconoscere che almeno le scorie ad alta radioattività non sono immesse direttamente nell’ambiente. E’ vero che sono molto pericolose, ma è previsto che siano vetrificate, poi sigillate entro contenitori resistenti alla corrosione e infine sepolte in siti sicuri e geologicamente stabili.
FORMICA E tu devi riconoscere che tutto questo è solamente previsto, perché per ora non è stato allestito nessun sito definitivo e privo di rischio, a cominciare dal deposito di Yucca Mountain negli Stati Uniti (progetto mai ultimato e definitivamente abbandonato, dopo aver speso diversi miliardi di dollari) fino al deposito di Asse in Germania (ricavato in una miniera di potassa nella quale infiltrazioni d’acqua hanno intaccato la tenuta di alcuni contenitori, causando perdite di rifiuti radioattivi). Tutti gli altri sono in via di costruzione o in via di sperimentazione. Molte volte per risolvere in modo economico e definitivo il problema, i rifiuti radioattivi sono avviati illegalmente e scelleratamente a discariche compiacenti o addirittura sversati in mare, come denunciava l’oceanografo Jacques-Yves Cousteau già negli anni 60-70 del 1900.
Ma al di là di queste valutazioni, ti sembra etico o anche soltanto logico lasciare alle future generazioni umane l’onere della sorveglianza di queste discariche per migliaia di anni almeno, per periodi cioè dell’ordine dei tempi di dimezzamento dei radionuclidi contenuti in queste scorie, fra i quali il famoso plutonio?
GRILLO Il tempo di dimezzamento (o emivita) di un isotopo radioattivo è il tempo necessario per ridurre a metà la quantità iniziale di sostanza, secondo un andamento esponenziale. Il plutonio p. es. ha un’emivita di 24.000 anni.
FORMICA Ciò vuol dire che dopo 24.000 anni è presente ancora una metà del plutonio iniziale, radioattivo e tossico, pochi milligrammi del quale causano il cancro ai polmoni per inalazione. Occorreranno poi ancora 24.000 anni per smaltirne