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Domatore di Creature
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Domatore di Creature
E-book397 pagine5 ore

Domatore di Creature

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Info su questo ebook

Olmo, Lilia, Febe e Alex sono quattro studenti di scuola media che nascondono un segreto: appartengono tutti all’antica stirpe dei Domatori di Creature, essere umani con il potere di evocare e domare mostri, dei ed eroi dell’immaginario collettivo mitologico. I quattro operano insieme per aprire dei passaggi, chiamati Varchi, che consentono ad ogni sorta di Creatura leggendaria di passare indisturbata dall’Iperuranio al mondo degli esseri umani; tuttavia essere un apprendista Domatore non è un compito facile: bisogna studiare tanto ed esercitarsi, senza dimenticare i doveri e i problemi legati al mondo “reale” e alla scuola. I quattro ragazzi cercano, giorno dopo giorno, di tenere fede agli impegni quotidiani coniugando la vita di giovani Domatori con quella di comuni studenti, finché un giorno, poco prima della 78ma edizione del Torneo dei giovani Domatori, cominciano a sorgere le prime complicazioni: delle Creature sciolte, cioè prive di ogni controllo, fanno infatti la loro comparsa e turbano il tranquillo equilibrio del mondo degli esseri umani. Chi le ha evocate per poi abbandonarle a loro stesse? E perché?Quando dei giovani stranieri arrivano nella stessa scuola dei protagonisti, i ragazzi iniziano a sospettare di loro… Ma come stanno realmente le cose?I quattro amici provano ad indagare, scoprendo delle verità scomode che rischiano di mettere a dura prova la loro stessa amicizia…
LinguaItaliano
Data di uscita26 feb 2019
ISBN9788867829217
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    Anteprima del libro

    Domatore di Creature - Maria Elena Sfarra

    Maria Elena Sfarra

    Domatori di Creature

    Maria Elena Sfarra

    Domatori di creature

    Editrice GDS

    Via Pozzo 34

    20069 Vaprio d’Adda-Mi

    www.gdsedizioni.it

    www.gdsbookstore.it

    Ogni riferimento descritto nel seguente romanzo a cose, luoghi, persone e altro è da ritenersi del tutto casuale.

    Copertina inviata dalla stessa autrice e realizzata da

    Leonardo Giammichele

    TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI

    Prologo

    "Una volta Uomini, Dei ed Eroi camminavano insieme sulla terra. Poi, col trascorrere del tempo, gli Uomini cominciarono a camminare da soli e gli Dei e gli Eroi si rifugiarono in una dimensione lontana, separata da quella in cui gli esseri umani vivevano.

    La maggior parte degli uomini dimenticarono presto che, in un tempo remoto, avevano condiviso il loro mondo con le Divinità, con gli Spiriti degli elementi naturali e con gli Eroi e ne conservarono memoria soltanto nelle leggende che si tramandarono per generazioni.

    Tuttavia alcuni esseri umani non vollero dimenticare, chiamarono Dei ed Eroi con il generico nome di Creature ed Iperuranio il mondo in cui esse si erano ritirate. Questi uomini svilupparono, nel corso dei secoli, tecniche sempre più raffinate per aprire a proprio piacimento delle porte sull’Iperuranio – i Varchi – e richiamare sulla terra le Creature e definirono se stessi ‘Domatori’, distinguendosi in Evocatori e Addestratori."

    Pico Marzio, vestito con una toga bianca – quella che indossava quando teneva ufficialmente le sue lezioni – guardò negli occhi Lilia, sua unica allieva, cercando qualche segno che gli facesse capire che la ragazza aveva seguito il suo discorso, poi, quando credette di averlo trovato, continuò: - È importante che gli Evocatori e gli Addestratori collaborino tra loro: nessuno deve prevalere sull’altro! Devono agire insieme, in perfetto equilibrio di forze!

    Lilia sospirò: aveva sentito quel discorso decine di volte…

    Tutti i Domatori di Creature sapevano che Evocatori e Addestratori si muovevano sempre insieme, anche se a volte sembravano respingersi.

    Che erano come il polo positivo e quello negativo di una batteria, come due angoli opposti al vertice, come lo Yin e lo Yang, come i maschi e le femmine, come...

    Pardon, in effetti una coppia Evocatore-Addestratore era sempre formata da un ragazzo e da una ragazza, o viceversa.

    Tutti sapevano perché. Soltanto ciò che era uguale e, allo stesso tempo, diverso, avrebbe potuto avere tanto potere da ammansire e controllare una Creatura.

    Le Creature, anche quelle che sembravano più docili e inoffensive, potevano nascondere insidie pericolose che era bene non sottovalutare mai.

    Del resto era comprensibile: a chi sarebbe piaciuto essere disturbato nei momenti più disparati e costretto a lasciare la propria casa, e i propri affari, per mettersi al servizio di due individui, pressoché estranei?

    Perché era questo ciò che i Domatori facevano: di tanto in tanto evocavano le Creature dell’Iperuranio per metterle al proprio servizio, anche se non sempre esse erano disposte a farsi dare degli ordini.

    E sai perché lo facciamo? Era stata la prima domanda che Pico Marzio aveva rivolto a Lilia, quando lo avevano assegnato come tutor alla ragazza Perché domiamo le Creature?.

    Perché siamo i custodi dell’equilibrio tra il mondo degli umani e l’Iperuranio aveva risposto lei, prontamente E dobbiamo fare in modo di saper controllare e rispedire indietro le Creature che, un giorno, per qualche motivo, potrebbero sconfinare nel nostro mondo….

    Un giorno molto lontano, speriamo… Aveva annuito l’uomo Ma ricorda che non siamo gli unici a desiderare che i mondi restino separati e si preservi l’equilibrio. Molte Creature la pensano come noi ed esse non sono nostre ancelle, ma nostre alleate! Ricordati, quindi, di avere rispetto per ognuna di esse e cercare di non irritarle mai perché…

    Una Creatura arrabbiata poteva essere molto, ma molto pericolosa!

    Era uno dei primi insegnamenti che riceveva un apprendista Domatore.

    Per questo, Lilia peccò di ingenuità – e anche di un pizzico di presunzione - quando, quella sera d’autunno, nonostante avesse ancora nelle orecchie l’eco delle parole di Pico Marzio su Evocatori e Addestratori che dovevano agire insieme, evocò e decise di domare – da SOLA! – una piccola Creatura di nome Cunina, protettrice dei bimbi,che credeva perfettamente innocua.

    Ma nessuna Creatura era innocua.

    Dopo la sua comparsa, Cunina si guardò attorno con i dolci occhi, azzurri e trasparenti come acqua sorgiva, e quando vide Lilia le sorrise e due adorabili fossette si disegnarono ai lati delle sue labbra.

    Ma poi, accortasi che la ragazza che l’aveva evocata era completamente sola e che nessun Addestratore era là a darle man forte, l’espressione di Cunina cambiò.

    La sua pelle rosea divenne livida, i suoi occhi azzurri si trasformarono in due pozzi oscuri e il diadema, che le tratteneva sulla sommità del capo i morbidi riccioli, esplose all’improvviso, andando in mille pezzi.

    La giovane Domatrice si coprì d’istinto il volto con le braccia, ma così perse di vista Cunina e la Creatura ne approfittò per prendersi la sua piccola vendetta.

    Al mattino Lilia si svegliò presto, con la sensazione di avere qualcosa di strano. Non ricordava come fosse finita la storia della dea Cunina e non sapeva come si fosse ritrovata nel suo letto, ma era proprio nel suo grande letto che era distesa.

    Nel suo grande, comodo letto in cui le sembrava di sprofondare...

    Ma... un momento... Il suo grande letto?

    Era sempre stato un semplice letto da una piazza; cosa aveva di diverso, quel giorno?

    Lilia si mise a sedere, seppure con una certa fatica: sembrava che il suo corpo rispondesse ai suoi ordini con una certa difficoltà. La sua testa era pesante e le braccia...

    La ragazza si guardò le braccia grassocce e le mani piccole e paffute, con dita corte e rotondette. Le mani di una lattante!

    Cercò di parlare ma, quando aprì la bocca, le uscì soltanto una sorta di gorgoglio e tutto quello che riuscì a fare fu far scoppiare una bolla di saliva sul suo labbro inferiore.

    Quella dea Cunina! L’aveva trasformata in una bambina piccola che non riusciva neppure ad articolare correttamente i suoni!

    Come avrebbe fatto a chiamare aiuto?

    Lilia si stese nuovamente nel lettone e decise di usare l’unica arma che aveva a disposizione: il pianto!

    Non c’era nulla di più potente del pianto di un poppante!

    Le sue urla disperate, tanto acute da far tremare i vetri delle finestre, svegliarono di soprassalto i suoi genitori e lei fu salva.

    Ma da quella volta in poi, ogni tanto, nel cuore della notte, la ragazza si svegliava di colpo, madida di sudore, e controllava che le sue braccia e le sue mani fossero della grandezza normale, poi tornava, con un sospiro, a dormire.

    Visto? Mai sottovalutare una Creatura!

    CAPITOLO I

    IL MANUALE SCOMPARSO

    La campanella della prima ora era suonata già da qualche minuto, quando la professoressa di storia e geografia entrò in classe. Esibì come al solito il suo smagliante sorriso mentre diceva: Buongiorno!, tenendo sotto il braccio due o tre libri che tendevano in continuazione a scivolarle e che lei riusciva a tenere su, facendo una specie di buffo saltino ogni due passi.

    Con la sua voce sottile, ma squillante, cominciò a fare l’appello prima ancora di sedersi in cattedra e, quando tutti gli studenti ebbero risposto, finalmente la docente si sedette, tirò fuori il famigerato registro personale e cominciò a leggerci dentro, torcendosi le mani e sorridendo ogni tanto tra sé e sé, come una veggente che scrutasse dentro una sfera di cristallo, intenta nella visione di eventi futuri.

    Nella classe si era fatto il silenzio più assoluto. Tutti i ragazzi trattenevano il respiro.

    E poi il silenzio fu interrotto dal lieve rumore di pagine che venivano sfogliate.

    La professoressa alzò bruscamente la testa stringendo gli occhi, come per mettere meglio a fuoco la vista, alla ricerca dello studente che aveva prodotto il fruscio che tutti avevano sentito, ma gli studenti erano immobili e la guardavano con gli occhi sgranati e il fiato sospeso. Ancora un attimo e qualcuno, a furia di trattenere il respiro, sarebbe diventato viola.

    Poi, per fortuna, la professoressa si decise a parlare e pronunciò ad alta voce quattro nomi, tra i ventuno elencati nel registro della classe prima, sezione E. I quattro studenti che erano stati nominati sbiancarono in volto ma, senza dire una parola, si alzarono e, come automi, si sistemarono accanto alla cattedra in attesa di essere interrogati.

    Il resto della classe tirò un sospiro di sollievo e tutti si sentirono liberi di tornare a respirare.

    E così Olmo ne approfittò per sporgersi verso la sua compagna di banco e sussurrarle: - S-sei stata tu a fare quel rumore, prima. V-vero?

    Lilia lo guardò scuotendo leggermente la testa: - E hai il coraggio di chiamarlo rumore? Stavo semplicemente sfogliando un libro...

    Olmo arricciò il naso lentigginoso, con fare sospettoso: - Ah, sì? E c-che libro?

    - Il libro di geografia – cercò di concludere rapidamente la ragazza – Ripassavo solo la lezione. In caso mi avesse interrogato la professoressa, sai...

    L’altro strinse gli occhi: - N-non mi convinci affatto. Ti ho vista p-perfettamente: stavi trafficando sotto il banco con qualcosa che non somigliava p-per niente al libro di geografia...

    - Uffa! – fece Lilia – Se mi hai vista, perché non la smetti di farmi domande?

    Olmo guardò sotto il banco e vide che la sua compagna stringeva ancora tra le mani un libro piccolo come un quadernetto ma spesso come un dizionario. Sulla copertina, in pelle rossa, non era scritto alcun titolo, ma la figura stilizzata di un uomo con indosso un elmo era incisa in rilievo.

    - L-lo sapevo! – disse il ragazzo, in tono di rimprovero – Hai portato a scuola il Manuale! L-lo sai che i nostri t-tutores non vogliono che lo portiamo!

    Lilia si portò un dito alle labbra: - Ssst... Non vorrai che qualcuno ti senta! Su, tranquillo, adesso lo rimetto nello zaino, vedi? Ecco fatto, adesso il Manuale è nello zaino. Contento?

    Olmo sospirò: far parte dell’Associazione dei Domatori richiedeva a tutti i membri, e soprattutto a quelli più giovani, di essere attenti e responsabili. I Nondoma (abbreviazione di non-Domatori, ossia tutte le persone che non sapevano domare le Creature e che la maggior parte delle volte nemmeno potevano vederle) non conoscevano l’esistenza dell’Associazione e nemmeno sospettavano quella delle Creature. Che cosa sarebbe successo se, ad esempio, una Nondoma come la professoressa di storia e geografia avesse improvvisamente scoperto che Olmo e Lilia erano degli apprendisti Domatori e che la piccola palestra di fronte alla scuola – la palestra Pancrazio – era in realtà la sede segreta dell’Associazione?

    Soltanto al pensiero, Olmo rabbrividì.

    Il ragazzo apparteneva ad una famiglia di Domatori dalla lunga tradizione; sua madre e suo padre ormai non praticavano più, perché avere a che fare con le Creature e, contemporaneamente, occuparsi della famiglia e del lavoro non era cosa facile; tuttavia da giovani erano stati una perfetta coppia Evocatrice-Addestratore, si erano innamorati, si erano sposati e avevano instillato nei due figli – Olmo aveva una sorella più grande – l’amore per le Creature.

    Se tu avrai rispetto per una Creatura soleva dirgli suo padre la Creatura ne avrà per te.

    L’uomo gli aveva trasmesso i suoi insegnamenti di esperto Domatore e il ragazzo nutriva il segreto desiderio – be’, forse non tanto segreto – di diventare proprio come lui.

    Ma c’era un’altra cosa che suo padre gli aveva insegnato: fare attenzione ai Nondoma. I non-Domatori non avevano l’abilità necessaria per avere a che fare con le Creature e per questo: - Dovrai sempre preoccuparti di non coinvolgere mai i Nondoma durante i tuoi addestramenti, mio caro Olmo – lo aveva ammonito un giorno l’uomo – Perché potrebbero costituire un pericolo per te ma, soprattutto, per se stessi. Siamo intesi?

    Olmo aveva annuito, ma ogni volta che ricordava il tono grave con cui il padre gli aveva parlato, la pelle delle braccia gli si accapponava e la schiena gli veniva attraversata da un brivido di freddo.

    Eh, già... Essere un apprendista Domatore non era affatto semplice: c’erano un mucchio di cose a cui fare attenzione, un mucchio di regole che non bisognava assolutamente infrangere, un mucchio di esercizi da svolgere... E poi gli allenamenti...

    Ah, gli allenamenti! Croce e delizia di ogni Domatore! Costavano molta fatica, ma alla fine quante soddisfazioni!

    Certo, un giovane apprendista era costantemente sotto pressione: doveva fare tutto avendo cura di non essere mai scoperto dai non-Domatori e per di più c’era la scuola, c’erano i compiti da fare, c’era...

    - Olmo, ma che fai, sogni a occhi aperti? – Lilia gli aveva assestato una gomitata nelle costole, e neppure troppo delicatamente. La voce della compagna di banco – e la gomitata – aveva interrotto il filo dei suoi pensieri, riportandolo alla realtà.

    - C-che c’è?

    Lei indicò con il mento in direzione della professoressa e mormorò: - Stava guardando dalla nostra parte. Chissà, magari ci farà qualche domandina dal posto.

    La professoressa aveva una specie di radar naturale per captare le preoccupazioni degli alunni, che spesso scambiava per preoccupazioni che riguardavano le sue lezioni. Così a volte interrompeva le interrogazioni, o le spiegazioni, secondo i casi, e faceva qualche domanda dal posto per sondare il terreno.

    E non ci volle molto che l’insegnante, difatti, si interrompesse e rivolgesse a Olmo le terrificanti parole: - Allora, Olmo, ti vedo con l’aria un po’ smarrita. Forse non ti è chiaro il concetto espresso dal tuo compagno? Vorresti ripeterlo, per favore, con parole tue?

    Quando la professoressa si era interrotta e l’aveva guardato, Olmo si era come pietrificato. Il suo corpo si era irrigidito e i suoi occhi erano diventati tondi tondi, come quelli di un piccione.

    Non aveva seguito una sola parola dell’interrogazione! Di quale concetto stava parlando, la professoressa?

    - Ehm... – cominciò – Ehm...

    - Ehm? – gli fece eco l’insegnante, poggiando i gomiti sulla cattedra e protendendo un poco il busto verso di lui.

    Ma quella tremenda situazione ebbe fine con il suono della campanella.

    La professoressa si dimenticò all’istante di Olmo e dei suoi tentennamenti, rimandò ai loro posti i ragazzi che aveva interrogato e chiuse il registro cinguettando: - È incredibile come voli il tempo quando si fa qualcosa di piacevole!

    Raccolse tutte le sue cose e sorrise nuovamente: - Arrivederci, ragazzi. Alla prossima!

    Gli studenti si alzarono tutti in piedi, mentre l’insegnante usciva dall’aula, e Olmo e Lilia si scambiarono uno sguardo carico di complicità.

    - M-meno male... – disse il ragazzo, con un sospiro di sollievo – È andata bene.

    - Già – fece Lilia, tirando fuori dallo zaino, con noncuranza, il libro ed il quaderno di matematica e...

    - Lilia! – esclamò Olmo, così bruscamente che la ragazza sussultò.

    - Che ti prende?

    - L-Lilia, non c-ci credo! Ci stai provando di nuovo!

    Lei assunse un’espressione sorniona: - Provando a fare cosa? Non capisco...

    - Il Manuale! L’ho visto! Lo tieni tra il libro e il quaderno di matematica! L’hai ritirato fuori!

    - Ma insomma, vuoi abbassare la voce? Che problema c’è, se lo sfoglio ogni tanto? Chi vuoi che se ne accorga?

    - Il professore di matematica, ad esempio...

    - Ma se non è ancora entrato in classe!

    - A-allora qualche compagno!

    Lilia abbassò lo sguardo sul Manuale del giovane Domatore che teneva aperto sulle ginocchia: - Non essere paranoico.

    Dopo l’incidente con la Creatura Cunina, Pico Marzio mi ha dato un sacco di roba da studiare. Tra gli allenamenti e i compiti di scuola, dove credi che possa trovare il tempo per fare dello studio in più? Per questo devo approfittare di ogni ritaglio di tempo che la giornata mi offre...

    Olmo preferì non ribattere: definire incidente ciò che era successo con la Creatura Cunina era una leggerezza. Lilia era stata tanto sventata da provare a evocare e addestrare una Creatura, tutta da sola!

    Chissà dove aveva la testa, quella ragazza? Lo sapevano tutti – tutti i Domatori, ovviamente – che evocare e addestrare erano compiti che dovevano dividersi un Evocatore e un Addestratore: non si poteva fare tutto da sé!

    - Senti, Lilia...

    Lei continuava a tenere lo sguardo basso sul Manuale: - Mm?

    - Sei preoccupata per l’esame?

    Finalmente la ragazza lo guardò: - L’esame per prendere il patentino di Addestratrice? Be’, un po’.

    Poi si lasciò sfuggire un piccolo sospiro: - No... Non è vero... Sono molto preoccupata...

    Olmo le sorrise e, mentre entrava in classe l’insegnante di matematica, le strinse brevemente un braccio, come a volerla incoraggiare, e poi le chiuse il Manuale.

    In realtà Lilia aveva già avuto un patentino che, dopo il superamento del relativo esame, le era stato rilasciato dall’Associazione dei Domatori circa un paio di anni prima. Tutti gli apprendisti, infatti, potevano sostenere l’esame per il patentino tra i nove e i dieci anni di età.

    Il patentino che Lilia aveva conseguito era un patentino da apprendista Evocatrice e questo significava che, dopo un ciclo quinquennale di studi, la ragazza si era specializzata nell’evocazione delle Creature e avrebbe cominciato l’apprendistato. Era scritto proprio lì, sul patentino! La parola EVOCATRICE era stata stampata in caratteri dorati, accanto alla sua foto con il timbro dell’Associazione, firmato da lei e controfirmato dal suo tutor (il suo insegnante personale, la sua guida spirituale, insomma, il suo tutor), Pico Marzio.

    Le era stato anche assegnato, come partner di studio e di pratica, un Addestratore di nome Iulo, di due anni più grande di lei.

    Lilia si era sentita così orgogliosa di essere diventata un’Evocatrice! Il suo era un ruolo di grande respon-sabilità.

    Certo... anche il ruolo di Addestratore era estremamente delicato perché una Creatura poteva sfuggire al controllo dell’Addestratore da un momento all’altro e l’Evocatore, se si verificava un fenomeno del genere, poteva fare ben poco, dato che aveva già consumato tutte le energie durante il rito dell’evocazione.

    Tuttavia, stava a un bravo Evocatore riuscire a chiamare nel mondo degli esseri umani la Creatura giusta per ogni necessità. Se si sbagliava la scelta della Creatura, un Addestratore, per quanto bravo, non avrebbe mai potuto raggiungere l’obiettivo prefissato nel migliore dei modi.

    Inoltre, quanto più un Evocatore aveva energia, tanto più poteva evocare una Creatura potente.

    Che sensazione meravigliosa doveva essere evocare una Creatura di quarto o quinto grado!

    E poi il rito dell’evocazione era davvero spettacolare: non c’era niente di più bello da guardare! Tutti gli Evocatori e le Evocatrici avevano un fascino particolare, per questo tale ruolo era ambito soprattutto dalle ragazze...

    Ma… pazienza! Evidentemente essere ammirata durante il rito dell’evocazione non faceva parte del destino di Lilia.

    Non era passato molto tempo dal conseguimento del patentino da Evocatrice, infatti, che la ragazza aveva cominciato ad avvertire i primi problemi: un po’ di debolezza, qualche vuoto di memoria. All’inizio non ne aveva fatto parola con nessuno, né con i suoi genitori, né con Iulo, neppure con Pico Marzio.

    I giorni e i mesi erano trascorsi, lei aveva evocato Creature per tutto il tempo ed era diventata sempre più stanca e sempre più apatica. A quel punto le era stato difficile continuare a nasconderlo a chi le stava intorno. Dopo ogni evocazione si tratteneva nella palestra Pancrazio sempre di più, per darsi un po’ di tempo per recuperare le forze, a scuola sempre più spesso si addormentava sul banco durante le lezioni o aveva pericolosi buchi di memoria durante le interrogazioni, così il suo profitto scolastico – Lilia aveva iniziato a frequentare la prima media - aveva cominciato a calare.

    I suoi genitori e Pico Marzio avevano capito e avevano cercato di correre ai ripari: il patentino di Evocatrice le era stato ritirato e l’ingresso all’Associazione le era stato vietato fino a data da destinare.

    Ma era stato troppo tardi: ormai Lilia non aveva più forze. Le Creature che aveva sempre evocato le erano costate troppi sforzi.

    Si era dovuta ritirare da scuola e aveva perso l’anno, per questo, nel settembre successivo, si era ritrovata in classe con Olmo, di un anno più piccolo di lei.

    Nel frattempo si era ripresa perfettamente e, su consiglio di Pico Marzio, aveva cominciato a prepararsi per sostenere l’esame per conseguire il patentino da Addestratrice.

    Sarebbe stato quello il suo ruolo, le aveva spiegato il tutor, e, se fosse stata accorta e si fosse attenuta alle regole, non avrebbe corso più alcun rischio di rimanere senza energie.

    E poi c’era stato l’episodio della Creatura Cunina...

    Che cosa aveva voluto dimostrare, tentando di evocare e addestrare, da sola, quella Creatura?

    Forse che la nuova Lilia era più forte della vecchia? Due volte più forte?

    Certamente, era stata un’azione sconsiderata e meno male che la dea Cunina le aveva fatto soltanto il brutto scherzo di trasformarla in una poppante! A Pico Marzio era bastato poco per invertire il processo e farla tornare alle sue sembianze naturali, però si era talmente arrabbiato che l’aveva caricata di compiti in più, minacciandola di controllare personalmente se tutto quello che le aveva assegnato fosse stato svolto correttamente.

    Ecco com’era andata, la storia della Creatura Cunina.

    Al suono della campanella della ricreazione, Olmo chiuse libri e quaderni e si alzò dopo aver preso la merenda dallo zaino; poi seguì i suoi compagni fuori dalla classe, mentre l’insegnante d’inglese li esortava a lasciare presto l’aula in maniera tale che potesse chiudere la porta senza lasciare nessuno dentro.

    I ragazzi si ritrovarono fuori nei corridoi, insieme agli studenti delle altre classi, che si erano riuniti in gruppetti eterogenei per età, ma non per sesso: le ragazze se ne stavano per conto loro, rigorosamente separate dai ragazzi, e questi ultimi non sembravano soffrirne affatto. Questo era il loro mondo, dove le divisioni di un certo tipo apparivano così normali che qualcosa di diverso sarebbe risultato quasi inappropriato.

    Anche Olmo, abituato a passare buona parte del suo tempo extrascolastico in compagnia di Febe, la sua compagna Evocatrice, sprofondava piacevolmente, durante l’intervallo, in quel mondo dove regnavano cameratismo e solidarietà tra maschi.

    Così, quando incrociò per caso Febe che cercava Lilia, la salutò appena e si lanciò all’inseguimento di alcuni compagni di classe che, nonostante gli ammonimenti degli insegnanti di turno per la sorveglianza durante l’intervallo, correvano indisturbati e cozzavano gli uni contro gli altri come tante autoscontro impazzite.

    Quando suonò la campanella che annunciava la fine dell’intervallo, Olmo si precipitò in bagno a bere; aveva una certa fretta, perché il professore di educazione artistica non amava particolarmente i ritardatari, ma sembrava che in bagno ci fosse un certo movimento di ragazzi che avevano avuto la sua stessa idea.

    In fila davanti ai lavandini c’erano, a parte qualche studente suo coetaneo, parecchi ragazzi più grandi, quasi sicuramente dell’ultimo anno, che però davano l’impressione di stare lì più per il desiderio di attardarsi a fare due chiacchiere, che per la necessità di bagnarsi la gola.

    Eppure, quando il ragazzo cercò di farsi strada per arrivare all’agognato rubinetto, gli altri gli impedirono di passare, ributtandolo indietro con una semplice spallata. Rispetto a loro, Olmo sembrava uno studente delle elementari – probabilmente di quarta, o terza! Pensò lui con disappunto.

    E, così, stava quasi per rinunciare quando d’improvviso un ragazzo che gli stava davanti si girò a guardarlo con occhi indolenti, le mani nelle larghe tasche dei jeans.

    Ma che ha da fissare, quello? pensò Olmo, sempre più irritato.

    Lo sguardo dell’altro si era soffermato sul suo braccio sinistro e il ragazzo lo nascose d’istinto dietro la schiena, poi, dato che il tempo utile per rientrare in classe senza essere sgridato dal professore di educazione artistica era ormai finito, mormorò qualcosa tra i denti e si affrettò a lasciare i bagni con la gola più secca di quando c’era entrato.

    Una volta in classe, dove il professore era mira-colosamente entrato qualche secondo dopo di lui, poggiò il braccio sinistro sul banco e vide che la polsiera di spugna, su cui era ricamato il logo della palestra Pancrazio, spuntava da sotto la manica della felpa: che il tizio nei bagni si fosse messo a fissare proprio la polsiera?

    Olmo si strinse nelle spalle: non aveva mai notato prima quel ragazzo, probabilmente la sua classe si trovava a uno dei piani superiori e lui era sgattaiolato giù durante la ricreazione, eludendo la sorveglianza dei professori.

    Olmo si sorprese a guardare con attenzione il logo della Pancrazio che spiccava nel centro della polsiera: due P maiuscole incrociate come bandiere, le cui stanghette formavano una V rovesciata. Le P incrociate stavano a significare Palestra Pancrazio ma il logo poteva essere letto anche in altro modo. Nel centro della V rovesciata c’era infatti un trattino ondulato che poteva benissimo trasformarla in una A: la A di Associazione.

    E le parti alte delle P incrociate potevano essere interpretate come due D maiuscole e speculari: D come Domatore. Ne erano due per indicare che i Domatori agivano sempre in coppia come Evocatori e Addestratori.

    Ecco quindi come il logo della palestra Pancrazio poteva trasformarsi in quello dell’Associazione dei Domatori di Creature. Tutti gli apprendisti Domatori portavano quella polsiera. I Nondoma che frequentavano la palestra – che era una copertura per l’Associazione, ma era perfettamente funzionante e poteva vantare un buon numero di iscritti – ricevevano anch’essi la polsiera al momento dell’iscrizione, ma nel logo che vi era ricamato mancava il trattino ondulato nel centro della V rovesciata, che così non poteva trasformarsi in una A.

    Era per quel trattino che i membri dell’Associazione, anche se non si erano mai visti, potevano riconoscersi.

    Così nella mente di Olmo si fece strada un pensiero: che quel ragazzo fosse...

    Ma no, non poteva essere: nella scuola i pochi apprendisti Domatori presenti si conoscevano tutti...

    Una nuova gomitata nelle costole interruppe il flusso dei suoi pensieri.

    - Ahio! – fece il ragazzo, guardando Lilia con la fronte corrugata – V-vuoi piantarla?

    Lei aveva uno sguardo stranamente serio: - Il... Il Manuale...

    - Il M-Manuale cosa?

    - Nello zaino... non c’è più!

    - N-non c’è più? S-scherzi?

    Ma Lilia non scherzava affatto. Era rientrata per prima in classe, al termine della ricreazione, e durante l’intervallo l’aula era rimasta chiusa. Chi poteva essersi introdotto furtivamente per puntare dritto al Manuale che si trovava nello zaino della ragazza?

    Ecco. Tutti i peggiori timori di Olmo sembravano sul punto di avverarsi: qualcuno aveva scoperto il loro segreto!

    D’improvviso il professore di educazione artistica si materializzò vicino al suo banco: - Allora, voi due! Lavorate o no?

    Olmo e Lilia tirarono fuori gli album da disegno e i pastelli e cominciarono a colorare in silenzio un disegno che avevano fatto in classe la volta precedente, ma erano nervosi per via della scomparsa del Manuale. Olmo, in particolare, era furioso con la compagna: sapeva che portare a scuola il Manuale del Domatore non era una buona idea! Che avrebbero detto i tutores?

    La sua mano si muoveva avanti e indietro sul foglio, stringendo tanto forte il pastello da farsi sbiancare le nocche. E, d’improvviso, ebbe una sorta di illumi-nazione: ripensò al ragazzo che l’aveva fissato con insistenza in bagno e fu sicuro che oggetto del suo interesse fosse stata proprio la polsiera con il logo dell’Associazione. Quel tipo era sceso al piano inferiore con uno scopo ben preciso che non doveva entrarci granché con il bagno! C’erano i bagni anche ai piani di sopra, e di certo non erano più frequentati di quelli del primo piano! La scomparsa del Manuale... non poteva essere una coincidenza!

    Allora a Olmo venne un’idea: - A-adesso vado a cercare il M-Manuale... – mormorò a Lilia.

    Lei lo guardò di sottecchi: - Vai a cercarlo?

    - Ho b-bisogno dell’aiuto di F-Febe, però...

    - Che hai intenzione di fare?

    - È f-facile da capire...

    La ragazza non rispose e Olmo alzò la mano per attirare l’attenzione del professore di educazione artistica: - P-professore, posso andare in bagno?

    L’uomo gli lanciò un’occhiata torva, ma poi acconsentì: - Vai, vai...

    Olmo si alzò e uscì dall’aula. Attraversò il corridoio, girò attorno a un pilastro di cemento e, dopo essersi fatto coraggio, bussò alla porta della classe di Febe e infilò timidamente la testa dentro.

    - B-buongiorno – disse al professore seduto in cattedra.

    - Sì? – fece lui – Hai bisogno di qualcosa?

    Olmo deglutì: - Sì. D-di F-Febe. Può uscire, p-per favore?

    Il professore fece un cenno con la mano verso Febe e tornò alla sua lezione. Era stato incredibilmente facile.

    Quando la ragazza si chiuse la porta dell’aula alle spalle, guardò Olmo con aria interrogativa.

    Lui le espose subito il problema e Febe annuì con un’espressione seria: - Ho capito dove vuoi arrivare, Olmo. Perfettamente! Evocherò la Creatura più giusta per questa emergenza!

    Olmo e Febe, Addestratore ed Evocatrice, si allenavano insieme da qualche anno e avevano già raggiunto un’intesa quasi perfetta. Non sempre, ma molto spesso, riuscivano a capirsi senza parlare in maniera esplicita e questo era

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