Edita
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Anteprima del libro
Edita - Dante Paolo Ferraris
libro.
Prefazione
Dai colori della città eterna in un viaggio tra la storia e le leggende, idealmente percorrendo un percorso che unisce i più importanti obelischi di Roma, agli ipnotici racconti della città patavina. Dalla dolce pianura di Vukovar fino al pacifico mare Adriatico di Spalato, passando per Zagabria e l’amata Karlovac sempre in compagnia di Edità. Un viaggio tra i santuari torinesi e gli amici di Leinì. Un affascinante viaggio in treno dalla pianura Padana, attraverso gli Appennini, fino al mare. Una fuga giovanile alla ricerca di divertimento a Minorca.
Edità, è un libro dedicato ad una vera Amica croata, una delle persone più amabili che ho conosciuto – un’appassionata viaggiatrice che nutre un amore incommensurabile per l’Italia. Conosciuta durante il tragico conflitto che insanguinò i balcani negli anni novanta del secolo scorso, da allora l’amicizia si è sempre più rafforzata nonostante la lontananza. Cittadina onoraria della città di Alessandria, ha ispirato tanti viaggi in giro per il mondo ed ha saputo mantenere vivo il lagame tra le città gemellate di Karlovac ed Alessandria, tanto da essere anche un importante raccordo tra le gemelle Karlovačka Županija e la Provincia di Alessandria.
Il libro racconta le storie di alcuni miei viaggi, esperienze personali, di chi salendo su un treno, un autobus, un aereo o una nave, ha trovato giorno per giorno l’opportunità di crescere, di cambiare e di trasformarsi in uomo. Viaggi nel dolore, viaggi di piacere, viaggi alla scoperta di se stessi, segnati nella memoria indelebile dell’amicizia.
ZAGREB
Di Karlovac ho già scritto tanto e tanto ancora scriverò, la ritengo la mia seconda città, in quanto racchiude molti miei affetti. Della sua capitale Zagabria ho scritto invece poco e merita una mia maggiore attenzione.
Diverse volte ho avuto modo di visitarla ed ho apprezzato il suo stile di vita, la trovo una città romantica, non meno delle più famose Parigi e Venezia, ma anche affascinante e intrigante come Praga o Roma, giovanile e gioviale come Barcellona o Berlino e trasgressiva come Amsterdam o Milano ed inoltre è proprio una città mitteleuropea che mi piace, piccola, che si può girare a piedi, piena di storia, a misura d’uomo.
È bello perdersi per le sue stradine e vicoli in ciottolato che spesso fanno un percorso annodato, una città che parte dal fiume e sale in collina dopo aver percorso un bel tratto di pianura. Zagabria si presenta al turista come una città dinamica, vivace, ricca di storia rivelata dai suoi molteplici musei, una città d’arte con le proprie architetture che sembra vogliano gareggiare con le stelle e testimoniata dalle innumerevoli gallerie d’arte, dai suoi caffè letterari e dai suoi circoli più esclusivi.
Un tempo era conosciuta quasi esclusivamente come fermata lungo la linea dell’Orient-Express, oggi è una città di costume, pronta a raccogliere stimoli e tradurli in moda. La storia contemporanea è fatta di guerra, sofferenze e atrocità combattute da un popolo che per secoli ha cercato di autodeterminarsi, prima dai Romani, poi dagli Ungheresi, poi dagli Austriaci e recentemente dall’Ex Jugoslavia. Per fortuna la città ha subito nell’ultimo conflitto per l’indipendenza croata pochi danni e i segni e le ferite sono più nell’animo degli zagabresi che negli edifici.
Purtroppo Zagabria è una delle città più sottovalutate dell’Europa Centro-Orientale. I turisti sono soliti dare un’occhiata fugace al centro per poi spostarsi sulle coste dalmate o per recarsi in altre capitali europee. Ed è un peccato perché non è solo la capitale politica, economica e culturale della Croazia ma offre molto di più sia come storia che come cultura.
I suoi abitanti sono conosciuti per il loro forte campanilismo, che poi si traduce in amore per la città, ma anche per l’abilità di fondersi con la città stessa, quasi fosse un matrimonio. Zagabria è una città che vale la pena godersi e va trattata a mio parere come una bella storia d’amore.
La parte bassa della città è un susseguirsi di parchi e piazze. Si tratta di una combinazione di giardini alla francese e parchi boscosi in stile inglese, circondati da grandi palazzi ottocenteschi. In pieno centro si trova il Giardino botanico in grado di svegliare delle fantastiche sensazioni. Un giardino allestito nel 1890 con oltre diecimila piante di cui quasi duemila originarie dei tropici. Credo che debba essere una sensazione fantastica passeggiare per i giardini in primavera o in autunno all’alba, quando tutto si sveglia ed è tutto profumato, un vero must di romanticismo.
Di solito cerco di parcheggiare, quando ci riesco, vicino al magnifico Teatro Nazionale Croato, in Trg Marŝala Tita. Il monumentale Teatro Nazionale Croato, un’opera commemorativa del neobarocco, che è stato inaugurato dall’Imperatore Franz Joseph nel lontano 1895. Il tempio barocco dell’arte drammatica della città di Zagabria offre una sensazione speciale nel guardarlo. Questo immenso palazzo è attorniato da splendidi giardini e dall’ intrigante e moderna fontana della Vita, opera dello scultore Ivan Meštrović.
Vicino al teatro si trova il Museo Mimara, una recente galleria d’arte forse annoverabile tra le migliori di Zagabria, inaugurata nel 1987. Al suo interno vi si trovano esposti reperti egizi, greci e romani insieme a importanti dipinti di Renoir, Rubens e Raffaello.
Al bar Hemingway, dirimpettaio del teatro, solo giovani virgulti con occhiali da sole neri e cellulare incollato all’orecchio. Auto ultimo modello e di grossa cilindrata insieme ad abiti griffati pare siano i principali requisiti per poter accedere al locale. L’esibizionismo di questi giovani croati non era proprio dell’illustre scrittore del celebre romanzo Il vecchio e il mare
.
All’angolo tra la Preradovica ulica e la Masarykova ulica, non puoi non notare la statua dedicata a Nikola Tesla, chiamata il genio pensoso
; il monumento, a grandezza naturale e realizzato in bronzo come altre statue sparse per il centro cittadino, poggia su un basamento che rende la figura di Tesla ancora più imponente. È raffigurato seduto, ripiegato su se stesso con espressione pensosa.
Tesla (1856) nacque da genitori serbi della Lika, regione della Croazia vicino alla Dalmazia. A lui si devono molte importanti scoperte sull’energia elettrica e sul campo magnetico rotante.
Nell’avvicinarsi alla parte centrale di Zagabria corre l’obbligo di scrivere due parole sulla città, anche per comprendere meglio il contenzioso storico esistente tra le vecchie mura. L’area su cui sorge Zagabria risulta abitata sin dal Neolitico, mentre all’epoca dei Romani risalgono le vestigia ben conservate di Andautonia. La storia più interessante della città ricorre però solo dall’XI secolo: nel 1094 il re d’Ungheria Ladislao eresse una sede vescovile sulla collina di Kaptol. Sul colle adiacente si sviluppò nel contempo un’altra comunità, indipendente dal vescovo, che prese il nome di Gradec. Nonostante la vicinanza i due insediamenti di Gradec e Kaptol cercarono costantemente di danneggiarsi a vicenda. La città vescovile scomunicava Gradec, che rispondeva incendiando la rivale. I due centri intessevano rapporti solo per motivi commerciali, come le tre grandi fiere.
I due insediamenti subirono pesanti danni durante l’invasione dei Mongoli del 1242. Il re Bela IV fece di Gradec una città regia, ossia non soggetta a signorie feudali, per attirarvi artigiani forestieri e renderla zona d’interesse per scambi commerciali. Gradec e Kaptol divennero un’unica città, Zagabria, all’inizio del XVII secolo.
A ridosso della città, sul monte Medvenica, si erge quello che resta della fortezza di Medvedgrad, eretta tra il 1249 e il 1254 per proteggere Zagabria dalle invasioni dei Mongoli e da allora è simbolo della resistenza croata e della lotta per la libertà; in seguito appartenne a diverse famiglie aristocratiche, finché a causa di un violento terremoto venne abbandonata. La fortezza è associata ad una delle leggende più antiche e inquietanti della Croazia, quella della Regina Nera; un personaggio dalla crudeltà leggendaria e chissà se il mito deriva dalla Messalina di Germania, meglio nota come Barbara di Celje (1400 circa). La Regina Nera era una regnante straniera, audace e forte, praticava l’alchimia e si dice anche riti magici, vestiva sempre di nero perché rimasta vedova all’età di quarantasei anni e ciò la porta nell’iconografia fanciullesca a vederla sotto forma di vampiro. Nella leggenda il suo fedele servitore era un enorme corvo che terrorizzava le campagne circostanti. La sua figura è spesso utilizzata per spaventare ed abbonire i bambini croati che ancora oggi giocano a Crna Kraljica jen, dva, tri!
(Regina Nera uno, due, tre), la versione croata del gioco di gruppo Un, due, tre, stella!
che ormai i nostri fanciulli non conoscono nemmeno più. La tradizione vuole che l’oro della regina sia ancora nascosto nelle segrete della fortezza.
Per raggiungere il centro della città si transita lungo strade affollate ad ogni ora del giorno e della notte dalla gioventù universitaria zagabrese e non solo. In Trg Cvjetni e nelle vie adiacenti, oggi zona pedonale della parte bassa della città, si trova il luogo di incontro preferito dagli zagabresi, un punto caotico della capitale soprattutto nell’ora di punta. Vi trovi spesso le bancarelle di varie associazioni, di organizzazioni religiose e non solo, per la distribuzione di volantini ma anche di promozioni commerciali. Un luogo ideale per fare sosta durante lo shopping, dove fino a tarda notte è possibile fermarsi a chiacchierare amabilmente nei tanti bar con i loro dehors dalle poltroncine di paglia e dai caratteristici ombrelloni colorati. Non a caso in questa piazza è stato eretto il monumento a Petar Preradović, poeta del movimento illirico che scriveva "al cuore umano manca sempre qualcosa, l’animo è sempre insoddisfatto", parole struggenti di un poeta, profondo conoscitore dell’animo umano e dal pensiero sempre attuale. Sulla piazza bellissimi chioschi di venditori di fiori che pare siano stati appositamente collocati per offrire al passante il gusto di assaporare profumi e colori. Questa è una piazza che non va raccontata ma semplicemente vissuta. Tra l’altro all’estremità settentrionale della piazza si trova la chiesa ortodossa della Santa Trasfigurazione, costruita nel 1866.
In centro città si trova la piazza Trg Josip Jelačića, collocata tra la moderna città bassa e la città alta, costituita dai due antichi villaggi di Gradec e Kaptol, la cui unione diede vita a Zagabria. La Trg Josip Jelačića è la piazza più importante della capitale croata, se la città ha un cuore questo è il cuore di Zagabria; è un luogo che con il suo sferragliare dei tram in continuo transito la rende ai miei occhi particolarmente affascinante. Artisti di strada, venditrici di mazzetti di fiori e incontri casuali sono la sua quotidianità, tutto all’ombra del monumento equestre che vi campeggia. Il monumento è dedicato al Ban (viceré) Josip Jelačić che nel XIX secolo guidò l’esercito croato in una sfortunata battaglia contro l’Ungheria, nella speranza di ottenere maggiore autonomia per il suo popolo se non addirittura l’indipendenza.
È curioso sapere che la statua equestre fu rimossa dalla piazza nel 1947 dal governo di Tito, ritenendo che rappresentasse un simbolo per i nazionalisti croati e quindi un pericolo per la neonata Federazione di Jugoslavia. Nel 1990, ad indipendenza ottenuta, il nuovo governo, tra le prime decisioni che assunse, prese quella di ricollocare il monumento equestre al centro della piazza nella sua antica posizione originaria.
Nella parte destra della piazza c’è una moderna fontana rotonda, la Fontana Mandusevac a cui è legata una leggenda. Pare che tempo addietro la fontana fosse rifornita da una sorgente di acqua. Nei documenti dei processi alle streghe veniva indicata come il loro luogo di ritrovo. Si dice che durante una giornata molto calda ed assolata, il Ban di ritorno da un’importante battaglia, passò, stanco e assetato davanti alla fonte. Vedendo una giovane popolana, che si chiamava Manda, accanto alla sorgente, le domandò di attingergli dell’acqua per potersi dissetare. La ragazza attinse l’acqua e gli porse da bere. Da questo fatto la sorgente prese il nome di Mandusevac con riferimento alla bella e gentile Manda e il luogo, dal verbo attingere, che in croato antico è zagrabiti
, fu chiamato Zagreb, che diede poi formazione del nome della città Zagabria. Si diffuse subito la diceria che chi si dissetava con l’acqua della fonte di Manda sarebbe ritornato in visita alla città. Oggi si crede che porti fortuna gettare nel piatto della fontana una monetina e come succede per il pozzo di San Patrizio e per la romana Fontana di Trevi, si dice che sia di buon auspicio per tornare a far visita a Zagabria. Questa piazza non è mai deserta, passanti indaffarati, casalinghe con le sportine cariche di spesa, innamorati mano nella mano, fanciulli divisi in crocchi a chiacchierare e uomini d’affari muniti di valigetta ventiquattrore sono parte della sua vita quotidiana.
Vicino si trova anche la cattedrale in stile neogotico dedicata all’Assunzione di Maria ed ai due re Stefano I e Ladislao I e rappresenta l’edificio di culto più alto del paese. Costruita originariamente in epoca medievale, la cattedrale custodisce un tesoro d’inestimabile valore con oggetti risalenti al periodo che va dall’XI al XIX secolo. In essa riposano le spoglie di numerosi protagonisti della storia come quelle del Beato Alojzije Stepinac, arcivescovo di Zagabria dal 1937 al 1960 e cardinale tra i più giovani del tempo, una figura però piuttosto controversa. Da una parte è accusato di collusione con il regime ustascia di Ante Pavelić, dall’altra viene considerato un martire perseguitato dal regime comunista jugoslavo.
La costruzione della cattedrale ebbe inizio nel 1093 e fu completata nel 1217 ma con l’invasione mongola del 1242 fu rasa al suolo dagli invasori. Successivamente il vescovo Timoteo (1263-1287) fece ricostruire una nuova cattedrale sulle rovine di quella distrutta. Il nuovo edificio fu dedicato al re ungherese Stefano I, poi santificato. A seguito delle invasioni delle armate dell’Impero ottomano che occuparono la Croazia e la Bosnia nel XV secolo, fu deciso di costruire delle mura di fortificazione, alcune delle quali sono ancora intatte. Una torre di guardia fortificata in stile rinascimentale fu eretta nel XVII secolo e utilizzata come punto di osservazione militare al fine di contrastare la minaccia ottomana. La torre prese il nome di Torre Bakac, in onore dell’allora arcivescovo di Esztergom Toma Bakac. La cattedrale venne seriamente danneggiata dal terremoto di Zagabria del 1880. La navata principale crollò e fu danneggiata irreparabilmente anche la torre. Il restauro della cattedrale fu condotto da Hermann Bollé. L’attuale fisionomia dell’edificio in stile neogotico risale a quel periodo. Durante il restauro due grandi guglie alte108 metri furono erette sul lato occidentale della struttura.
Ogni volta che vi entro rimango impressionato per il gruppo di statue che raffigurano la crocifissione di Cristo e dei due ladroni. Raramente ho potuto vedere un gruppo scultoreo che comprendesse l’intero avvenimento. Sopra al gruppo statuario c’è una lunga frase in glacolitico, il più antico alfabeto slavo conosciuto. Venne creato dal missionario Cirillo, insieme a suo fratello Metodio, intorno all’862-863 per tradurre la Bibbia e altri testi sacri in antico slavo ecclesiastico.
La cattedrale è anche raffigurata sul retro delle banconote da 1000 kuna (moneta nazionale croata) emesse nel 1993. Di fronte alla cattedrale di Zagabria si trova la Fontana degli Angeli del XIX secolo, dove sembra che i quattro angeli stessero a guardare la costruzione della cattedrale. Nella parte sommitale della colonna la Vergine Maria domina la piazza.
Assolutamente imperdibile è il mercato della frutta e della verdura, se Trg Josip Jelačića è il cuore della città, Dolac è il suo ventre, dove i contadini portano i loro prodotti per essere venduti direttamente al pubblico. Qui ti accoglie, quasi a venirti incontro, la statua di Kumica Barica
, con la quale la città di Zagabria ha voluto rendere omaggio al duro lavoro delle contadine, che a piedi dalle campagne circostanti portavano al mercato i prodotti della loro terra, in un cesto posto sopra la testa. Barica è il diminutivo del nome Barbara, mentre kumiza era il nome con cui le signore
di Zagabria identificavano le contadine, vestite in costumi nazionali, che portavano i viveri in città. Una tavolozza di colori e profumi inebrianti, difficile, se non quasi impossibile raccontare l’enorme quantità dei prodotti agricoli, posti in composizioni ordinate, quasi disegnate da un architetto e dipinte dai migliori pittori rinascimentali. Vi sono anche piccoli produttori di formaggi e altri prodotti caseari con banchi che emanano profumi che stimolano la fame e che ti fanno assaggiare le loro gustose specialità e i delicati prodotti innaffiandoli con miele campestre. Dopo solo pochi gradini si giunge al mercato dei fiori, dove anziane contadine con il foulard avvolto alla testa e con il viso segnato dal tempo, offrono composizioni di fiori freschi e secchi, bellissimi i gruppi floreali raccolti in mazzolini di fiori di campo. Tutto all’ombra del vicino monumento al vagabondo menestrello di Zagabria, Petrica Kerempuh, protagonista di ballate scritte in un croato arcaico che offrono uno sguardo dal basso
sulla società croata che va dal 1500, epoca delle prime rivolte contadine, fino all’età romantica e alle tensioni politiche del primo ’900. Petrica Kerempuh è visto come una specie di cantastorie vagante e braccato da tutti in ogni epoca. L’ironia, il diffuso sarcasmo e la voglia di ribellione segnano da sempre il forte realismo di protesta, di dolore, di irrisione e, soprattutto, di libertà contro le istituzioni e le sopraffazioni di ogni tempo.
A pochi passi dal fantastico e caotico mercato, scompaiono improvvisamente i ritmi frenetici e si entra in una zona più rilassata dove è necessario perdersi nel dedalo di viuzze per assaporare veramente l’accoglienza di questa città che vuole presentarsi all’Europa unita come una capitale accogliente e innovativa. I tavolini dei bistrot lungo Tkalčićeva ulica, che si estende dalla centrale piazza Ban Jelačić, sono sempre densamente popolati dalla gioventù zagabrese e negli orari di scuola da uomini d’affari che discutono. Ove oggi vi è la strada vi era il torrente Medveščak (a quel tempo chiamato anche Crikvenik o Cirkvenik), lungo il suo corso vi erano stati edificati diversi mulini ad acqua che fungevano come prima zona industriale di Zagabria. Vi erano anche piccoli artigiani che producevano saponi, carta e fabbriche di liquori e concerie.
I mulini ad acqua erano spesso oggetto di contese tra i due villaggi, Kaptol e Gradec. Un trattato di pace tra i due villaggi del 1392 vietava la costruzione di nuovi mulini ad acqua lungo il confine dei due centri abitati, lasciando solo due mulini in funzione, entrambi di proprietà di un monastero cistercense. Questi mulini sono stati rasi al suolo durante la copertura del torrente nel 1898 e la nuova strada prese il nome di Ulica Potok.
La maggior parte delle case che si affacciano su questa strada sono del XVIII o XIX secolo ed il nome di Ulica Potok venne modificato in via Tkalčićeva in onore dello storico Ivan Tkalčić, nato nella vicina Nova Ves. La vita lungo questa strada ora racconta della sua atmosfera tranquilla e metropolitana, una strada costeggiata da case antiche e colorate dai tanti ombrelloni dei bar. Percorrendola si gusta un ambiente senza il quale diventa difficile comprendere la vera anima della città, se non leggendola attraverso le sue botteghe artigiane che espongono uno scorcio di tempo passato ma impegnato nella quotidianità. Qui ci vorrebbe Marija Juric Zagorka a raccontarci la vera Zagabria, ritratta nel bronzo della statua a lei dedicata mentre sembra passeggiare tranquillamente in via Tkalčićeva, con i suoi capelli raccolti in uno chignon e col suo ombrellino da passeggio, intenta a cercare notizie per la sua rivista femminile, la prima nata in Croazia, personaggio ricordato anche come scrittrice di romanzi che intrecciavano storie d’amore con elementi di storia nazionale.
Radićeva ulica è un’altra strada importante il cui nome è legato storicamente a fatti truci, come quando in quella zona furono ritrovati i cadaveri di giovani uomini uccisi, esattamente sotto il Ponte del Sangue che attraversava il torrente che scorreva vicino alla zona del mercato, appena fuori dalle mura. L’area in passato fu luogo di ardui combattimenti tra le due zone contrapposte della città e spesse volte l’acqua del torrente era diventata color rosso sangue. La storia-leggenda ci racconta di un gesuita che uccideva giovani uomini che si azzardavano a corteggiare una nobile donna di cui lui era innamorato, ma che non poteva ovviamente sposare per il suo stato ecclesiastico. Il mistero fu risolto solo dopo la sua morte perché fu trovata la sua confessione scritta.
La Città Alta offre la possibilità di fare una passeggiata in Strossmayer, una romantica strada dalla quale ammirare un bel panorama di tutta Zagabria. La città alta si può raggiungere a piedi, ma per i pigri vi è anche una comoda funicolare che arriva proprio sotto alla torre di Lotrscak.
La torre Lotrščak fu costruita intorno alla metà del XIII secolo in difesa della porta meridionale della città. Il nome ha origine latina: deriva dalla campana latronculorum (campana dei ladri): una volta segnava l’arrivo della notte e la conseguente chiusura delle porte cittadine dopo un’ora, oltre la quale all’interno della città avrebbero potuto aggirarsi soltanto ladri.
Un famoso racconto tradizionale fa risalire la consuetudine quotidiana dello sparo di un colpo di cannone dalla torretta a mezzogiorno ai tempi di un assedio della città da parte dei turchi accampati sul lato opposto della Sava. Un proiettile di cannone sparato dai turchi avrebbe colpito soltanto un gallo riducendolo a brandelli. Il fatto avrebbe demoralizzato i turchi a tal punto da indurli a non attaccare più la città. Un’altra versione dice che l’esercito ottomano era pronto ad attaccare la città, quando una cannonata partita dal colle di Gradec centrò in pieno la tenda del pascià, uccidendolo. Lo stupore e la paura furono tali da indurre l’esercito turco alla ritirata.
Più prosaicamente la cannonata servirebbe a sincronizzare gli orologi dei campanili e gli orologi di tutta la città.
Per chi preferisce salire a piedi è d’obbligo passare dalla antica porta medievale di pietra che dà accesso alla città più vecchia (Gornji Gradec): la porta di accesso si è trasformata in un santuario dai tempi in cui la tradizione popolare racconta che un grande incendio (1731) devastò e distrusse la porta di legno e che dal rogo si salvò soltanto un dipinto raffigurante una Madonna con bambino, al quale da quel momento vennero attribuite capacità taumaturgiche. Diventò presto luogo di preghiera in cui accendere un cero, portare un fiore o chiedere una grazia.
Subito fuori dalla porta di pietra si trova una piazzetta, importante crocicchio della città alta, in cui all’interno di una aiuola fiorita, che fornisce maggiore plasticità alla scultura, vi è il monumento che raffigura San Giorgio e il drago. Questa statua ha una particolarità: tradizionalmente San Giorgio e il drago sono rappresentati nel momento del combattimento o dell’uccisione, mentre invece in questa statua del 1867 è ritratto il momento in cui il santo ha già ha già ucciso il drago e si trova in posizione di riposo.
Subito a ridosso dell’antica porta, verso l’interno delle mura, appoggiata a mezz’altezza delle antiche fortificazioni trovi una graziosa statuina dorata raffigurante Dora Krupićeva. La scultura rappresenta una pudica e bella fanciulla, soggetto di un famoso romanzo d’amore scritto nel 1871 ed ambientato a fine del XVI secolo. Il titolo del romanzo è L’oro dell’orefice
di August Šenoa, secondo il romanzo la protagonista avrebbe abitato in una casa vicino alla porta della città, insieme al padre, l’orefice Petar Krupic. La storia racconta dell’amore impossibile tra una giovane fanciulla e un nobile locale, un romanzo che finirà in tragedia per l’impossibilità dei due di vivere insieme per la differenza di lignaggio.
La porta medievale di pietra è sovrastata da una clava che serviva per proteggere la città dalle streghe.
Subito dopo c’è la più antica farmacia di Zagabria, aperta dal nipote di Dante Alighieri, e una targa in marmo ricorda il nipote del nostro italico poeta. Un’altra leggenda ci racconta che le catene poste di fronte alla farmacia provengano dal veliero Victory
comandato dal famoso ammiraglio inglese Nelson, il vincitore della battaglia di Trafalgar.
A poca distanza si erge la chiesa di Santa Caterina, un tempo chiesa dei gesuiti; fanno bella mostra sulla facciata della chiesa le nicchie con le statue dei quattro apostoli. Nella nicchia più alta, sotto il timpano, la statua di Santa Caterina che impugna la