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Santi?: Martiri, vergini, miracoli
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E-book167 pagine2 ore

Santi?: Martiri, vergini, miracoli

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Chi sono i santi? Subito dopo il riconoscimento ufficiale del Cristianesimo da parte di Galerio, Licinio e Costantino, i santi erano quelle stimabili persone che hanno imposto a noi, come esempio, un modello di vita perfetta o, per lo meno, superiore. Gente seria che non rinunciava alle proprie idee e che per esse si faceva ammazzare. Dobbiamo quindi tutti tendere alla santità perché ciò ci avvicina a Dio e ci allontana dall’esercito dei voltagabbana che ci circonda. Il culto dei santi, che non era neppure immaginato nel Cristianesimo delle origini, risale a circa un secolo dall’inizio dell’espansionismo cristiano, quindi al IV secolo. I martiri come santi furono oggetto di culto quasi obbligato in sostituzione della pluralità delle divinità pagane che, a livello psicologico, non potevano trovare una adeguata sostituzione nella semplice e austera adorazione dell’unico dio monoteista giudeo-cristiano, imposta da Teodosio. Questo trasferimento del culto da divinità pagane a santi cristiani, fu una necessità per le popolazioni e per la Chiesa dovuta al fatto che, dopo i decreti di Teodosio, divenne impossibile venerare divinità pagane.
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2020
ISBN9788835846543
Santi?: Martiri, vergini, miracoli

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    Anteprima del libro

    Santi? - Renzetti Roberto

    TEMPESTA LAICA

    Santi?

    di Roberto Renzetti

    © 2013/2020 Roberto Renzetti

    © 2013/2020 Tempesta Editore

    I edizione cartacea 15 aprile 2013 

    Tempesta Laica

    ISBN cartaceo 9788897309376

    Tempesta Editore

    via Nicola Catena, 11 - 00069 Trevignano Romano RM

    www.tempestaeditore.it

    info@tempestaeditore.it

    cell. 3401415842

    SANTI?

    martiri, vergini, miracoli

    di

    Roberto Renzetti

    A Ipazia,

    l’unica santa martire di quel periodo

    che io conosca.

    Con la speranza che non fosse vergine.

    Un poco di storia

    Chi sono i santi?

    Subito dopo il riconoscimento ufficiale del Cristianesimo da parte di Galerio, Licinio e Costantino, i santi erano quelle stimabili persone che hanno imposto a noi, come esempio, un modello di vita perfetta o, per lo meno, superiore. Gente seria che non rinunciava alle proprie idee e che per esse si faceva ammazzare. Dobbiamo quindi tutti tendere alla santità perché ciò ci avvicina a Dio e ci allontana dall’esercito dei voltagabbana che ci circonda.

    Il culto dei santi, che non era neppure immaginato nel Cristianesimo delle origini, risale a circa un secolo dall’inizio dell’espansionismo cristiano, quindi al IV secolo. I martiri come santi furono oggetto di culto quasi obbligato in sostituzione della pluralità delle divinità pagane che, a livello psicologico, non potevano trovare una adeguata sostituzione nella semplice e austera adorazione dell’unico dio monoteista giudeo-cristiano, imposta da quel criminale di Teodosio. Questo trasferimento del culto da divinità pagane a santi cristiani, fu una necessità per le popolazioni e per la Chiesa dovuta al fatto che, dopo i decreti di Teodosio, divenne impossibile venerare divinità pagane.

    Le popolazioni avevano le loro divinità che si videro sottratte da un giorno all’altro e la reazione, a lungo andare, fu quella di convertirsi (ma senza alcuna convinzione, semmai con qualche rancore) per ritrovare una qualche divinità da venerare, a cui affidarsi e da cui farsi proteggere. Qui nasceva la difficoltà per la Chiesa che doveva fornire a quei conversi la nuova divinità. Un dio astratto, l’originario dio cristiano, non faceva al caso di chi aveva avuto una icona, una statua da venerare.

    Come vedremo la Chiesa operò delle sostituzioni costruite in modo da soddisfare al meglio il desiderio degli ex pagani che volevano avere una divinità. Stabilito in qualche modo il trasferimento, la cristianizzazione di questo trasferimento avveniva affermando che non era più quel dio (quindi ora quel santo) che faceva direttamente una grazia, ma il santo operava solo come intermediario verso l’unico Dio cristiano (era la vera novità che non intaccava l’ortodossia cristiana e accontentava il convertito per il quale questo discorsetto iniziale aveva ben poco significato).

    Per tutto il resto i riti rimasero gli stessi del politeismo. Almeno per le divinità minori, la cappella del santo prese il posto del santuario della divinità pagana e, senza colpo ferire, il nuovo occupante assunse tutte le funzioni dello sfrattato con il trasferimento a lui delle usanze e superstizioni locali. Poiché le divinità pagane erano venerate in quanto protettrici di qualche categoria di persone o di qualche fatto naturale, si pensò bene di attribuire a ogni santo una particolare predisposizione nel proteggere persone, luoghi o eventi. La festa del dio venerato localmente diventò la festa del santo patrono. I miti relativi a questo santo patrono, come la sua vita e il suo operato in materia di miracoli, spesso, sarebbero nati dall’integrazione di fatti di vita del santo in oggetto, nell’ipotesi di sua esistenza, con leggende relative al dio pagano. 

    Dove cercare i primi santi, coloro che dovevano sostituire le divinità pagane?

    Sembrò abbastanza naturale trovare questi personaggi esemplari, indiscutibili, di sicuro esempio, tra le persone che erano cadute per aver sostenuto la propria fede nell’Impero di Roma, i martiri, come li chiamò la Chiesa, che si erano avuti durante quelle che la Chiesa chiamò persecuzioni. Per sfatare sciocche credenze, c’è da dire che l’Impero di Roma non aveva un particolare odio contro i cristiani. è a tutti noto che Roma aveva una legislazione estremamente permissiva con tutte le religioni dei popoli che cadevano sotto il suo dominio considerandole manifestazioni degli dèi che già conoscevano. Nelle caserme e nei circhi c’erano piccoli altari dove ognuno pregava il suo Dio o i suoi dèi poiché non vi era l’unicità di un culto ma era possibile venerare più divinità contemporaneamente. Ciò che veniva richiesto a tali religioni era solo il rispetto delle leggi dello Stato e quindi il non creare problemi di ordine pubblico. In un certo momento, a quanto detto, si aggiunse una nuova legge che andava a sancire un costume affermatosi fin dalla morte di Augusto nel 14 d.C.. In tutto l’Impero si diffuse una vera gratitudine per questo imperatore che aveva portato pace e prosperità dopo secoli di guerre e carestie. Come atto prevalentemente politico, come riconoscimento della centralità di Roma nell’Impero, si tributarono ad Augusto gli onori che normalmente vengono tributati a una divinità e ciò non era altro che un modo per esprimere omaggio e lealtà allo Stato. Questa prassi divenne legge con Domiziano, Imperatore dall’81 al 96. La legge richiedeva a tutti i cittadini e sudditi dell’Impero, e quindi anche ai cristiani, il compimento di riti previsti in quella che era diventata religione di Stato, riti riassumibili in periodici sacrifici di animali o nel depositare un poco d’incenso dentro una pira in onore della divinità imperiale, fatto che, nella mentalità di Roma, non significava in alcun modo il riconoscimento dell’unicità di un Dio ma una semplice disposizione di ubbidienza e sottomissione allo Stato. Sappiamo quindi per certo che nelle pretese persecuzioni non ci si accaniva contro il cristiano in quanto tale ma solo in quanto commetteva, come chiunque altro, dei crimini e tra questi crimini subentrava la non fedeltà a Roma e il non riconoscimento dell’autorità dell’Impero (verso la fine del III secolo si rese evidente un altro motivo per perseguire i cristiani, il loro non volere combattere negli eserciti di Roma, come discusso in nota 4). In ogni caso le uccisioni e le condanne furono episodi circoscritti, legati a colpe concrete che venivano loro attribuite, e furono accompagnate anche da atteggiamenti favorevoli verso i cristiani di alcuni imperatori. All’obbligo di sacrificare all’Imperatore erano esonerati solo gli ebrei ma, appunto, non i cristiani.

    Alla domanda del perché accadesse ciò, ho trovato convincente la risposta di Gibbon che riassumo. Gli ebrei, con la loro superba pretesa di superiore santità, potevano spingere i politeisti romani a considerarli una genìa odiosa e impura. I romani potevano considerare le leggi di Mosè frivole e assurde ma, e questo è il punto, quelle leggi definivano da centinaia di anni un popolo, una nazione che, in quanto tale, doveva essere rispettata (anche se gli ebrei di Palestina avevano dato ai romani enormi problemi con inenarrabili stragi di soldati)(1). E questo popolo aveva le sue riconoscibili sinagoghe sparse ovunque e ovunque faceva sacrifici al suo Dio.

    I cristiani erano invece considerati una setta di costituzione recente, senza tradizioni, senza nazione, senza chiese, senza sacrifici perché sostituiti con il pane e il vino dell’eucarestia (questa metafora del sacrificio fu introdotta dalla Chiesa anche per avvicinare i poveri alla nuova fede, poveri che non potevano permettersi animali da sacrificare). Inoltre il loro non riconoscersi in nessuno degli dèi noti, con la presunzione del possesso esclusivo della conoscenza del vero Dio e con l’aggravante del disprezzo di ogni altra religione considerata empia e idolatrica, li rendeva sospetti della non accettazione dell’ordine costituito e quindi contestualmente eversori o possibili tali (in un momento storico in cui in Palestina nasceva ogni tipo di setta disposta a farsi ammazzare pur di cacciare gli occupanti romani).

    Ma poi, una setta di recente costituzione come ha l’ardire di dileggiare, di accusare di errore i propri compatrioti credenti in altre divinità e, peggio, di condannare la fede dei padri, fede mai così denigrata da credenti in altri dèi?

    Era un dato comune a tutti che la tolleranza è un qualcosa che si concede a chi ha una reciproca indulgenza. Infine costoro disponevano solo di un Dio invisibile che, come tale, non era comprensibile anche alle persone colte di Roma, ai filosofi e ai credenti politeisti, anche pii. Sotto un diverso profilo, i cristiani erano conosciuti perché diffusi soprattutto in Asia e Africa dove erano usi fare riunioni in case private anche di notte. Ebbene, queste riunioni segrete non erano tollerate dai romani in zone che continuamente creavano problemi di ordine pubblico.

    A questi dati oggettivi, che facevano parte della mentalità dell’epoca, si aggiunse come corollario la diffamazione non dissimile a quella che secoli dopo i cristiani realizzarono contro gli ebrei di Spagna. Si iniziò a favoleggiare di riunioni notturne dei cristiani nelle quali si effettuavano dei riti orrendi con dei neonati.

    Racconta Giustino Martire [Apolog. Major. I, 33; II, 14] che un bambino, completamente ricoperto di farina era considerato il mezzo per essere iniziati al Cristianesimo. Ogni aspirante doveva bucherellare la pelle del bambino, leccare il sangue che usciva fino a mangiare le sue carni. Terminato il rito iniziavano libagioni, alla fine delle quali si scatenavano orge indicibili. Ad un dato momento veniva fatto il buio di modo che non si sapeva più chi si accoppiava con chi, uomo con uomo, fratello con sorella, madre con figlio... I cristiani sapevano di essere così diffamati e reagirono nel modo peggiore possibile: dissero che queste cose avvenivano ma solo nelle sette eretiche dei marcioniti, degli gnostici, dei carpocraziani…

    Ma come faceva un magistrato di Roma a entrare nelle sottigliezze delle eresie se queste non erano neppure capite dal popolo semplice dei cristiani?

    Per la legge e chi l’amministrava restavano solo i generici cristiani e, per loro stessa ammissione, rei di tali oscenità e crimini. Ma questi generici cristiani che, come detto, erano indistinguibili dagli ebrei almeno nei primi anni, erano salvati proprio da quegli stessi magistrati che ogni volta, individuandoli come ebrei, li salvavano dall’ira e dalla furia dei veri ebrei.

    A questo punto si deve tener conto di un fatto cruciale: un cristiano poteva, evitare l’estrema punizione delle leggi di Roma semplicemente sacrificando (come detto bastava un poco d’incenso su una pira) a un dio fasullo, l’Imperatore, per poter mantenere intatta la propria fede nel suo Dio. Ebbene, si faccia attenzione, i cristiani quando presero il potere non dettero mai questa possibilità di salvezza ai pagani (2) i quali dovevano cancellare completamente la propria fede e convertirsi per essere salvi dall’estrema punizione, anche qui la morte, che le proprie norme e consuetudini prevedevano (si tenga anche conto che gli ebrei non operavano come i cristiani contro coloro che ebrei non erano). 

    Le persecuzioni contro i cristiani in Siria e in altri territori dell’Asia, dove si concentravano in maggior numero, furono quelle le cui modalità sono descritte in alcuni documenti scritti da Plinio il Giovane, Traiano e Adriano. Era stato il governatore di Bitinia e del Ponto, Plinio, a chiedere a Traiano come comportarsi con i cristiani che praticavano una religione considerata superstitio (ogni religione implicante un timore eccessivo degli dèi perché probabile causa di disordini popolari) e Traiano aveva risposto sostenendo che non si doveva mettere in atto alcuna particolare procedura. I cristiani dovevano essere trattati come tutti gli altri cittadini senza particolare accanimento se non la richiesta che valeva per tutti i cittadini: il rispetto della legge; il riconoscimento, al lato del proprio Dio, dell’Imperatore come Dio di Roma. Vi è da aggiungere una considerazione: il fatto che Plinio, uomo che aveva dedicato la sua vita al diritto, aveva esercitato come avvocato nei tribunali di Roma, era stato senatore... il fatto, dicevo, che chiedesse lumi a Traiano, mostra che non vi era alcuna legislazione o decreto contro i cristiani a cui affidarsi.

    Con Adriano (Imperatore dal 117 al 138), che sostenne le medesime cose di Traiano, ebbe inizio un periodo di ulteriore moderazione (l’accusatore di una qualunque illegalità da parte di un cristiano si sarebbe dovuto presentare e ripetere la denuncia in giudizio e se tale accusa fosse risultata falsa pene severe erano previste per lui). Con Antonino Pio (Imperatore dal 138 al 161) la legge che riguardava i cristiani divenne ancora più chiara affermando che il cristiano in quanto tale non era perseguibile a meno che, individualmente, non commettesse dei reati contro le leggi ordinarie. Come ricorda Deschner[1],

    Per quasi due secoli […] le autorità si comportarono verso il Cristianesimo in modo non meno tollerante che verso tutti gli altri culti pagani. Le dieci persecuzioni che abitualmente vengono indicate non rispondono alla verità dei fatti storici; come tanti altri fenomeni cristiani, anche il numero dieci riferito alle persecuzioni è una finzione, inventata in analogia alle dieci piaghe d’Egitto ed anche alle dieci corna dell’Apocalisse (e la numerologia, in una religione che prendeva le mosse dall’ebraismo con la sua kaballah, era d’obbligo). Se si prescinde dalla prima limitata persecuzione contro i cristiani, quella di Nerone del 64, che vide i cristiani accusati di incendio doloso (³) della città di Roma, persecuzione comunque limitata proprio alla città di Roma [in cui i morti cristiani furono circa 300, ndr], si possono  stabilire con certezza solo le persecuzioni avvenute sotto cinque imperatori [Settimio Severo (198) (⁴), Decio (250) (⁵), Valeriano (258) (⁶), Diocleziano e Galerio (303) (⁷), ndr], dei cinquanta che hanno

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