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Affezione al cuore
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Affezione al cuore
E-book74 pagine59 minuti

Affezione al cuore

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Info su questo ebook

Un medico è colto da malore alle cinque del mattino del primo novembre 2017. Una volta riconosciuta la causa, un esteso infarto al cuore, inizia il suo ricovero in ospedale, dove avrà modo di sperimentare in prima persona i sentimenti, le speranze e le reazioni emotive di chi è prossimo alla linea che separa la vita dalla morte.
LinguaItaliano
EditoreNextBook
Data di uscita22 dic 2017
ISBN9788885949027
Affezione al cuore

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    Anteprima del libro

    Affezione al cuore - Giuseppe De Renzi

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    Giuseppe De Renzi

    AFFEZIONE AL CUORE

    (Storia di un infarto un po’ misterioso)

    ROMANZO

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    Giuseppe De Renzi

    Affezione al cuore (Storia di un infarto un po’ misterioso)

    ISBN 978-88-85949-02-7

    © 2017 NextBook, Milano

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.

    1: L'EVENTO

    Il 1 novembre 2017, giorno di Ognissanti, verso le cinque del mattino sono svegliato da un forte dolore poco sotto la punta dello sterno. È un dolore sopportabile ma molto strano. Non brucia, non mi fa urlare o gemere, non è pulsante. È una sensazione di forte peso sulla bocca dello stomaco, vago ma potente. Non si irradia al torace, né al braccio. È un dolore epigastrico oppressivo: così lo definiscono i medici. Io sono un medico e penso di avere un'ulcera, che si manifesta spesso a digiuno e quindi di notte. Oppure potrebbe essere un infarto, anche se, in questo caso, non avrebbe i sintomi toracici classici.

    Lo penso e mi dico: speriamo sia un'ulcera gastrica! Mi alzo e vado in bagno. Non è per evacuare qualcosa, che tanto non servirebbe a niente, ma è per pensare. 

    Urino qualche goccia di pipì ma mi gira la testa e ho un po' di nausea. Non va. Il dolore è sempre lì, potente, sordo, immobile.

    Torno a letto e sfioro mia moglie sulla spalla ma mi accorgo di non avere forze sufficienti a svegliarla. Allora la chiamo ma la voce mi esce fioca. Non ce la faccio nemmeno a parlare. 

    Tutto il mio corpo è come se fosse concentrato su quello strano dolore alla bocca dello sterno, come se stesse attentamente ascoltando un grido soffocato che viene da dentro, dalle profondità di me stesso. 

    Alla fine, sentendomi lamentare, mia moglie si tira su e si gira verso di me.

    «Cos'hai? Cosa ti senti?»

    «Non lo so. Ho male qui. Spero sia solo un ulcera.»

    «Chiamo l'ambulanza?»

    «Non lo so. Spero sia un'ulcera, non lo so» biascico con difficoltà. 

    Io lo penso ma non voglio ammetterlo. Quello che sto vivendo è un infarto in piena regola, non un'ulcera. Non voglio ammetterlo perché ho «solo» cinquantatré anni, perché ho una famiglia splendida, sto finalmente facendo carriera dopo anni di insulti e umiliazioni, perché sono attivissimo e pieno di progetti su ogni fronte: scrivo e pubblico libri per un buon editore, cominciando a raccogliere apprezzamenti di lettori e critica. Due giorni prima ero appena stato in una grande libreria Mondadori nel centro di Saronno e avevo vissuto una giornata magnifica di incontro con i miei possibili lettori. Ma io gioco anche a scacchi a livello agonistico e sto salendo di graduatoria dopo secoli di stagnazione grazie alle lezioni del mio giovane maestro Silviu Pitica. Ha soltanto ventotto anni, quasi la metà dei miei, ma oltre che il mio Maestro ultimamene è anche diventato il mio confidente. E poi, ancora, sono coinvolto in molte iniziative culturali e sociali di ogni tipo. Sono anni questi in cui mi sto spendendo anche per il mio paese e le persone attorno a me. Insomma, la mia vita è piena. Perché mai dovrebbe essere spezzata così inaspettatamente da un infarto nel cuore della notte?

    «Chiamo l'ambulanza?» mi ripete per la seconda volta mia moglie. 

    «Non lo so, non lo so» ribatto contorcendomi confusamente nel letto.

    Mia moglie mi tocca la fronte e sente che è bagnata da un sudore freddo. È un'infermiera e non ha dubbi, come intimamente non ne ho io. Si alza, prende il cellulare e chiama il 118 senza esitazione. Indubbiamente, la sua decisione ha concorso alla mia salvezza. Non finirò mai di ringraziarla abbastanza, per questo. Le devo la vita, in ogni senso. Il non aver perso tempo ha abbreviato i tempi della mancanza di sangue e ossigeno alle cellule del cuore e quindi a limitare i danni permanenti. Tecnicamente, infatti, l'infarto è riconducibile alla cosiddetta ischemia dei tessuti cardiaci che non ricevono più le sostanze di cui hanno bisogno a causa delle arterie che improvvisamene si chiudono. 

    Io di coronarie occluse, lo si capirà da lì a poco, ne avevo ben tre: una totalmente e altre due al 75-80%.

    2: L'ARRIVO DELL'AMBULANZA

    Trascorrono pochi minuti e comincio ad avvertire nitidamente il suono di una sirena. Sono salvo, penso. In effetti questa è stata la seconda di una incredibile serie di fortune. L’ambulanza al momento della chiamata tempestiva di mia moglie stava girando nel mio quartiere, quasi mi aspettasse. Dalla camera da letto sento il suono del citofono e mia moglie dire: secondo piano!

    Pochi istanti dopo vedo sciamare nella mia stanza tre o quattro persone vestite di rosso con delle attrezzature in mano. Sono calme, composte e pongono domande precise sia a mia moglie che a me. Uno tra tutti, il medico, un uomo corpulento sui quarant’anni,

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