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Sintesi di storia dell'arte
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E-book126 pagine1 ora

Sintesi di storia dell'arte

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Un'estrema sintesi della storia dell'arte, dalla preistoria ad oggi. Una panoramica completa e breve sull'intera storia dell'arte.
LinguaItaliano
Data di uscita20 apr 2020
ISBN9788831669689
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    Anteprima del libro

    Sintesi di storia dell'arte - Ileane Duse

    L'arte in generale

    Secondo W. Worringer, l’arte origina da un’angoscia cosmica che si manifesta nella perenne contesa fra opposte tendenze: quella dell’empatia, del bisogno di impossessarsi delle specifiche realtà raffigurandole e quella mossa dall’istinto di liberarsi da un mondo episodico, oscuro e minaccioso, per rifugiarsi in forme cristalline, assolute ed eterne, immuni da vicende caotiche.

    Ma l’arte è anche una forma di ordine (Arnheim), come espressione della comprensione della realtà e del superamento dei limiti fisici della stessa.

    Nell’antico Egitto l’artista era considerato alla stregua di un manovale, al quale non era certamente consentita alcuna forma di inventiva personale (il caso dell’architetto Imhotep non è da citare in quanto unico e, per di più, non storicamente accertato). Soltanto nel 700 a.C. appare la più antica opera firmata: il vaso di Aristonothos.

    Il primo grande artista dell’antichità è stato probabilmente Omero, il cieco di Chio. Al di là delle incertezze legate alla realtà del personaggio, come dice Hauser, in questa infermità si esprime anche l’idea primitiva che gli autori di poemi, opere figurative e altri prodotti dell’arte escono dalle file degli inabili alla guerra e alla lotta. I casi non mancano (Leopardi su tutti), con l’infermità considerata non soltanto fisica, ma legata anche a profondi stadi di disagio esistenziale (Van Gogh, Baudelaire).

    Come ricorda Baumgart, fra XI e XII secolo (romanico e primo gotico) l’Italia registra per prima il fenomeno della personalità artistica cui vengono tributati gloria e onori, di conseguenza il momento in cui l’artista inizia ad avere piena coscienza delle proprie capacità e sensibilità, fuori del comune e riconosciute dalla società. Secondo Hauser, l’arte del rinascimento ha il suo pubblico nella borghesia urbana e nella società delle corti principesche, ovvero l’artista raggiunge, compreso e quasi osannato, un pubblico culturalmente preparato, seppur privo del talento artistico vero e proprio. È del resto proprio durante il rinascimento che compare la figura del mercante d’arte, con il capostipite, fiorentino, Giovan Battista della Palla. Nel quattrocento e, di massima, durante tutto il rinascimento, a determinare il mercato artistico non è ancora l’offerta, ma la domanda (Hauser).

    Particolare riflessione merita la capacità di Orfeo, ovvero del cantore che sapeva commuovere tanto gli uomini quanto gli animali, e persino gli alberi e i sassi, e che diventava così potente, nell’espressione della sua arte, da strappare alla morte Euridice. All’artista è pertanto riconosciuta, a partire dall’antichità greca, una sovrannaturale capacità di emozionare, cui consegue una forza che armi ed eserciti non sono in grado di raggiungere e sconfiggere.

    Secondo Freud, l’arte e la neurosi sono entrambe un insuccesso nell’adattamento alla realtà sociale. L’insuccesso nella vita è dunque la condizione preliminare della creazione artistica; non c’è realizzazione artistica senza il sentimento di una perdita o di un’ingiustizia subita, senza la sensazione di essere stato derubato dei beni della vita (Hauser).

    Sull’inserimento dell’arte nel contesto sociale si potrebbe dire che essa nasce come strumento di corte, nel senso che serviva di fatto come mezzo per la glorificazione degli dei – sovrani dell’antichità; con la Grecia, l’arte riesce a slegarsi da ogni costrizione, diventando il modo di rappresentazione dell’ideale, bello per il gusto del bello. A Roma assume una funzione sociale importante, quasi divulgativa (colonna traiana), sviluppandosi a partire dal canone greco e fino a sfociare in quello cristiano. Con l’affermarsi del cristianesimo, l’autonomia della forma è perduta, perché di fronte alla religione, come non c’è una scienza, così non c’è un’arte autonoma e indifferente alla fede (Hauser).

    Il cammino artistico dal primo cristianesimo alla seconda metà dell’Ottocento consiste nel progressivo allontanamento dell’artista dal canone di massa della società, dall’idea cristiana, dal naturalismo come base di partenza per l’esperienza pittorica. Con i mutamenti politici e sociali fra fine settecento e ottocento, l’artista diventa finalmente il singolo che esprime la propria forma di personalizzazione della realtà, spesso incomprensibile ai contemporanei, certamente non espressione di sentire comune o arte di stato, come quella rinascimentale.

    È un dato di fatto, comunque, che con l’impressionismo si inaugura la lunga e ininterrotta stagione dell’arte destinata ad essere pienamente compresa solo dalle generazioni successive. Alla famosa asta del 24 marzo 1875, la prima mostra impressionista, i dipinti di Monet, Renoir e Degas, ad esempio, furono venduti, quando non furono apertamente derisi, ad una media di 160 franchi, circa 250 – 300 euro attuali. A distanza di un paio di secoli, l’incremento di valore è incalcolabile e l’apprezzamento da parte del grande pubblico è divenuto incondizionato.

    Del resto, la valutazione dell’allora critico di Le Figaro Albert Wolff a proposito della prima mostra del 1875 conferma quanto insidiosamente incomprensibile sia stata quella stessa pittura che, a confronto con le spericolate sperimentazioni delle avanguardie successive e attuali, appare, due secoli dopo, quasi classica: Forse c’è da fare affari per chi specula sull’arte dell’avvenire (…) l’impressione che danno gli impressionisti è quella di un gatto che passeggia sulla tastiera di un piano, o di una scimmia che si è impadronita di una scatola di colori.

    L’arte moderna rispecchia la particolare necessità dell’uomo moderno di un dinamismo dei fatti psichici evitandone la riduzione a una staticità, che è loro sostanzialmente estranea (Hauser); Coleridge diceva che l’arte si gode di più quando è compresa press’a poco e non perfettamente, suggerendo già che la mancanza di chiarezza, di immediata riconoscibilità, la difettosità di espressione dovevano essere i caratteri dell’arte futura, espressione dell’inquietudine psichica, da un lato, risposta alla spoetizzazione della realtà, dall’altra.

    L’arte in generale è convenzione: la mancanza d’ombre della pittura orientale asiatica, la frontalità dell’arte egiziana, le proporzioni canoniche dell’arte greca classica, la mancanza di spazio dell’arte altomedievale, la prospettiva centrale del rinascimento, il luminismo del barocco, il dissolvimento delle forme solide dell’impressionismo sono tutte convenzioni che non risultano, o risultano solo in parte, dall’osservazione della natura e vengono per lo più violentemente sovrapposte all’immagine della natura stessa" (Hauser). La storia dell’arte è la storia del susseguirsi delle convenzioni stabilite in ciascuna epoca e in ciascuna società per la rappresentazione artistica, sulla base della convenzione stabilita con il pubblico. Quando tale convenzione non è alla portata del pubblico, l’arte anticipa il gusto futuro.

    Arte rupestre

    Le prime forme di rappresentazione artistica conosciute compaiono circa 20000 anni fa.

    Gli esempi da tenere presenti sono almeno due:

    - grotte di Altamira (Spagna – 15000/10000 a.C.);

    - grotte di Lascaux (Francia – 14000/13000 a.C.).

    Le grotte di Altamira sono state definite la cappella Sistina dell’antichità.

    Le rappresentazioni riguardano animali (bisonti e cavalli) e sono caratterizzate da un realismo sorprendente, sia per quanto riguarda le proporzioni, sia per la caratterizzazione cromatica. Anche le dimensioni stesse delle rappresentazioni sono sorprendenti: 180cm è la misura di uno dei cervi di Lascaux.

    Data la posizione in cui sono stati collocate, le rappresentazioni hanno probabilmente valore magico propiziatorio.

    Hauser espone una riflessione su due argomenti di interesse:

    1) capacità dell’uomo del paleolitico di cogliere sfumature e dimensioni geometriche a occhio nudo che sono andate perdute con la sedentarizzazione neolitica;

    2) incapacità dell’uomo del paleolitico di cogliere appieno la differenza fra la realtà sensoriale e la realtà rappresentata; il bisonte ferito rappresentato è così un’anticipazione temporale del fatto in un mondo in cui il concetto di tempo non è definito o, quanto meno, non è lo stesso che abbiamo oggi.

    Sebbene il realismo rappresenti il tratto fondamentale di questa forma di arte, Bruno Zevi fa notare che, sia ad Altamira, sia a Lascaux, si trovano immagini di animali riconoscibili e simboli enigmatici, astratti. Sempre citando Zevi: l’etnologia, l’antropologia e la psicanalisi hanno dimostrato l’ampiezza delle aree preistoriche, misteriose ed inesplorate, che persistono nell’inconscio dell’uomo contemporaneo. Gli artisti preistorici possedevano un grado di consapevolezza non inferiore a quello dei periodi storici.

    Donini (Breve storia delle religioni) è molto chiaro sull’argomento: "ogni

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