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Storia segreta della Santa Inquisizione
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Storia segreta della Santa Inquisizione

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Dall'autore di La santa casta della Chiesa
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Roghi, massacri, persecuzioni, processi: il lato oscuro di Santa Romana Chiesa dal medioevo a Giordano Bruno, da Galilei fino ai giorni nostri

Nonostante le parole del Vangelo invitino alla fratellanza, alla tolleranza e alla povertà, nel lungo corso della sua esistenza la Santa Romana Chiesa ha provveduto a far tacere nemici e dissidenti attraverso tribunali e processi, prigionie e condanne a morte, censure e scomuniche, ghettizzazioni e battesimi forzati, pene e supplizi di varia natura.
Cristiani non cattolici, cattolici ribelli, atei, ebrei, scienziati, liberi pensatori: sono stati in tanti a provare la scure della Santa Inquisizione, una spietata macchina punitiva fatta di giudici implacabili, efferati boia, indicibili torture. Da Arnaldo da Brescia a Giovanna d’Arco, da Giordano Bruno a Galileo Galilei, da Hans Küng a Marcel Lefebvre, passando per le sanguinose crociate e la spietata evangelizzazione nelle terre del Nuovo Mondo, la Chiesa si è sempre opposta con ogni mezzo a chiunque osasse far sentire la sua voce contro la corruzione, l’ignominia e l’avidità che sviliscono e oscurano il significato primo della sua esistenza. Una storia quanto mai complessa quella della Santa Inquisizione, ricostruita con accuratezza e dettaglio da Claudio Rendina nelle pagine del suo nuovo, monumentale lavoro. Uno strumento imprescindibile ed esaustivo per conoscere una delle più importanti e discusse manifestazioni del potere ecclesiastico.

Dalla Sacra Romana e Universale Inquisizione al Sant’Uffizio e alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Dai massacri delle crociate ai roghi di streghe ed eretici. Dalla ghettizzazione degli ebrei al martirio dei liberi pensatori.

«Claudio Rendina, con la sua prosa asciutta, ci accompagna come Virgilio nei gironi infernali dei sette (e più) vizi capitali della Chiesa.»
Brunella Schisa, Il Venerdì di Repubblica

«La scrittura di Rendina è chiara e vivace, capace di alternare sintesi storica, aneddoti, curiosità.»
Gian Antonio Stella, autore de La casta

«Claudio Rendina, uno dei maggiori esperti di storia della Chiesa e di Roma.»
Corrado Augias, la Repubblica


Claudio Rendina
Scrittore, poeta, storiografo, ha legato il suo nome a opere storiche di successo, tra le quali, per la Newton Compton, La grande guida dei monumenti di Roma; Il Vaticano. Storia e segreti; Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità di Roma; Storia insolita di Roma; Le grandi famiglie di Roma; Storie della città di Roma; Alla scoperta di Roma; Gli ordini cavallereschi; Le chiese di Roma; La vita proibita dei papi; Cardinali e cortigiane; 101 luoghi di Roma sparita che avresti voluto e dovuto vedere; 101 misteri e segreti del Vaticano che non ti hanno mai raccontato e che la Chiesa non vorrebbe farti conoscere; Le papesse e Dentro Roma e dentro il Vaticano. Ha diretto la rivista «Roma ieri, oggi, domani» e ha curato La grande enciclopedia di Roma. Ha scritto il libro storico-fotografico Gerusalemme città della pace, pubblicato in quattro lingue. Attualmente firma per «la Repubblica» articoli di storia, arte e folclore e collabora a diverse riviste di carattere storico.
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854161559
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    Anteprima del libro

    Storia segreta della Santa Inquisizione - Claudio Rendina

    es

    201

    Prima edizione ebook: novembre 2013

    © 2013 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-6155-9

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Corpotre, Roma

    Claudio Rendina

    Storia segreta dalla Santa Inquisizione

    Roghi, massacri, persecuzioni, processi: il lato oscuro di Santa Romana Chiesa dal Medioevo a Giordano Bruno, da Galilei ai giorni nostri

    omino

    Newton Compton editori

    a Papa Francesco.

    Dall’ammonizione al braccio secolare di Santa Romana Chiesa

    «Sono profondamente convinto che dobbiamo tenere presente questa tentazione della Chiesa di trasformarsi in Stato, in una forma di intolleranza che è assolutamente contraria all’essenza della Chiesa. Chiediamo al Signore perdono per questi fatti e chiediamo che ci aiuti a non ricadere in questi comportamenti».

    Cardinale Joseph Ratzinger,

    Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede

    Bologna, 26 settembre 1997

    Congresso eucaristico nazionale in preparazione

    al Giubileo del Duemila

    «Se tuo fratello commette una colpa, va e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano. In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo». È questo l’insegnamento di Gesù, riferito da Matteo nel suo Vangelo (18,15-18), a proposito di eventuali divergenze dottrinali. Tali divergenze devono risolversi, secondo Matteo, con fraterne ammonizioni. Mentre Giuda Taddeo intorno al 70 in una lettera si limita a mettere in guardia contro generiche tendenze qualificate come anarchiche, a Efeso verso il 95 Giovanni, nel suo Vangelo e in alcune lettere, confuta lo gnostico Cerinto, il quale sostiene che Cristo ha assunto solo l’apparenza e non la realtà di un corpo umano.

    Alle origini del cristianesimo si riscontra pertanto una tendenza al dialogo con i dissidenti, fin dove possibile, ed è esemplare il caso degli gnostici, i primi contestatori della Chiesa di Roma; tra di essi c’è Marcione (85-160), figlio del vescovo della Chiesa di Sinope, dalla quale viene cacciato. Si reca nel 144 a Roma, dove fa una donazione di 200.000 sesterzi a papa Pio i (140-155), diventando un membro eccellente della comunità romana cristiana per diversi anni. Successivamente predica ai confratelli la sua idea che il Dio della Bibbia non sia la stessa persona rivelata da Gesù, così che viene apertamente contestato, isolato e costretto ad abbandonare la Chiesa di Roma.

    Marcione diffonde allora le sue idee gnostiche nel centro Italia, e così lo gnosticismo prolifica per voce di vari protagonisti, che curiosamente non vengono contestati dalla comunità cristiana e quindi non sono considerati eretici. È il caso del vescovo di Terni Valentino (172-273) che sviluppa un sistema di sintesi dei vari elementi dell’ideologia gnostica. Valentino subisce il martirio con la decapitazione per ordine dell’imperatore Aureliano, nell’ambito delle persecuzioni contro i cristiani, e verrà considerato santo dalla Chiesa di Roma. Successivamente Origene di Alessandria (185-254) lotta contro lo gnosticismo, tentando però di realizzare una dottrina ortodossa e allontanandosi dalla Chiesa di Alessandria, fino a fondare una scuola teologica a Cesarea e subendo il martirio sotto l’imperatore Decio; eppure le sue idee tre secoli dopo saranno condannate come eretiche nel Concilio di Costantinopoli del 553.

    Una storia simile si ha con il movimento del frigio Montano, sviluppatosi tra il 156 e il 172 in Asia minore; Montano, che ha come discepoli due donne, Priscilla e Massimilla, afferma che nella sua persona si è incarnato lo Spirito Santo e profetizza la mitica epoca del millenarismo. È inizialmente tollerato a Roma, tanto che il papa Eleuterio (175-189) a sua difesa scrive perfino alcune lettere, di cui però bloccherà lui stesso la diffusione quando il vescovo di Hierapolis Apollinare e Ireneo di Lione si opporranno a Montano e alle sue discepole. E così il papa Zefirino (199-217) inquisisce Montano in una riunione ecclesiale, esprimendo una condanna ufficiale nei suoi confronti e decretandone l’allontanamento dalla Chiesa. A questa decisione si oppone fieramente Tertulliano (155-230 ca.), il quale opera una revisione del contenuto dottrinale affermando inoltre:

    La libertà di professare la religione che si ama è fondata sui diritti della natura e delle genti, perché la religione privata di un individuo non è causa di bene o di male ad alcuno. La religione non ha interesse a violentare nessuno; il nostro assenso vuole essere volontario e non costretto con la forza.

    Il movimento di Montano finisce per esaurirsi nel secolo viii, senza intaccare la sua radice cristiana.

    Se dunque la Chiesa delle origini non agisce contro i primi dissidenti (e li santifica anche), le cose cambiano in conseguenza dell’editto di Milano del 313, che riconosce il cristianesimo come religione giuridicamente permessa dallo Stato. Adesso è lo Stato che impone alla Chiesa un cambiamento di tendenza nei confronti degli eretici; infatti è l’imperatore Costantino a proibire il divorzio, la prostituzione e il maltrattamento degli schiavi, oltre ad avallare come leggi le sentenze religiose dei vescovi, facendosene promotore. E così viene attuata l’inquisizione e la persecuzione dei cristiani non in linea con la dottrina del vescovo di Roma. Nel 316 Costantino si oppone decisamente ai Donatisti, seguaci dello scismatico Donato, contrari alla riammissione nella Chiesa di coloro che durante le persecuzioni avevano abiurato per non soffrire il martirio; l’imperatore mette le mani sulle loro basiliche e le cede ai cristiani seguaci del vescovo di Roma. Il tutto con spargimento di sangue in seguito all’intervento delle truppe imperiali.

    Ed è ancora Costantino che convoca il Concilio di Nicea del 325, nel quale viene proclamata eretica la teoria di Ario (256-336), vescovo di Alessandria, che subordina il Figlio al Padre, negandone la consustanzialità. Si afferma così l’homooùsios, concetto matematico di uguaglianza e somiglianza (infatti prima che il concilio fosse annunciato c’era una disputa tra chi credeva che Gesù e Dio fossero la stessa cosa, e chi li considerava diversi; tutto era incentrato sulla differenza fra l’essere nato o creato e l’essere generato dal Padre). Ario viene condannato all’esilio nell’Illirico, nonostante Eusebio, vescovo di Cesarea, si batta perché gli sia concesso il perdono. Papa Silvestro i (314-335) si adegua invece all’imposizione. Inizialmente non riesce a far cambiare idea a Costantino neanche sua madre, l’imperatrice Elena, che è peraltro ariana ed è una dominatrice della Chiesa di Roma. Ma successivamente Elena riesce a influenzare Costantino e a convertirlo proprio all’arianesimo, fino a fargli riabilitare Ario nel Concilio di Gerusalemme del 335. Ario viene riammesso in seno alla Chiesa a Costantinopoli, con tanto di ordine al vescovo della città da lui fondata di accoglierlo solennemente in una funzione religiosa a lui dedicata (che però Ario non potrà godersi, perché morirà il giorno prima).

    Ario peraltro costituisce un’eccezione nell’operato di Costantino, perché nel 329 l’imperatore si accanisce su altri eretici, i Marcioniti, ovvero i seguaci dell’eretico Marcione, che consideravano il Dio della Bibbia diverso dal Padre di Gesù. È vietata loro ogni forma di culto, con il sequestro dei luoghi di devozione (che vengono consegnati al vescovo di Roma). Vittima di questo stato di repressione è anche il filosofo politeista Sopatro: accusato di propagandare il paganesimo, o, secondo un’altra fonte, di aver causato una carestia a Costantinopoli mediante la magia, viene condannato a morte.

    Tutto dunque sembra procedere all’insegna delle parole di Gesù riferite da Matteo, forzando il significato di «sciogliere» fino al perdono, ma in parallelo vengono controllati i luoghi di devozione, in un’azione di carattere civile inquisitoriale gestita dallo Stato, della quale la Chiesa finisce per essere la diretta esecutrice, impersonando gradatamente quello stesso Stato. È quanto accade grazie al decreto imperiale qualificato come Donazione di Costantino, una legge che l’imperatore Costantino però non ha mai sottoscritto, e il cui testo sarebbe stato redatto a Roma da alcuni monaci per ordine del papa Stefano ii (752-757). Grazie a questa legge la Chiesa è proprietaria della parte occidentale dell’impero e crea un proprio Stato, nel quale si definisce il fondamento del personale supremo potere religioso, inserito nel contesto civile.

    Ma l’arianesimo è duro a morire, perché papa Liberio (352-366) deve scontrarsi con l’imperatore Costanzo ii, che vorrebbe imporre in tutto il mondo occidentale quella interpretazione della natura di Cristo, della quale vengono diffuse almeno sette formule diverse. Per esaminarle il papa convoca nel 355 un concilio a Milano con 300 vescovi e lo stesso imperatore; peraltro dall’assemblea vengono elaborate altre formule diverse sulla Trinità, nessuna propriamente ariana, ma tutte integrate da una quantità di formule teologiche che mettono in difficoltà, differenziate anche nella grafia da una iota, come in omooùsios e omoioùsios o dalla presenza o meno di un alfa come in anòmois e òmoios.

    Liberio si rifiuta di firmare le decisioni del concilio nel 356 e viene mandato in esilio in Tracia; al suo posto viene eletto l’antipapa Felice ii e l’imperatore sancisce la pena di morte per chi pratichi riti pagani. Il concilio è spostato dall’imperatore a Sirmio, dove vengono elaborate altre due formule. Nel 357 si afferma che il Figlio è per natura inferiore e subordinato al Padre, ma anche questa formula è eretica e Liberio non la firma. Nel 358 una seconda formula, elaborata da Basilio di Ancira, afferma che il Figlio è «simile al Padre nella sostanza», il che attenua il Credo niceno ed è peraltro abbastanza vicina all’eresia ariana. Liberio firma questa formula, probabilmente in un eccesso di opportunismo, e può tornarsene a Roma; in pratica si è inchinato al volere del concilio e dell’imperatore. A Roma peraltro viene accolto trionfalmente dal popolo, che caccia Felice ii; ma resta il sospetto che Liberio sia venuto meno alla sua fede, secondo un’accusa che gli sarà lanciata da san Girolamo.

    È proprio grazie a questo comportamento di Liberio che si concretizza il potere della Santa Romana Chiesa: nel 380 l’imperatore Teodosio i emana l’editto di Tessalonica, che trasforma l’impero romano d’Occidente in uno Stato confessionale, con specifiche leggi e pene contro chi non segua la dottrina avallata dal vescovo di Roma (all’epoca già qualificabile come papa, anche se questo titolo non è stato ancora adottato). Oltretutto il Concilio di Costantinopoli del 381 legifera per la parte orientale dell’impero, raggruppando le province metropolitane in diocesi patriarcali.

    Si verifica così la trasformazione dello Stato civile in una sorta di Stato ecclesiastico, ed è quindi logico che le leggi dell’impero si identifichino con quelle della Chiesa, che in pratica le adotta. E va tenuto presente che il diritto romano contempla la pena capitale e, in particolare, il rogo per i responsabili del crimen laesae maiestatis, consistente nel tradimento della suprema autorità civile, ovvero l’imperatore. Ma con la cristianizzazione dell’impero la fons iuris viene considerata Dio, per cui l’eresia è ritenuta un tradimento nei confronti di Dio e diventa automatica l’applicazione della stessa pena di morte prevista per i traditori dell’imperatore.

    Così nasce il braccio secolare della Chiesa di Roma, parallelamente a una serie di editti imperiali contro gli eretici e gli ultimi pagani che comportano pene corporali fino alla condanna a morte. È quanto accade nel 385 al vescovo ispanico Priscilliano, processato per eresia e condannato a morte su ordine dell’imperatore Massimo Magno di Alessandria d’Egitto. E determinante per tutto questo è la penetrazione di Vandali, Ostrogoti e Franchi nell’Italia settentrionale, in Gallia e Spagna, nonché nell’Africa settentrionale. Oltretutto nel 395, sempre con Teodosio i, si attua la definitiva divisione politica dell’impero: in Occidente l’auctoritas imperiale è gestita dalla personalità del vescovo di Roma, al quale finiranno per doversi sottomettere religiosamente i diversi sovrani romano-barbarici, dai Galli ai Longobardi, convertendosi dall’arianesimo e abbracciando la fede romana. La sede vescovile di Roma assume un’autorità indiscutibile, qualificata come sede apostolica in riferimento alle espressioni «l’apostolo san Pietro stesso dirige la chiesa romana» e «Pietro parla per bocca del vescovo di Roma». E a Roma devono ispirarsi le altre sedi vescovili, come aveva scritto già nel 185 Ireneo, vescovo di Lione, nell’opera Contro le eresie: «Con questa Chiesa deve accordarsi ogni Chiesa, perché in essa è conservata la tradizione apostolica».

    In questo contesto nel 396 diventa vescovo di Ippona Agostino (354-430), futuro santo, fortemente avverso al Donatismo, il movimento religioso cristiano già condannato da Costantino. Agostino arriva a giustificare le leggi repressive imperiali contro i seguaci del Donatismo, anche quando Teodosio (408-450), dichiarando fuori legge i fedeli pagani, fa giustiziare dei bambini per aver giocato con i resti delle statue pagane. Peraltro nel 409 nella lettera 185 chiede che si applichino gli editti emanati contro i Donatisti da Costantino i, precisando che «molti, come catttivi servitori e schiavi fuggiaschi, devono essere richiamati al loro Signore con la verga delle pene temporali» (anche se nella lettera 133 indirizzata al magistrato Marcellino, incaricato della repressione, vorrebbe che il principio coercitivo fosse adoperato con moderazione).

    In pratica Agostino vuole che l’impero metta i propri soldati al servizio della Chiesa, definendo questo stato di polizia e inquisizione nei confronti dei cristiani come un «utile terrore». È un avallo ufficiale all’uso del braccio secolare verso gli eretici, perché i fedeli cristiani si sentono autorizzati al massacro – come quello attuato dagli stessi sacerdoti ad Alessandria d’Egitto nel 415 contro la filosofa pagana Ipazia, che viene letteralmente squartata da una plebaglia guidata da alcuni monaci. Senza contare che, a fronte di questa selvaggia repressione, i cristiani eretici reagiscono con lo stesso sistema, come nel 429, sempre in Africa, con il massacro operato dai Vandali ariani contro i cristiani non ariani con la relativa confisca delle chiese. A dimostrazione che il massacro non paga.

    La fase originaria della difesa della verità di fede da parte della Chiesa coincide con un decentramento dell’autorità inquisitoriale. Di questa autorità, che prima apparteneva al vescovo di Roma, si fanno adesso garanti i diversi vescovi e patriarchi di Oriente e Occidente; questi si sentono autorizzati ad interventi diretti sui gruppi ereticali delle proprie diocesi, entrando oltretutto spesso in contrasto tra loro in una lotta del potere vescovile a fronte delle varie interpretazioni del Credo e dei dogmi.

    Così, pur non essendo stata ancora istituita dal vescovo di Roma come tribunale ecclesiastico, dalla metà del iv secolo all’xi secolo la politica dell’Inquisizione viene attuata perlopiù sotto la guida dei vescovi nei vari concili, ed è tutelata da sovrani consacrati dagli stessi vescovi; è pertanto prevalentemente una Inquisizione vescovile, ovvero patriarcale (in riferimento al titolo di alcune sedi vescovili in Gallia, in Africa e in Oriente), alla quale sovrintende però sempre, sia pure indirettamente, l’autorità pontificia, difesa nell’applicazione dall’imperatore o dai sovrani locali.

    In questa fase, nata in sostanza con il Concilio di Nicea, si assiste a un atteggiamento conciliante verso gli eretici, con un’apertura al dialogo e alle discussioni dottrinali, nella definizione dei dogmi e dei sacramenti. Sono ancora i papi in questa fase a fare da arbitri, anche se nel frattempo è in atto una lotta di potere per assurgere al seggio vescovile, con un susseguirsi di deposizioni e intronizzazioni che fanno apparire certe discussioni dottrinali delle rivalità politiche.

    Così nel 403 Teofilo, patriarca di Alessandria, riesce a far deporre san Giovanni Crisostomo, patriarca di Costantinopoli; nel 412 Cirillo, nipote di Teofilo, diventa patriarca di Alessandria. Inoltre nel 428 Nestorio, un prete di Antiochia, diventa patriarca di Costantinopoli e agisce d’autorità: proibisce che Maria sia invocata sotto il titolo di madre di Dio, perché ritiene che la natura divina, essendo eterna, non può essere generata da una donna. Cirillo però lo contrasta dichiarando che certi principi finiscano per negare l’unità divino-umana di Gesù; e fa condannare Nestorio in un concilio convocato ad Efeso nel 431, con l’appoggio della maggior parte dei vescovi orientali.

    Ma nel 447 il monaco Eutiche si fa sostenitore delle idee di Cirillo, dichiarando che la natura umana e divina di Gesù si sono fuse in una sola natura, dando così origine al Monofisismo. Questa teoria viene condannata da Flaviano, nuovo patriarca di Costantinopoli, ma Eutiche è difeso dall’imperatore Teodosio ii e dal nuovo patriarca di Alessandria, Dioscoro. Nel 449 si organizza un altro concilio a Efeso, manipolato da Dioscoro, che arriva a destituire Flaviano. Nel 451 in un nuovo concilio a Calcedonia si fanno sentire da Roma papa Leone i e il nuovo imperatore, grazie ai quali Flaviano viene riabilitato e Dioscoro è condannato. Il simbolo di Calcedonia proclama Gesù Cristo vero Dio e vero uomo, ma Egiziani e Siriani non ne sono convinti, dando così origine alle prime avvisaglie del futuro scisma monofisita. Peraltro Leone i non fa approvare il canone 28 del concilio che riconosceva i diritti patriarcali della sede di Costantinopoli.

    Va inoltre considerato che la separazione tra impero d’Occidente e d’Oriente favorisce una graduale separazione tra le due Chiese, finché la caduta di quello d’Occidente fa sì che la Chiesa di Roma raccolga e mantenga a Roma l’eredità imperiale, e si senta autorizzata all’istituzione del Sacro Romano Impero nel Natale dell’800. Parallelamente il contrasto tra Roma e Bisanzio si identifica in quello tra il trinitarianesimo e l’arianesimo. La disputa sulla natura e consustanzialità del Figlio e del Padre vede almeno tre schieramenti: quello dello homooùsios (sostenuto da Atanasio di Alessandria), per cui il Padre e il Figlio sono consustanziali; quello dello homoioùsios (sostenuto da Basilio) per il quale il Figlio è quasi della stessa sostanza del Padre; e quello dell’anòmoios (posizione dell’arianesimo promossa da Ezio di Antiochia), secondo il quale il Figlio è di sostanza diversa dal Padre.

    Finché nel 731 non subentra l’iconoclastia, ovvero la persecuzione del fanatismo delle sacre immagini, condannata come eresia dal Concilio ecumenico Niceno ii del 787. Questa può essere considerata in qualche modo la prima azione militare compiuta dalla Chiesa di Roma, antesignana di un’armata inquisitoria. E l’evento non fa che inasprire il contrasto tra la Chiesa di Bisanzio e quella di Roma, cui contribuisce lo scisma di Fozio (820-893), fino al grande scisma di Michele Cerulario, che costituisce il vero e proprio distacco tra la Chiesa d’Occidente e quella di Oriente nel 1054.

    Si concretizza allora nelle due Chiese una gestione separata della tutela dell’ortodossia, che in Occidente è controllata dai vari vescovi con l’appoggio dell’autorità civile. Così già nel 1022 sedici canonici finiscono sul rogo a Orléans con l’accusa di manicheismo, perché giudicati eretici da un concilio locale; altri eretici sono bruciati ad Arras nel 1025 su denuncia di Gerardo, vescovo di Cambrai; altri a Monforte nel 1028 su denuncia dell’arcivescovo di Milano Ariberto d’Intimiano.

    In questo contesto va collocata la Pataria, un movimento riformatore sorto a Milano tra il 1056 e il 1075 allo scopo di contrastare il clero eretico con l’esaltazione della povertà nella Chiesa; tanto che il termine Patari sarà interpretato da Ludovico Antonio Muratori come straccioni. E questi straccioni in pratica si oppongono al clero, che definiscono eretico, boicottandone liturgia e sacramenti, ritenuti non validi perché gestiti immoralmente da sacerdoti corrotti, ed esortano i vescovi a seguirli in questa iniziativa, anziché ricorrere alle condanne al rogo. Il loro rigoroso ideale di Chiesa povera è però incompatibile con il fasto dei vescovi, che pertanto li isolano dal mondo clericale, anche se Urbano ii nel 1089 dichiara che i sacramenti amministrati dai sacerdoti giudicati corrotti dai Patarini sono ugualmente validi. I Patarini però con il loro contegno indisciplinato diventano sospetti di eresia e il movimento si sfalda: i Patarini rientrano nei ranghi o si danno a vita eremitica, ma alcuni seguiranno le spedizioni armate cristiane contro gli infedeli.

    Un ritorno di fiamma pauperistico in qualche modo collegato ai Patarini lo attua il movimento valdese, fondato da Pietro Valdo intorno al 1170 come protesta nei confronti della ricchezza della Chiesa di Roma. Il movimento si ricollega al discorso della montagna del Vangelo di Matteo, non riconoscendo neanche il valore dei sacramenti amministrati da sacerdoti indegni.

    L’uso delle armi teorizzato da Agostino e predicato da Gregorio i Magno (590-604) per la protezione dei fedeli e come mezzo di diffusione della fede viene attuato in pieno dalla seconda metà dell’xi secolo con l’inizio della Reconquista cristiana dei territori spagnoli e con la prima crociata in Terra Santa, invocata da Urbano ii (1088-99) a Clermont nel 1095 al grido di «Dio lo vuole!». È l’inizio delle stragi delle cosiddette guerre sante. E l’uso delle armi con massacro di pagani in spedizioni benedette prosegue con i Cavalieri Teutonici e la guerra di evangelizzazione nell’Europa orientale dal 1211. Ma in molti casi le motivazioni religiose assumono un carattere politico, essendo coinvolti i vari sovrani europei appoggiati dal papa o dai vescovi. E dunque queste guerre in cui si assiste al massacro di cristiani non cattolici, ebrei e musulmani in Palestina, Francia, Spagna e nel Nord-est d’Europa non sono idealmente collegabili alla Santa Inquisizione – per la loro natura politica e anche perché iniziate prima della sua istituzione –, ma ne costituiscono una sorta di anticipazione. Sono infatti definite stragi delle guerre sante, e stentano a placarsi, tanto che si registreranno fino al xx secolo, in alternativa alle parallele Scomuniche, Censure ecclesiastiche, Carcerazioni e Condanne a morte, che costituiscono invece l’assetto giuridico dell’Inquisizione. Pertanto il racconto delle crudeltà perpetrate dal braccio secolare della Chiesa viene ad articolarsi in due parti distinte, una riguardante le stragi delle guerre sante e una seconda incentrata sull’effettiva azione giudiziaria della Santa Inquisizione.

    Le prime misure inquisitoriali concepite dalla Chiesa di Roma risalgono al Concilio Lateranense iii del marzo 1179 convocato dal papa Alessandro iii (1159-1181), ma si concretizzano solo in occasione di un incontro a Verona nel 1184 tra l’imperatore Federico Barbarossa, in fuga da una Roma in preda ai tumulti comunali, e il papa Lucio iii (1181-1185), dal quale il Barbarossa vuole ottenere l’incoronazione a imperatore del figlio Enrico vi. A questa data si può far risalire la nascita storica della Santa Inquisizione. Il papa emana la bolla Ad abolendam diversarum haeresum pravitatem, detta anche bolla di Ruscigli (antica residenza estiva del papa nel Comune di Gavignano), con la quale viene affidata al vescovo di ogni diocesi l’istituzione di appositi tribunali che provvedano a emanare condanne a morte contro gli eretici, per la cui esecuzione si richiede l’intervento dell’autorità civile. Queste condanne peraltro hanno un precedente nel 1155 con l’impiccagione e il rogo di Arnaldo da Brescia, il quale si può considerare una vittima anticipata di quella istituzione giuridico-religiosa che aveva già in animo di istituire il Barbarossa (il quale non era riuscito ad attuarla con il papa Adriano iv).

    Nasce dunque grazie a questo imperatore del Sacro Romano Impero la fase medievale della Santa Inquisizione, che non è sempre gestita direttamente dal papa ma dai vescovi di ogni diocesi, ai quali vengono affidati appositi tribunali contro gli eretici, ovvero i sostenitori di teorie considerate contrarie all’ortodossia cattolica. Sono previste anche eventuali spedizioni militari contro territori e città in cui si riscontrino eresie a livello di intere popolazioni. Per questo proseguono i massacri di ebrei e musulmani con le crociate in Terra Santa fino al 1291 e con la Reconquista spagnola fino al 1492 (in ogni caso, indipendentemente da processi e condanne dell’Inquisizione, resta sempre al sovrano pontefice la facoltà di emanare scomuniche direttamente a personalità politiche e religiose, caratteristica questa in funzione fino ai giorni nostri).

    Così nel 1204 Innocenzo iii muove i Cistercensi, guidati da Pietro da Castelnuovo, contro l’eresia dei Catari e fa pressione su Raimondo di Tolosa, chiedendo sostegno al re di Francia Filippo ii. Ma l’azione dei Cistercensi gli appare debole e allora nel 1206 il papa chiede sostegno al re di Francia Filippo ii e invia a Tolosa Domenico di Guzmán in aiuto a Pietro da Castelnuovo. Questi l’anno dopo scomunica Raimondo di Tolosa, colpevole di non consegnare gli eretici alla Chiesa, finché nell’ottobre del 1208 viene promossa una spedizione militare contro gli Albigesi, che durerà fino al 1229.

    Nel frattempo l’istituzione della Santa Inquisizione è confermata dal Concilio Lateranense iv del 1215, nel quale viene scomunicato Pietro Valdo e sono definiti meglio gli aspetti giuridici e le modalità della pena. Inoltre inizia a emergere una sorta di avversione da parte della Chiesa nei confronti degli ebrei, con la prescrizione di una legge che impone agli uomini di portare come contrassegno una rotella di stoffa gialla cucita sulla parte sinistra del petto e alle donne un velo giallo, che tra l’altro è il marchio delle meretrici. Si adeguano alla prescrizione l’Inghilterra e Venezia. Alla fine della crociata contro gli Albigesi il conte di Tolosa Raimondo vii, il re Luigi I e il legato del papa Gregorio ix (1227-1241) firmano nel 1229 il trattato di Parigi, che assicura alla Chiesa l’aiuto dello Stato nel portare avanti l’opera dell’Inquisizione.

    Così nel 1231 viene organizzato dal papa il sistema dei tribunali locali, con un inquisitore nominato direttamente da Roma; la procedura da seguire viene descritta in speciali manuali, la cui gestione è affidata all’ordine dei Domenicani, fondato nel frattempo da Domenico di Guzmán. Questi frati sono in effetti più organizzati dei Cistercensi, tanto che per l’arte crudelmente raffinata del loro sistema interrogatorio si guadagnano da subito l’equivoco appellativo popolare di Domini canes, ovvero Cani del Signore. Ad essi Innocenzo iv affianca anche i Francescani e nel 1252, con la bolla Ad extirpanda, autorizza l’uso della tortura, mentre Giovanni xxii (1316-1334) impegna la Santa Inquisizione contro la stregoneria.

    Dal xiv secolo sorgono i ghetti (quartieri riservati agli ebrei, ma senza a Roma obbligo di reclusione) nello Stato della Chiesa e ad Ancona, nonché nella Repubblica di Venezia, che istituisce il suo ghetto nella zona di Cannareggio, presso l’isola di Sinalunga; nel 1516 con un decreto del Maggior Consiglio verrà stabilita la clausura degli ebrei nel ghetto. Nel Concilio di Costanza del 1414 viene ribadita la prescrizione del contrassegno giallo e si diffondono predicatori votati alla conversione degli ebrei.

    Il braccio secolare diventa autentica follia omicida con la caccia alle streghe tra il 1450 e il 1650 e prosegue con l’Inquisizione spagnola (1478-1820), istituita da Sisto iv su richiesta dei sovrani Ferdinando e Isabella, che viene estesa alle colonie dell’America centro-meridionale; da essa derivano l’Inquisizione siciliana (1487-1782), costituita dal re Ferdinando ii il Cattolico con l’approvazione del papa Innocenzo viii, e l’Inquisizione portoghese (1536-1821), fondata nel 1536 da Paolo iii (1534-1549) su richiesta del re Giovanni iii.

    Parallelamente ai processi istruiti dai tribunali, è sempre presente l’opera diretta del papa con scomuniche a personalità politiche e culturali, nonché attraverso encicliche relative a movimenti culturali e religiosi; in questi casi non è necessario un processo perché la condanna avviene tramite le bolle papali, uno strumento utilizzato ancora oggi. Le scomuniche alle personalità religiose e politiche arrivano con il Rinascimento, e determinano a poco a poco il frantumarsi della religione cristiana: basta ricordare le vicende di Martin Lutero, Giovanni Calvino e i sovrani d’Inghilterra Enrico viii ed Elisabetta i.

    Allo scopo di combattere più efficacemente la neonata Riforma protestante e l’anglicanesimo il 21 luglio 1542 Paolo iii emana la bolla Licet ab initio, con la quale si costituisce la Sacra Romana e Universale Inquisizione, destinata a restare in attività per 366 anni. Con la sua istituzione vengono eliminati i vari tribunali d’Inquisizione sparsi in Europa, ad eccezione di quelli esistenti in Spagna e Portogallo, che hanno giurisdizione anche nelle colonie oltreoceano sorte con le varie scoperte geografiche, restando in funzione fino al 1820; e seguita ad esistere l’Inquisizione anche nel regno di Napoli e Sicilia, considerato una sorta di feudo della Santa Sede, fino al 1782. Nel 1555 Paolo iv (1555-1559) prescrive agli ebrei la reclusione nei due ghetti dello Stato Pontificio con la bolla Cum nimis absurdis, che prevede una serie di restrizioni particolari; e nella successiva bolla Hebraerum gens del 1569 prescrive oltretutto l’espulsione degli ebrei dallo Stato Pontificio, ad eccezione di quelli residenti nei due ghetti.

    All’Inquisizione romana viene affidato anche il compito di risolvere un altro grande problema, quello della condanna delle pubblicazioni non ritenute in linea con i principi della morale cattolica. Dal 1559 viene redatto l’Indice dei libri proibiti, ovvero l’elenco delle opere scientifiche e letterarie considerate peccaminose perché contrarie alla morale cattolica e la cui lettura viene proibita ai fedeli; peraltro gli autori viventi sono invitati a correggere le loro opere e ripudiarle, pena la scomunica. L’Indice rimarrà in funzione fino al 1966, impedendo il diffondersi del libero pensiero scientifico e letterario. Vittime illustri furono Giordano Bruno, che subì il martirio nel 1600, nonché Tommaso Campanella, che fu rinchiuso in carcere dal 1600 al 1629, e Galileo Galilei, che fu arrestato nel 1630 e poi visse in rigoroso isolamento nella sua villetta di Arcetri fino al 1639.

    L’attività dell’Inquisizione romana resta viva nello Stato della Chiesa senza interruzione e si oppone fermamente alle correnti politiche e filosofiche che tendono in qualche modo a contrastare la voce spirituale e l’esistenza politica della Chiesa. Ed ecco le varie scomuniche alla Carboneria e alla Massoneria, e ai loro seguaci, nonché alle personalità politiche, da Napoleone a Vittorio Emanuele ii, alle quali faranno seguito quelle di carbonari, socialisti e comunisti. Mentre la scomunica alla mafia e alla camorra non verrà mai emessa ufficialmente dal papa o dal tribunale inquisitoriale romano, ma sarà combattuta solo occasionalmente in sede vescovile, perché risulta già condannata nel Codice di Diritto Canonico.

    E quando nell’Ottocento gli Stati europei finiscono per sopprimere i tribunali d’Inquisizione esistenti nei loro territori, quello della Santa Sede viene mantenuto e sotto il pontificato di Pio x (1903-1914), con la costituzione apostolica Sapienti consilio del 29 giugno 1908 assume il nome abbreviato di Sacra Congregazione del Santo Uffizio, popolarmente definita Sant’Uffizio. La sua sede è sempre nel palazzo che fiancheggia la basilica di San Pietro, ma dal 1909 acquisisce una sorta di milizia. Si tratta di una associazione segreta di controspionaggio, il Sodalitium Pianum, che ha lo scopo di snidare i modernisti e gli eretici in generale. È costituita da cinquanta membri e la comanda il prelato domestico di Pio x, Umberto Benigni. Ogni membro è votato a una caccia ai modernisti e agli eretici in generale all’insegna di un «cattolicesimo integrale», ovvero dell’intero «cattolicesimo romano (dottrina e prassi) e nient’altro», a quanto si legge in una dichiarazione del 19 giugno 1913 della Agence Internationale Roma. Peraltro Pio x così scrive l’8 luglio 1912 ai membri dell’associazione: «Nel Signore Noi esortiamo i diletti figli e membri del Sodalitium Pianum, altamente benemeriti della causa cattolica, a continuare a combattere la buona battaglia, in favore della Chiesa di Dio e della Santa Sede, contro i nemici esterni ed interni»; è una precisa autorizzazione a sporgere denunce e un’approvazione dei metodi di spionaggio usati dall’associazione. Come conseguenza delle denunce si verifica l’allontanamento di diversi vescovi dalle loro diocesi e di alcuni professori dall’insegnamento negli istituti religiosi, e inoltre numerosi libri furono messi all’Indice. Clamorosi alcuni casi di sospettati: tra questi anche il giovane don Angelo Roncalli, futuro papa Giovanni xxiii (1958-1963).

    L’attività del Sodalitium Pianum finisce nel 1921, in seguito allo scandalo provocato dalla pubblicazione dei documenti confiscati dai tedeschi durante la prima guerra mondiale all’avvocato Alfons Jonckx, un membro dell’organizzazione; Benigni è sotto accusa e Benedetto xv (1914-1922) decide di mandarlo via. Il monsignore finisce nell’ovra, la polizia politica fascista, come informatore della segreteria privata di Mussolini.

    Durante il Concilio Vaticano ii, sotto il pontificato di Paolo vi (1963-1978), con il motu proprio pontificio Integrae servandae il tribunale del Santo Uffizio assume il 7 dicembre 1965 l’attuale nome di Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede; ma è sempre una Santa Inquisizione. È presieduta da un cardinale prefetto, nominato dal papa, con un segretario e un promotore di giustizia, oltre ad un gruppo di consultori, periti, giudici, avvocati. Paolo vi è animato da uno spirito caritatevole e aperto, ma comunque fermo nel benedire il compito della congregazione che è quello di «promuovere e tutelare la dottrina sulla fede e i costumi in tutto l’orbe cattolico», con funzione di tribunale per «i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti». Peraltro nel 1967 Paolo vi abolisce la pena di morte nello Stato della Santa Sede, già eliminata dalle sentenze del Santo Uffizio dal 1908, anche se viene formalmente rimossa dall’articolo 4 del Libro ii della Legge Fondamentale della Città del Vaticano solo il 12 febbraio 2001.

    Fino al 1965 il prefetto della congregazione è il papa, il quale però raramente esercita tale funzione, delegando il compito ad un cardinale, con il titolo di segretario, anche se spetta sempre al papa la promulgazione di qualsiasi decreto della congregazione, che lo presenta alla sua firma in un’apposita udienza. Dal 1965 il titolo di prefetto spetta al cardinale posto a capo del dicastero e il segretario è la seconda carica in ordine d’importanza della congregazione (ma la congregazione, come tutti gli uffici della Curia, s’intende dipendente dalla Segreteria di Stato, che diventa una sorta di superdicastero). Negli anni seguenti il Concilio Vaticano ii alla guida della congregazione come prefetto è il cardinale croato Franjo Seper fino al 25 novembre 1981; muore un mese dopo, e viene sostituito dal cardinale Joseph Ratzinger, in carica fino alla sua assunzione al pontificato con il nome di Benedetto xvi (2005-2013).

    La prefettura di Franjo Seper non è stata particolarmente inquisitoria, data la sua brevità: si è incentrata soprattutto sulla indiscussa autorità del Vaticano e ha messo in risalto piuttosto la ferma posizione della Chiesa sui misteri dell’Incarnazione e della Trinità, sull’aborto procurato, sull’etica sessuale e l’eutanasia, secondo le indicazioni di papa Montini. Con Ratzinger è lotta aperta e condanna della Teologia della Liberazione di Gustavo Gutiérrez (che ha una forte influenza sul clero dell’America meridionale), nonché al femminismo, al sacerdozio femminile, all’omosessualità, alla pedofilia e al matrimonio dei sacerdoti; tutto questo anche in base alle competenze assegnate alla congregazione nel 1988 da Giovanni Paolo ii con la costituzione apostolica Pastor Bonus; e nonostante Ratzinger nel Congresso eucaristico svoltosi a Bologna nel 1997, in preparazione all’Anno Santo del Duemila, abbia condannato l’intolleranza, ritenendola «assolutamente contraria all’essenza della Chiesa».

    La linea repressiva diretta da Ratzinger (al quale viene assegnato l’appellativo di Panzerkardinal) non cambia con il prefetto William Joseph Levada, che entra in carica il 13 maggio 2005 e dall’8 luglio 2009 è anche presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, per tentare un più intenso dialogo con la componente tradizionalista e di ispirazione lefebvriana. Si ritira dalle cariche il 2 luglio 2012 ed è sostituito dall’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller (che peraltro è amico di Gustavo Gutiérrez), sul quale ha espresso un giudizio quanto mai positivo dichiarando che «la Teologia della Liberazione, a prescindere da come la si consideri, è ortodossa perché è ortopratica e ci insegna il corretto modo di agire in modo cristiano, poiché deriva dalla fede autentica». Ma non è lecito farsi illusioni, dal momento che Müller è stato nominato da Benedetto xvi, autentico portainsegna della linea repressiva.

    E questa linea repressiva perseguita da Benedetto xvi si riscontra anche nella modifica alla costituzione apostolica di Giovanni Paolo ii con le Litterae apostolicae motu proprio redatte il 30 agosto 2011, in cui papa Ratzinger trasferisce dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti al tribunale della Rota Romana le competenze relative alla dispensa da matrimonio rato e non consumato e quelle relative alle cause di nullità dell’ordinazione. Tutto a conferma della più assoluta rigidità nell’attenersi alle norme del tribunale, senza un minimo di apertura da parte della congregazione sulla «disciplina dei sacramenti»: Ratzinger agisce all’insegna della massima severità e dell’assenza di dialogo con i dissidenti, in cuor suo forse lamentando che il tribunale della Santa Sede non preveda più il carcere se non addirittura la condanna a morte.

    È un fatto che nel giugno 2004 il cardinale Joseph Ratzinger, in qualità di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha inviato al cardinale Theodore Edgar McCarrick, arcivescovo di Washington, e all’arcivescovo Wilton Daniel Gregory, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, una lettera nella quale afferma che «può tuttavia essere consentito… fare ricorso alla pena di morte» negli Stati Uniti. Questo il testo della nota pubblicata, a firma di Joseph Ratzinger, sul sito catholicculture.org. del giugno 2004:

    Non tutte le questioni morali hanno lo stesso peso morale dell’aborto e dell’eutanasia. Per esempio, se un cattolico fosse in disaccordo col Santo Padre sull’applicazione della pena capitale o sulla decisione di fare una guerra, egli non sarebbe da considerarsi per questa ragione indegno di presentarsi a ricevere la Santa Comunione. Mentre la Chiesa esorta le autorità civili a perseguire la pace, non la guerra, e ad esercitare discrezione e misericordia nell’applicare una pena a criminali, può tuttavia essere consentito prendere le armi per respingere un aggressore, o fare ricorso alla pena capitale. Ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici sul fare la guerra e sull’applicare la pena di morte, non però in alcun modo riguardo all’aborto e all’eutanasia.

    In ogni caso va ricordato che a tutt’oggi in alcuni stati asiatici e africani si verificano assassini di sacerdoti e massacri di cristiani: è la reazione alle

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