Teresa la Partigiana: Una famiglia nella Resistenza
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Anteprima del libro
Teresa la Partigiana - Gianfranco Chieppino
Introduzione
Ragazzi del popolo
Dei miei sessantadue anni di vita, quaranta li ho vissuti cercando di archiviare una parte del passato.
Un pezzo di storia di quel trascorso racconta di due giovani cresciuti alle porte di Torino.
Si erano incontrati per caso alla fermata dei pullman di Corso Moncalieri. Andavano nella stessa direzione: Torino, quartiere Nizza-Millefonti. Poi, come alle volte accade nelle favole, s’innamorano dei loro occhi, del loro modo di sorridere e dei loro corpi.
La simpatia e l’accordo delle anime li contagiò immediatamente.
Nati amorevoli e sensibili, non aspettarono altro che riversare le proprie emozioni l’uno per l’altra.
Quel dono sembrò il momento più bello della loro adolescenza.
La prima grande guerra mondiale era stata archiviata.
Avrebbero potuto godere della loro gioventù, studiando, lavorando e danzando il sabato sera nelle balere torinesi.
Non fu così perché la sorte ostacolò i loro sogni, complice una nuova guerra.
Non si diedero per vinti.
Decisero di intraprendere un viaggio e di salire sulla vetta più alta del Monviso. Volevano sentirsi liberi.
I
Tutto ha un senso, tutto ha un inizio
Giorgio Bocca ha passato quasi settanta anni a scrivere le cronache del nostro paese.
Nei suoi quotidiani ha raccontato la guerra partigiana e la caduta del regime fascista.
L’8 settembre 1943, appena il re Vittorio Emanuele III annunciò la firma dell’armistizio, per gli italiani arrivò anche l’ora di decidere.
Uomini e donne come Giorgio, Giancarlo, Beppe, Primo, Andrea, Franco, Nando, Berto, Tonio, Maria, Enrichetta, Teresa, Carla e Linda si convinsero a salire sulle montagne piemontesi: volevano resistere all’occupazione nazifascista.
Un solo dubbio li accomunava: non sarà troppo tardi?
El Alamein, ottobre 1942
Ci sono solo due modi per uscire da una dittatura: una sconfitta militare o una crisi economica.
La prima iniziò in Africa nell’ottobre del 1942 a El Alamein a seguito della battaglia fra la VIII armata britannica del generale Montgomery e le divisioni italo-tedesche.
Più che uno scontro di uomini fu una gragnola di bombe. La tormenta definitiva annientò il nostro schieramento: erano le 20,40 del 20 ottobre 1942.
[…] Il fronte interno si sta sgretolando sotto le bombe, la fame, la stanchezza.
Le strutture portanti dello Stato cedono, i contadini rifiutano di portare il grano agli ammassi, le grandi città del sud sono state abbandonate a se stesse, ci vorrebbero tredicimila camion per rifornirle, la razione quotidiana del pane è stata ridotta a cento cinquanta grammi, e a marzo come annuncio definitivo della crisi del regime partono gli scioperi degli operai della FIAT: la fine del lungo silenzio operaio, il ritorno dell’antifascismo. L’Italia intera è a pezzi, bombardata ogni giorno da centinaia di aerei senza che ci sia la minima reazione da parte nostra e dei tedeschi¹.
L’epifania di Joyce
Sono trascorsi due anni dal mio ultimo giorno di lavoro.
La vita si è presa una pausa.
«Sei andato in pensione. Adesso cosa ti metti a fare?»
Una cantilena senza fine che continuava a uscire dalle bocche di colleghi, amici e personaggi occasionali con cui avevo scambiato sì e no sei parole in tutta la mia carriera lavorativa e ancora riuscivano a storpiare il mio cognome.
In quel salone di rappresentanza ognuno trovava il suo modo di ossequiarmi. Un gioco breve, giusto il tempo per toccare l’argomento, perché arrivarono in mio ausilio Lorenzo e Francesca fermando quella odiosa domanda e proponendo una prospettiva più sensata:
«Papà, adesso potrai fare ciò che più ti aggrada».
Neanche il tempo di ringraziarli e Francesca, con un gioco di prestigio alla Harry Potter, fece capire a tutti che fuori mi reclamavano i parenti.
Lei e il fratello mi presero di peso e mi portarono via.
«Questo è il nostro regalo» esclamarono i ragazzi.
«Un telefono? Grazie» risposi sorpreso.
«Un cellulare nuovo, un ASUS» precisarono loro.
Lo accesi e comparve la scritta ANDROID
: guardai il display con inquietudine.
«Cosa vuol dire? È una nuova costellazione?»
«E dai padre, mai sentito parlare di sistema operativo?»
«Di operativo mi sovviene solo qualcosa del mio passato.»
«Ecco, vai su Wikipedia, leggi e studia» replicarono ridendo.
Quei due verbi, leggi e studia
: una vecchia cantilena dal passato.
In quel momento si stavano trasformando in un boomerang per me e in una garbata rivincita per loro.
[…] Android è un sistema operativo per dispositivi mobili sviluppato da Google LLC e basato sul KERNEL LINUX, da considerarsi propriamente una distribuzione EMBEDDE D’embedded Linux e non un sistema uni-like né una distribuzione GNU/LINX (dato che la quasi totalità delle utilità GNU è sostituita da software in Java.
Bastarono quelle poche frasi evidenziate sul monitor del computer per farmi venire l’emicrania.
Archiviai immediatamente quel serio approccio con l’informatica.
Presi il libretto bianco delle istruzioni e cercai di posizionarlo sul ripiano della libreria di casa.
Provai allora a incastrarlo accanto a un libro della Oscar Mondadori
che, probabilmente indispettito per essere stato strattonato e soprattutto dimenticato per diverso tempo, decise di ribellarsi e cadere a terra.
Lo raccolsi all’istante, quasi a volermi scusare per quel mio gesto di forza.
Nonostante il giallume delle duecentosessantatré pagine, notai che gli anni se li portava ancora bene. Specialmente la sua colorata copertina dove in alto spiccava il nome dell’autore, Carlo Cassola, e in neretto a caratteri cubitali il titolo: Il cacciatore.
Una breve didascalia scritta in corsivo recitava:
Un uomo chiuso e scontroso, una ragazza istintiva e selvatica e la loro tormentata storia d’amore
.
L’immagine di un muro con una donna affacciata alla finestra e un uomo con un fucile fermo davanti l’uscio facevano da schermo alla copertina.
In basso erano state inserite due precisazioni:
"Opera del pittore Ferench Pinter".
Prezzo: 1200 lire.
Sfogliai la prima pagina.
Originariamente doveva contenere solo la dicitura Gli Oscar
, invece spiccava una frase scritta con penna stilografica d’inchiostro nero:
venticinque aprile millenovecentosettantaquattro: questa mattina mi son svegliato, oh bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao, questa mattina mi son svegliato e non ho trovato l’invasor:
arvëddse fieul, barba Nando"²).
Continuai a curiosare e a sfogliare quel volume dalla carta ruvida, poi, alla pagina centosessantaquattro, incontrai una foto in bianco e nero quasi incollata al foglio.
Ritraeva Beppe e Teresa. Belli, sorridenti e spensierati, con alle spalle lo spettacolo della Val Varaita.
Il ricordo era ancora vivo nella mia mente nonostante fosse trascorso quasi un lustro di tempo da quel lontano aprile del 1974.
Barba Nando e magna
³ Fina si erano regalati un viaggio nella capitale per venire a trovare Beppe, Teresa e il fieul
.
Rimirai quell’immagine e di colpo tornai tristemente indietro nella memoria fermandomi a una precisa data: 18 novembre 1988.
Teresa mi aveva appena lasciato, divorata da una inguaribile malattia, mentre Beppe lo aveva fatto qualche anno prima.
In quel mese dei morti avevo deciso di scansare immediatamente dalla mia testa tutto ciò che poteva riportarmi a loro: Beppe, Teresa, i nonni, la Resistenza, la Val Varaita, il Movimento Operaio della RIV, il 28 e il 6 maggio 1945, barba Nando e le Ragazze Tremende.
Avevo rimosso tutto per necessità, per difesa, per sopravvivenza, per non continuare a soffrire come un cane.
Poi quel tonfo.
Quel libro che cadeva dalla mensola e quella foto a pagina centosessantaquattro con