Amalfitani e città marinare di Puglia e Barletta: Dai Normanni al Vice-Regno Le Città del Regno secondo i Codici Diplomatici (Tavv. LIV)
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Info su questo ebook
L'Autore, fedele alle fonti, è comunque abile nel cogliere il sincretismo tra storiografia amalfitana e pugliese nel quadro delle relazioni mercantili e diplomatiche tra il Ducato e gli empori pugliesi. Analizzando gli scritti di Matteo Camera si evince come il "know how" amalfitano in fatto di mercatura e la cultura marinara sia stata fattore determinante per il commercio in Puglia ma anche per l'amministrazione di una giustizia "specializzata" per le controversie in materia.
Palmitessa coglie l'importanza ed il valore strategico dei porti e la loro amministrazione attraverso i "magistri portulani" inseriti nel quadro di potenziamento infrastrutturale e di indirizzo strategico degli scali dall'" ordinatio novorum portuum" del 1239 di Federico II.
In conclusione, la lettura del volume contribuisce sensibilmente a colmare lacune storiografiche in tema di istituzioni regie di "governance" portuale che sono alla base della fioritura delle identità marinare.
Alfonso Mignone
(Presidente - International Propeller Club Port of Salerno)
Nicola Palmitessa, laureato in scienze politiche (Università di Bari), saggista e autore storico presso il Centro Studi: La Cittadella Innova,
vanta numerosi saggi e articoli su riviste e quotidiani, di carattere storico, economico, e religioso.
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Anteprima del libro
Amalfitani e città marinare di Puglia e Barletta - Nicola Palmitessa
Nicola Palmitessa
Amalfitani e città marinare di Puglia e Barletta
Dai Normanni al Vice-Regno Le Città del Regno secondo i Codici Diplomatici (Tavv. LIV)
The sky is the limit
ISBN: 9788893458368
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Indice
Prefazione
Prefazione
Introduzione
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Parte II
Capitolo VII
Capitolo VIII
Parte III
Capitolo IX
Capitolo X
Capitolo XI
Parte IV
Capitolo XII
Capitolo XIII
Capitolo XIV
Capitolo XV
Bibliografia delle opere citate
Ringraziamenti
Nella sua mano sono gli abissi della terra,
sono sue le vette dei monti.
Suo è il mare, è lui che l’ha fatto;
le sue mani hanno plasmato la terra.
(Sal 95, 4-5)
Davanti al trono vi era come un mare
Trasparente simile a cristallo
(Ap. 4,6)
Prefazione
Il volume di Palmitessa è frutto di una ricostruzione attenta delle dinamiche mercantili dei periodi storici in cui si snoda la narrazione di eventi che sono minuziosamente estrapolati dalla lettura del Codice Diplomatico Barlettano. Nell'arco temporale in cui si dipana l'esame delle fonti emerge chiaramente l’indiscutibile ruolo commerciale di Barletta, della " Civitas Marinara barolitana ", come ininterrotta sede del Regio Portulano di Puglia (XIII.XIX secolo).
L'Autore, fedele alle fonti, è comunque abile nel cogliere il sincretismo tra storiografia amalfitana e pugliese nel quadro delle relazioni mercantili e diplomatiche tra il Ducato e gli empori pugliesi. Analizzando gli scritti di Matteo Camera si evince come il know how
amalfitano in fatto di mercatura e la cultura marinara sia stata fattore determinante per il commercio in Puglia ma anche per l'amministrazione di una giustizia specializzata
per le controversie in materia.
Palmitessa coglie l'importanza ed il valore strategico dei porti e la loro amministrazione attraverso i magistri portulani
inseriti nel quadro di potenziamento infrastrutturale e di indirizzo strategico degli scali dall' ordinatio novorum portuum
del 1239 di Federico II.
In conclusione, la lettura del volume contribuisce sensibilmente a colmare lacune storiografiche in tema di istituzioni regie di governance
portuale che sono alla base della fioritura delle identità marinare.
Alfonso Mignone
(Presidente - International Propeller Club Port of Salerno)
Prefazione
In qualità di studiosa della Costiera Amalfitana, nonché rappresentante del Centro di Cultura e Storia Amalfitana, accolgo con grande piacere la pubblicazione dell’ultimo lavoro del dott. Nicola Palmitessa Amalfitani e città marinare di Puglia e di Barletta, nel quale sono approfonditi e ben evidenziati i significativi apporti dei cittadini provenienti dalla nostra area allo sviluppo ed al contributo dell’identità marinara – finora non totalmente rivelata – di Barletta.
Dopo Barletta: La città marinara per il regno e Un regno per le città marinare di Puglia, con questo nuovo volume Palmitessa sviluppa temi già affrontati nei precedenti studi ed arricchisce il panorama della conoscenza dell’importante ruolo rivestito dai centri costieri della Puglia, in particolare Barletta. Attingendo ai codici diplomatici di quest’ultima città e di Bari e ad altri carteggi di archivio, l’autore fa emergere la posizione assunta in maniera sempre più preminente da Barletta, a partire dall’età normanna, grazie proprio alla partecipazione degli amalfitani, i quali nella seconda metà del XII secolo intrapresero una consistente migrazione verso la regione, prediligendo Barletta, dove la presenza del porto, con la sua alta concentrazione di scambi, favorì l’istituzione delle maggiori magistrature preposte ai traffici marittimi.
La città divenne, quindi, sede del Regio Portolano di Puglia, ovverosia la figura delegata al controllo di tutta l’attività marinara del territorio. A ricoprire le cariche furono chiamati per lo più cittadini di Amalfi e degli altri paesi dell’antico Ducato, quali Scala e Ravello, che misero a frutto le competenze acquisite in secoli di viaggi per mare. Ed è nel supporto di questi uomini che l’autore identifica il ruolo prioritario di Barletta - unica città di Puglia non soggetta al dominio veneziano - nella quale individua un’entità parallela a quella dell’ex Repubblica del Tirreno.
L’esistenza della Colonia Amalfitana
, accolta, come viene ricordato, addirittura con la proposta di ampliamento delle mura urbane, inglobando il Borgo Santo Sepolcro, è nota fin dal passato: fu messa in risalto nel XIX secolo da Matteo Camera – il maggiore storico locale – ed è stata oggetto di numerosi approfondimenti ai nostri giorni, a riprova delle capacità imprenditoriali che fecero la fortuna di molte famiglie nel periodo del Ducato e nel successivo.
In questa sede, Palmitessa osserva il fenomeno dall’opposta sponda dell’Adriatico. Ritroviamo qui i cognomi ben noti della Costiera - Rufolo, della Marra, Frisari, Acconciagioco, etc. - ai quali vennero affidate le più importanti cariche del Regno: Portolani, secreti, protontini, in pratica delegati a sovrintendere a tutte le attività legate alla navigazione ed al commercio, che vedevano la Puglia in primo piano, per la sua posizione geografica di testa di ponte verso l’Oriente e per la ricchezza di merci disponibili, che transitavano dai suoi porti e specialmente da Barletta.
In conclusione, il volume costituisce un importante, ulteriore tassello nell’analisi dei rapporti tra l’ex Repubblica marinara e la Regione ed aggiunge novella luce alla storia inedita
della quale ci si interroga nel suo sottotitolo.
Maria Russo
(Centro di Cultura e Storia Amalfitana – Amalfi)
Introduzione
L’interrogativo - Barletta e le città marinare di Puglia, una storia inedita? - si mostra esplicativo per dovuta attenzione di unità di lettura sulla tradizione storiografica pugliese. Particolarmente frammentata, se non del tutto timida, sulle identità marinare di Trani e Barletta. Quali allora le ragioni di fondo effettivamente storiche e quali quelle storiografiche?
Questo lavoro è nato dal chiaro intento di osservare le città costiere pugliesi e la città marinara di Barletta - unica in Puglia, dopo quella bizantina di Trani - in relazione con il versante tirrenico della costa amalfitana.
Dopo le pubblicazioni di non poche monografie sulla identità marinara di Barletta (dai Normanni al Viceregno), ora questo tentativo si pone il problema di risalire alle origini effettivamente normanne, tassello mancante sulle identità marinare della città, anche di Barletta, le cui radici storiche dovrebbero risalire dal ducato di Puglia al regno di Sicilia in formazione.
D'altronde - secondo una certa tradizione storiografica ‘regionale’, le città marittime di Puglia - apparirebbero nel loro insieme, in senso non meglio definito. E cioè ora come ‘sistema unico’, e frammentato come di una improbabile regione ‘marinara’, nell’indistinto mare di alterne identità cittadine marinare: Una città militare, una città emporio, una città tutta bizantina, oppure tutta normanna; una città solo delle crociate, una città urbanisticamente compatta, una città estesa lungo la costa marittima, insomma di una non-città, ect. In altre parole, si sarebbe di fronte a città e regno idealmente privi delle dovute indagini sui regi e secreti magister portulanus e quindi, sulle proprie istituzioni fondanti delle città marinare. Perciò quello delle ex-repubbliche e città marinare del meridione italico (Amalfi e Trani, e non ancora Barletta), apparirebbe come un mito da confinare, nell’accessibile e irraggiungibile limbo del passato: ulteriore motivo per appiattire il tutto al presente, senza un possibile futuro.
Come unire storicamente e storiograficamente la storia marinara dei due versanti dell’Adriatico e del Tirreno amalfitano, di quell’unico Ducato di Puglia e regno in formazione? Se l’oggetto di indagine sarebbe quello dei secreti e regi portulani, quali letture per le successive periodizzazioni, da una dinastia all’altra? In questo contesto storico, quale ruolo avrebbero assunto le più importanti città del regno?
Sono questi alcuni interrogativi a cui abbiamo cercato di dare prime risposte. Considerato ora che storiografia amalfitana e quella pugliese ci confortano intorno a non poche significative vicende storiche del regno e delle singole città, lo sforzo su cui ruoterebbero origini e sviluppi dei magistri portulani e delle singole città (marinare e non) è stato quello di proporre un ritorno a spulciare i monumentali (per numero di pergamene) codici diplomatici barlettani. (vedi Parte I).
Questo metodo di approccio se ci aiuterebbe anche a superare i limiti della tradizionale storiografia, d’altro canto la bibliografia più recente riscontra significativi approcci storico-istituzionali ( magistri Portulani, etc.), valorizzando una certa tradizione storiografica locale (già attenta a tali identità, S. Santeramo, S. Loffredo), sulle identità marinare come quella di Barletta.
Se i lavori di Salvatore Santeramo, come vedremo, sono stati di carattere istituzionale (il regio Magistro Portulano, etc.), quelli del Loffredo, auspicavano possibili riscontri di presenze amalfitane in Puglia anche nel lontano periodo normanno. Perciò, le uniche fonti possibili, ancora una volta - intorno al lontano e originario radicamento normanno in Puglia e in Barletta -, sono date soltanto dallo studio sulla mole di Codici Diplomatici.
Ancor prima del venir meno delle ultime resistenze dei bizantini, per i normanni la città di Barletta si prefigurava già come tranquilla cittadina (alternativa a Trani) di una gravitazione della Puglia centro-settentrionale ove si sarebbero congiunti gli sforzi riformatori dati dalle Baronie nelle città di Canne, Monte Sant’Angelo, Montesacro, di Canosa dalla dubbia sede vescovile (voluta con Bari dai bizantini), etc.
Città con propri signori al comando, ma dotate anche di rispettive nuove sedi episcopali, alternative alla ambigua politica bizantina [1] . A beneficiare delle città-vescovili (che pullulano di milites, comites, vescovi, abbati e mercanti) e dotate di propri signori, saranno come rianimati importanti città come Salpi, Siponto. E più tardi Barletta, Trani, Bisceglie, Molfetta e Bari. (Parte III - Elencazione completa delle schede dai Codici Diplomatici e Periodizzazione delle dinastie).
Si tratta di una indagine storica volta, da una parte nel rintracciare i primi soggetti provenienti dalle città amalfitane in Puglia, ad es. quelli preposti anche al governo di autorità istituzionali, del secreto e regi Portulani, etc. (Parte III); dall’altra, computare tali autorità e città - secondo una precisa scansione di periodi storici - rilevate dalle numerose frequenze delle rispettive citazioni e quelle proprie dei Documenti fino a proporre, di fatto, singolari gerarchie di importanza tra le stesse città Non solo. Visto che i codici ci propongono una periodizzazione tra normanni, svevi e angioini, sarà possibile leggere una chiara dinamicità di specifici interessi tra loro in relazione e per ciascuna delle singole città. Ad esempio se le città marinare pugliesi, nella tradizione storiografica appaiono sostanzialmente statiche, da questo approccio si rendono dinamiche e mutevoli nel tempo storico. Al punto da intercettare (e identificare) i più importanti centri gravitazionali (centri urbani e civitas) - su cui confluiscono comuni e strategici interessi civili, religiosi e diplomatici.
Come aveva solo sospettato oltre un secolo fa Francesco Nitti (nel suo Vol. VIII del Codice Barese), in età normanna, oltre a Barletta, gli interessi di tutte le città costiere sono particolarmente investite dal centro di irradiazione della potente Badia di Montesacro e di Montesantangelo. Di contro, nel periodo svevo le frequenze dei documenti ci informano, in queste città, di interessi non senza controversie verso l’abate di Montesacro, il Vescovado di Canne etc. Un altro significativo aspetto, è dato da Barletta visto come centro di confluenze di complesse relazioni delle città pugliesi da e verso le città della Campania, Basilicata e Apulia (Parte IV).
In tale contesto, riemerge l’attenzione sul versante tirrenico amalfitano, cui la città di Amalfi, benché penalizzata dai normanni e quasi ignorata da Federico II, riuscirà a gestire con un certo slancio l’apparato istituzionale e città del regno.
[1] Che spesso preferiva di solito un ambiguo episcopato scisso per città lontane e differenti tra loro.
Capitolo I
Regio Portulano e la città marinara di Barletta (Dai normanni agli aragonesi)
Premessa
A partire dall’età normanna, aprire il nostro discorso sulle città marinare di Puglia - ricercando relazioni con Amalfi e le città della costa amalfitana -, senza una doverosa argomentazione sulla importanza dei regii Portulani, significherebbe elidere la stessa portata storica delle città marinare. Purtroppo nella nostra società contemporanea, pare sia sparita del tutto nel comune linguaggio, la definizione di Portulano e quindi di città marinara.
Alcune delle definizioni comuni a molti dizionari sono: Libro che descrive minutamente le coste e i mari di un determinato paese, i porti, le caratteristiche nautiche e meteorologiche, i fari e tutti i segnali in genere. Oppure: Chi guidava le navi nei porti; Chi nei porti sovrintendeva al traffico mercantile e ai dazi. E ancora: guardiano di un porto, incaricato di riscuotere dazi e controllare il traffico di merci.
Se in realtà osservassimo la definizione di una delle importanti città marinare, ad esempio Amalfi, il senso di significato muterebbe profondamente: città portuali italiane che a partire dal Medioevo godettero, grazie alle proprie attività marinare, di autonomia politica e di prosperità economica. E ancora: forme istituzionali comunali che traevano la loro forza economica e politica dal dominio delle vie commerciali marittime.
Spesso la storiografia (di ambito accademico), specialmente quella pugliese, non sempre avverte, nelle dotte argomentazioni storiche (sulle città portuali, marittime ed anche ‘marinare’), l’effettiva esistenza sulla dinamica e complessa identità istituzionale
del regii Portulani (riscontrata in quella amalfitana). E questo con tutte le implicazioni di senso (istituzionale e la stessa portata storica) che ne derivano, spesso sottovalutate.
Un conto è il portulano, di una qualunque città portuale, un altro è quello di istituzione regia. E la sua influenza - tra potere centrale e quello locale -, era sempre di ordine istituzionale anche se in funzione di un proprio ambito territoriale di pertinenza. Inoltre, quali le specifiche funzioni, il ruolo, gli interessi tra lo stato centrale e quello locale? Quali i raccordi organizzativi tra la città e i vasti ambiti costieri cointeressati?
Per essere più chiari, un’altra distinzione, fondamentale sarebbe questa: un conto è quella di un generico e semplice portulano di un piccolo e isolato porto, un’altra è quella di Magister portulano, cioè di capo, maestro, presidente etc.,
Chi erano i Magister Portulani
I magistri portulani erano gli ufficiali regi preposti alla gestione e al coordinamento dei porti in ampie circoscrizioni territoriali. Le loro funzioni furono definite più compiutamente nel 1240, nell'ambito di una generale ristrutturazione delle magistrature preposte all'amministrazione delle entrate regie. A Giovanni de Cioffo, maestro camerario a porta Roseti usque Farum era affidata la responsabilità dei porti abilitati al carico delle merci ricadenti nel suo distretto, e cioè quelli della Calabria, della Valle di Crati e della Terra Giordana, inclusi i due scali di Crotone e di Vibo, di recente istituzione ( Il registro della Cancelleria, 2002, p. 881).
Analogamente, Ugo de Lilla fu nominato magister portulanus per il nuovo distretto comprendente Puglia e Basilicata - in luogo dei precedenti magistri portuum, dei quali la documentazione dà testimonianza fino al 1239 per i porti pugliesi, nelle persone di Riccardo de Traiecto e Giovanni de Romaldicio - e Giovanni de Thermulis aveva assegnato il distretto d'Abruzzo.
Venivano anche istituiti un magister portulanus per il Principato e uno per la Terra di Lavoro. La situazione siciliana, preesistente alla riforma, vedeva la presenza di due magistri portulani, uno per la Sicilia ultra flumen Salsum, nella persona di Oberto Fallamonica, il potente secretus Panormi e allora secretus Siciliae, e uno per la Sicilia citra flumen Salsum, nella persona di Angelo Frisario.
Tuttavia, per l'isola, occorre rilevare che la presenza dei magistri portulani è anteriore rispetto alla parte continentale del Regno; Angelo Frisario, infatti, già nel 1239 è magister portulanus per la Sicilia citra e l'ufficio funziona già in maniera regolare.
In breve, la figura del magister portulanus si delinea quasi a margine al riassetto dell'amministrazione del Regno e tuttavia ha un'importanza strategica di primo piano. L'ufficio, infatti, pur non trovando alcuno spazio nella normativa generale contenuta nel Liber Augustalis, rappresenta la saldatura di un'operazione complessa avviata dallo Svevo soltanto un anno prima, con la Ordinatio novorum portuum per regnum ad extraenda victualia del 1239.
Con questa ordinanza il sovrano stabiliva che per cinque anni tutti i commerci di generi alimentari, e cerealicoli in particolare, potessero svolgersi esclusivamente in alcuni porti stabiliti, posti sotto la custodia di portulani regi; sulle merci esportate si sarebbe dovuto pagare lo ius exiturae, pari a un quinto del prodotto esportato per la Sicilia e la Puglia ‒ zone con maggiore abbondanza di victualia ‒ e a un settimo per Abruzzo, Terra di Lavoro, Principato, Calabria.
L'istituzione di - un esasperato - regime di controllo e di tassazione per i generi alimentari esportati dal Regno, e in particolare per i prodotti cerealicoli, l'individuazione di porti regi (gli unici abilitati a