Emmie la telepatica - Libro 4 - Sii forte: Emmie la telepatica, #4
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Info su questo ebook
Emmie deve affrontare la più grande sfida della sua vita quando capisce che i suoi amici sono intrappolati nell'edificio in fiamme di fronte a lei. Emmie la telepatica- Libro 4: Sii forte cprosegue le avventure di una ragazza che può leggere nel pensiero ma che scopre che il suo potere qualche volta può essere un problema oltre ad un aiuto. Riuscirà a salvare i suoi mici dalle altre sfide che li attendono? Chi è il responsabile di quel crimine e cosa c'entra Ryan, il ragazzo strano e ossessionato che vive alla fine della strada? Sii forte è un altro libro della serie Emmie La telepatica che non riuscirete a smettere di leggere. È un mix perfetto di emozioni, dramma, azione, romanticismo e amicizia che le ragazze dai 9 - ai 12 anni ameranno!
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Anteprima del libro
Emmie la telepatica - Libro 4 - Sii forte - Katrina Kahler
Libro 4
Sii forte
Tradotto da Michela Dall’Igna
La Fuga...
Le fiamme si alzavano sempre più in alto e il fuoco guadagnò potenza. Potevo sentire il calore rovente da dove stavo in mezzo alla strada. Sopraffatta dallo shock, non avevo la forza di muovermi. Sicuramente l’immagine di fronte a me non poteva essere reale. Mi sarei svegliata da un momento all’altro da quest’incubo terrificante e avrei realizzato con grande sollievo che era stato solamente un brutto, bruttissimo sogno.
Ma poi il suono delle sirene spiegate in lontananza e le urla del signor Jansen mentre correva verso l’edificio in fiamme mi scosse dal mio sogno ad occhi aperti.
I miei piedi si mossero di testa loro e lo seguii, incurante della mia stessa sicurezza. I miei amici erano là dentro e avevano bisogno di aiuto!
Il sig. Jansen spinse la porta d’ingresso, che non si mosse. Ci si buttò contro con tutto il peso del corpo, ma rimase chiusa. Urlandomi di stare indietro, calciò con tutta la sua forza e costrinse la porta a spalancarsi.
Il fumo uscì dall’ingresso ormai aperto e vidi le fiamme che si propagavano sulle pareti e sul pavimento verso il retro della stanza. Urlandomi ancora una volta di stare indietro, il sig. Jansen sparì all’interno, dove il fumo era denso, e lo persi subito di vista.
Il cuore continuava a pomparmi nel petto. Il suono lamentoso delle sirene si stava avvicinando ma non potevo stare ferma ad aspettare. Ero troppo in ansia, troppo impaziente di vedere i soccorsi arrivare, per stare lì senza fare niente. E senza pensarci un attimo mi precipitai dentro la stanza.
L’edificio era così pieno di fumo che era difficile vedere e faticoso respirare. Il sig. Jansen si era diretto verso il retro dell’edificio. Quello era il luogo in cui avevamo lasciato tutti e quindi era logico iniziare da lì. Aveva senso guardare lì, per prima cosa. Speravo fossero riusciti a scappare dalla porta sul retro, ma per una ragione che non riuscivo a spiegarmi, mi sentivo trascinare verso le scale e il piano superiore.
La voce nella mia testa era insistente e senza sosta, Su per le scale, Emmie! Sali le scale!"
Guardando il corrimano incendiato, potevo vedere che le fiamme stavano prendendo il sopravvento. Esitando per un secondo, inspirai nervosamente prima di salire le scale due alla volta. Sapevo che non c’era un momento da perdere e, se volevo aiutare i miei amici, dovevo proseguire velocemente. Mi ero già fidata del mio intuito in passato e, finora, non mi aveva mai tradito. Speravo solo che questa volta non facesse eccezione.
Mentre tossivo e sputacchiavo a causa del fumo che si muoveva riempiendo la stanza, mi ricordai dell’esercitazione che avevamo fatto a scuola e le parole del vigile del fuoco che aveva tenuto il discorso a quel tempo.
In caso di incendio, state bassi. È molto più facile respirare. Mi ricordai di lui che ci spiegava che il calore e il fumo vanno sempre verso l’alto in un incendio e che rimanere più in basso possibile avrebbe dato le migliori possibilità di sopravvivenza. Le sue parole erano forti e chiare nella mia testa mentre procedevo a tentoni per le scale, facendo del mio meglio per stare vicina al muro ed evitare il corrimano in fiamme.
Quando raggiunsi il pianerottolo in cima alle scale, vidi che delle parti di muro erano state inghiottite dalle fiamme e sentivo il calore intenso che quel lato emanava. Scrutando velocemente la zona, notai un paio di porte chiuse che ovviamente portavano ad altre stanze. Non mi ero mai avventurata al secondo piano prima di allora. Quell’area dell’edificio era destinata agli uffici e al magazzino e non conoscevo bene la disposizione delle stanze.
Mi sentivo attirata verso le porte chiuse, ma ero comunque consapevole delle fiamme che sembravano abbracciare le pareti attorno a me. Nel momento in cui sentii delle grida soffocate di aiuto, ebbi la certezza di aver trovato i miei amici.
Afferrando senza pensarci la maniglia che teneva chiusa la porta di fronte a me, entrai subito in contatto con il metallo ustionante. Nonostante la mia mente avesse registrato il calore, l’adrenalina che mi scorreva in corpo era troppo forte. Infilai la mano sotto la maglietta e, imperterrita, provai un’altra volta, ma non riuscii comunque a toccare la maniglia.
Impaziente di entrare, calciai forte con il piede, imitando ciò che il sig. Jansen aveva fatto poco prima. La porta vibrò un po’ ma non si mosse e così, con un impeto di forza che non sapevo di avere, calciai ancora e ancora, sentendo le schegge di legno sotto il piede.
Improvvisamente il chiavistello cedette e la porta si aprì verso l’interno e nello stesso istante un’ondata di fiamme si avventò verso di me.
Balzando indietro velocemente, sbriciai dentro e intravidi le facce dei miei amici tra il fumo denso. Sembrava che il fuoco si fosse impadronito della porta. Notando un lampo di terrore nel volto di Millie, sentii lo stomaco contrarsi dalla paura.
Poi, come se un miracolo stesse avendo luogo proprio di fronte a me, le fiamme che bloccavano la loro uscita sembrarono dissiparsi e l’area si liberò. Prendendo il comando Blake, che aveva preso con fare deciso la mano di Julia, scattò in avanti e chiamò gli altri affinché lo seguissero.
Senza tempo da perdere, mi voltai e mi feci strada da dove ero venuta. Era puro istinto quello che mi aveva condotto fino alle scale. In quel momento le pareti erano troppo roventi per essere toccate e le fiamme divampavano attorno a noi. Ma miracolosamente riuscimmo tutti a farci strada giù per le scale in fiamme e fino all’ingresso, dove ci affrettammo verso la salvezza.
Ancora una volta ero sicura che mio padre fosse stato lì a guidarmi, che fosse sua la voce tranquillizzante che mi aveva dato il coraggio di avventurarmi all’interno dell’edificio in fiamme. E, quando raggiungemmo l’aria aperta all’esterno e ci ritrovammo faccia a faccia con i volti preoccupati di vari vigili del fuoco che sembravano essere appena arrivati, dissi una silenziosa preghiera di ringraziamento.
Sentii che una coperta mi veniva avvolta attorno alle spalle e fui accompagnata ad un’ambulanza in attesa. Sopraffatta da un sollievo immenso, inspirai più volte profondamente cercando di calmare il battito agitato del mio cuore. Ma quel sollievo sparì in un baleno, non appena notai un volto indesiderato ma familiare tra la folla di curiosi spettatori che accerchiavano l’area.
Quegli occhi scuri e penetranti che spiccavano tra i volti preoccupati avevano subito attirato la mia attenzione. Ero certa fossero i suoi occhi, gli occhi del ragazzo malvagio che viveva alla fine della strada. Ma quando guardai di nuovo, sembrò essersi volatilizzato, e anche se lo cercai molto attentamente, non trovai alcun segno della sua presenza.
Forse l’avevo immaginato. O forse non era affatto lui. Ma quella fastidiosa sensazione che avevo imparato a riconoscere e capire così bene stava lentamente strisciando dentro di me. Era una sensazione repentina, confusa, che mi avvolgeva lo stomaco e mi metteva a disagio ancora una volta.
Fissando tra la folla alla ricerca di quella sagoma indesiderata, sapevo che era nascosto