Il Carnevale di Venezia
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Un racconto breve e che si legge tutto d’un fiato, opera dello storico meridionalista Antonio Ciano.
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Anteprima del libro
Il Carnevale di Venezia - Antonio Ciano
Il Carnevale di Venezia
di Antonio Ciano
Direttore di redazione: Jason R. Forbus
Pubblicato da Ali Ribelli Edizioni, 2020©
Narrativa – Intrecci
www.aliribelli.com – redazione@aliribelli.com
È severamente vietato riprodurre, in parte o nella sua interezza, il testo riportato in questo libro senza l’espressa autorizzazione dell’Editore.
Il Carnevale di Venezia
Antonio Ciano
Edizioni
Indice
Il Carnevale di Venezia
Pino Aprile, scrittore e saggista pugliese, stava ricordando i morti delle stragi perpetrate dall’esercito piemontese in Italia. Eravamo in tanti sul bastione Carlo V a Gaeta. Tanti i paesi eccidiati. Ogni rappresentante portò un mattone da murare a ricordo dell’eccidio del paese massacrato: Pontelandolfo e Casalduni tra i primi. C’erano tanti meridionalisti, forse più di mille. La sera molti si ritrovarono nel ristorante Antico Vico di Vincenzo Zottola.
I bisnipoti dei briganti erano seduti e composti, ascoltavano le ballate cantate da Mimmo Cavallo e la pizzica salentina. Tra di loro c’era un veneto che si distingueva per educazione e linguaggio. Durante una pausa musicale si accostò ad un conviviale e disse: Chi sono i referenti dei briganti?
La risposta fu semplice: A parte qualche borbonico lealista sono tutti o quasi bisnipoti dei briganti
.
C’erano tanti e tra loro il nipote di un gaetano che da anni si batteva per la sua città, ma ad un tratto uscì. Lo seguì Nicolò il veneto.
Si presentarono.
Ciao sono Nicolò, vengo da Venezia e i miei avi combatterono a Gaeta, difesero la città dall’attacco dei piemontesi. Perché hai lasciato la festa?
Ciao, io sono Alex, mi danno fastidio le feste e il casino. Se vuoi parliamo in tranquillità. Di storia e della nostra condizione. Del sud e della sua rovina. Nicolò, il sud è stato depredato di tutti i suoi averi oltre che delle sue fabbriche. Mio nonno mi ha raccontato tutto. È stato processato fin dal primo libro scritto: andava contro la storia raccontata dai vincitori e ha scritto anche dell’assedio di Gaeta e della storia di Carla e Cosmo che avevano difeso la città.
La massoneria è terribile, ha adepti ovunque e cerca di occultare la verità storica. Il sud era grande: i Borbone incivilirono e resero innocui i baroni, costruirono strade, ricostituirono l’esercito e le amministrazioni locali cui diedero l’antica autonomia, come diedero grande impulso all’industria, all’agricoltura, alla pesca, al turismo. Da ultimo tra gli stati divenne il primo d’Italia e tra i primi del mondo. Le ferrovie, inventate nel 1820, ignote in Italia, fecero la loro prima apparizione a Napoli nel 1839 con il tratto che congiungeva la capitale a Portici e poi fu concesso al Bayard di continuarla fino a Castellammare. A spese del tesoro, nel 1842 cominciò quella per Capua e poi l’altra per Nola, Sarno e Sansevero.
Nel 1837 arrivò il gas e nel 1852 il telegrafo elettrico, primissimi in Italia. Col benessere aumentava la popolazione in tutto il regno e per questa stessa ragione anche le entrate pubbliche che di fatto quintuplicarono. Le strade erano sicure, non più masnadieri per terra né pirati per mare; eliminate le leggi feudali diedero ordine ai territori di tutto il regno e concessero, primi al mondo, la terra a chi la lavorava; furono così estirpate le boscaglie per far posto a frutteti e vigneti; furono prosciugate le paludi di tutto il