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Non più lacrime, io sono la Nemesi
Non più lacrime, io sono la Nemesi
Non più lacrime, io sono la Nemesi
E-book188 pagine2 ore

Non più lacrime, io sono la Nemesi

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Info su questo ebook

Linda Carli, una donna mite, vede il suo mondo crollare e andare in pezzi dopo che viene licenziata. Nel periodo più oscuro e disperato, dopo aver tentato il suicidio, si trova ad un bivio, ed è obbligata ad una scelta: continuare a vivere come se nulla fosse successo, o cambiare. Linda sceglie di mutare, sia la sua vita che la sua stessa essenza, diventando quello che non avrebbe mai pensato di poter essere, una Nemesi. Con fredda determinazione, ricorrendo a modi, situazioni e individui differenti, farà giustizia nei confronti dei suoi nemici, ma al tempo stesso non permetterà che le tenebre le soffochino completamente l’Anima. Nonostante raggiunga gli obiettivi prefissati, non riuscirà però a dimenticare mai più quello che le è accaduto, sarà ormai una creatura diversa. La storia, narrata in prima persona, con il filtro della percezione delle emozioni e dei pensieri della protagonista, affronta il tema scottante della disoccupazione e ciò che ne deriva, la devastazione di un essere umano, che, con crudo realismo, constata nelle persone che la circondano l’indifferenza e l’egoismo spietato, ma anche la solidarietà e la generosità.
LinguaItaliano
Data di uscita23 lug 2019
ISBN9788831629959
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    Anteprima del libro

    Non più lacrime, io sono la Nemesi - Maddalena Cuscé

    inascoltato

    PREFAZIONE

    Lo spunto per scrivere questa storia è stato tratto da un episodio di vita reale.

    In questi anni si assiste troppo frequentemente alle innumerevoli rescissioni di contratti lavorativi. Certi imprenditori hanno approfittato della crisi globale - che indubbiamente ha falciato tante vittime in quasi tutti i settori – e sembra che, con conveniente opportunismo, ignorino l’asserzione che il lavoro è un diritto incontestabile, non un lusso irrilevante.

    La protagonista del romanzo, Linda Carli, dopo aver attraversato un periodo di estrema oscurità, ha due opzioni: dimenticare tutto e continuare il suo percorso, come se nulla fosse successo, oppure trasformarsi. Con un atto consapevole, Linda sceglie di cambiare la sua personalità e di fare giustizia su coloro che hanno deciso impunemente del suo destino. Ma prima, deve morire. Metaforicamente, certo.

    La donna intraprende una strada senza ritorno, per riuscire a ritrovare la pace che le è stata ingiustamente strappata.

    In un contesto meno estremo, se si cerca nel profondo del proprio animo il coraggio - perché di questo si tratta - di uscire dai soliti schemi, aprendo la mente, si scorgono altre straordinarie opportunità. Nella dissoluzione di ciò che siamo, esistono già i germogli di quello che diventeremo. Se vogliamo ricorrere ad un paradosso, si potrebbe dire che per creare bisogna distruggere. Gli avvenimenti negativi possono rivelarsi una fonte stupefacente di rinascita e di crescita.

    Eppure, spesso, i traumi psicologici rimangono nell’inconscio, silenziosi testimoni del disagio vissuto, difficili da cancellare. Da essi, derivano ansie, dipendenze, depressione, persino il suicidio. Se non si trova la forza di lavorare sulle ferite subìte, per arrivare alla guarigione, si è inesorabilmente sopraffatti dal potere di distruzione di queste piaghe dell’anima.

    L’argomento è oltremodo scottante. Purtroppo, in modo esponenziale, sono aumentati i suicidi causati dalla perdita occupazionale, e dalle conseguenti difficoltà economiche in cui ci si dibatte. Comunemente, si preferisce non evidenziare tali tristi episodi, in nome del rispetto per la privacy, un atteggiamento che, dal mio punto di vista, ritengo alquanto discutibile.

    Diversamente dalla parola, infatti, che costringerebbe ad una consapevolezza costruttiva, il silenzio contribuisce al rafforzamento dell’inerzia, nonché alla convinzione di poter convivere comodamente con la propria coscienza, limitando il cambiamento indispensabile.

    Confucio affermava che anche un viaggio di mille miglia comincia con un solo passo. 

    Spero che questo libro segni l’inizio di un cammino verso il Cambiamento e la Serenità, che scaturisce da un’esistenza migliore, mai privata della dignità.

    Maddalena Cuscé

    PROLOGO

    Il mio nome è Linda Carli.

    Questa è la mia storia, di una donna come tante, della fine di una situazione, di un modo di essere, della radicale dissoluzione di un’esistenza vissuta nelle certezze.

    È la storia della lunga, angosciosa presa di coscienza di me stessa, dei miei limiti, delle paure in parte nascoste e del loro doloroso sradicamento da una sedimentata e granitica sepoltura nel mio inconscio, della faticosa ricerca di me stessa, dei miei talenti, consapevoli e non, in un’altalena tra speranza e silenzioso baratro, di apertura al mondo e successivi, repentini allontanamenti da esso, di ascese e di cadute, di sogni, molto spesso spezzati, e delle dure lotte da me sostenute per la loro realizzazione.

    È la storia di una donna a cui è stato insegnato a vivere secondo i dettami della correttezza, che ha sofferto per questo, e, cedendo a un momento di estrema debolezza, è precipitata nella cupa voragine dello sconforto, tentando persino il suicidio. 

    È davvero terribile ritrovarsi, dopo tanti anni di realtà lavorativa, tagliata fuori da quella quotidianità, non perché sia stata colpevole di chissà quale mancanza, anzi, sono consapevole di essere stata all’altezza dei compiti che mi erano assegnati e ritengo di aver fatto il mio dovere.

    Credo che quello che è successo doveva accadermi comunque, perché si erano create le circostanze giuste, fortuite o no, esistevano le persone adatte a tessere la trama e tirare le fila di una ragnatela che doveva solo farmi sparire da una realtà lavorativa.

    No, non è stato per nulla facile accettare quello che mi è accaduto, e non è affatto piacevole riportare alla memoria quegli eventi.

    Sono stata più volte sopraffatta dai singhiozzi, a causa della sofferenza e del ricordo delle lacrime versate.

    Ma tutto ciò è risultato liberatorio e terapeutico, come incidere un’enorme tumefazione che alberga nel profondo dell’anima, per lasciare così fuoriuscire gli umori marcescenti delle emozioni negative o contrastanti che provavo a quei tempi, sino a far sgorgare la limpida linfa della pace interiore, poiché avevo finalmente raggiunto il mio obiettivo. Non è semplice avere il coraggio e la determinazione di scendere nell’abisso della propria anima, per andare appositamente alla ricerca dei sentimenti e portarli alla luce. Ciò che si trova può anche non piacere, ma è necessario farlo, per guarire, per andare avanti, per tornare a vivere ancora.

    Gli eventi sono stati favoriti da un contesto dove erano evidenti la mia fatica, la sofferenza, la rabbia, il dolore nel periodo in cui facevo parte di quel mondo, dove ho lottato con tutte le mie forze per non farmi sopraffare, ma al quale ho dovuto soccombere.

    Questa è la presentazione di una realtà dura, spietata, di cui forse non avevo avuto ancora la cruda esperienza, e che, purtroppo, esiste in centinaia di varianti, nel mondo lavorativo, e non solo.

    È orribile trovarsi nel mezzo del Nulla, essere costretta a non fidarsi più di nessuno, perché non puoi mai sapere da che parte arriverà il Nemico, gli innumerevoli modi infidi con i quali Egli si manifesterà.

    È molto triste percepire l’ipocrisia, la finta cordialità di giovani insicuri, privi di talento, che vedono nella competizione esasperata l’unica maniera per emergere, e ricorrono a sottili inganni, oscure relazioni e gretti intrighi per farsi largo sgomitando e calpestando coloro che hanno avuto la sfortuna di trovarsi sul loro cammino.

    È anche molto amaro vedere la crudele indifferenza di coloro che, di fronte alle disperate richieste di aiuto di un essere umano, gli voltano le spalle senza curarsene, non sospettando neanche lontanamente che la ruota gira inesorabile, e potrebbero, un giorno, dover rendere conto del proprio operato.

    Oppure, peggio, essere al posto della persona verso cui hanno provato quella stessa disumana indifferenza.

    Sono sicura: chi ha vissuto come me questo percorso in una circostanza analoga, comprenderà la mia esperienza, il mio profondo dolore, e quello che mi ha sostenuto in quegli anni oscuri, e che ho ottenuto, la rivincita su coloro che mi hanno fatto del male.

    Chi ha subìto un torto è consapevole che gli si prospettano due possibilità, due sentieri, entrambi senza ritorno.

    Una è la strada che porta al perdono, l’altra comporta fare giustizia. Per ognuna di esse, occorre un’enorme forza d’animo e una tenace, inossidabile volontà.

    Ma quando si compie giustizia, è necessario ricordare che gli innocenti non devono pagare e soffrire per le colpe altrui. È un preciso dovere risparmiare loro la fredda lama della falce che distrugge.

    Questo racconto non conduce al perdono.

    Io ho scelto la Nemesi, consapevole della mia decisione e delle conseguenze che ne sarebbero derivate. La vita stessa è fatta di scelte, ci è donato il libero arbitrio, sta a noi stabilire di fare quello che riteniamo giusto. Ognuno decide secondo la propria coscienza.

    Questo è un puro distillato di sofferenza, che offro a Voi che siete innocenti, che giacete a terra, e chiedete a gran voce giustizia, e urlo a Voi, che avete subìto un sopruso, il mio incitamento a rialzarvi, ancora e ancora, anche se siete stati resi ciechi dalle lacrime, e avete la bocca piena di polvere.

    A prescindere dal sentiero in cui vi inoltrerete, vi esorto a non lasciarvi andare, a lottare, a cercarvi, a non abbandonare la speranza e la forza interiore, il coraggio e la tenacia, poiché non si può, anzi, non si deve mai sperare nell’aiuto degli altri, se non in coloro che ci amano davvero.

    Il passato non può essere cancellato. 

    Esiste solo il presente ed il futuro.

    La Vita è qui, adesso.

    Io sono la Nemesi.

    CAPITOLO 1

    L’INIZIO

    Quella mattina, lo ricordo bene, ero in ritardo.

    Dopo aver fatto la doccia, mi apprestai a fare colazione. Accesi la radio, come al solito, e sintonizzai il canale, dove trasmettevano musica anni ’60. Andai poi in bagno, osservando il mio viso nello specchio sopra il lavabo.

    Capelli rossi molto ondulati, che con la pioggia diventavano ricci, iridi grigio acciaio, un viso attraente, insomma, unito al portamento elegante e al fisico snello, facevano di me una donna che non passava certo inosservata. 

    Cominciai a truccarmi, poi scelsi una gonna lunga nera coordinata con una maglietta di cotone con pizzo sulle maniche - adoro lo stile retrò, con i vaporosi abiti sotto il ginocchio, le gonne di pizzo alla caviglia e tutti gli accessori che lo caratterizzano -, infilai le scarpe, presi la giacca, la borsa e uscii.

    Raggiunsi il capolinea e riuscii a salire sul filobus che stava partendo proprio in quel momento. A dire il vero, non ero molto contenta…

    Ero impiegata in una grande azienda, ma, purtroppo, ciò che facevo non mi piaceva, era troppo arido, nonostante mi dimostrassi efficiente nello svolgere i compiti assegnati, e, anche se avevo provato a prendere altre strade, sino ad allora non si era presentata un’occasione soddisfacente che mi permettesse la gratificazione ed il decoro a cui ambivo.

    Per questo motivo, continuavo per quella via, ma compresi che stava diventando sempre più difficile.

    Nell’ultimo anno c’erano stati molti cambiamenti ai vertici, ed a volte le modifiche di quel genere non sono entusiasmanti, soprattutto per chi le subisce… 

    Anzi, devo dire che c’era stato un deterioramento molto veloce e palese, sia nella qualità del lavoro stesso che nell’interazione con i colleghi.

    Purtroppo, la ditta per cui avevo lavorato sino ad allora aveva subìto un tracollo ed era seriamente in crisi. 

    Nonostante la Direzione fosse ricorsa al part–time per alcuni mesi, a cui mi ero malvolentieri sottoposta, data la mia situazione personale di single, la condizione non era per nulla migliorata, anzi, era stato un sacrificio inutile.

    Avevo affrontato comunque quello stato di cose con molto coraggio, continuando ad avere fiducia in me stessa e nel futuro, nonostante mi stessi lentamente accorgendo che il mondo in cui avevo vissuto sino a quel momento stava inesorabilmente crollando.

    Infatti, fu ben presto molto chiaro che la soluzione del part-time non aveva dato i risultati sperati. C’erano fortissime difficoltà economiche, con notevoli ritardi nel pagamento degli stipendi, e molti contratti a termine non erano stati rinnovati. 

    L’impresa fu costretta a dichiarare il fallimento.

    Nel giro di un anno, si era sgretolata completamente, e dopo sei mesi dal dichiarato fallimento era stata acquistata da una grande impresa, con molte filiali in Italia e all’estero.

    Cominciai a sentire dei commenti su questa nuova direzione, e le voci che ascoltavo non erano esattamente positive.

    Compresi la realtà, al di là delle chiacchiere, che mi ero sforzata per principio di non ascoltare, per non esserne influenzata, quando firmai il documento di passaggio diretto alle dipendenze della nuova gestione.

    Quando mi recai da Sandrelli, il capo del personale, per firmare la lettera, ero un po’ frastornata, date le circostanze, ma ricordo che mi colpì la freddezza dei rapporti umani e il glaciale senso di superiorità di cui si faceva sfoggio.

    Sandrelli, con cui scambiai qualche parola prima di firmare, era una personalità incolore, piuttosto taciturno, introverso.

    Quello che mi fece effetto, dopo qualche giorno in cui fummo trasferiti nei nuovi uffici, era il peggioramento nelle procedure, molto più complicate, e persino nelle relazioni interpersonali, dove vigeva solo apparentemente un’atmosfera di cordialità.

    Esisteva un’inutile gerarchia comunicativa e comportamentale che rallentava all’inverosimile quelle che io consideravo normali procedure. 

    Per fortuna, o, per meglio dire, purtroppo, avevo acquisito una buona autonomia nel gestire le situazioni, e mentre prima interagivo strettamente con uomini, con cui ero riuscita a instaurare un magnifico rapporto (ho sempre lavorato

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