Bernard Show
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Anteprima del libro
Bernard Show - Giulio Della Rocca
Resiste.
Prologo-monologo (facoltativo) di B. S.
In scena un vecchio. O meglio, un uomo sulla sessantina, ma potrebbero essere settanta (di certo un derelitto).
Sembra un babbo natale alcolizzato (ma non ubriaco). Un pagliaccio pazzo. Sporco e che certo emani un forte odore. Barcolla verso il pubblico in una scena crepuscolare. Si ferma (o almeno ci prova).
BERNARD La verità è che questa opera dovrebbe chiamarsi Bernard Show o la nascita di un Regime… Perché è di questo che parla. (Tra sé) Maledetta censura. È un sottotesto, certo. Ci vuole un minimo di… Ci vuole… Bisogna essere senzienti, dico. Non è per tutti. (Pausa). Non siamo qui per intrattenere. Non sono la vostra puttana. Non potete piegarmi così… o girarmi cosà… e infilarmi questo di qui e farmi aprire la bocca per mettermi… (Ride) Sì, vi divertireste di certo di più se fosse quel genere di spettacolo. Ad ogni modo, basta… basta andare alla via qui in fondo a destra e c’è una che per 30 carte te lo prende… (Fischi dalla platea o metallico audio registrato). Ma dico io, che modi sono questi? Siamo a teatro non al… ("Buuuuuuuuuuuuuuu" minacciosi del pubblico). Se la mettete così… Tornando al nostro Show (ride)… tornando al dramma, o meglio alle varie pièces che compongono questo corpus drammaturgico (guarda il pubblico orgoglioso, fiero), per quanto concerne la messa in scena ho dato ai registi ampia libertà. Se vi approcciate al testo noterete che ci sono pochissime didascalie e indicazioni scenografiche o sceniche. Per come la vedo io basterebbe una parete nera. E laddove si accenni a un quadro sarebbe più che sufficiente disegnare col gesso un rettangolo o un quadrato o qualsiasi forma geometrica si voglia. Lo scenografo potrebbe anche solo scrivere quadro
o specchio
… sarebbe anche troppo. Per la musica suggerirei un religioso silenzio o un indemoniato jazz. (Breve pausa). Io dico: "Il minimo Segno, il massimo del significato". Questo, almeno, il mio unico credo teatrale. (Sembra perdersi) Perché… Perché il teatro è… sì, insomma… il teatro è… sì, che cazzo è il teatro? (Commuovendosi) Cosa cavolo è diventato il teatro…? Il vostro vibratore preferito. La vostra striscia di coca. Il vostro bicchiere di liquore. Il vostro passatempo. Il vostro specchio. (Pausa). Non è questo il teatro. Così non serve. Così non è. Questo è solo un salotto borghese. Questo è un campo da golf. Un happy hour. Una celebrazione del nulla. Una apologia del niente. Questi siete voi nel vostro più inutile egocentrismo. Non serve a voi. Non serve a me. Di partecipanti avrei bisogno, giammai passivi spettatori e per giunta stolti come voi! (Pausa). (Quasi pentendosi) Però… a volte esagero. Sono una pila di fagioli. È l’età. Straparlo. Scusate. Davvero, dico. Non faccio per dire. Mi spiace davvero. (Si morde il pugno) Boccaccia mia. Lingua lunga che mi ritrovo. (Pausa, esaltandosi) Questo è gran teatro, altroché. E voi siete un pubblico tra i migliori. Anzi, il migliore dai tempi del Gran Teatro degli anni d’oro. Per non parlare di come opere come questa siano un toccasana per le casse della Causa della Cultura. Perché la cultura è importante. E poi questi giovani attori. Spettacoli così sono una fucina di nuovi talenti. Questa serata è una benedizione per il Teatro con la t
maiuscola. Soldi per me… (gli viene l’acquolina in bocca). Soldi per la proprietà. Soldi per la compagnia. Soldi per il regista, il costumista, lo scenografo. (Quasi colto da una intuizione divina) Soldi per lo Stato. Eh sì, per lo Stato. Qui, oggi, aprendo questo sipario si fa il Paese di domani. Non è uno scherzo. (Riflette su questa ultima frase) Già… non è uno scherzo… Buona serata…
Quasi sfinito si defila a sinistra e faticosamente, tirando una corda posticcia, chiude il sipario.
Géza Csath o una storia vera
(liberamente tratto da un fatto di cronaca)
Un salotto borghese. Un lungo tavolo. A capotavola il pater familias e la padrona di casa. Su un lato ci sono due coppie di ospiti. Nell’altro lato la figlia dei padroni di casa che dà le spalle al pubblico.
La tavola è apparecchiata. Tutti mangiano in silenzio.
IL PATER FAMILIAS (all’ospite grassoccio che gli è alla sinistra) Il segreto… il vero segreto di questa delizia è l’aceto! Va bene la cottura, il condimento, la qualità… ma l’aceto balsamico è per così dire l’ingrediente segreto che lega, quasi alchemicamente, azzarderei, i vari elementi e ne dà un prodotto che è maggiore rispetto alla somma delle parti che lo compongono.
IL GRASSOCCIO (sudaticcio e in estasi culinaria) Giulio, non vorrei essere volgare… ma sto letteralmente godendo!
Tutti ridono con garbo. (Esclusa la figlia che sarà una presenza assenza sino a…).
GIULIO (all’altro ospite più distante, sporgendosi un poco) Cesare, vorrei sentire la tua.
CESARE (sistemandosi il collo alto del maglione dolcevita) Giulio, che dire… sei stato favolosamente poetico, neanche io avrei saputo far meglio. (Tutti sorridono. Modesto, al solito
lo incalza ironica la giovane donna alla sua destra). Scherzi a parte, la tua figura retorica mi ha fatto viaggiare con la testa e… non so neanche io come, sarà colpa del buon vino, mi sono messo a pensare ai Beatles.
LA PADRONA DI CASA (stringendo il braccio a Cesare, alla sua destra) Beh, questa devi proprio spiegarmela.
LA GIOVANE DONNA Sì, Vittoria, questa il filosofo ce la deve proprio spiegare.
CESARE (fingendo autocompiacimento) Ti ringrazio per il filosofo, mon amour.
IL GRASSOCCIO (sporgendosi per superare l’ostacolo visivo della donna alla sua sinistra) Dopotutto chi più di un giornalista del tuo calibro può definirsi, oggi, (scandendo) filosofo.
Risate generali, sempre meno sobrie.
CESARE (gli risponde alzando il calice in suo onore) La mia autostima sta toccando vette pericolose… Chissà che non riesca a scrivere un articolo in cui non maltratto il tuo partito, Totò.
TOTO’ (sghignazzante) Sì, sarà il giorno in cui dirai che Cicciolina è vergine!
Collettive risate di pancia, esclusa la donna alla sinistra di Totò, che gli dà un colpo alla spalla e gli fa all’orecchio Sei uno scostumato, c’è la creatura!
.
GIULIO (dopo essersi asciugato le lacrime e aver finito il bicchiere di vino rosso) Qualcuno sta eludendo sapientemente e machiavellicamente la domanda…
CESARE Io…? Per quale motivo dovrei… Non sono mica Totò di fronte alle telecamere…
Riprendono a ridere, esageratamente, piegandosi e tenendosi la pancia.
GIULIO (ricompostosi, batte il coltello sul calice di cristallo) Ordine, ordine in sala! (Indicando Cesare col coltello) La parola alla difesa.
CESARE Come disse qualcuno, la miglior difesa è l’attacco… Ad ogni modo, per tornare sul