L'Avana, amore mio: Taccuino avanero e storie cubane
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Anteprima del libro
L'Avana, amore mio - Gordiano Lupi
Gordiano Lupi
L'avana, amore mio
Taccuino avanero e storie cubane
Edizioni Il Foglio
Collana NARRATIVA
Direttore: Gordiano Lupi
www.ilfoglioletterario.it
Via Boccioni, 28 - 57025 Piombino (LI)
© Edizioni Il Foglio – 2016
1a Edizione – Aprile 2016
ISBN CARTACEO 9788876066085
ISBN EBOOK 9788876068188
Elaborazione grafica e impaginazione | shangrya@libero.it
Realizzazione ebook | lucawriter@libero.it
ISBN: 9788876068188
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Indice dei contenuti
PRIMA PARTE. AVANA, AVANA…
BESTIOLE INGABBIATE E LURIDE DI MERDA
RACCONTARE L'AVANA RILEGGENDO CARPENTIER
LA CITTÀ DELLE COLONNE
VISITANDO LA CITTÀ
UNA STORIA DI SPLENDORE E DECADENZA
TRA MARE E CAMBIAMENTO
ALL’AVANA SULLE TRACCE DI HEMINGWAY
L’AVANA SECONDO GUILLERMO CABRERA INFANTE
L’AVANA LETTERARIA DI UN INFANTE DEFUNTO
AVANA MAGICA
L’ODORE DELL’AVANA
TEMPESTA ALL’AVANA
CITTÀ CADENTE E PERIFERIA DISPERATA
UN CAFÉ NOSTALGIA CON ZOÉ VALDÉS
L’AVANA SUCIA DI PEDRO JUAN GUTIÉRREZ
ALL’AVANA CON PEDRO JUAN, SENZA NIENTE DA FARE
L’AVENIDA DEL PUERTO
LE MACERIE DELL’AVANA
NOSTALGIA DEL RITORNO
ARRIVA IL CICLONE
DIMENTICARE CUBA
L’AVANA SECONDO VIRGILIO PIÑERA
SOTTO QUESTA PIOGGIA, LA PATRIA È UN’ARANCIA…
SECONDA PARTE. STORIE CUBANE
UN PARADISO PERDUTO
LETTERA A MIAMI
DI NUOVO INSIEME
MALEDETTO SIGARO
NATALE A CUBA
UN MONOPATTINO DI LEGNO
VIAGGIO LONTANO
EPILOGO
BIBLIOGRAFIA CUBANA
GORDIANO LUPI
APPENDICE FOTOGRAFICA
APPENDICE FOTOGRAFICA
Edizioni Il Foglio
NARRATIVA
A mia moglie Dargys, che diciassette anni fa mi ha fatto innamorare d'una terra fantastica; senza di lei non solo non ci sarebbe questo libro, ma credo proprio che non avrei mai scritto niente.
A tutti gli scrittori cubani esiliati, che prima o poi dovranno tornare, magari insieme a me, che come loro mi sono macchiato della colpa di aver espresso una libera opinione.
PRIMA PARTE. AVANA, AVANA…
Habana, Habana,
si bastara una canción
para devolverte todo
lo que el tiempo te quitó.
Habana, mi Habana
si supieras el dolor
que siento cuando te canto
y no entiendes que este llanto
es por amor."
Avana, Avana,
se bastasse una canzone,
per restituirti tutto
ciò che il tempo ti ha preso.
Avana, mia Avana
se sapessi il dolore
che provo quando ti canto
e non capisci che questo pianto
è per amore.
(Carlos Varela, Habaname dall’album Como los peces
)
BESTIOLE INGABBIATE E LURIDE DI MERDA
Ho seguito Günter Grass
per tutta la città.
Restavo in silenzio
appoggiato su qualche cantone
ad ascoltare.
Qualcuno gli ha chiesto dell’Avana
e il tipo ha detto: "Mi ricorda Calcutta.
Ho perso la parola davanti a tanta povertà e miseria. Laggiù
nei primi mesi non riuscivo a scrivere".
Anch’io ho perso la parola ascoltandolo.
Mi ha steso KO
e sono tornato nel mio quartiere.
Non c’era nemmeno un goccio di rum
per riprendermi.
Vado un po’ a zonzo
cercando qualcosa da mangiare
mi metto in coda
per due cucchiaiate di tritato di soia
a volte mi provoca diarrea
ma non c’è altro.
Siamo in fila
e arrivano dei tizi con magliette dell’UCLA
e macchine fotografiche professionali.
Eravamo un buon boccone
magri e denutriti.
Cerco di nascondere il volto
ma quel cornuto del fotografo è molto bravo
(e per di più ha rollini in abbondanza)
e scatta a raffica.
Mi si stringe il culo per la vergogna
e ricordo che io facevo lo stesso
nelle favelas di São Paulo
e negli immondezzai di Bogotà
e nei miseri mercatini del Guatemala.
La gente sottraeva il volto
E io non capivo perché.
Pedro Juan Gutiérrez da Non aver paura Lulù - Traduzione di Danilo Manera - Edizioni Estemporanee, 2006
RACCONTARE L'AVANA RILEGGENDO CARPENTIER
Alejo Carpentier è uno dei più grandi scrittori cubani del Novecento. Nasce all’Avana nel 1904, muore a Parigi nel 1980. Viaggia molto, prima da esule, poi da addetto culturale della Cuba di Castro e vive a lungo in Francia. Abbraccia la Rivoluzione Cubana con grande convinzione e ne diventa una delle voci letterarie più importanti, entrando nel Gruppo Minorista insieme a Nicolas Guillén e altri autori. Scrive opere immortali come I passi perduti (1953), Il secolo dei lumi (1963), Il ricorso del metodo (1974), Concerto barocco (1974) e L’arpa e l’ombra (1979). Nel 1977 ottiene il Premio Cervantes, ultimo riconoscimento prima di morire, e ha la fortuna (come Guillén) di andarsene prima del completo sfaldamento degli ideali per cui ha lottato. Peccato che siano poche le opere di Carpentier tradotte e reperibili in italiano: Il secolo dei lumi (Sellerio), Ufficio di tenebre (Besa) e L’Avana, amore mio (Baldini & Castoldi). Alejo Carpentier trasforma L’Avana in un personaggio vitale delle sue narrazioni, nessuno racconta così bene la città caraibica e chiunque prova a fare la stessa operazione deve confrontarsi con un’importante lezione artistica.
L’Avana, amore mio è una raccolta di articoli, interventi, piccoli saggi, che Carpentier dedica alla sua città dal 1925 al 1973, testimoniando cambiamenti e continuità storica, momenti di decadenza e splendore culturale, passione e rivoluzione. Carpentier diventa il cantore dell’Avana, lo scrittore che torna a casa dopo undici anni di esilio e ama tutto della sua città, persino lasciarsi cullare sotto il sole feroce del mezzogiorno, quando i tacchi affondano nell’asfalto reso molle dal caldo . Non è cambiata molto L’Avana, anche se sono passati più di ottant’anni, resta sempre una città senza tempo e fuori dalla storia. I vecchi quartieri del porto sono ancora intatti nella loro voluttuosa arroganza fatta di spirito vagabondo, Plaza de la Catedral è sempre bella e vetusta, le strade danno sempre la sensazione di essere padroni della città, senza obblighi da rispettare e marciapiedi da seguire. Non ci sono più le vecchie osterie spagnole sul mare, ma solo tanti locali per turisti che confinano gli indigeni al ruolo di accattoni della notte in cambio di amore mercenario. Le strade sono affollate delle solite persone sudate che si lasciano vivere con leggerezza, senza troppi affanni, che inventano, giorno dopo giorno, vie d’uscita per un’esistenza incerta.
Carpentier ci dice che L’Avana non è una città stupida, ma una città fantastica dove lasciar correre la memoria lontano dalle abitudini. Si rende conto che per amarla a fondo occorre sentirne la mancanza, averla abbandonata molti anni prima e infine ritrovarla, cambiata ma sempre identica a se stessa e ai sogni di un ragazzino partito per lidi lontani. Lo scrittore perlustra la città con gli occhi del turista, osserva piccole palme, piccoli alberi da cocco, piccole sapote , piccoli mamoncillos . Si lascia suggestionare dalla bellezza di uno spettacolo romantico fatto di castelli coloniali, con torri e fossati, che ricordano tempi di pirati e bucanieri, ma anche di conquistatori spagnoli. El Morro e La Cabaña sono ancora là, giganti di marmo sopra le cui mura passa la storia senza dimenticare tracce e ferite. Il porto dell’Avana è ancora l’unico al mondo a dare una sensazione precisa che la nave, al suo arrivo, penetri dentro la città, solo che adesso nessuno raggiunge L’Avana via mare e le imbarcazioni che solcano il mare sono piccole lancitas che collegano Regla, barche commerciali e transatlantici di lusso per crociere internazionali. L’Avana è una città provinciale, proprio come ai tempi di Carpentier, magari non si fa più la passeggiata in auto per il Prado e il Malecón, anche perché la benzina si trova male e non va sprecata, ma si va avanti e indietro per il Boulevard, ci fermiamo a conversare davanti al Capitolio e ci spingiamo fino al mare passando per Centro Avana, senza molto da fare, solo inventare la vita. L’Avana di oggi è ben descritta dai romanzi intensi di Pedro Juan Gutierrez, ricchi di personaggi picareschi e incredibili, simbolo di una Cuba disperata alla perenne ricerca del modo per sbarcare il lunario. Oggi è quasi impossibile incontrare avaneri che possono indossare cappello panama e vestiti di tela tropicale. Non è facile imbattersi in abitazioni lussuose costruite in stile coloniale, a parte la ridicola scenografia di Centro Avana a uso e consumo del turismo, di chi passa e guarda indifferente la decadenza di una città perduta. Ancora oggi concordo con Carpentier che una delle cose da visitare dell’Avana è il mercato, ma non quello finto per turisti che si tiene dietro Plaza de la Catedral, dove si vendono le cianfrusaglie che si trovano in ogni parte del mondo. Per conoscere L’Avana e lo spirito cubano bisogna visitare un mercato vero, dove incontriamo venditori di guarapo (bevanda energetica ricavata dalla canna da zucchero), ambulanti che smerciano frutta raccolta in campagna, strilloni che ti fanno avvicinare al banco di carne e pesce, persone che ti chiedono di comprare un cartoccio di maní (noccioline tropicali). Lo strillo del venditore ambulante è stato immortalato da vecchie canzoni come El manicero , annuncio vocale che mette in guardia, spesso accompagnato da strumenti musicali, a volte basta la voce. Come l’uccello ha il suo grido, ogni venditore ha il suo canto , dice Carpentier. Adesso ci sono meno venditori ambulanti all’Avana rispetto agli anni Quaranta, ma resta ancora una città provinciale dove si possono sentire le urla stridule del venditore di mango, il gridare intenso dell’arrotino e il melodioso canto dei venditori di tamarindo e noccioline. L’Avana è fatta di contatto con la gente, viva e calorosa come in poche località del mondo, ma anche di rapporto quotidiano con l’arte povera, popolare, con le iscrizioni sui muri e le insegne colorate. Dopo il trionfo della Rivoluzione fanno parte di quest’arte povera anche i dipinti che inneggiano a Fidel, al fatidico Venceremos , alla memoria e all’esempio di Che Guevara, agli eroici guerriglieri che hanno dato la libertà alla patria e che continuano una dura lotta antimperialista. È Cuba pure questa, anche se ormai sono in pochi a credere al contenuto di certi cartelli propagandistici. Fanno parte del colore locale e delle suggestioni che ci portiamo dietro al ritorno dal viaggio, come sono elementi della realtà caraibica le navi in miniatura messe in bottiglia, i carretti che venditori di granizado , gelati e dolci spingono per le vie della città. Le strade dell’Avana sono vive e non pittoresche, sono strade dove si inventano traffici e commerci, dove l’arte di arrangiarsi supera la più sfrenata fantasia, sono luoghi d’incontro con mulatte sorridenti e ragazzi simpatici dalla battuta pronta. Le strade dell’Avana sono uno spettacolo perenne: teatro, caricature, dramma, commedia, in esse c’è materia viva, umanità, contrasto , dice Carpentier. Niente a che vedere con il pittoresco. Qui c’è materia viva per scrittori, più che per turisti superficiali e distratti. Non per niente Hemingway frequentava le strade dell’Avana, i locali notturni e i quartieri periferici. Non c’è strada dell’Avana che non abbia la sua buca, ci sono autisti di taxi che le conoscono per nome e sanno con precisione dove si trovano. Questo era vero ai tempi di Carpentier ed è realtà quotidiana ancora oggi, non c’entra niente il periodo speciale e non vanno incolpate le ristrettezze economiche. La buca è una costante cubana, fa parte del corredo urbano ed è completamente ineliminabile, serve a distinguere un buon guidatore da un turista inesperto. All’Avana c’è un porto stupendo, una baia che sembra penetrare nel cuore della città, anche se la gente del posto non vive di mare e mangia poco pesce. Il rapporto con il mare è importante, anche solo per assaporare l’aria dell’oceano e immaginare un soffio di libertà. Nella baia dell’Avana ci sono Regla e Casablanca, collegate da una lancita che porta gente da una parte all’altra della città a ogni ora del giorno. Casablanca mi fa pensare a certi paesi della costa basca spagnola e non per l’architettura delle case, ma perché in fondo a ogni strada si vede sempre un’imbarcazione , dice Carpentier. Casablanca è una città edificata sul fianco di una collina, le case possiedono il caratteristico tetto cubano fatto di tegole, ma anche portoni e balconi, è una città capricciosa costruita su vie tortuose, piena di carattere e suscettibile come una donna cubana. Casablanca è l’unico luogo dell’Avana in cui è