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Inevitabile: Dea del Destino
Inevitabile: Dea del Destino
Inevitabile: Dea del Destino
E-book372 pagine4 ore

Inevitabile: Dea del Destino

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Info su questo ebook

Il futuro non è mutevole.
Il futuro non è mai in movimento.

È tutta una bugia, il pensiero che il futuro possa essere cambiato. Jayne lo sa. È stata maledetta nel dover guardare come le persone intorno a lei moriranno, e non importa cosa farà, non può cambiarlo. Questo include Aaron, il bel ragazzo Inglese che si è trasferito nella sua scuola a metà semestre e che ha occhi solo per lei.

Ma poi un serial killer arriva nella città di Jayne, e lei è sulla sua lista.

Trovare un modo per alterare il futuro non è mai stato più critico.

Primo Libro della serie Dea del Destino, Inevitabile è un romanzo di suspense con un pizzico di paranormale. I fan di Bella Forrest apprezzeranno questa nuova versione di una mitologia sconosciuta. Romanticismo, magia, suspense; il libro perfetto in cui rifugiarsi!

LinguaItaliano
Data di uscita28 set 2023
ISBN9781071548844
Inevitabile: Dea del Destino
Autore

Tamara Hart Heiner

Tamara Hart Heiner lives in Arkansas with her husband, four kids, a cat, a rabbit, and several fish. She would love to add a macaw and a sugar glider to the family collection. She graduated with a degree in English and an editing emphasis from Brigham Young University. She's been an editor for BYU-TV and currently works as an editor for WiDo Publishing and as a freelancer. She's the author of the young adult suspense series, PERILOUS, INEVITABLE, the CASSANDRA JONES saga, and a nonfiction book about the Joplin tornado, TORNADO WARNING. 

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  • Valutazione: 5 su 5 stelle
    5/5
    Decisamente una delle migliori letture che abbia mai avuto in vita mia! Ogni capitolo ti lascia con il fiato sospeso e devi sapere cosa accadrà nel capitolo dopo! Un Capolavoro con la C maiuscola! <3

    P.S. Avevo già letto la versione in inglese ma da quando è uscita la versione in italiano... Wow! Complimenti ad Alice Maria Mariotti per la traduzione di questo capolavoro! Attendo impazientemente gli altri libri tradotti in italiano sempre da lei!

Anteprima del libro

Inevitabile - Tamara Hart Heiner

PRIMO CAPITOLO

L'odore mi colpisce sempre per primo.

È la prima cosa che notai non appena aprii la porta dell'ufficio, e mi fermai. Era odore di limone, come camminare in mezzo a un agrumeto. Cresciuta nel New Jersey, non so molto sugli agrumeti, ma sono sicura che questo è quello che si potrebbe sentire. Ogni volta che sento odore di limoni, so che la morte è nell'aria.

Il signor Harris alzò lo sguardo facendomi un sorriso da dietro i suoi occhiali marrone scuro. Mi concentrai sulla sua fronte, una tecnica di sopravvivenza che imparai anni fa. L'aroma fuoriuscì da lui a ondate, coprendo il profumo della sua sedia di pelle nera.

Signorina . . . Lanciò un'occhiata al mio curriculum sopra la sua scrivania di mogano. Lockwood. Per favore si accomodi.

Deglutii ed entrai, la porta di legno si chiuse dietro di me con un colpo secco. Maledizione. Non guardarlo negli occhi. Sentivo le mani sudate, ed ero contenta di aver messo una giacca nera sopra la mia camicia bianca con i bottoni.

Stringendo sul petto il mio quaderno ad anelli, mi sedetti sulla sedia di fronte a lui. Abbassai gli occhi sulle mie scarpe col tacco nere lucide. Avevo passato molto del mio tempo studiando scarpe. Guardare a terra era più sicuro che guardare volti.

La ringrazio per aver mostrato interesse per la nostra posizione da tirocinante, signorina Lockwood. La voce del Signor Harris era gentile e sapevo che pensasse io fossi nervosa. Quello che non sapeva, è che se avessi incrociato il suo sguardo, avrei Visto la sua morte. Che fortuna! Ho notato dal suo curriculum che scrive la rubrica sportiva del suo liceo. Frequenta il Lacey Township High?

Annuii. Esatto. Come potrei sfuggire da tutto questo? Non aveva senso continuare.  Il mio interesse nel tirocinio al Lacey Patch, la rubrica di notizie online per il Lacey Township, era svanita. Esaminai la sua scrivania. Il mio sguardo si posò su una foto di Stephen, con indosso la sua maglia di Lacrosse blu e bianca.

Il mio stomaco crollò ulteriormente. Harris. Non era solo la visione della morte di quest'uomo a prendersi gioco di me senza ancora aver nemmeno incrociato il suo sguardo, come se non bastasse, lui era anche il padre del mio ex.

Doveva aver notato il mio sguardo, perché le sue dita si chiusero attorno alla foto. Ha trattato ampiamente la squadra di Lacrosse nella sua rubrica. Ha anche menzionato mio figlio alcune volte. Conosce Stephen?

Conosco Stephen? Mi imbarazzava il fatto che avesse dovuto chiedermelo. Avevo sentito che il signor Harris aveva una piccola affinità con l'alcool, ed era probabilmente per questo che non ricordava quando Stephen mi aveva portata a casa sua dopo la festa in piscina di Jessica.

Non che anch'io mi ricordassi molto di quella notte.  Fu la stessa festa in cui Stephen lo fece con Jessica -la zoccoletta- ed ebbe anche la faccia tosta di portarmi a casa sua subito dopo.

A difesa del signor Harris devo dire che ci incontrammo velocemente, passai salutando mentre Stephen mi trascinava su per le scale verso la sua stanza.

Poco prima rompessimo.

Signorina Lockwood?

Ah giusto. Voleva sapere se conoscessi suo figlio. Certo, certo. Guardai oltre la sua spalla, fuori dalla finestra. Le nuvole fluttuavano pigramente e i rami di una quercia dai fiori rosa sembrava mi salutassero. Tutti conoscono Stephen.

Non andrà alla partita sta sera, vero?

Um, no. Decisamente no.

Ho guardato le sue bozze e sono davvero precise. Tuttavia riesce a farsi ben riconoscere. Si sentirebbe a suo agio ad avventurarsi al di fuori dall'ambito sportivo?

La sola idea mi mandò nel panico, sollevai la testa. Oh no. Non riuscirei. Smettila di parlare. Smettila di parlare. Abbassa gli occhi.

Troppo tardi.

La visione iniziò non appena i nostri occhi si incrociarono. Mi sciolsi dentro la sua anima, diventando per un breve momento, Ben Harris.

Le immagini mi comparvero in testa. Guardai attraverso gli occhi del Signor Harris e vidi la mamma di Stephen, mentre scattava una foto a lui e alla sua accompagnatrice il giorno del ballo di fine anno di fronte al camino. Persino bloccata nella visione, sentii un attacco di gelosia alla vista della bellissima bionda.

Aspetta. Non era Jessica.

La visione continuò riportandomi nella mente di Ben. Non appena Stephen uscii per andare al ballo, Abigail crollò sulla moquette del soggiorno. I paramedici non riuscirono a salvarla. Il mio cuore si strinse per il dolore della morte di mia moglie... no, la moglie di Ben. Abigail era morta e Stephen mi incolpava. Voglio dire, incolpava suo padre. Non potevo sopportare il senso di colpa, la rabbia, il dolore che mi soffocavano.

Queste non erano le mie emozioni. Resisti Jayne.

Lottai per mantenere la mia identità mentre Ben Harris, ubriaco di tristezza e del troppo alcool, si arrampicava sul tetto di casa e si arrendeva alla sua disperazione. Buttandosi picchiò la testa contro dei mattoni, con un colpo così forte che mi gettò fuori dalla visione.

Fine.

Sussultai e balzai in piedi. Ci volle un momento perchè il dolore alla testa si dissipasse. Il Signor Harris aggrottò la fronte da dietro la sua scrivania. Era ancora vivo. Non era ancora successo. E l'aria era libera dall'odore oppressivo di limone.

Forse passarono due secondi. Il tempo non scorre per loro mentre sono in una visione. Scossi la testa, cercando di svuotarla. Il mio cuore batteva ancora come se stessi sul tetto, guardando tre piani sotto.

Signor Harris... Iniziai. Non ho mai saputo come avvertirli della loro morte imminente. Soprattutto perché non mi credono mai. Quanto tempo aveva? Avevo Visto alcuni eventi che lo avevano portato alla sua morte, il che significava che aveva settimane, forse mesi. Deglutii forte. Lei dovrebbe... lei non dovrebbe...

Il mio telefono vibrò accanto a me, lo tirai fuori dalla borsa, grata per la distrazione, senza preoccuparmi di quanto fosse poco professionale.

E' già abbastanza terribile il fatto che io potessi Vedere le loro morti. Spiegarglielo era ancora peggio. Mi faceva male la gola per le lacrime non versate, come se mia moglie stesse morendo e mio figlio fosse arrabbiato con me.

Sta bene? Mi chiese il Signor Harris. Ha bisogno di bere qualcosa?

Le lacrime sgorgarono, minacciando di traboccare. Mi scusi. Devo rispondere. Cercai di mantenere la voce ferma e mi precipitai fuori dal suo ufficio, trascinando il quaderno ad anellli e la borsa con me.

Avrei dovuto provare ad avvertirlo. Ma come? Non  avevo nessuna intenzione di tornare là. Avrebbe sicuramente chiamato la sicurezza. O stavo solo inventando delle scuse? Gli manderò una lettera, mi rassicurai. Gli ricorderò per cosa deve vivere.

Il viso di Joshua mi balenò in testa, il vivido ricordo in cui per la prima volta provai a cambiare una morte e fallii. La prima di altre tante, tante volte.

Mi fermai nel corridoio e chiusi gli occhi, costringendomi a respirare. Ricordai la sua piccola bici rossa con le rotelle gialle, era quella con cui girava sempre per il quartiere. Non doveva avere più di sei anni.

Presi un respiro profondo, mi allontanai dal muro e alzai gli occhi. La luce filtrava da un'alta finestra in fondo al corridoio più vicino a me. La curiosità superò il mio desiderio di scappare più lontano dall'ufficio del signor Harris. Lei poteva essere lì?

Mi avvicinai alla finestra e sbirciai fuori. Potrebbe non essere qui, pensai. Forse è dall'altra parte del palazzo, dove non posso vederla.

Eccola. Notai l'alta ed esile bionda, il suo vestito bianco fluttuante nella brezza. Era in piedi regale e fuori posto sul trafficato marciapiede del New Jersey.

Le persone passavano accanto a lei come se non esistesse, ignare di quella strana e bella donna radicata nel cemento.

Girò la testa verso di me, ed io mi voltai indietro con il cuore che batteva forte. C'erano due cose che potevo sempre aspettarmi con una visione: l'odore di limone prima e la donna dopo. Lei probabilmente c'è sempre stata, ma io iniziai a notarla solo nell'utimo anno o giù di lì.

Le visioni venivano più spesso ultimamente. In passato ne ricevevo al massimo un paio di volte all'anno. Ora le avevo più volte a settimana. Mi innervosiscono, mi avevano resa ansiosa di stare in pubblico. Stavo iniziando a provare risentimento nei confronti della donna in bianco, che sicuramente sapeva cosa stesse accadendo e non faceva nulla per fermarlo.

Corsi giù per le due rampe di scale, fermandomi solo quando raggiunsi il primo piano. Spalancai la porta dei bagni, caddi all'interno di uno e aprii il telefono. Dovevo essere l'unica persona sulla terra rimasta senza uno smartphone.

Dana? sussurai, richiamando la mia migliore amica. Una rapida occhiata allo schermo mostrò che erano quasi le cinque. La scuola era finita da più di un'ora ormai.

Oh, Jayne! La voce spumeggiante e vivace di Dana risuonò dalla piccola cassa audio. Feci una smorfia, allontanandolo dall'orecchio. Mi ero completamente dimenticata. Sei ad un colloquio, vero?

Ero. Bisbigliai, sentendo il mio sangue pompare un po' più lentamente. Non funzionava, me ne sono andata.

Ugh. Dana emise un leggero borbottio. Come mai? Una delle tue 'sensazioni'?

Feci una pausa, pensando a come rispondere. Continuavo a ripetermi che avrei dovuto dire  a Dana delle mie capacità, ma in qualche modo non mi convinsi mai a farlo. Si. Non mi convinceva.

Oh, beh, mi dispiace.  semplicemente così, liquidò l'accaduto. Quindi, che stai facendo adesso? Vuoi venire?

Potevo solo immaginarla, gli occhi blu scintillanti di malizia. Sicura di sè, senza pensieri. Portava i capelli biondi ricci, corti fino alle spalle, dove ondeggiavano sempre in riccioli perfetti. Beh, ho del tempo libero. Probabilmente dovrei tornare a cercare lavoro. Cosa fai?

Oh, sto solo organizzando.

Emergendo dal bagno, mi fermai di fronte allo specchio esaminando i miei occhi. Adesso erano leggermente rossi. Organizzando cosa?

Il mio armadio. Perché non vieni?

Avrei davvero solo voluto andare a casa e accendere una candela. Quella rosa di nome Sweet Pea. Era l'unica cosa che poteva cancellare le visioni dalla mia testa. Ma poteva aspettare. Dana era un anno più grande di me, e alla maturità del mese prossimo ci saremmo separate. Non volevo perdere occasioni per stare con lei. Ok, arrivo.

Infilai il telefono nella borsa e aprii la porta del bagno. La segretaria era seduta dietro la reception, parlando al telefono e scrivendo un messaggio.

Mi sistemai i capelli castani davanti al viso, misi in spalla la borsa ed uscii con la maggior sicurezza possibile. Le mie scarpe tacchettarono sul pavimento di marmo, riecheggiando nella hall silenziosa. Nessuno mi chiamò, così attraversai le porte girevoli senza una seconda occhiata.

Aria fresca. Le mie spalle si rilassarono, anche se sapevo che in qualsiasi momento avrei potuto girare l'angolo ed imbattermi nella morte di qualcuno.

Non so quali siano le statistiche ufficiali, ma sono abbastanza sicura che la maggior parte delle persone nel New Jersay muoiano pacificamente nel sonno, proprio come nel resto del mondo. Per qualche strana ragione, non riesco a Vedere queste persone. Quelle che Vedo muoiono prematuramente. E solitamente non sono morti felici. Preoccupati di altro, continuo a ripetermi. Tipo vai alla macchina prima che il parchimetro si esaurisca. La luce del sole si fece spazio tra le nuvole grigie nel cielo del New Jersey. Indossai un paio di occhiali da sole, desiderando che mi impedissero di Vedere. L'anno scorso sottoscrissi un abbonamento ad un giornale per un mese, solo per dare un'occhiata ai necrologi. Dopo aver visto quante morti accidentali si verificano ogni settimana, mi resi conto che ero destinata ad imbattermi in alcune di queste persone durante le mie giornate.

In qualche modo, questa consapevolezza non mi fece sentire meglio.

Mi restavano solo dieci minuti sul parchimetro quando arrivai alla mia vecchia decennale Honda Accord bianca. Dal momento che non riuscivo a mantenere un lavoro, non potevo permettermi niente di meglio.

Il pensiero mi fece rabbrividire. Mi paralizzo sempre quando sento quell'odore di agrumi e limone. Non volevo conoscere le loro vite, e soprattutto non le loro morti.

Anche adesso, le immagini dell'imminente suicido del signor Harris danzavano davanti ai miei occhi. L'uomo con la voce gentile e l'aspetto professionale era la sopra nel suo ufficio, probabilmente impegnato in un colloquio con un tirocinante fiducioso, inconsapevolmente beato della svolta infelice che il suo futuro avrebbe preso.

SECONDO CAPITOLO

Accesi la macchina e controllai il mio stereo. The Fray.

Il suono drammatico e malinconico era esattamente ciò di cui avevo bisogno. Alzai il volume un paio di tacche troppo forte, mi immersi nel traffico e mi diressi a casa di Dana. Viveva in uno degli eleganti quartieri residenziali di Forked River, affacciato sul Deer Head Lake. Con il traffico del tardo pomeriggio, ci sarebbe voluta almeno una mezzora per arrivare. Mi misi comoda per il viaggio.

La musica ripulì la mia mente. Una volta parcheggiata l'auto nel vialetto della villa in stile bianca tenuta della piantagione, l'unica preoccupazione che mi rimaneva era se avessi dello sporco sulle scarpe. Le nuvole si divisero lasciando spazio al caldo sole primaverile di baciarmi le guance. Gettai indietro la testa, annusando il profumo di sale portato nell'entroterra dalla brezza. Amavo vivere vicino all'oceano abbastanza da sentirne l'odore.

Usai le mie chiavi per entrare dalla porta principale. Ehi? Non riuscivo mai a ricordare gli orari della domestica di Dana e lei non amava essere colta di sorpresa. Nessuna risposta. Feci scivolare le scarpe sul tappeto bianco-sporco imbottito.

Entrare nella stanza di Dana era come entrare nel paese delle favole. La moquette rosa chewing-gum staccava dal leggero bianco avorio dello stipite della porta. Aveva finalmente sostituito il letto a baldacchino doppio qualche anno fa con uno matrimoniale che aveva abbastanza fronzoli e pizzo sul piumino, da poter essere una pubblicità per tende. Ma l'unicorno e il dipinto fiabesco rimasero sul muro, un ricordo dei giorni spensierati dell'infanzia, quando ancora sognavamo di essere principesse e speravamo nel per sempre felici e contenti.

Oggi, però, un mucchio di vestiti stava crescendo fuori dalla cabina armadio. Dana sbucò con la testa fuori, tenendo un telefono all'orecchio. Ehi.

Ehi, risposi.

Ok, sembra favoloso. Mi annuì e schioccò la gomma, gli occhi azzurri rotondi e scintillanti.

Che cosa sembrava favoloso? Inclinai la testa prima di rendermi conto che non stava parlando con me. Mi arrampicai sopra il suo disordine e crollai sul letto.

Senti, Jayne è qui. Ti chiamo più tardi. Ottimo. Ciao.

Chi era? chiesi.

Kenney, disse, riferendosi ad un ragazzo più grande che conoscevo appena. Gettò il telefono sulle coperte accanto a me e si abbassò, sollevando il mento con le mani e facendo un sorriso. Jayne! Se vuoi davvero un lavoro, dovrai smettere di essere così esigente, lo sai.

Lo so. Presi uno dei suoi cuscini e lo strinsi al petto. Ma non quel lavoro.

Saltò giù dal letto e scomparì nuovamente dentro il suo amardio. Era semplice da fare, dato che l'armadio era più grande della mia camera da letto. Tu non vuoi davvero lavorare. Ti piace solo fare colloqui.

Come vuoi, Danes. Non potevo difendermi senza dirle la verità, quindi lasciai perdere le sue supposizioni. Cosa stai facendo li dentro? Pulizie di primavera?

La sua testa sbucò fuori, lanciò una valigia vuota sopra i suoi vestiti. No. Preparo le valigie.

Di nuovo? Cercai di sembrare serena ma abbassai la testa prima che potesse vedere la mia reazione.

Avevamo sempre programmato di stare vicino a casa e di andare al Brookdale Community College, a circa un'ora da qui. Ma quando Dana venne accettata al Massachusetts Institute of Technology con una borsa di studio in matematica, non rifiutò. Non solo, aveva anche in programma di lasciare Forked River non appena terminata la maturità.

Non che io gliene facessi una colpa. Lacey Township e le città vicine non avevano nulla di nuovo o di interessante da offrire. Ed era esattamente il motivo per cui avevo intenzione rimanere.

Devo essere sicura di riuscire a far entrare tutto. Il letto sprofondò un po', alzai gli occhi mentre Dana sedeva a gambe incrociate davanti a me. Sei intelligente. Non vuoi fare qualcosa di eccitante nella tua vita?

Era proprio così. Non volevo. Finsi un sorriso. No. Pensi io sia noiosa o qualcosa del genere?

Beh, eri più divertente prima che... Spalancò gli occhi. Non intendevo dire questo.

Prima che io e Stephen ci lasciassimo. Non c'era bisogno di dirlo. Facevamo cose insieme. E non solo cose normali come balli e film, ma cose come lo snorkeling, le escursioni e andare al Walmart alle due del mattino per rifornire la nostra scorta di caramelle. Ora tutta la mia attenzione era rivolta alla sopravvivenza dell'anno scolastico.

Mi mordicchiai l'unghia dell'indice e feci un profondo respiro. Era il momento che io voltassi pagina. Andiamo a fare pizza karaoke stasera.

I suoi occhi si illuminarono. Karaoke! E' passata una vita. Si accigliò subito. Sei sicura? E' Lunedì sera."

Scrollai le spalle. Tanto valeva vivere al limite. Serata della pizza a metà prezzo.

Gettò da parte la valigia. E andiamo, ragazza.

Ma guido io.

Nessun problema. Dana si fermò di fronte al suo specchio, riapplicando il rossetto viola e ravvivando i suoi corti capelli biondi. Sono a corto di benzina comunque.

Strinsi gli occhi e aggrottai le sopracciglia. I suoi genitori le avevano dato un bel budget per la benzina. Dove sei andata?

Lei mi fece un sorriso imbarazzato. Ho conosciuto un ragazzo al country club la settimana scorsa. Mi ha invitata al campus e sono andata un paio di volte. Non sono interessata a lui, lo sai. E' solo... per divertimento. Dana mi lanciò una sciarpa, che presi. Mettila, si abbina a quello che indossi.

Abbassai lo sguardo sulla mia corta gonna nera, sulla camicia bianca e sul blazer nero e pensai a quanto sarebbe sembrata fuori posto la sciarpa verde lime.

Hai bisogno di un po' di colore. Dana annuì. Indossala.

Ok. L'avvolsi intorno al collo e l'annodai.

Il mio telefono iniziò a vibrare nella borsa. Ebbi una sensazione di disagio alla bocca dello stomaco quando vidi chi mi stava chiamado: Beth. Mia sorella minore.

Con quattro anni di differenza tra noi due, Beth e io avevamo sempre avuto un buon rapporto. Ma da quando aveva cominciato ad emanare odore di limone due mesi fa, non avevo potuto togliermi di dosso la paura che provavo ogni volta che ero vicino a lei. Avevo due possibilità: vedere l'orribile modo in cui sarebbe morta e vivere con la colpa di sapere che non potevo cambiarlo, o evitarla il più possibile.

Scelsi di evitarla. Non è un compito facile quando condivi un bagno con qualcuno.

Il telefono stava facendo il suo ultimo squillo. Lo aprii. Si?

Per amore dei telefoni cellulari, Jayne, pensavo non avresti risposto.

Non lo stavo facendo. A voce alta, dissi: Beh, l'ho fatto. Che succede?

Ho appena finito con il mio gruppo di studio e ho bisogno di un passaggio a casa. Mamma mi ha detto di chiamarti. Sono a scuola. Aspetterò alla curva vicino al palo con la bandiera.

Aspetta! Protestai, ma Beth aveva già riattaccato. Sospirai.

Cosa c'è che non va? Dana era in piedi accanto al letto, le mani sui fianchi.

Inarcai un sopracciglio. Sono in servizio taxi.

Figurati. Vuoi che venga?

Se Dana fosse venuta, loro due si sarebbero messe a chiacchierare e io avrei solo potuto guidare. In realtà, sembra un ottima idea. Puoi intrattenerla. Tuttavia, non mi mossi per andarmene. Beth poteva aspettare ancora un po '.

Come se Dana stesse leggendo nella mia mente, disse Non lasciarla da sola. Hai sentito di quell'omicidio avvenuto in Lanoka Harbor.

Sì, inquietante. Lacey Township era composta da diverse comunità più piccole, tutte considerate tranquille e noiosamente sicure. Un omicidio fece scalpore.

E non sapevo come Beth sarebbe morta. Meglio non correre rischi. Va bene, andiamo.

Prendemmo la mia macchina, andando fuori città verso la scuola media. Mi mordicchiai ai lati del dito, avendo finito l'unghia.

Guarda. Dana indicò fuori dal finestrino. JT Bagel Hut sta assumendo. Forse potresti trovare lavoro li. Ridacchiò come se fosse immensamente divertente.

Mi accigliai. Potrebbe essere un idea.

Spalancò gli occhi e mi lanciò un occhiata Ma dai. Tu vuoi fare la giornalista.

Ho bisogno di un lavoro, Dana. Papino non paga per questa benzina.

"Tu avevi un lavoro. Un ottimo lavoro. Ma hai mollato...di nuovo."

Lavorare al Camela's Fashion non stava esattamente promuovendo la mia carriera. Protestai. Mi hanno solo dato un sacco di buoni sconto.

Te lo concedo. Dana annuì. Quindi hai lasciato quel lavoro perché volevi iniziare uno stage come giornalista.

Qualcosa del genere. Giusto.

E te ne sei andata dal colloquio di oggi perché...?

La guardai accigliata. Non era giusto per me. Non ero adatto.

E JT Bagel Hut è quello che stai cercando?

Non risposi. Non avevo risposte.

Mi stai nascondendo qualcosa, Jayne. Perché non mi dici che cosa sta succedendo?

Mi agitai sul sedile e mi concentrai sulla strada. Il distretto commerciale era scomparso dietro di noi. Campi di grano maturi ci fiancheggiavano su entrambi i lati e fissavo le ondeggianti pannocchie dorate.

C'erano state così tante volte in cui avevo quasi detto a Dana del mio segreto. Ma non volevo lei pensasse io fossi pazza. Come aveva fatto il terapeuta. Pazza Jayne. Potevo quasi sentire i sussurri nella mia mente.

Mi fermai alla scuola media. Beth si avvicinò alla macchina, sorridendoci. Fissai il parabrezza. L'essenza di limoni si diffuse nell'aria intorno a lei. La mia frequenza cardiaca aumentò per abitudine e io deglutii a fatica.

Ciao! Chiamò Beth. State andando da qualche parte? Si fermò fuori dal lato del guidatore.

Perchè non avevo chiuso il finestrino? Potevo sentire i suoi occhi su di me, in attesa, guardando per vedere se avrei risposto. Tenni lo sguardo ben fisso in avanti. Sì, usciamo stasera. Sali, ti porto a casa.

Beth si avvicinò lentamente alla porta sul retro. Diedi una sbirciatina nello specchietto retrovisore e vidi ancora i suoi occhi su di me, le labbra strette chiuse assieme. Risistemai gli specchietti in modo da non stabilire un contatto visivo accidentale.

Il senso di colpa crebbe nel mio petto. Lo ignorai e premetti il piede sull'acceleratore. Non permetterò a me stessa di Vederla.

TERZO CAPITOLO

Questo è il tuo penultimo anno di liceo? Il direttore della JT Bagel Hut sedeva di fronte a me in un tavolino, giocherellando con la penna incastrata tra l'orecchio e la visiera. La targhetta con il nome storto sulla sua camicia riportava il nome Tom. I suoi occhi scrutarono i dati di una pagina che avevo compilato.

Sì. Le mie mani corsero sulle mie cosce, raddrizzando eventuali pieghe nella mia gonna rosa. Mi sentivo troppo in tiro. Perché non avevo semplicemente indossato dei jeans e una maglietta? Perché non riuscivo a superare l'idea che un colloquio fosse professionale, ecco perché.

Hmm. Posò la mia candidatura e incontrò il mio sguardo.

Mi agitai per abitudine e poi mi rilassai. L'unica cosa che odoravo di lui era l'aglio e il burro.

Bene, disse, sembri molto qualificata per il servizio clienti. Non hai mai lavorato con il cibo prima?

No. scossi la testa. Non professionalmente. Ma cucino molto. Spaghetti. Mostrai quello che speravo fosse un sorriso smagliante.

Non è un problema, ti insegneremo. Ti faremo iniziare come assistente, prenderai il salario minimo, ma c'è sicuramente possibilità di crescita. Va bene?

Sì. Annuii con la testa, cercando di non sembrare troppo ansiosa. Ovviamente.

Mi guardò un altro po'. Ottimo quindi. Puoi iniziare domani alle quattro?

Solo un attimo. Presi la borsa e tirai fuori un piccolo calendario portatile. Domani era Martedì, e non c'erano partite da coprire. L'incontro del gruppo di Spagnolo era Mercoledì. Certo. Sarò qui domani.

La tua taglia è la piccola? Avremo un'uniforme pronta per quando sarai qui.

Uniforme? Avevo dimenticato quella chicca. Lavorai duramente per mantenere il sorriso sulla faccia mentre mi alzavo e gli stringevo la mano. I miei occhi osservarono la sua polo a strisce viola e turchese. Media. Grazie. Ci vediamo domani allora.

Mi voltai. Le mie scarpe tacchettarono sul linoleum grigio mentre camminavo verso l'uscita. Non appartenevo affatto a questo posto.

Il mio telefono iniziò a vibrare prima ancora arrivassi alla macchina. Lo aprii e sospirai. Dana non ne sarebbe stata felice. Hey Danes, non posso parlare in questo momento.

Dove sei? mi chiese. Ho delle novità ed è da un ora che provo a chiamarti! Perchè non mi rispondevi?

Um. Scivolai al volante e cercai i miei cd. Sarah Brightman attirò la mia attenzione. Un po' di canto d'opera soprano per lenire i miei nervi. Perfetto. Ero occupata. Qual è la novità?

Stephen e Jessica si sono lasciati.

I miei pensieri si fermarono prima su Jessica, la cheerleader magra dai lunghi capelli castani. Il mio stomaco si stringeva sempre al pensiero di lei. Stephen ed io eravamo stati così felici fino a quando lei non mise occhi su di lui. Quando era successo, comunque? La notte della festa in piscina, quando Stephen mi aveva gettata in acqua e si era tuffato dopo di me? O stava già succedendo prima di allora?

I miei pensieri subito dopo si posarono sulla visione che avevo visto, di Stephen con una bionda a casa sua, mentre si preparavano per il ballo. Inspirai. Era già in pista verso il suo destino. Ha dovuto rompere con Jessica in

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