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Breve trattato di anatomia politica
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E-book185 pagine2 ore

Breve trattato di anatomia politica

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Info su questo ebook

Tommaso Gilardi è disoccupato e l’unico lavoro che riesce a trovare è in un obitorio. Il suo capo, il lituano Jonas Petrauskas, lo prende a benvolere e lo ospita dopo i turni di notte a casa sua dove la moglie Irena si presta a mondarlo dell’odore dolciastro della morte sotto la doccia. Un incidente avvicina l’apprendista becchino e la formosa matrona tanto che lei gli consiglia di leggere alcuni appunti di Jonas e lo mette in guardia contro la setta dei Vampiri, che ben presto verranno a reclamare il suo aiuto. Così è, infatti, e Tommaso si trova costretto a firmare, con il suo sangue, un contratto di prestazione d’opera assai singolare. Ma chi sono i Vampiri? E cosa li lega alle Creature di Luce primordiali, gli Arcangeli Vigilanti, che combattono per impedire al Male di trionfare e di precipitare l’umanità nel Nulla Assoluto? Appare sempre più evidente che sconfiggere i Vampiri e liberare la Terra dall’oppressione è la battaglia cruciale per potersi dedicare alla riconquista dell’Universo. Mentre la storia di Tommaso e di Irena si dipana sotto i loro occhi, sdoganando qualunque concezione temporale, risale dagli abissi della Storia la vicenda della giovane Ezechiela, strega bianca e guaritrice.
Fantasy e fantapolitica si incrociano e convivono in un romanzo che rifugge qualunque classificazione di genere. Possiamo esimerci dal sognare? Chi vuole abbracciare unicamente l’arida trattazione della politica e della cronaca dei telegiornali, senza immaginare con nostalgia un mondo diverso, magari follemente illogico, popolato da maghi, streghe, gnomi e mostri volanti? Un mondo così vicino ai pensieri che popolavano le nostre menti giovanili. Ma in fondo, siamo proprio sicuri che non sia questa la realtà?
LinguaItaliano
Data di uscita1 lug 2019
ISBN9788832924855
Breve trattato di anatomia politica

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    Anteprima del libro

    Breve trattato di anatomia politica - Franco Sorba

    efficace

    Prologo

    Come sezionare cadaveri e vivere fe-lice

    Ero disperatamente senza lavoro e il cartello cercasi personale di fronte all’edificio mi aveva incuriosito. Mi assunsero subito, perché ne avevano davvero necessità: il lituano Jonas Petrauskas non poteva fare tutto da solo, dopo le dimissioni di Manolo Banderas, un peruviano che lavorava con lui.

    Jonas mi insegnò cosa fare: non era un lavoro difficile, spesso avevo dovuto fare il muratore e sapevo utilizzare trapano e smerigliatrice flessibile, ma credo che pochissime persone nel mondo riescano a farci l’abitudine. Per mia fortuna, da ragazzo aiutavo mio padre in campagna: allevava conigli, galline, oche, anatre e capre. Quando era necessario, toglievamo la vita agli animali e la loro pelle, poi li tagliavamo a pezzi.

    In obitorio dovevamo trattare i cadaveri. Un lavoro come un altro, si potrebbe dire. Ma farlo è un’altra cosa. L’odore è la parte peggiore, odore di carne marcia sempre e ovunque, anche dentro il corpo, fa parte di me ormai. Pungente è invece l’odore del cervello. E poi ci sono i cadaveri di chi ha sofferto, i malati di cancro con le loro devastazioni cellulari, la sorpresa e lo sbigottimento sul volto di chi non si aspettava la morte. Ci sono dei corpi ridotti orrendamente dopo gli incidenti stradali, nudi, ustionati, con piaghe e necrosi ovunque, morti seduti e rimasti rigidi in questa posizione, gonfi perché annegati e bluastri. E quelli in avanzato stato di decomposizione, irriconoscibili perché aumentati di volume e che sembrano scoppiare, privi di peli e capelli. Con questi è necessario fare attenzione, per non infilare le mani dentro la pelle, nella carne marcescente. Sempre guanti, camice, mascherina, tutto il giorno o la notte.

    I cadaveri appesi a dei ganci erano lavati con una pompa. Se era necessaria l’autopsia, con la sega circolare o il trapano si operavano fori o tagli nello sterno e si portavano alla luce gli organi interni. Fegato, pancreas, polmoni, reni, stomaco, come erano diversi tra loro, piccoli, gonfi, violacei, cisposi, deformati, disgregati… L’acqua puliva tutto, ma non l’anima.

    Jonas Petrauskas era grossolano nel comportamento e anche nei movimenti del corpo, ma era di buon cuore e sapeva che non era facile cominciare. Abitavo in un monolocale fuori Torino e al mattino dovevo frequentare per un anno intero il corso da Operatore Socio Sanitario, previsto dalle norme. Per questo, spesso mi invitava a casa sua per dormire qualche ora e per mangiare qualcosa, dopo aver lavorato insieme tutta la notte.

    In realtà, non avevo nessuna necessità di cibo quando uscivamo dall’obitorio. Il mio stomaco reagiva con conati di vomito se entrava qualcosa in bocca. Nei polmoni avevo l’odore dolciastro della morte, ma anche la pelle, i capelli lo avevano appiccicato addosso.

    Appena entrati in casa sua, un elegante attico di via Marocchetti, a pochi passi dal luogo di lavoro, la moglie, Irena Petrauskienè, una donna robusta e formosa, ci accoglieva con una tazza di caffè forte e una doccia calda pronta, con l’acqua bollente che scorreva già in due dei tre bagni che avevano nell’appartamento.

    Era una bellissima casa moderna, con ogni confort tecnologico e una cucina di pregio. Alcuni mobili erano veri pezzi di antiquariato e nelle vetrinette vi erano ammassati argenterie e oggetti d’oro esposti senza grazia. L’arredamento, pur essendo privo di buon gusto, contrastava fortemente, con la personalità ancora più ottusa e limitata del lituano Jonas.

    Tu dici casa mia bella e io grosso animale? Io dico che non importa niente. Contano i soldi. E con il nostro lavoro ne guadagniamo tanti perché nessuno lo vuol fare, nemmeno i rumeni. Fa schifo a tutti, ma ti pagano bene, in pochi anni, di soldi ne metti da parte tanti.

    Irena Petrauskienè entrava nella doccia del marito per lavargli la schiena, poi indossava un accappatoio e veniva nella doccia dove ero io. Si toglieva l’indumento e, senza nulla addosso, con i suoi grossi seni ingombranti e i fianchi sodi ma abbondanti, entrava dentro al vetro e, sotto l’acqua, con una spugna ruvida insaponata, grattava via lo strato superficiale della pelle della schiena. Poi mi voltava dall’altro lato e mi levigava braccia e petto, per finire con le gambe, soffermandosi con particolare cura tra di esse. Il mio corpo, disgustato nell’interiore più profondo, per il lavoro notturno, non aveva alcuna reazione. Jonas Petrauskas apprezzava molto il trattamento e, essendo molto ospitale, insisteva che anche io ne beneficiassi.

    È imbarazzante per me, fare la doccia così.

    Non preoccupe, Tomas. Irena è solo una donna. Bella donna, no? Goditi doccia calda con donna dentro.

    Avevo dimenticato di dire che mi chiamo Tommaso Gilardi, Tomas per Jonas e gli amici che un tempo avevo.

    Jonas finì sotto un tir insieme ai suoi due amici più cari, Andrius Urbonas e Tomas Kazlauskas. Erano usciti da un locale di corso Moncalieri, completamente sbronzi. Al semaforo avevano atteso pazientemente che il verde diventasse rosso, poi avevano attraversato correndo. Il conducente del tir non se li aspettava davanti al mezzo, frenò ma tutti e tre rimasero incastrati sotto le ruote.

    Dopo un anno di lavoro ero diventato esperto e autonomo. Era il mio turno e me li portarono tutti e tre in obitorio per la ricomposizione. Fui sorpreso nel trovarmi di fronte il suo grosso corpo dilaniato dalle grosse ruote che lo avevano travolto.

    Piegai di quarantacinque gradi i lettini su cui avevano depositato i tre corpi privi di vita e con la pompa li lavai con l’acqua corrente, per togliere il sangue, ossa frantumate e organi interni spappolati. Non era necessaria l’autopsia, quindi non segai le ossa dello sterno, mi limitai a ricomporre i cadaveri ricucendo le parti di pelle smembrate.

    Terminato il turno andai velocemente nell’attico di via Marocchetti. Dovevo informare Irena, se ancora non sapeva dell’incidente.

    Era stata informata dai carabinieri, disse. C’era solo una doccia con l’acqua calda che scorreva. Mi aiutò a togliere i vestiti e sotto l’acqua grattò via il sapone, con i pensieri che avevo in testa.

    Mi diede da bere della vodka gelata con un piatto di affettati e formaggi. Poi mi prese per mano e mi condusse nella stanza da letto. Avevo la testa stordita per gli eventi e il liquore, ma volevo interrompere le intenzioni della donna.

    È meglio se vado a casa, stasera è morto Jonas.

    Vieni Tomas che devo parlare. È importante.

    Mi lasciai trascinare sul letto e schiacciare da quel suo corpo imponente e sontuoso. Quando lei fu soddisfatta, mi disse che, adesso che non c’era più Jonas, avrei dovuto occuparmi io dei Vampiri. La guardai incredulo. Poi dissi che avrei ascoltato con attenzione ciò che aveva da dirmi. Lei mi diede un foglio da leggere.

    Questo ha scoperto Jonas, poco per volta negli anni. Leggi senza parlare.

    Volume Primo. Origene incostante e permalosa

    Utilizzando capillarmente i primi sei capitoli della Bibbia

    Fu la luce in origine. Una discrepanza fu all’origine di tutto. Una diversità era apparsa all’interno dell’Essere Iniziale. Il bisogno di dividersi, di creare forme impreviste.

    Una luce inattesa esplose nel buio del nulla assoluto. Da un tempo infinito la luce stava maturando nell’oscurità. Ein-Sof è il termine presente nella Cabala ebraica che meglio esprime l’Entità Creatrice ora incommensurabile. Si può concepire semplicemente come Infinito, tradotto da Avicebron she-en lo tiklah, Uno Infinito, ma in realtà è, più precisamente, l’espressione di Dio prima della sua automanifestazione.

    Da un punto smisuratamente piccolo si originò il Tutto. Mediante la volontà lucidissima di Ein-Sof si produssero le energie e le materie, gli universi e le atmosfere. Nel freddo più estremo esplose di colpo il calore estremo che inondò l’universo in formazione.

    In principio, Ein-Sof, dall’energia iniziale creò lo spazio e il tempo, poi, in un secondo o in miliardi di anni, questo non possiamo saperlo anche se il tempo ora esisteva, generò l’atmosfera e la materia costitutiva che, caldissima, ruotava e bruciava su se stessa. Ein-Sof aveva riempito lo spazio con il tempo che ne era l’espressione matematica.

    La materia si trasformò: a energia e fuoco si affiancarono acqua e rocce, ma tutti gli universi assunsero forme inaspettate e poliedriche, non saremo mai in grado neppure di immaginare la complessità delle strutture che si erano formate e come si stavano evolvendo.

    Eppure mancava qualcosa: lo spazio era solcato da universi e il tempo ne scandiva le evoluzioni, ma era un mondo morto, perfetto, ma inutile. Privo di una ragione.

    Ein-Sof inventò la Vita per dare uno scopo alla sua Creazione. Sentiva nel suo interno la presenza di due entità e concepì che separandole avrebbe generato una forma ulteriore di energia compressa e accumulata e riunendole nuovamente l’avrebbe liberata, ma in quantità aumentata, per l’espressione della gioia e del piacere provati con il ritorno a una forma unica.

    Utilizzò gli amminoacidi e gli altri mattoni che aveva Egli Stesso creato. Divise gli atomi inserendo in essi la volontà e dando a loro una forma interna in catene lunghe ma infinitamente piccole. Riunendole, dopo averle separate, in modo disomogeneo, avvenne qualcosa che era inspiegabile: una materia inerte riuscì a replicarsi mediante uno strumento sorprendente e illogico, certamente non matematico. Quale straordinaria forza aveva immesso Ein-Sof nella molecola sterile per darle la capacità di moltiplicarsi all’infinito? Perché era stato fatto? Quali erano le vere e più profonde motivazioni di questa operazione? È impossibile per noi neppure immaginare anche una sola ipotesi.

    Se la Vita prese origine nel mondo vegetale, vi erano confini incerti, che fu possibile scavalcare, generando un altro mondo tutto da scoprire: il mondo animale. Il metodo riproduttivo era sempre lo stesso del mondo vegetale: si generavano nuovi individui che avrebbero col tempo sostituito quelli preesistenti con una procedura complessa, sembrerebbe quasi azzardata. Ma, incredibilmente, tutto funzionava alla perfezione.

    Poi decise di replicare Se Stesso, creando Esseri a sua immagine e somiglianza, gli Esseri di Energia, affinché potessero dominare sui vegetali e sugli animali che ora vivevano nel luogo dell’Origine di Tutto.

    Ogni cosa era perfetta, ma non era ancora sufficiente. La Vita prosperava nel luogo di Origine, ma il resto degli Universi era sterile. Ein-Sof, o ciò che di lui restava, poiché ogni operazione compiuta lo rendeva più evanescente, voleva estendere la Vita ovunque, in tutti gli universi. Messaggeri di Vita, muniti dei componenti necessari alla sua realizzazione furono lanciati in ogni direzione. Fu un atto dolorosamente caro in termini energetici. Ein-Sof stava esaurendo la propria Energia. Corpi rotondi composti da materia arricchita dei componenti della Vita erano stati inviati ovunque, mentre l’energia intelligente di Ein-Sof seguiva ognuno di essi.

    Eppure il Creatore volle di più. Volle, fortissimamente volle, che gli esseri di Luce ed Energia da Lui creati, seguissero e organizzassero i Suoi processi di Vita sparsi negli universi. Fu la Sua volontà terminale.

    Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra.

    E Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.

    Dio li benedisse e Dio disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra.

    Così dice il primo capitolo della Genesi, ed è la prima creazione.

    Ein-Sof, che era formato da luce ed energia, la distribuì negli Esseri di Luce che aveva generato ed erano Figli Suoi. Poi divise a metà le singole Entità che erano unità complete, separando la parte maschile da quella femminile. Unirle nuovamente avrebbe significato ricreare il Tutto, che si sarebbe annullato. La loro divisione disperse energia che fu indispensabile per l’evoluzione dell’Universo e la continuazione della Vita. La loro eventuale riunione avrebbe comportato il recupero energetico, prelevandolo dall’energia di fondo, ma in quel caso l’Universo avrebbe iniziato la propria involuzione e il ritorno al punto di origine.

    Queste furono le origini del cielo e della terra quando vennero create. Quando Ein-Sof completò l’opera Sua cessò ogni attività. E tacque per sempre. Alla Fine dei Tempi, tutto ciò che era stato creato sarebbe collassato e il Sovrano del tempo, Ein-Sof si sarebbe ricostituito, poco alla volta, seguendo il processo inverso, dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo.

    Il Dio che compare nella Bibbia e sui testi ebraici, è detto Elohim che è la forma plurale del termine El che invece vuol significare Dio al singolare. Può essere una forma di rispetto verso una singola divinità, una specie di pluralis maiestatis, ma potrebbe anche essere un riferimento alla presenza di più entità divine. Questa è un’imprecisione umana e l’uomo, per come lo intendiamo noi, era ancora lungi dal comparire. La Genesi che appare nella Bibbia, che è stata scritta probabilmente intorno al Tremila a. C., è imprecisa al riguardo e accavalla più Creazioni, che andremo a ridefinire nel prossimo libro. Probabilmente il testo biblico più attendibile è la traduzione letterale dell’ebraico masoretico contenuto nel Codice di Leningrado.

    Nel momento in cui Ein-Sof e la Sua energia furono dissolti, rimasero gli Esseri di Energia creati da Lui e divisi in parti con caratteristiche maschili e parti con caratteristiche femminili, vicine ma separate e sospinte dall’energia che le univa precedentemente in un’unica Entità. Essi erano in viaggio per portare i semi della Vita nell’Universo e avviarne lo sviluppo. La

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